Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

DHA, l'omega-3 che tiene l'alzheimer alla larga

Indice

Dai bambini, alle donne in gravidanza agli anziani, sono molte le categorie di
persone alle quali è consigliata l’assunzione di acido docosaesaenoico (DHA),
un acido grasso della serie omega-3 dalle forti proprietà antiossidanti e
antinfiammatorie, particolarmente protettive del cervello e delle sue molteplici
funzioni. Presente soprattutto nel pesce grasso come salmone (solo non di
allevamento), sgombro, tonno, sardine, alici e nelle alghe delle quali si nutre il
pesce, il DHA negli ultimi anni ha attirato l’attenzione dei ricercatori con
sempre più numerosi studi che ne evidenziano il potenziale protettivo verso il
sistema nervoso centrale. Tra questi, un recente studio statunitense ha
dimostrato che avere un’alta presenza di DHA nel sangue può dimezzare il
rischio di contrarre l’Alzheimer in vecchiaia.


MISURARE GLI OMEGA-3 NEL SANGUE SI PUÒ

Grazie all’indice omega-3 è infatti oggi possibile misurare la quantità di EPA e
DHA sul totale degli acidi grassi presenti nelle membrane dei globuli rossi
circolanti. Le persone con un indice omega-3 tra l’8 e il 12% presentano un
minor rischio di morte prematura per tutte le cause rispetto a coloro che hanno
un indice più basso.


1500 ANZIANI SEGUITI PER SETTE ANNI

Partendo da questo presupposto i ricercatori hanno preso in esame i dati
raccolti nell’ambito di un grande studio in corso in Massachusetts sul rapporto
tra stile di vita e rischio di malattie cardiovascolari, neurodegenerative e di
altra natura. Da questi dati gli studiosi hanno estratto quelli relativi a 1500
anziani, dai 65 anni in su, non affetti da demenza senile per verificare come la
concentrazione di DHA nel sangue potesse incidere sul rischio di contrarre
Alzheimer, in particolare in coloro che presentavano il gene APOE4, uno dei
principali fattori genetici di rischio per sviluppare la malattia. Tutti i
partecipanti sono stati divisi in cinque gruppi a seconda della più o meno alta
concentrazione di DHA nel loro sangue e seguiti per sette anni in modo da
capire l’evoluzione del loro stato di salute.


PIÙ DHA NEL SANGUE PROTEGGE ANCHE

CHI È PREDISPOSTO GENETICAMENTE


Alla fine della lunga fase di monitoraggio è stato visto che il rischio di
sviluppare Alzheimer era ridotto di circa la metà in chi aveva i livelli più elevati
di DHA nel sangue, rispetto a chi aveva i livelli più bassi. L’effetto protettivo si
è tradotto in almeno cinque anni in più senza Alzheimer in coloro che avevano
molto DHA nel sangue ed è salito a ben sette anni in più, in coloro che sono più
predisposti geneticamente a contrarre la malattia a causa della presenza del
gene APOE4.


SENZA UNA CURA, LA PREVENZIONE È TUTTO

Ricordiamo che solo in Italia le stime parlano di 1,4 milioni di persone affette
da una forma di demenza senile, 630mila delle quali da Alzheimer. E che non
c’è una cura, una terapia farmacologica in grado di arrestare la progressione
della malattia. La prevenzione resta la principale arma di contrasto e non può
che basarsi su un corretto stile di vita e una sana alimentazione. In questo
contesto una dieta ricca di pesce (anche in scatola, come sgombro e sardine) e
l’integrazione con DHA potrebbe fare la differenza, a costi contenuti.

Dr.ssa Debora Rasio
Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute.

FONTE: Sala-Vila, A.; Satizabal, C.L.; Tintle, N.; Melo van Lent, D.; Vasan,
R.S.; Beiser, A.S.; Seshadri, S.; Harris, W.S. Red Blood Cell DHA Is Inversely
Associated with Risk of Incident Alzheimer’s Disease and All-Cause Dementia:
Framingham Offspring Study. Nutrients 2022, 14, 2408.