Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

I benefici della fermentazione

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Nel corso dei millenni l’uomo ha imparato a manipolare gli alimenti per migliorarne gusto e digeribilità e preservarli più a lungo. Tra le tante tecniche sviluppate, la fermentazione si è imposta nelle tradizioni culinarie dei popoli di tutto il mondo come uno degli esperimenti più riusciti, dando vita ad alimenti-simbolo come il pane, vino e birra.

Fu Louis Pasteur alle metà del 1800 a comprendere che la fermentazione avviene ad opera di lieviti che digeriscono gli zuccheri producendo alcol e anidride carbonica. Durante la cottura del pane, l’alcol evapora mentre l’anidride carbonica resta imbrigliata nelle maglie della farina, dando luogo alla tipica alveolatura (le bolle) della mollica.

La comprensione dei meccanismi alla base della lievitazione naturale ha dato il via alla diffusione su larga scala dell’utilizzo del lievito di birra, una monocultura di Saccharomyces cerevisiase isolata dalla birra, per panificare. Il lievito di birra garantisce un controllo completo sulla lievitazione, non più dipendente, come è accaduto per migliaia di anni, da una comunità indisciplinata di lieviti e batteri non meglio identificati, ma affidata a una singola specie di lievito, sempre puntuale e affidabile nello svolgere il suo compito.

La differenza fra lievito di birra e pasta madre è sostanziale: il primo è composto da un singolo tipo di lievito (Saccharomyces cerevisiase), il secondo è un delicato ecosistema formato da colonie di lieviti e batteri lattici. I batteri e i lieviti della pasta madre si nutrono di zuccheri diversi; non entrano quindi in competizione fra di loro ma sviluppano, invece, una relazione di interdipendenza. Quando i lieviti muoiono, le loro proteine si decompongono in amminoacidi utilizzati dai batteri lattici per crescere; i batteri, a loro volta, producono acidi organici che abbassano il pH dell’impasto favorendo la crescita dei lieviti della madre a scapito di altri ceppi più sensibili all’acidità. La comunità microbica della madre, quindi, si difende dalla colonizzazione da parte di altri microorganismi, prolungando, fra l’altro, la conservabilità del pane. Il risultato è un pane maggiormente digeribile (dove amido e proteine sono predigerite da batteri e lieviti), di ottimo sapore (garantito dalle diverse tipologie di fermentazione) e a lunga conservabilità (per effetto dell’acidità dell’impasto).

Il consumo continuo di farine non opportunamente preparate ha un ruolo nel recente incremento dei casi di celiachia e intolleranza al glutine. Durante la lievitazione naturale, infatti, l’abbassamento del pH dell’impasto attiva alcuni enzimi presenti nella farina i quali, con la collaborazione di enzimi prodotti dai batteri e dai lieviti, iniziano a digerire il glutine, scomponendo alcuni dei peptidi in grado di scatenare la reazione immunitaria alla base di queste malattie. Affinchè ciò avvenga, è cruciale che la lievitazione sia lenta; una lievitazione troppo rapida non permetterebbe la predigestione di parte del glutine. Fra l’altro questo tipo di lievitazione evita l’aggiunta di additivi ed enzimi microbici come la transglutaminasi batterica, che sembrano avere un ruolo importante nello scatenarsi della reazione autoimmune alla base della celiachia.

I benefici della lievitazione naturale non finiscono qui. L’acidificazione dell’impasto attiva le fitasi naturalmente presenti nelle farine le quali spezzano il legame tra acido fitico e minerali rendendoli più assorbibili. Gli acidi organici prodotti, inoltre, disattivano alcuni inibitori enzimatici che interferiscono con i processi digestivi migliorando ulteriormente la digeribilità della farina.

La lievitazione naturale, trasforma sapientemente il prodotto originale – la farina -liberando il potenziale nutritivo del cereale e dando vita a un prodotto che nutre e sostiene la salute.

Prima dell’industrializzazione, nelle cucine tradizionali di tutto il mondo si fermentavano i cereali per consumarli in forma di porridge, pani e piatti di portata. In Messico il mais era fermentato per diversi giorni prima di ricavarne tortillas da cuocere e in Asia e Africa soia, miglio, riso, teff, sorgo e manioca venivano lasciati fermentare prima di essere aggiunti a zuppe e stufati.

L’industria oggi, per accelerare il più possibile i tempi di produzione e simulare il risultato della lievitazione naturale, aggiunge all’impasto una vasta gamma di sostanze chimiche di sintesi non riportate in etichetta: miglioratori delle farine, emulsionanti, acidificanti, conservanti, enzimi. Il risultato è un prodotto pieno di chimica, di scarso sapore, non conservabile, ad alto o altissimo indice glicemico, scarsamente digeribile e, nel complesso, molto mal tollerato.

Ritornare a consumare il pane naturalmente lievitato è un primo passo per sostenere la salute del nostro intestino, così intimamente legata alla nostra.

 

Dr.ssa Debora Rasio
Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia, direttore del master di II livello in Medicina Integrata presso l’Università Telematica San Raffaele di Roma, autrice del bestseller Mondadori “La Dieta Non Dieta”, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute.