Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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La pressione alta è il fattore di rischio #1 al mondo per disabilità e morte.

Nel 2000 più di un quarto della popolazione adulta nel mondo era iperteso e tale numero sembra destinato a crescere a causa dell’aumento della vita media.

Negli Stati Uniti il 50% degli individui di età maggiore di 60 anni ha la pressione alta. In Italia, circa il 15% delle donne e il 26% degli uomini ha un’ipertensione non trattata, mentre il 14% delle donne e il 18% degli uomini ha livelli pressori non adeguatamente controllati dai farmaci.

Sebbene sia accertato che invecchiamento e obesità giochino un ruolo determinante nello sviluppo di questa condizione, va sottolineato che i vegetariani e chi ha un’alimentazione povera di alimenti industriali (spesso fonte di sale nascosto) non mostra l’aumento tipico dei livelli pressori che si manifesta andando avanti con gli anni.

Viene definito iperteso chi ha una pressione “massima” o sistolica uguale o maggiore di 140 mm Hg o una pressione “minima” o diastolica uguale o maggiore di 90 mm Hg.

L’American Heart Association, l’American College of Cardiology e il Centers for Disease Control and Prevention statunitense raccomandano, come prima terapia per abbassare la pressione, adeguate modifiche dello stile di vita e, solo in assenza di risultati, il ricorso a farmaci quali diuretici, beta-bloccanti, calcio antagonisti o una combinazione di questi.

I risultati di un recente studio offrono una nuova prospettiva a chi vuole ridurre il rischio di malattie cardio- e cerebro-vascolari con gli alimenti: l’uso dei semi di lino.

Trattasi di un trial randomizzato controllato con placebo, il migliore in termini di qualità per provare i benefici di un farmaco o, in questo caso, di un alimento, in cui né i pazienti né i medici sanno chi sta assumendo l’alimento da testare o il placebo.

Nello studio sono stati arruolati 110 individui affetti da arteriopatia periferica, un problema circolatorio caratterizzato dal ridotto afflusso di sangue a gambe e braccia, dovuto al restringimento ed ostruzione delle arterie, associato generalmente a ipertensione, fumo di sigaretta, ipercolesterolemia, aterosclerosi e altri fattori in grado di danneggiare le pareti dei vasi arteriosi. I pazienti avevano una media di 67 anni, il 90% era stato o era ancora fumatore, il 75% era iperteso, il 32% era diabetico e l’80% circa aveva il colesterolo alto. Alcuni erano in terapia con farmaci per abbassare la pressione, il colesterolo e la glicemia, o per ridurre l’aggregazione delle piastrine.

I pazienti sono stati divisi in due gruppi: un gruppo ha consumato 30 grammi di semi di lino macinati al giorno, aggiunti a prodotti da forno quale muffin o panini,  l’altro ha mangiato gli stessi prodotti contenenti però crusca di grano.

I livelli plasmatici di acido alfa-linolenico nel gruppo che aveva assunto semi di lino sono raddoppiati durante la supplementazione, mentre i livelli di lignani sono aumentati di 10 volte.

Quelli che senza saperlo hanno mangiato 30 grammi di semi di lino al giorno per 6 mesi hanno avuto una riduzione dei valori di pressione sistolica di circa 10 punti, e di pressione diastolica di 7 punti. Un abbassamento di questa entità dei livelli pressori si associa ad una riduzione del rischio di ictus del 46% e di malattie cardiache del 29%. In chi aveva livelli di pressione superiori a 140 mm Hg la riduzione è stata ancora maggiore: -15 punti! L’effetto ipotensivo non si è manifestato in chi aveva già la pressione bassa.

La portata della riduzione dei valori di pressione sistolica e diastolica è la più grande mai dimostrata in un intervento nutrizionale.

Questi risultati indicano che i semi di lino sono uno fra gli alimenti più potentemente anti-ipertensivi, con effetti paragonabili e persino superiori a quelli di molti farmaci.

Ricerche precedenti condotte sugli animali avevano già convalidato la capacità dei semi di lino di mitigare il rischio cardiovascolare attraverso effetti anti-aterogeni, antiinfiammatori e antiaritmici.

Quattro componenti dei semi di lino possono essere responsabili degli effetti ipotensivi: gli acidi grassi omega-3, i lignani, la fibra e i peptidi, o la loro azione combinata.

I semi di lino apportano un tipo di acidi grasso essenziale chiamato acido alfa linolenico o ALA, parzialmente convertito in acido eicosapentaenoico o EPA nel plasma. Studi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione inversa fra livelli di EPA nel sangue e livelli di pressione arteriosa. Questo effetto sembra in parte mediato dall’azione antiinfiammatoria degli acidi grassi omega-3. I lignani, invece, potrebbero abbassare la pressione attraverso il loro effetto antiossidante. Sia l’infiammazione che lo stress ossidativo sembrano avere un ruolo nella genesi dell’ipertensione. Anche la fibra, con un effetto indiretto mediato dalla produzione di acidi grassi a catena corta o altre molecole da parte della flora batterica intestinale, potrebbe modulare i valori pressori. Peptidi isolati dai semi di lino, infine, hanno dimostrato di inibire l’enzima che converte l’angiotensina I in angiotensina II, un ormone dotato di azione vasocostrittrice in grado di aumentare la pressione. La combinazione di queste diverse azioni potrebbe spiegare il potente effetto ipotensivo dei semi di lino.

I semi di lino andrebbero consumati preferibilmente crudi, macinati al momento (una volta macinati possono essere congelati) e aggiunti a yogurt, latte vegetale, insalate o verdure cotte. Hanno un sapore leggermente tostato simile alla nocciola.

Altri alimenti in grado di abbassare la pressione arteriosa sono le rape rosse, l’aglio, lo yogurt, il cioccolato fondente, il tè verde, i cereali integrali, la frutta e la verdura in genere.

Prima di ricorrere ai farmaci, cambiamo il nostro modo di mangiare, i benefici che otterremo andranno ben al di là dell’ abbassamento dei valori pressori. Un’alimentazione sana, infatti, è lo strumento più potente che abbiamo a disposizione non solo per ridurre il rischio cardiovascolare, ma anche di quello di tumori, diabete e altre malattie degenerative, malattie causate prevalentemente da uno scorretto stile di vita che nessun farmaco potrà mai curare.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

Laureata in medicina e chirurgia, specialista in oncologia e ricercatore presso la Sapienza Università di Roma, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute. La Dott.ssa Rasio vanta inoltre collaborazioni con le trasmissioni televisive Uno mattina (RaiUno), FuoriTg3 (RaiTre), Buongiorno Benessere (RaiUno), A Conti Fatti (RaiUno), Matrix (Canale5) e diMartedì (La7), oltre a curare la rubrica settimanale Salute & Benessere su Radio Monte Carlo.

Fonti

Global burden of hypertension: analysis of worldwide data. Lancet 2005; 365: 217-23.

Trends in prevalence, Awareness, Treatment, and Control of Hypertension in the United States, 1988-2000. JAMA 2003; 290:199-206.

Intersalt Cooperative Research Group. Intersalt: an international study of electrolyte excretion and blood pressure. results for 24 hour urinary sodium and potassium excretion. BMJ. 1988; 297: 319-328.

Potent Antihypertensive Action of Dietary Flaxseed in Hypertensive Patients. Hypertension. 2013 Dec;62(6):1081-9.