Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

caffe barista tazzina

Bere caffè protegge il fegato

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Le malattie croniche del fegato come il fegato grasso, le epatiti e la cirrosi sono talmente diffuse da rappresentare un vero e proprio allarme sanitario globale. Ma per fortuna è altrettanto diffuso il consumo di una bevanda che contribuisce a contrastarle: il caffè. Si tratta, infatti, della seconda bevanda più consumata al mondo dopo il tè, a cui un’ampia letteratura scientifica attribuisce numerose proprietà salutari, inclusa quella di ridurre l’infiammazione epatica e, con essa, il rischio di malattie. 

IL SEGRETO NON È LA CAFFEINA
Ciò è attribuito ai numerosi nutrienti vegetali antiossidanti e antinfiammatori presenti nel caffè come l’acido clorogenico, il cafestolo e il caveolo ai quali si riconoscono anche funzioni antitumorali. Al contrario, la caffeina, il principio attivo del caffè sembrerebbe incidere poco in tal senso, dal momento che anche chi beve caffè decaffeinato trae sostanzialmente gli stessi benefici di chi lo beve nella sua versione naturale. Tali evidenze sono state confermate anche da un recente studio che ha stabilito un collegamento tra il consumo di caffè e un fegato più sano.

UNO STUDIO MOLTO AMPIO
Per appurarlo i ricercatori si sono basati sui dati relativi a un vastissimo campione, di circa mezzo milione di persone, raccolti nella Biobank del Regno unito, una grande indagine nazionale sulla salute della popolazione. I partecipanti sono stati interrogati, tra gli altri, su quanto e quale caffè – decaffeinato, istantaneo, macinato o altro – consumassero. Gli individui sono stati seguiti mediamente per un decennio e i dati sulle abitudini legate al caffè sono stati incrociati con quelli concernenti l’insorgere o meno di malattie al fegato.

Gli studiosi hanno coì stabilito che circa il 78% dei partecipanti consumasse mediamente due tazze di caffè al giorno. Tutti questi rispetto ai non bevitori di caffè hanno registrato il 21% in meno di rischio di sviluppare malattie croniche del fegato e il 49% in meno di morirne. Ciò è stato rilevato indipendentemente dal tipo di caffè consumato, fosse esso solubile, macinato o decaffeinato.

A OGNUNO IL SUO CAFFE’
Espresso, alla moka, americano, alla turca… Ognuno beve il caffè che preferisce e, contrariamente a quanto si possa pensare, l’italianissimo espresso non è nemmeno il più forte dal momento che una tazzina contiene mediamente 25-35 ml di caffè a fronte dei circa 50 ml di quello preparato in casa con la moka e dei circa 200-250 ml dei “bibitoni” in tazza grande.

UN VASTO EFFETTO PROTETTIVO
Via libera, dunque, fino alle tre /cinque tazzine al giorno di espresso/moka considerando che l’effetto protettivo di questa millenaria bevanda è stato accertato oltre che per il fegato anche per cervello, cuore, stomaco in aggiunta alle proprietà di prevenzione dal rischio di diabete e cancro.

CHI NON DOVREBBE BERNE
Il caffè è invece controindicato in chi soffre di gastrite, ulcera peptica e dispepsia, per il suo effetto di stimolo sulla produzione di acido cloridrico. Inoltre, va evitato in presenza di aritmie, ipertensione non controllata e tachicardia, perché può causare una transitoria accelerazione del battito cardiaco. Per la stessa ragione non è adatto agli ansiosi. Non dimentichiamo poi che, essendo uno stimolante, può peggiorare i sintomi dell’insonnia. Poiché la caffeina passa attraverso la placenta, il caffè va senz’altro evitato in gravidanza per i possibili effetti nocivi sul feto.

 

Dr.ssa Debora Rasio
Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia, direttore del master di II livello in Medicina Integrata presso l’Università Telematica San Raffaele di Roma, autrice del bestseller Mondadori “La Dieta Non Dieta”, Debora Rasio vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute. 

FONTE: All coffee types decrease the risk of adverse clinical outcomes in chronic liver disease: a UK Biobank study. Oliver J Kennedyet al. BMC Public Health. 2021 Jun 22;21(1):970. DOI: 10.1186/s12889-021-10991-7.