Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Ftalati: una parola “difficile” con cui abbiamo tristemente imparato a familiarizzare negli ultimi anni. Da tempo, infatti, gli scienziati mettono in guardia i consumatori dai pericoli subdoli di queste sostanze tipiche delle plastiche e, per questo, presenti praticamente ovunque: dagli imballaggi di cibi, ai detersivi, ai prodotti per la cura della persona passando per contenitori, giocattoli, mobili. Sappiamo, ormai, che gli ftalati sono degli interferenti endocrini capaci di squilibrare il sistema ormonale fino a compromettere il sistema riproduttivo e sessuale, in particolare maschile, oltre che le delicate fasi di sviluppo e crescita dei più piccoli. Quello che non sappiamo e di cui  stanno iniziando ad accorgersi gli studiosi è che i danni degli ftalati si estendono ad altre malattie quali le cardiovascolari, il diabete, la pressione alta.

FTALATI NELLE URINE: QUASI UNA CERTEZZA

A tali conclusioni preliminari sono giunti i ricercatori australiani dell’Università di Adelaide e del Centro di ricerca medica del Sud Australia dopo aver analizzato 1500 connazionali uomini adulti in cerca di una correlazione diretta tra la presenza di malattie croniche e la concentrazione di ftalati.

Il primo dato che dovrebbe farci riflettere è che  sono stati trovati ftalati nelle urine di tutti (99,6%) gli uomini over 35 partecipanti al campione. Altro dato preoccupante è che la prevalenza di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e ipertensione era significativamente più elevata tra gli uomini con i livelli totali di ftalati più alti. Concentrazioni più alte di ftalati, inoltre, sono risultate associate non solo alla presenza di malattie croniche, ma anche a un innalzamento dei livelli dei bio-marcatori che indicano infiammazione nel corpo.

UNA DIFESA IN PIÙ DALLE MALATTIE CRONICHE

Per ponderare questi risultati i ricercatori hanno tenuto conto del fatto che ben l’82% dei partecipanti allo studio fosse obeso o in sovrappeso due condizioni direttamente associate all’insorgere di malattie croniche. “Quando abbiamo corretto l’analisi depurandola di questo dato la correlazione significativa tra alti livelli di ftalati e malattie è rimasta sostanzialmente inalterata”, hanno evidenziato gli scienziati. Lo stesso si è verificato affinando l’analisi sulla base di altri fattori socio-economici di rischio legati allo stile di vita come fumo e alcol. “Nonostante l’analisi sia stata condotta su un campione di uomini questi risultati possono avere rilevanza anche per le donne”, sottolinea un autore dello studio. I ricercatori sono arrivati alle conclusioni che – insieme all’adozione di stili di vita più salutari – anche ridurre l’esposizione ambientale agli ftalati possa aiutare a ridurre il rischio di contrarre malattie croniche.

Di alimentazione e miti da sfatare si parlerà al Salone del Camper il 10 settembre alle 14.30 con la dottoressa Debora Rasio che risponderà alle vostre domande. (L’evento è riservato agli iscritti al Club del PleinAir)
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NEMICI SUBDOLI E INVISIBILI DENTRO CASA

Mentre la scienza ancora lavora a stabilire se e quale correlazione diretta esista tra la concentrazione di ftalati nell’organismo e la contrazione di malattie croniche, non ci sono dubbi circa l’impatto di queste sostanze chimiche sul sistema endocrino e sui meccanismi di rilascio di ormoni che regolano la  crescita, il metabolismo e lo sviluppo delle funzioni sessuali. Per questo sono già molte e sufficienti le ragioni per imparare a ridurre quanto più possibile l’esposizione ambientale agli ftalati.

Cerchiamo innanzitutto di mangiare il più possibile prodotti freschi preparati in casa e non dall’industria, riduciamo al minimo gli inscatolati e  i cibi avvolti in pellicole di plastica preferendo sempre il vetro come materiale per i contenitori dei cibi.

Evitiamo le pentole antiaderenti, specie se rovinate, sostituiamole con quelle in acciaio. Non utilizziamo utensili in plastica per cucinare.

Riduciamo il più possibile la plastica dalle stanze dei bambini: gli ftalati sono volatili e si assorbono respirando al punto che negli ambienti domestici l’inquinamento è molto maggiore rispetto a quello di una grande strada trafficata. Per questo è fondamentale aprire le finestre e arieggiare sempre per fare uscire dalle nostre case questi nemici invisibili e subdoli.

Attenzione, infine, a cosmetici, profumi, creme per il corpo: basta una spruzzata di dopobarba per trovare interferenti endocrini nelle urine fino a 48 ore dopo l’applicazione.

Fonte:

Peter Y. Bai, Gary Wittert, Anne W. Taylor, Sean A. Martin, Robert W. Milne, Alicia J. Jenkins, Andrzej S. Januszewski, Zumin Shi. The association between total phthalate concentration and non-communicable diseases and chronic inflammation in South Australian urban dwelling men. Environmental Research, 2017; 158: 366 DOI: