Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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L’olio di pesce è uno fra i supplementi più venduti al mondo. Utilizzato soprattutto per ridurre i livelli di trigliceridi nel sangue, svolge tuttavia altre importanti funzioni per la salute. Ne parliamo con la dr.ssa Debora Rasio, dirigente medico presso l’Ospedale Sant’Andrea di Roma che cura per noi la rubrica dedicata all’alimentazione secondo natura.

L’olio di pesce contiene due ingredient principali: l’acido eicosapentaenoico o EPA e l’acido docosaesaenoico o DHA, due tipi di acidi grassi omega-3 presenti prevalentemente nei pesci grassi come il salmone, la trota e il pesce azzurro, e, in misura minore, nel pesce bianco. Questi acidi grassi sono detti essenziali perché il nostro corpo non è in grado di fabbricarli e dobbiamo necessariamente assumerli con l’alimentazione.

L’EPA riduce l’infiammazione, vasodilata e inibisce l’aggregazione piastrinica, ed è un importante fattore protettivo per il cuore.

Il DHA è il componente principale di retina, spermatozoi e corteccia cerebrale. Il 40% degli acidi grassi poli-insaturi del cervello e il 60% di quelli della retina sono formati da DHA. Il latte materno è ricco in DHA. Il consumo di DHA negli ultimi mesi di gravidanza migliora lo sviluppo cognitivo, sensoriale e motorio del bambino. Quest’acido grasso, inoltre, protegge l’occhio dalla perdita di funzione associata all’invecchiamento.

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Gli effetti dell’olio di pesce sul funzionamento del cervello sono notevoli. Numerosi studi di buona qualità hanno mostrato che l’olio di pesce riduce i sintomi depressivi in maniera anche più spiccata rispetto ai farmaci. Vi è inoltre una correlazione fra la dose usata e l’entità del miglioramento, cioè maggiore è la dose di olio di pesce, più spiccato l’effetto positivo sull’umore.

Una delle ragioni è che gli omega-3 si concentrano nelle sinapsi, ovvero nei punti della membrana dei neuroni dove passa l’impulso nervoso e il loro deficit si associa a una ridotta produzione e rilascio di diversi ormoni fra cui la serotonina, responsabile del buonumore.

L’olio di pesce protegge dalla depressione post-partum e riduce i sintomi comportamentali nei bambini che soffrono d’iperattività e disturbo dell’attenzione. Aumentare l’assunzione di omega-3 migliora la memoria negli adulti giovani, e una dieta ricca in pesce, olio di pesce e verdure, protegge dall’insorgenza di demenza e morbo di Alzheimer.

Gli studi sugli effetti protettivi sul cuore dell’olio di pesce hanno dato risultati contrastanti. L’olio di pesce migliora il flusso sanguigno riducendo i livelli di trigliceridi e prevenendo la formazione di placca ateromasica; inoltre, chi ha messo stent nelle arterie del cuore per la presenza di ostruzione, ha un ridotto rischio d’infarto se assume regolarmente olio di pesce. D’altro canto, una recente meta-analisi condotta su oltre 70.000 individui non ha dimostrato benefici sulla riduzione del rischio d’infarto.

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Una spiegazione potrebbe essere che più che l’assunzione di 1-2 grammi di omega-3 al giorno, quello che conta è il rapporto che esiste fra omega-3 e omega-6. Questi due tipi di acidi grassi essenziali, infatti, hanno funzioni complementari e opposte: gli omega-3 spengono l’infiammazione, vasodilatano e fluidificano il sangue, gli omega-6 infiammano, vasocostringono e aumentano la viscosità del sangue. Il loro rapporto dovrebbe essere di circa 1: 3, in altre parole per ogni grammo di omega-3, le nostre cellule dovrebbero contenere 3 grammi di omega-6. La dieta moderna, ricca in omega-6 provenienti dagli oli vegetali quali l’olio di girasole, mais, arachidi ecc, induce un rapporto omega-3/omega-6 di circa 1:20-1:30. A questo punto appare chiaro che assumere 1-2 grammi al giorno di omega-3 in forma di olio di pesce non sposterà di molto questo rapporto, se l’individuo consuma giornalmente 30 o più grammi di omega-6 nella dieta. Per proteggere il cuore, dobbiamo non solo assumere omega-3, ma anche ridurre il consumo di prodotti ricchi in oli vegetali, quali fette biscottate, crackers, grissini, biscotti, cornetti, dolci e merendine varie, oltre a molti cibi precotti.

In Giappone, dove si consuma abbondantissimo pesce, le malattie cardiovascolari sono molto più rare che negli Stati Uniti, Canada, Europa e Australia. Questo non dipende dalla genetica, perché i Giapponesi che migrano negli Stati Uniti nel giro di poche decadi hanno un rischio di ammalarsi di malattie cardiovascolari, maggiore o uguale rispetto alla restante popolazione americana.

I popoli più longevi al mondo sono grandi consumatori di pesce: in testa i giapponesi, seguiti dagli islandesi e da noi italiani, complici anche i restanti ingredienti della dieta mediterranea quali l’olio extra vergine di oliva, la frutta oleosa, le verdure e il vino.

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Livelli molto elevati di omega-3 sono fortemente protetttivi nei confronti delle malattie cariodvascolari, e per raggiungerli dunque non basta aumentare il consumo di pesce e di olio di pesce, serve anche ridurre quello di prodotti contenenti oli vegetali.

Per le donne incinte o che allattano è particolarmente importante assumere olio di pesce, soprattutto olio di krill, un minuscolo crostaceo che vive nelle acque fredde dell’atlantico, ricco in astaxantina, un carotenoide antiossidante che preserva l’integrità degli omega-3. Dagli omega-3 derivano, infatti, prostaglandine, leucotrieni e trombossani importanti per lo sviluppo neurologico e visivo del feto e del neonato.

I vegani assumono gli omega-3 in forma di acido alfa linolenico o ALA, precursore dell’EPA e del DHA che deve essere “allungato” dai nostri enzimi. E’, però importante sapere che nei bambini piccoli e negli anziani gli enzimi che “allungano” l’ALA non funzionano al meglio, rendendo queste categorie più a rischio di deficit di omega-3.

Fra le fonti vegetali di ALA ricordiamo: le noci, i semi di chia, di lino e di canapa, e gli spinaci. Ricordiamo che gli omega-3 sono molto sensibili all’ossidazione: gli oli di semi di lino e di canapa non devono mai essere cotti, vanno inoltre conservati in frigorifero e consumati entro 1 mese dall’apertura per evitare che irrancidiscano.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute. La Dott.ssa Rasio vanta inoltre collaborazioni con le trasmissioni televisive Uno mattina (RaiUno) e Cose dell’altro Geo (RaiTre), oltre a curare la rubrica settimanale Salute & Benessere su Radio Monte Carlo.