Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

I rischi dei filtri solari

Indice

La luce solare è composta da pacchetti di energia chiamati fotoni che raggiungono la superficie terrestre fornendo energia per la vita sul pianeta. Lo spettro elettromagnetico – l’insieme di tutte le frequenze di energia emesse dal sole – si compone di diverse frequenze o lunghezze d’onda: alcune, come quelle del visibile – percepite come colori – sono innocue per la pelle; altre, come la luce ultravioletta (UV), possono danneggiarla. La luce UV che raggiunge la terra può essere suddivisa in due categorie: UVA (con lunghezze d’onda di 320-400 nanometri) e UVB (con lunghezze d’onda di 280–320 nm).
I raggi UVA, essendo più lunghi, arrivano a colpire la crosta terrestre tutto l’anno, anche quando il cielo è nuvoloso, dal momento in cui il sole sorge fino al suo tramonto. A causa della loro lunghezza penetrano fino alla profondità della pelle dove attivano la produzione di radicali liberi coinvolti nell’invecchiamento cutaneo o foto-aging e danneggiano un’importante proteina strutturale: il collagene. Man mano che il collagene si degrada, la pelle perde elasticità e morbidezza e si formano le rughe. I raggi UVB, invece, sono più corti e alle nostre latitudini arrivano a colpire la superficie della pelle soltanto nei mesi estivi, quando il sole risulta più vicino o prossimo allo Zenith, quindi dalle 11.00 alle 15.00 circa. Diversamente dagli UVA, gli UVB non penetrano in profondità ma si fermano sulla superficie della pelle dove vengono percepiti come “caldi” e dove, se in eccesso, sono responsabili delle scottature. Sono i raggi UVB ad attivare la produzione di vitamina D e melanina.
La scarsa conoscenza degli effetti biologici delle radiazioni ultraviolette ha fatto sì che le prime creme solari in commercio contenessero solo filtri in grado di schermare gli UVB e quindi poco utili nella prevenzione del foto-invecchiamento. Negli ultimi anni, invece, sono comparse in commercio creme con filtri UVA e UVB.

La nostra pelle normalmente contiene molecole perfettamente strutturate per assorbire l’energia dei fotoni UVA e UVB: la melanina, la riboflavina, le porfirine, i nucleosidi, il NADH, il collagene, l’elastina, la bilirubina e molte altre.
Il contatto con la radiazione UV pone queste molecole in uno stato energicamente eccitato. Per rilasciare l’energia acquisita esse vanno incontro a reazioni chimiche che hanno delle conseguenze biologiche.
Se alcuni di questi effetti si manifestano in forma di danno altri, invece, sono benefici.
L’esposizione al sole attiva una vasta rete antiossidante naturale presente nella pelle nel tentativo di neutralizzare le specie altamente distruttive di ossigeno reattivo (ROS) e i radicali liberi generati dalle radiazioni UV che, se non tamponati, possono causare danni cellulari e stress ossidativo. La parola chiave per capire se il sole faccia bene o male è: equilibrio. Rifacendoci alle parole di Paracelso, infatti, possiamo affermare che “nulla è veleno, tutto è veleno. È la dose che fa il veleno”

SOLE: AMICO O NEMICO?
I raggi ultravioletti attivano una serie di risposte all’interno del nostro corpo che possono essere positive o negative per la nostra salute in funzione soprattutto dell’entità dell’esposizione.
Negli anni si è sviluppata una grande consapevolezza sugli effetti nocivi a carico della cute dovuti all’esposizione ai raggi UV, in particolare il foto-invecchiamento e i tumori della pelle. Sono soprattutto i tumori spinocellulari, ad andamento per lo più benigno, a essere correlati al sole insorgendo nelle zone del viso e della testa più esposte; il ben più temibile melanoma, invece, si manifesta soprattutto in chi trascorre gran parte del suo tempo in ufficio – esposto ad un’illuminazione artificiale – colpendo spesso zone del corpo non direttamente esposte al sole (pianta del piede, inguine, superficie volare del braccio, ecc.) e mostrando un comportamento più aggressivo in chi ha bassi livelli di vitamina D nel sangue. L’incidenza di melanoma è triplicata negli ultimi 35 anni – e non certo perché stiamo più al sole – e in generale la stessa FDA ammette che vi siano poche prove del fatto che l’uso di creme solari prevenga la maggior parte dei tipi di cancro della pelle. Per la prevenzione del melanoma è soprattutto importante evitare le scottature solari e quindi torna il consiglio di esporsi al sole in modo graduale e oculato.

A fronte di questi rischi, derivati soprattutto da un’esposizione non fisiologica al sole, la radiazione solare esercita non solo sull’intero pianeta ma anche sull’uomo numerosi effetti positivi per salute, purtroppo ancora poco noti, fra cui:
– produzione di vitamina D – ormone che regola l’espressione del 3% del genoma umano e ci protegge dallo sviluppo di tumori, infezioni, malattie autoimmuni, infiammazione e malattie croniche;
– aumentata sintesi di importanti neurotrasmettitori come la serotonina – nota anche come “ormone della felicità”; la dopamina – la molecola che ci regala un senso di carica ed energia (da cui il detto “sentirsi dopato”) e ci motiva all’azione oltre a proteggere l’occhio dalla miopia regolando l’allungamento del bulbo oculare; il GABA, con azione rilassante e di contenimento dell’ansia; l’ossido nitrico, un gas che agisce sia a livello cerebrale che arterioso dove induce vasodilatazione e migliora l’apporto di ossigeno e nutrienti alle cellule riducendo per molti in estate il fabbisogno di farmaci per il controllo della pressione; la melatonina, prodotta di notte in quantità proporzionale al “contrasto” di illuminazione percepito dal cervello fra giorno e notte.

Non è dunque un caso che quando in cielo spunta il sole molti di noi si sentano istantaneamente più felici: la fonte di energia che apporta vita all’intero pianeta, infatti, mette in moto dentro noi la produzione di una vera e propria sinfonia di molecole ad azione benefica sul tono dell’umore e sulla salute in generale!

Sono davvero tanti gli studi che dimostrano che chi passa più tempo all’aperto e ha maggiori livelli di vitamina D nel sangue ha un rischio minore di morire di tumore, infezioni, malattie cardiovascolari, neurodegenerative e di sviluppare disturbi dell’umore e malattie autoimmuni. Addirittura uno studio svedese è arrivato a quantificare i danni derivati dalla mancata esposizione al sole paragonandoli, in termini di ridotta aspettativa di vita, a quelli indotti dal fumo. Avete capito bene: secondo i ricercatori della Karolinska University, evitare il sole sottrae anni di vita quanto fumare!

SE IL SOLE NON FA POI COSÌ MALE, SIAMO SICURI CHE LE CREME SOLARI SIANO INVECE SICURE?
La diffusione a macchia d’olio di una campagna anti-sole ha fatto sì che oggi nessuno sognerebbe mai di esporre sé e i suoi cari alla luce del sole in assenza di un’adeguata protezione. Eppure i dati a disposizione cominciano a mettere in dubbio la sicurezza di una tale pratica.
Sempre più studi, infatti, puntano il dito contro i pericoli derivati dall’utilizzo dei comuni filtri solari per la presenza, in essi, di ingredienti con documentati effetti tossici per gli animali e l’uomo. La maggior parte dei filtri solari chimici contiene piccole particelle come l’ossibenzone, l’ottinoxato, il 4-MBC, l’ottocrylene e l’omosalato che vengono assorbite attraverso la pelle ed entrano in circolo accumulandosi nelle cellule prima di essere eliminate con le urine.
La recente conferma della penetrazione di queste sostanze in circolo, del raggiungimento di livelli nel sangue decine di volte più elevati di quelli considerati sicuri dell’FDA, del loro accumulo nei tessuti e permanenza nel corpo per oltre 24 ore dopo l’applicazione desta forte preoccupazione alla luce dei numerosi effetti tossici ad essi attribuiti, sia locali (irritazioni, allergie) che sistemici (aumentata produzione di radicali liberi, interferenza con il nostro sistema ormonale, effetti mutageni).

L’ossibenzone ad esempio, un derivato del benzofenone e uno dei filtri UVA più utilizzati nelle creme solari, nonostante le sue qualità fotoprotettive, è sempre più discusso per i possibili effetti ormonali, mutageni e allergizzanti, oltre che per la tossicità mostrata verso diverse specie acquatiche.
L’ossibenzone rappresenta oggi è la più frequente causa di infiammazioni, eczemi e allergie dovute a creme solari.
L’EWG (Environmental Working Group) gli attribuisce un alto grado di pericolosità (8/10).
Altre preoccupazioni relative all’ossibenzone riguardano l’assorbimento percutaneo da parte dell’organismo, particolarmente alla luce dei suoi effetti come perturbatore ormonale o interferente endocrino.
Gli interferenti endocrini sono sostanze chimiche che alterano il normale funzionamento degli ormoni, molecole che viaggiano nel sangue portando informazioni che regolano il metabolismo, la crescita, il neuro-sviluppo, l’umore, la riproduzione.
L’esposizione ai filtri UV ha dimostrato di causare la perturbazione del sistema ipotalamico-ipofisario-gonadico di molti organismi come i topi, la rana Xenopus laevis, la quaglia giapponese e diversi pesci. Tra gli effetti sono stati documentati interferenze con il funzionamento dei recettori per gli androgeni, gli estrogeni e gli ormoni tiroidei.

Secondo uno studio condotto su scala nazionale nel 2008 dalla US Center for Disease Control and Prevention, in America, l’ossibenzone è stato ritrovato nel 97% dei campioni di urine appartenenti a oltre 2500 americani adulti e bambini. Da allora, gli studi hanno dimostrato un potenziale legame tra questa sostanza e livelli più bassi di testosterone nei ragazzi adolescenti, cambiamenti ormonali nei maschi, menarca precoce nelle ragazze, gravidanze più brevi nelle donne e basso peso alla nascita nei neonati.
Diversi autori sono arrivati a raccomandare di non utilizzare prodotti che contengono ossibenzone particolarmente durante la gravidanza, l’allattamento (dagli studi migra anche nel latte materno) e sui bambini. Feto, neonati e bambini piccoli, infatti, non hanno ancora pienamente sviluppato gli enzimi preposti alla detossificazione ed eliminazione delle sostanze chimiche tossiche e sono più vulnerabili ai loro effetti.
L’ossibenzone, fra l’altro, è un contaminante marino la cui pericolosità per la conservazione della barriera corallina è tale che le istituzioni Hawaiiane dal 2021 vieteranno la vendita e distribuzione di creme solari contenenti ossibenzone e octinossato per la grave minaccia che questi rappresentano per i coralli e gli altri organismi marini. Questi filtri chimici, infatti, provocano nei coralli il fenomeno del cosiddetto “sbiancamento”: i coralli “stressati” per la tossicità di queste molecole espellono le alghe simbiotiche che vivono nei loro tessuti e diventano bianchi. Questo fenomeno è particolarmente preoccupante perché le barriere coralline, fornendo cibo e riparo a molte specie oceaniche, sono fondamentali per gli ecosistemi marini.
Gli effetti tossici si manifestano anche in altre specie marine. La trota iridea e il medaka giapponese esposti all’ossibenzone mostrano ridotta produzione di uova, significativa riduzione della loro schiusa e femminilizzazione dei maschi.

L’octinossato, noto anche come ottilmetossicinnamato (OMC), è un altro filtro UV chimico a cui l’EWG attribuisce un punteggio di pericolosità pari a 6. È assorbito rapidamente attraverso la pelle ed è rinvenibile nelle urine, nel sangue e nel latte materno. È un distruttore endocrino che imita il funzionamento degli estrogeni e può interferire con la funzione tiroidea.
In un articolo pubblicato su Environmental Health Perspectives, l’octinossato ha dimostrato di aumentare la proliferazione cellulare nelle cellule di tumore mammario. L’esposizione all’octinossato in gravidanza induce riduzione del numero di spermatozoi nei figli maschi.

I risultati di una ricerca danese presentata al 98° meeting annuale della Endocrine Society a Boston nel 2016 hanno mostrato che l’avobenzone, l’omosalato, il meradimato, l’ottisalato, l’octinossato, l’ottocrilene, l’ossibenzone e il padimato, ingredienti comuni nei filtri solari chimici, danneggiano le cellule spermatiche.
I dubbi sulla sicurezza dei filtri chimici sono tali che nel febbraio 2019 la Food and Drug Administration americana ha eliminato l’ossibenzone e altri 13 filtri chimici utilizzati nelle creme solari dalla lista dei composti considerati efficaci e sicuri per la salute (GRASE) chiedendo alle case produttrici di fornire nuovi dati tossicologici più sofisticati per verificarne la sicurezza.

INVECCHIAMENTO CUTANEO
I filtri chimici, una volta penetrati nella pelle, assorbono le radiazioni UV e ne vengono chimicamente trasformati. Il cambiamento della loro composizione si associa alla produzione di radicali liberi che agiscono localmente danneggiando le cellule cutanee.
I dati mostrano che quando l’estossossato, l’ossibenzone e l’ossitocrilene penetrano negli strati profondi della pelle dove sono presenti le cellule nucleate, il livello di radicali liberi è maggiore di quello prodotto naturalmente dai cromofori epidermici in seguito all’esposizione ai raggi UV, suggerendo che i filtri chimici possono causare effettivamente PIÙ invecchiamento di quello indotto naturalmente dai raggi UV.

FILTRI SOLARI CHIMICI VS FISICI: CAPIAMO LA DIFFERENZA
I filtri per la protezione solare rientrano in due categorie: fisici e chimici.
I filtri fisici (a base di ossido di zinco e biossido di titanio, rigorosamente in forma non nanizzata ovvero non trasformati in molecole di piccolissime dimensioni che possono penetrare fino al nucleo delle cellule), a causa delle loro grandi dimensioni si fermano sullo strato superficiale corneo della pelle (lo strato morto esterno) dove formano una barriera che impedisce fisicamente il contatto tra radiazione solare e pelle riflettendo e disperdendo i raggi UV anziché assorbirli come fanno, invece, i filtri chimici. In questo modo non penetrano in circolo e, rimanendo intatti, offrono una protezione più duratura nel tempo per cui possono essere applicati meno frequentemente, rispetto ai filtri chimici.

Per proteggere la pelle dagli effetti nocivi dei raggi UV si consiglia innanzitutto di esporsi al sole con moderazione, poiché gli eccessi favoriscono il foto-invecchiamento e il rischio di tumori della pelle. La gradualità dell’esposizione, inoltre, consente l’attivazione della rete di sostanze antiossidanti del corpo – fra cui la melanina – in grado di proteggerci dagli effetti nocivi dello stress ossidativo indotto dalle radiazioni. Al mare o in montagna è importante evitare ad ogni costo le scottature. Premuniamoci con abiti coprenti e cappelli e cerchiamo l’ombra per schermarci non appena la pelle inizia ad arrossarsi. Più chiaro il colore della cute, minore il tempo in cui è possibile esporsi al sole in sicurezza. L’uso di creme solari dovrebbe essere ridotto al minimo. Le creme solari con filtri fisici in forma non nanizzata sono da preferirsi a quelle con filtri chimici.

REFERENZE
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