Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

La nostra salute viene prima di tutto? Come l'industria alimentare orienta le politiche della nutrizione negli USA

Indice

I colossali interessi delle multinazionali dell’industria alimentare prevalgono su quelli della nostra salute? Possiamo fidarci di chi ha il compito di tutelarci come cittadini? Quando leggiamo linee guida, etichette nutrizionali, bollini di qualità, dosaggi consigliati, siamo certi che rispecchino le reali caratteristiche di ciò che mangiamo? 

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DISTANZA DI SICUREZZA

L’affidabilità delle informazioni che riceviamo è cruciale in materia di educazione alimentare e sanitaria, soprattutto nelle nostre società occidentali dove l’abuso di cibo ultra-processato concorre in modo inequivocabile alla diffusione endemica di malattie croniche quali obesità, diabete, cancro, malattie cardiovascolari e neurodegenerative.

Proprio perché i loro interessi non sempre coincidono con quelli di salute pubblica, le multinazionali dell’industria alimentare dovrebbero restare a distanza di sicurezza dagli organismi di controllo indipendente. Distanza che difficilmente viene rispettata, come denuncia un recente report pubblicato negli Stati uniti che ha ricostruito la stretta rete di relazioni e interessi convergenti tra i colossi del cibo confezionato e l’Academy of nutrition and dietetics (AND), associazione statunitense dei medici nutrizionisti. 

POTERE ECONOMICO E TUTELA DEI CONSUMATORI

Nata dopo la Prima guerra mondiale con lo scopo di supportare il governo nel definire politiche di salute e educazione alimentare, l’Academy conta oggi oltre 112mila medici nutrizionisti e dietisti iscritti (la più grande al mondo della sua categoria) ed è dotata di potere legislativo in quanto soggetto lobbista accreditato presso il governo. E mentre tutti gli sforzi dell’Academy dovrebbero convergere nella lotta alle malattie croniche, le sue azioni – che indirizzano le scelte alimentari dei consumatori e che dovrebbero pertanto essere slegate da rapporti con l’industria alimentare – risultano invece controllate dai produttori di cibo ultra-processato. 

SOLDI, AZIONI E MANAGER 

A rivelarlo è un molto ben informato report recentemente pubblicato da “US Right to Know”, un gruppo no profit d’investigazione indipendente specializzato in temi di salute ambientale e alimentare. Grazie al ‘Freedom information act’ gli investigatori hanno avuto accesso a oltre 30mila pagine di documentazione relativa alle attività dell’Academy: regolamenti, bilanci, verbali e corrispondenza.

Scandagliandole con il supporto di alcuni atenei britannici e statunitensi, i ricercatori hanno ricostruito come tra il 2011 e il 2017 l’Academy e la sua fondazione abbiano ricevuto almeno 20 milioni di dollari di finanziamenti a vario titolo (contributi, sponsorizzazioni, donazioni..) da aziende simbolo del cibo industriale quali Nestlé, PepsiCo, Hershey, Kellogg’s, General Mills, Conagra, Abbott Nutrition, primo produttore mondiale di latte artificiale.  Di alcune di queste l’Academy arriva a possedere perfino quote azionarie, senza contare quello che viene definito un vero e proprio “sistema di porte girevoli” che vede numerosi ex dipendenti delle multinazionali private del cibo ricoprire oggi ruoli dirigenziali nell’Academy. 

CIBO SCADENTE CERTIFICATO COME SALUTARE

Un sistema al limite del corruttivo sdoganato presso la dirigenza dell’Academy. In una mail del 2014, ad esempio, la tesoriera dell’associazione scrive: “personalmente apprezzo la PepsiCo e non ho problemi a possederne azioni, mi chiedo però se qualcuno dirà qualcosa a riguardo. Speriamo – prosegue la funzionaria – che siano soddisfatti come dovrebbero.

Personalmente lo sarei se possedessi azioni di PepsiCo”. Così, nel 2015, un dipendente dell’Academy definiva una sponsorizzazione “quando un’azienda paga una quota all’Accademy o alla Fondazione in cambio di specifici diritti e benefici”. Quello stesso anno l’organo di rappresentanza dei nutrizionisti americani finì tra le polemiche per aver apposto il suo bollino “i bimbi mangiano sano” sulla confezione di un prodotto Kraft poi risultato di scarso valore nutrizionale e alto contenuto di additivi. 

CIBO ULTRA-PROCESSATO E LE CALORIE VUOTE

Il tema non è secondario nelle nostre società sviluppate e agiate che, paradossalmente, hanno peggiorato nel tempo le proprie abitudini alimentari aumentando la quota di cibo trasformato industrialmente a sfavore di quello genuino, assunto nel modo quanto più simile alla sua versione in natura. Si calcola che nei soli Stati uniti il cibo ultraprocessato rappresenti il 60% delle calorie assunte dalla popolazione, recando danni alla salute, spesso irreparabili.

Economico, veloce da preparare e spesso già pronto al consumo, il cibo processato offre diversi vantaggi senza, però, assolvere il principale compito di un alimento: nutrire. Cibi in scatola, in busta, precotti, snack e poi bevande zuccherate, succhi, carni conservate non solo sono ricchi di sale, zuccheri e grassi trasformati ad altissime temperature, nella lavorazione hanno perso vitamine, minerali, fibra e antiossidanti e hanno acquisito conservanti, coloranti, emulsionanti e una lista spesso lunghissima di additivi. Ecco perché si parla di calorie “vuote” il cui abuso è legato da ampia letteratura scientifica all’insorgere di malattie croniche che rappresentano oggi la prima causa di mortalità precoce e che, per trattare le quali, gli Stati investono una fetta sempre più consistente delle loro risorse economiche.  

IL CIBO ULTRA-PROCESSATO ACCORCIA LA VITA

Difficile ribaltare lo scenario quando chi dovrebbe difendere l’interesse pubblico rappresenta nei fatti l’industria alimentare. Quanto emerso negli Stati uniti scoperchia il tema comune a tutti i paesi occidentali della credibilità degli organi preposti alla tutela della salute pubblica. Troppi consumatori, infatti, ancora ignorano o sottovalutano i rischi legati all’abuso di cibo ultra-processato. Secondo un importante studio italiano pubblicato nel 2021 esso aumenta il rischio di morte per qualunque causa del 26%. Percentuale che sale al 58% per le morti dovute a malattie cardiovascolari e al 52% nel caso dei decessi per ictus.

Dr.ssa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute.

FONTE: Carriedo A, Pinsky I, Crosbie E, Ruskin G, Mialon M. The corporate capture of the nutrition profession in the USA: the case of the Academy of Nutrition and Dietetics. Public Health Nutrition 2022;25: 3568-82. Ultra-processed food consumption is associated with increased risk of all-cause and cardiovascular mortality in the Moli-sani Study. The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 113, Issue 2, February 2021, Pages 446–455, https://doi.org/10.1093/ajcn/nqaa299