Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Dieta low-fat vs low carb: scopri i diversi effetti sul metabolismo e sugli ormoni! (Parte 4: conclusioni)

Indice

Abbiamo cercato di descrivere la complessa relazione che intercorre tra quello che mangiamo e il funzionamento del corpo umano. Mai come di recente stiamo sperimentando volontariamente regimi alimentari estremi nel tentativo di migliorare le performance, modulare il peso corporeo o recuperare salute. Non sempre è facile, però, capire i segnali che il corpo ci manda, specie se siamo permeati da convinzioni incentrate sulla valutazione di singoli aspetti della fisiologia che, presi isolatamente, non riescono a restituirci una visione integrata dell’organismo. 

Il corpo umano è un sistema complesso, in cui metabolismo, equilibrio ormonale, stato infiammatorio e capacità di adattamento sono profondamente interconnessi. Senza considerare queste interazioni, rischiamo di perdere di vista il funzionamento globale e l’effetto delle scelte alimentari sulla nostra salute a lungo termine.

Le nostre cellule, normalmente, hanno a disposizione due substrati metabolici: carboidrati e grassi. Le proteine, infatti, dovrebbero essere utilizzate solo per struttura e funzione e non per fornire energia, se non in condizioni di digiuno o insufficiente apporto di carboidrati e grassi.  

Questi due carburanti evocano risposte profondamente diverse nel nostro organismo, importanti da conoscere per poter davvero esprimere al meglio il nostro potenziale di salute.

Per riassumere le considerazioni fatte precedentemente possiamo dire che: 

Diete ad alto contenuto di carboidrati forniscono ai mitocondri un carburante che massimizza la produzione di ATP per molecola di O₂, genera più CO₂ protettiva, mantiene un elevato rapporto NAD⁺/NADH e riduce il rischio di accumulo di elettroni e ROS​.

Diete chetogeniche, basate sui grassi, possono spostare il bilancio redox verso un ambiente più ridotto (NADH elevato) con potenziale di maggiore stress ossidativo se i sistemi antiossidanti non compensano.​ Detto questo, la dieta chetogenica può compensare l’eccesso di stress ossidativo ad esempio attivando difese antiossidanti: il beta-idrossibutirrato è noto per agire da regolatore epigenetico, aumentando la resistenza allo stress ossidativo in determinate condizioni. Inoltre, spesso la dieta keto riduce marcatori infiammatori sistemici, il che indirettamente abbassa la produzione cronica di ROS derivante da infiammazione. 

Dunque, non è un quadro bianco o nero: molto dipende dallo scenario clinico, dalla genetica dell’individuo e dalla composizione complessiva della dieta.  

Un metabolismo predominante di grassi/chetoni con basso NAD⁺/NADH potrebbe non essere ideale a lungo termine se l’obiettivo è massimizzare l’efficienza mitocondriale e minimizzare lo stress ossidativo. 

Un metabolismo glucidico attivo garantisce flussi energetici elevati e transitori, con oscillazioni tra stati ridotti e ossidati che allenano la cellula a gestire gli sbalzi (ad esempio producendo occasionalmente un po’ di lattato che viene smaltito quando il flusso di ossigeno migliora).

La dieta chetogenica spinge i mitocondri verso una modalità più parca di ossigeno e potenzialmente più riducente, con rischi di rallentamento metabolico e aumento dei ROS se protratta senza adeguati adattamenti​

Tuttavia, l’organismo umano è plastico: molti seguaci della keto riferiscono miglior energia e performance cognitive, segno che in quegli individui i meccanismi compensatori (come un aumento di mitocondri, enzimi antiossidanti e cofattori tipo NAD⁺) sono entrati in azione efficacemente. 

La complessità biochimica del funzionamento delle cellule ci invita comunque a riflettere sull’importanza di non trascurare i segnali metabolici: una sensazione di eccessiva stanchezza, freddolosità o calo della funzionalità a lungo termine in keto potrebbero indicare che il metabolismo sta rallentando troppo. In tal caso, introdurre più carboidrati “strategici” potrebbe ristabilire un equilibrio redox più favorevole.

In conclusione

Sia la dieta chetogenica che la dieta ad alto contenuto di carboidrati rappresentano strumenti nutrizionali potenti che influenzano in modo significativo l’ambiente ormonale e metabolico del nostro organismo. Come abbiamo visto, ciascun approccio ha punti di forza e di debolezza, e gli effetti possono differire in base allo stato individuale (sovrappeso vs normopeso, insulino-resistenza vs buon controllo glicemico, atleta vs sedentario, uomo vs donna, stato del microbiota intestinale ecc.).

La dieta chetogenica offre vantaggi evidenti in contesti come il controllo glicemico e l’insulino-resistenza: abbassando drasticamente l’insulina e stabilizzando la glicemia, essa aiuta a “resettare” la risposta metabolica in chi soffre di pre-diabete o sindrome metabolica​.

Il profilo ormonale tipico della keto (insulina bassa, glucagone alto) favorisce la lipolisi e l’utilizzo dei grassi di deposito, rendendo questa dieta uno strumento efficace per la perdita di peso e la definizione corporea. Molti riportano una riduzione della fame e un miglior controllo dell’appetito in chetosi, il che facilita il mantenimento di un deficit calorico senza eccessiva sofferenza.​

Inoltre, la chetosi ha applicazioni terapeutiche (epilessia farmaco-resistente, ed è in studio per malattie neurologiche e alcune forme tumorali) grazie ai suoi effetti ormonali e metabolici distinti Dal punto di vista ormonale, la dieta chetogenica può migliorare condizioni endocrine come la PCOS nelle donne e l’ipogonadismo metabolico negli uomini obesi, tramite la riduzione di insulina e infiammazione e il conseguente ribilanciamento di testosterone ed estrogeni​.

Vi sono anche indicazioni di un impatto positivo sul profilo lipidico (aumento HDL, riduzione trigliceridi) e sui marker di infiammazione.

Di contro, la dieta keto presenta criticità potenziali: il calo degli ormoni tiroidei attivi (T3) potrebbe tradursi, in alcuni individui, in sintomi di metabolismo lento (fatigue, sensibilità al freddo).

L’aumentata secrezione di cortisolo nelle fasi iniziali o sotto allenamenti intensi potrebbe essere controproducente se protratta, influenzando l’umore, il sonno o il catabolismo muscolare​.

Nelle donne in particolare, un regime low-carb estremo e prolungato può disturbare l’asse riproduttivo portando a irregolarità mestruali – segnale che il corpo percepisce uno stress/fame e taglia su funzioni non essenziali. 

Anche sul piano prestativo, se è vero che l’adattamento chetogenico sostiene bene gli sport di endurance a bassa intensità, può essere limitante per attività anaerobiche o di alta intensità che richiedono carboidrati (scatti, sollevamento pesi massimale, sport di squadra ad intervalli). 

Dal punto di vista sociale e psicologico, la restrizione severa di un intero gruppo alimentare (carboidrati) per lunghi periodi può risultare difficile da mantenere e portare ad eccessi occasionali che vanificano l’adattamento. 

In più, alcune persone sperimentano semplicemente un “feeling” migliore con una quota di carboidrati – sentono più calore corporeo, umore migliore, migliore qualità del sonno – segno che l’approccio keto non è ottimale per tutti.

La dieta ad alto contenuto di carboidrati, d’altro canto, è quella a cui l’essere umano medio è più abituato culturalmente. Se composta da carboidrati di qualità (verdure, frutta, cereali integrali e legumi) e bilanciata con proteine magre e grassi buoni, può supportare ottimamente sia la salute generale che la performance atletica. I suoi punti di forza includono il sostegno alla funzione tiroidea e al metabolismo elevato (T3 adeguato), un profilo ormonale anabolico favorevole alla costruzione muscolare (insulina e IGF-1 post-prandiali in sinergia con le proteine), e una migliore tolleranza agli sforzi intensi e al recupero muscolare immediato grazie al ripristino rapido del glicogeno. 

Un’alimentazione ricca di carboidrati e fibre supporta anche il microbiota intestinale in modi diversi rispetto a una dieta ricca di grassi, con possibili benefici immunitari e metabolici a lungo termine.

Inoltre, dal punto di vista pratico, è più flessibile socialmente e sostenibile per molti: permette di includere una vasta varietà di alimenti, dai cereali alla frutta, ed è più compatibile con la cucina tradizionale di molte culture.

Tuttavia, anche la dieta high-carb presenta potenziali svantaggi. Se mal gestita (carboidrati raffinati in eccesso, zuccheri semplici, intolleranze al glutine), può portare a picchi insulinici ripetuti e alla lunga predisporre a infiammazione e insulino-resistenza, accumulo di grasso viscerale e sindrome metabolica. 

In soggetti predisposti (famigliarità per diabete, PCOS, ovaio policistico, ecc.), un alto carico glicemico può peggiorare gli squilibri ormonali – ad esempio aggravando l’iperinsulinismo e l’iperandrogenismo nelle donne con PCOS, o portando a cali energetici e “crash” durante la giornata in chi è sensibile alle oscillazioni glicemiche. 

Dal punto di vista dello stress ossidativo, un eccesso calorico da carboidrati porta ad aumentata produzione di radicali liberi tramite il sovraccarico mitocondriale e la lipogenesi de novo – quindi l’equazione high-carb è salutare solo se associata a uno stile di vita attivo che “bruci” quel carburante, altrimenti il surplus energetico comporta danni metabolici.

In definitiva, non esiste una dieta universalmente perfetta per il benessere ormonale e metabolico. La scelta tra un approccio chetogenico e uno ad alto tenore di carboidrati dovrebbe tenere conto della situazione individuale: età, sesso, stato di salute, obiettivi (perdita di peso, controllo glicemico, performance sportiva, equilibrio ormonale specifico), preferenze alimentari e risposta soggettiva. 

Ad esempio, una donna con PCOS e insulino-resistenza potrebbe trarre grande beneficio da una fase di dieta low-carb per ristabilire l’ovulazione, seguita magari da una reintroduzione controllata di carboidrati; un atleta di CrossFit potrebbe trovare controproducente una stretta chetogenica durante la stagione agonistica, ma potrebbe usarla in off-season per migliorare la flessibilità metabolica; una persona con cefalee o disturbi neurologici potrebbe scoprire che la chetosi riduce i sintomi, mentre un individuo con sintomi di ipotiroidismo subclinico potrebbe peggiorare riducendo troppo i carboidrati.

L’importanza della personalizzazione dietetica non può essere sottolineata abbastanza. Significa modulare i macronutrienti in base ai segnali del proprio corpo.

Spesso, soluzioni ibride risultano ottimali: ad esempio, diete cicliche chetogeniche (periodi in keto alternati a ricariche di carboidrati) o diete a medio contenuto di carboidrati calibrate sulla tolleranza individuale. Queste strategie possono unire i vantaggi di entrambi gli approcci minimizzandone gli inconvenienti.

In conclusione, tanto la dieta chetogenica quanto la dieta ad alto contenuto di carboidrati sono strumenti potenti, da usare consapevolmente. Comprendere i diversi effetti ormonali che abbiamo descritto – sull’insulina e il glucagone, sul cortisolo, sugli ormoni tiroidei, sulle catecolamine e sugli ormoni sessuali – aiuta a prevedere come il nostro corpo potrebbe reagire e ad aggiustare il tiro. La chiave del benessere ormonale e metabolico risiede nell’ascolto del proprio organismo e nella flessibilità: adottare la dieta come un vestito su misura, che può richiedere ritocchi nel tempo, anziché aderire dogmaticamente a un modello prestabilito. In questo modo, si possono ottenere i benefici desiderati (che sia perdere peso, avere più energia, regolarizzare un ciclo ormonale o migliorare la performance) minimizzando gli effetti collaterali e garantendo sostenibilità a lungo termine.