Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Insieme alla scoperta del fuoco l’uomo ha iniziato a cuocere gli alimenti con svariati vantaggi: estrarre dal cibo nuovi sapori e odori, favorirne la digeribilità e ridurre il rischio di contaminazione da batteri, funghi e virus.

Durante la cottura generalmente si verifica una perdita di vitamine idrosolubili e clorofilla; in alcuni casi, tuttavia, accade il contrario: si formano nuove sostanze antiossidanti e migliora la biodisponibilità di alcune vitamine liposolubili quali i carotenoidi.

I nutrienti più sensibili al calore sono le vitamine idrosolubili, in particolare quelle del gruppo B e la C. Durante la cottura si arriva a perdere il 50% della vitamina C e il 70% dei folati. Le vitamine liposolubili quali i carotenoidi, la vitamina E e la K, invece, sono più resistenti, così come i sali minerali, con perdite che vanno dal 25 al 40%.

Esistono però importanti eccezioni.

Durante la cottura del pomodoro, ad esempio, dalla matrice della cellula vegetale si libera il licopene, un carotenoide antiossidante che diviene così più facilmente assorbibile specie se nel sugo mettiamo l’olio, in grado di favorire l’assorbimento dei nutrienti liposolubili come il licopene. Le concentrazioni di licopene nel sangue, dunque, saranno molto più alte dopo aver mangiato un buon sugo di pomodoro piuttosto che un’insalata di pomodori crudi.

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Lo stesso vale per le carote, i cui carotenoidi sono assorbiti meglio quando le saltiamo in padella con olio.

Per i mirtilli il discorso è complesso: durante la cottura, infatti, avremo una diminuzione del contenuto in antociani, un’importante classe di antiossidanti, a fronte di un aumento della capacità antiossidante totale dovuto alla formazione di nuovi composti antiossidanti.

E’ importante sapere che anche la semplice esposizione all’aria e alla luce degrada vitamine e antiossidanti. La frutta e le verdure che riposano in frigo per giorni o che provengono da paesi distanti e sono raccolte acerbe e fatte maturare artificialmente con gas, contengono solo una frazione del contenuto originario dei nutrienti.

Ecco perché è così importante prediligere alimenti che provengano da filiere corte e che siano preferibilmente di stagione.

 Qualunque cottura a temperature maggiori di 40 gradi distrugge gli enzimi naturalmente presenti nei cibi. Sarà il nostro organismo, pertanto, a dover produrre quelli necessari alla sua digestione.

I fautori del crudismo si nutrono esclusivamente di alimenti crudi: verdure, frutta (inclusi avocado e cocco), frutta secca oleosa, oli estratti a freddo, semi, miele crudo, cereali e legumi sottoposti a germogliazione o fermentazione. Con tecniche di disidratazione preparano inoltre frutta e verdure secche oltre a cracker e biscotti a base di semi, noci, mandorle e altra frutta oleosa. Alcuni gruppi crudisti inseriscono nella dieta quotidiana anche proteine della carne, del pesce e delle uova, consumate rigorosamente crude, oltre a derivati del latte quali yogurt o kefir.

Il cibo crudo non induce leucocitosi reattiva -l’aumento dei globuli bianchi che si manifesta dopo un pasto a base di alimenti cotti, un indice della reattività del sistema immunitario.

Un’alimentazione crudista, inoltre, fornisce abbondanti enzimi, vitamine e antiossidanti, il che spiega perché molti esperti in nutrizione sostengano che una parte importante della nostra alimentazione – circa il 60%, dovrebbe essere fondata su alimenti crudi.

Cuocere il cibo ha comunque alcuni vantaggi: offre la possibilità di riscaldarsi nei mesi invernali e aumenta la digeribilità delle proteine della carne, dell’amido dei cereali e delle fibre solubili e insolubili presenti negli alimenti vegetali.

Per cucinare preservando al massimo il valore nutrizionale del cibo cerchiamo di:

  • utilizzare temperature più basse possibili;
  • preferire cotture rapide;
  • utilizzare il minor quantitativo di acqua per non diluire troppo i nutrienti;
  • evitare di porre l’alimento a contatto con superfici bollenti, come avviene ad esempio durante la cottura alla griglia, alla piastra o alla brace.

Vediamo in dettaglio alcune metodiche di preparazione

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Cottura al vapore

Il vapore prodotto dalla bollitura dell’acqua salendo cuocerà l’alimento posto in un apposito contenitore. E’ una cottura che non comporta importanti perdite di nutrienti e salvaguarda il sapore e la consistenza dell’alimento. E’ particolarmente indicata per verdure e pesce mentre fra le carni il pollo dà le rese migliori. Per aggiungere profumo e sapore si può aromatizzare l’acqua con spezie ed erbe: il vapore trascinerà con se gli oli essenziali che si fisseranno al cibo. Una parte dei nutrienti dell’alimento si ritroverà nell’acqua di cottura in seguito alla condensazione del vapore. Piuttosto che buttarla si può utilizzare per cuocere una zuppa o, una volta raffreddata, per innaffiare le piante.

Bollitura

E’ fra le cotture che creano maggior perdita di vitamine idrosolubili e sali minerali. Durante la bollitura il contenuto di vitamina C, B6, folati e potassio scende del 70%, mentre quello di carotenoidi, fosforo, ferro e magnesio del 35-40%. Dovrebbe essere utilizzata solo per la preparazione di zuppe, in modo da non sprecare i nutrienti dispersi in acqua.

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Frittura

Da sempre considerata poca sana, la frittura è tornata recentemente in auge. E’ una metodica di cottura rapida, impiega temperature non troppo alte (in casa si riesce a friggere a 160 gradi), induce la formazione di una crosta che “sigilla” nel cibo vitamine e minerali, arricchisce l’alimento di vitamina E e polifenoli antiossidanti che “migrano” dall’olio extra vergine di oliva nel cibo. L’importante è saper friggere senza raggiungere il punto di fumo dell’olio (per evitare la formazione della pericolosa acroleina) e utilizzare un buon olio. La frittura della ristorazione collettiva è di qualità decisamente inferiore a quella domestica.

Cottura al forno

La cottura al forno è molto meno sicura di quanto si immagini. L’amido dei cereali cotti a temperature superiori a 120 gradi forma acrilammide, una sostanza cancerogena, presente nei prodotti da forno quali biscotti, cracker, fette biscottate, grissini e torte, in concentrazioni fino a 5 ordini di grandezza superiori a quelle massime permesse nelle acque potabili.

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Grigliata

E’ una delle cotture più pericolose per l’uomo a causa delle elevate temperature raggiunte (superiori ai 400 gradi). Ad altissime temperature gli amminoacidi che formano le proteine della carne reagiscono con la creatina, un composto presente nel muscolo, formando le ammine eterocicliche, ad azione cancerogena. Fra tutte le carni la peggiore è quella di pollo, la quale, per la sua particolare composizione in amminoacidi, produce più ammine eterocicliche.

Dal fumo della griglia, inoltre, si generano altre sostanze chiamate idrocarburi policiclici aromatici (IPAs), anch’esse in grado di aumentare il rischio di tumore. Più fumo produciamo durante la cottura, come ad esempio quando lasciamo sgocciolare direttamente il grasso della carne sulla brace, maggiore è la formazione di IPAs. Una bistecca di 300 grammi ben cotta alla griglia può arrivare a contenere gli IPAs presenti in quasi 200 sigarette, una dose davvero preoccupante, soprattutto perché queste sostanze restano in circolo per circa un mese, prima che il corpo riesca ad eliminarle.

 

Cottura alla piastra

Come accade durante la cottura alla griglia anche la superficie della piastra sviluppa temperature molto elevate le quali, a diretto contatto con l’alimento, favoriscono la formazione di sostanze cancerogene. Fra il cibo e la fonte di calore dovrebbe sempre esserci un intermediario quale l’acqua o l’olio, come avviene ad esempio nel sauté.

Saltare in padella (sauté)

Saltare un alimento significa cucinarlo a fiamma viva in padella o in wok con una piccola quantità di olio caldo o di burro chiarificato, assicurandosi che non si attacchi al fondo della padella. L’iniziale alta temperatura sigilla i nutrienti all’interno di una specie di pellicola protettiva che impedisce la dispersione di aromi, sali minerali e vitamine. Durante la cottura è importante letteralmente “saltare” l’alimento, cioè muoverlo continuamente all’interno della padella impugnando saldamente il manico del tegame e scuotendolo con un gioco di polso. Avvenuta la prima “sigillatura” si può ridurre l’intensità della fiamma ed eventualmente aggiungere del liquido (acqua, brodo, vino) per ridurre l’impiego di olio o di grassi ed impedire che il cibo si attacchi alla padella. L’aggiunta di un liquido come il brodo abbassa la temperatura di cottura e consente di raccogliere i nutrienti dispersi in una saporita salsa.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute. La Dott.ssa Rasio vanta inoltre collaborazioni con le trasmissioni televisive Uno mattina (RaiUno) e Cose dell’altro Geo (RaiTre), oltre a curare la rubrica settimanale Salute & Benessere su Radio Monte Carlo.