Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Cancro al colon, camminare veloce riduce il rischio di metastasi

Indice

Camminare a passo svelto è un’attività aerobica agevole da praticare, alla portata di tutti, inclusi i malati oncologici che possono trarne giovamento durante e dopo la malattia. È questo, in particolare, il caso di chi è sopravvissuto a un cancro al colon che può ridurre le cellule tumorali in circolazione e il conseguente rischio metastasi, grazie a un esercizio regolare e moderato. 

BASTA MENO DI MEZZ’ORA AL GIORNO

Lo ha dimostrato uno studio statunitense che ha preso in esame 23 pazienti guariti da un cancro al colon tra il primo e il terzo stadio. Per sei mesi a una parte di loro è stato chiesto di sostenere due ore e mezza a settimana (quindi meno di mezz’ora al giorno…) di esercizio a moderata intensità come una camminata veloce; a un secondo gruppo di farlo per cinque ore a settimana; a un terzo di proseguire le proprie attività abituali. Confrontando il numero di cellule tumorali circolanti nell’organismo prima e dopo il semestre di sperimentazione è stato visto che erano diminuite in entrambi i gruppi che avevano iniziato a camminare regolarmente, ma non in quelli che non avevano intensificato l’attività fisica. Rispetto a quest’ultimi, inoltre, chi si era allenato aveva anche perso più peso e abbassato i livelli d’insulina, entrambi fattori di minor rischio di ricaduta per un malato oncologico. 

LE CELLULE TUMORALI SI AUTODISTRUGGONO

I ricercatori hanno attribuito questi effetti antitumorali a una sorta di stress meccanico che l’esercizio fisico induce nei confronti delle cellule tumorali, portandole ad autodistruggersi. Le cellule tumorali, infatti, si separano dal tumore primario e iniziano a migrare nel sangue, rischiando di stabilirsi in altre parti del corpo e formare metastasi. Ma questo processo può essere contrastato dal “bombardamento” meccanico che una semplice camminata veloce è in grado di scatenare attivando il meccanismo di autodistruzione chiamato apoptosi cellulare.

DIMINUISCE IL RISCHIO DI RICADUTE E DI MORTE 

Questo studio aggiunge, così, un ulteriore tassello alla letteratura esistente sui benefici dell’esercizio fisico per i malati di cancro. Restando nel campo specifico del tumore al colon retto, era stato infatti già visto su un campione di sopravvissuti a quello al terzo stadio che coloro i quali avevano iniziato a praticare attività fisica regolare avevano ridotto del 40% il rischio di una ricaduta e del 63% quello di morte, rispetto a quanti conducevano una vita sedentaria. Risultati potenti, che offrono nuove possibilità di cura e la cui portata non può e non deve sfuggire tanto ai pazienti quanto ai medici impegnati nella lotta contro i tumori.  

Dr.ssa Debora Rasio
Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute.

FONTE: Effects of exercise on circulating tumor cells among patients with resected stage I-III colon cancer. Justin C BrownAndrew D RhimSara L Manning et al. Plos one. DOI: 10.1371/journal.pone.0204875