Da Punta Licosa al Golfo di Policastro passando per Palinuro e Marina di Camerota, il litorale del Cilento e l'immediato entroterra sono una continua fonte di sorprese naturalistiche, storiche, archeologiche. E con un ampio ventaglio di opportunità per chi viaggia con il camper, la caravan, la tenda e gli scarponi al seguito.
Indice dell'itinerario

“Or ne l’arena dal mar gittato in qualche strano lito ignudo e sconosciuto giacerai, né chi t’onori avrai, né chi ti copra”. Così, nel V libro dell’Eneide, Virgilio racconta il dolore di Enea che piange la morte del suo fido timoniere, caduto in mare proprio davanti al promontorio che da lui avrebbe preso il nome. In realtà Palinuro deriva dal greco e vuol dire dove il vento gira , ma a noi piace l’alchimia fra storia e leggenda che rende questa perla del Cilento ancora più affascinante, con un mare bellissimo che si è meritato negli anni molte Bandiere Blu e ne ha fatto uno dei centri turistici più apprezzati dell’intero litorale campano.

Da Capo Palinuro a Marina di Camerota

Il tratto di costa che da Capo Palinuro scende verso Marina di Camerota e Baia degli Infreschi è un autentico spettacolo naturale, con splendide spiagge di sabbia chiara, deliziose calette, imponenti pareti rocciose ricche di grotte e fondali marini dalle acque trasparenti, vegliate dalle antiche torri di vedetta.

Siamo nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano: istituito nel 1991 e secondo in Italia per dimensioni dopo quello del Pollino con i suoi 181.000 ettari, che comprendono 80 comuni e otto comunità montane, tutela ambienti assai vari: da quello costiero, regno della macchia mediterranea e dell’olivo, a quello collinare e montano con boschi di cerro, acero e castagno che, oltre i 1.000 metri, lasciano il posto a faggete, betulle e abeti bianchi.

Se tra la fauna spicca l’ormai rarissima lontra, presente nelle fresche acque d’alta quota del Sele e del Calore, il gioiello floristico della zona è rappresentato dalla famosa primula di Palinuro, raro endemismo di questo tratto di litorale e simbolo del parco.

La mitezza del clima rende tutta la zona costiera un’ottima meta per la vacanza pleinair in ogni periodo dell’anno, ma l’estate – in special modo l’inizio e la fine della stagione – rimane il momento migliore per gustare appieno lo splendido mare e, al tempo stesso, scoprire le bellezze storiche e naturalistiche dei dintorni.

Ad accogliere i turisti itineranti, fra Palinuro e Marina di Camerota sono presenti numerosi campeggi e un paio di aree di sosta per camper (di cui una completamente attrezzata); noi abbiamo scelto di sistemare la nostra tenda proprio a Palinuro sotto i pioppi del camping Marbella, una struttura in ottima posizione a circa un chilometro e mezzo dal paese, ben curata e particolarmente adatta a famiglie con bambini. La zona riservata ai camperisti, piuttosto ampia e ombreggiata, si trova nella parte più vicina al mare, dietro alle piscine e all’area dedicata agli spettacoli e alla musica (fino a mezzanotte e solo in luglio e agosto).

Spiaggia del Mingardo

Duecento metri di sentiero fra gli alberi conducono alla spiaggia del Mingardo, così chiamata dal fiume che scende dalle montagne dell’entroterra riversando qui le sue limpide acque. A destra della foce, la caratteristica apertura dell’Arco Naturale conduce all’incantevole baia, fra le più celebri del nostro Sud, racchiusa da alte falesie e dominata dalla collina della Molpa con i ruderi di un castello medioevale.

Dopo questo excursus storico, direi che è l’ora di scoprire queste 12 mete imperdibili del Cilento.

Promontorio di Palinuro

Tutto il promontorio di Palinuro è ricco di calette e grotte marine dai nomi suggestivi, raggiungibili in barca con escursioni organizzate dai vari operatori locali: la splendida Baia del Buon Dormire, Cala Fetente (così chiamata per il forte odore di zolfo che sale dalle sorgenti sottomarine) e la roccia forata a picco sul mare detta Architiello.

Numerose e suggestive anche le grotte marine: dei Monaci, con stalagmiti che somigliano appunto a dei frati con il saio, del Sangue, per via della colorazione rossastra delle rocce, delle Ossa, con le pareti incrostate di resti fossili di uomini e animali, e la famosa Grotta Azzurra, dai riflessi delle acque dovuti a giochi di luce provenienti da un’apertura sommersa.

A 220 metri di altezza svetta la sagoma del faro di Palinuro, il più elevato d’Italia rispetto al mare e secondo per distanza d’illuminazione solo a quello di Genova (34 miglia contro 36).

E’ raggiungibile a piedi mediante un sentiero che parte dal paese, seguendo la panoramica che sale verso la stazione meteorologica e imboccando, dalla parte opposta del ristorante Anema e Core, una stradina priva di indicazioni, piuttosto stretta e sterrata nell’ultimo tratto, del tutto sconsigliata a v.r. anche di medio ingombro. Il faro e la stazione non sono visitabili in quanto zone militari, ma la vista che si gode dalla cima del promontorio è fantastica.

A Palinuro è davvero piacevole passeggiare lungo la strada principale, costellata di negozietti d’ogni tipo (d’estate aperti anche di sera), e fare un salto al piccolo Museo Antiquarium, dove sono esposti i corredi funerari delle antiche necropoli locali.

Marina di Camerota

A una dozzina di chilometri, Marina di Camerota è un altro piccolo tesoro della riviera cilentana e anch’essa punto di partenza di varie escursioni marine verso le grotte e le splendide insenature del tratto di costa selvaggia sino al Golfo degli Infreschi, un incantevole porto naturale che prende il nome dalle numerose sorgenti d’acqua dolce presenti nella zona. Anche qui il Tirreno, incredibilmente azzurro e cristallino, dà il meglio di sé lambendo erte scogliere e splendide baie come Cala Fortuna, Cala dei Monti di Luna e Cala Bianca.

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Porto Infreschi

Chi ama camminare può raggiungere Porto Infreschi via terra con una bella passeggiata di 5 chilometri che parte dalla spiaggia delle Lentiscelle, facilmente raggiungibile ad est di Marina di Camerota. Alla fine della strada si trova un ampio spiazzo per il parcheggio, frequentato da numerosi gitanti anche in auto; superato un ponticello che porta alla grotta del Leone di Caprera, si imbocca sulla sinistra il sentiero 10 che sale ripido in mezzo alla vegetazione.

In breve si arriva sul tratto asfaltato del tracciato 11, che più avanti diventa sterrato e incrocia il 22 per Cala Monti di Luna, quindi si prosegue sui sentieri 12 e 13 (una deviazione ben indicata scende alla splendida spiaggia del Pozzallo, con annesso ristoro).

Da qui il tragitto è particolarmente bello e, attraverso il bosco e la macchia mediterranea lungo i sentieri 14-15 e 172, giunge a una sommità da cui la sterrata 18 scende alla Baia degli Infreschi, con l’omonima torre e la chiesetta di San Lazzaro affacciate su un mare limpidissimo e perennemente calmo.

Camerota

Rientrati a Marina di Camerota, con la bella piazza centrale lastricata in pietra e la parrocchiale di Sant’Alfonso (c’è anche un castello marchesale, ma è privato e non visitabile), ci si dirige all’interno verso il vicino borgo medioevale di Camerota, un dedalo di vicoletti che salgono verso i ruderi di un castello normanno: da vedere le chiese di Santa Maria delle Grazie, San Nicola di Bari, con un presepe napoletano del ‘700 e un’acquasantiera in pietra vesuviana, e San Daniele, costruita su una preesistente struttura di origine greca. Molto interessante il Museo Civico dell’Artigianato e Attrezzi Contadini, allestito in un ex carcere e gestito da un custode molto disponibile.

Licusati

Da Camerota la strada scende verso Licusati, altro grazioso centro circondato da ulivi secolari, per poi risalire fino al bivio per la chiesetta dell’Annunziata (415 m) e gettarsi di nuovo in basso, con una lunga serie di tornanti, verso le Gole del Mingardo. Giunti al fondovalle si prosegue a destra lungo il corso del fiume, che qui scorre fra alte pareti rocciose, sino a imboccare il bivio per San Severino, un affascinante villaggio disabitato dell’XI secolo.

Si continua per circa un chilometro, arrivando a un ampio tornante dove si può parcheggiare brevemente e da cui una breve passeggiata sale al paese fantasma (ben visibili le indicazioni e il sentiero 11): fra le case abbandonate spiccano i resti del castello, a strapiombo sul Mingardo, mentre la piccola chiesa è ancora ben conservata e aperta al pubblico.

Roccagloriosa

Il borgo di Roccagloriosa, che si raggiunge facilmente da San Severino, vanta origini antichissime e le sue alture ospitano siti archeologici di notevole importanza, in particolare insediamenti lucani del V-IV secolo a.C., raggiungibili dal paese con una strada asfaltata piuttosto stretta che sale in mezzo ai boschi e diventa sterrata nell’ultimo tratto.

Ripresa la superstrada che scende verso il Golfo di Policastro e continuando sulla litoranea, dopo una ventina di chilometri siamo a Sapri, dolcemente adagiata su un’ampia baia, ultimo lembo di costa campana che di lì a poco diventa Basilicata. La sua notorietà storica è legata alla figura risorgimentale di Carlo Pisacane, che vi sbarcò il 28 giugno del 1857 nel tentativo, fallito, di provocare l’insurrezione dei contadini contro i Borboni: la vicenda, ricordata da un monumento nei giardini della Villa Comunale, trovò la sua consacrazione poetica nei versi de La Spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini (“Eran trecento, eran giovani e forti…”).

La cittadina offre una bella passeggiata lungomare e un interessante centro storico, in particolare Piazza del Plebiscito, alcune chiese e i vicoletti del Rione Marinella, oltre a una zona archeologica di tutto rilievo a ridosso dell’abitato.

Morigerati

Qualche chilometro prima di Sapri una deviazione sale verso il villaggio medioevale di Vibonati, da cui si prosegue fra le colline sino a raggiungere Morigerati, un tranquillo paesino circondato dai boschi e sede di un piccolo ma interessante museo etnografico. Qui il WWF gestisce, in convenzione con il Comune, l’Oasi Grotte del Bussento, voluta nel 1985 a tutela di una vasta area di grande valore naturalistico, caratterizzata dalla presenza del fiume Bussento.

Quest’ultimo, che nasce dal Monte Cervati (il più alto dell’Appennino Campano con i suoi 1.898 metri) e dopo appena 37 chilometri sfocia nel Golfo di Policastro, ha la particolarità di percorrere un tratto sotterraneo di circa 6 chilometri, tuttora inesplorato, dando vita a uno dei più importanti fenomeni carsici in Italia. Dalla sua risorgenza, sita all’interno dell’oasi nei pressi di un vecchio mulino, l’acqua si infila impetuosa in profonde forre che alternano pareti alte e strette a zone più aperte, con una vegetazione ripariale di muschi, felci, salici e ontani.

La visita richiede circa un paio d’ore e inizia dal casotto del WWF adiacente al paese, da dove un ripido sentiero di 800 metri (esposto al sole ma provvisto di fontanelle con acqua potabile), lastricato in pietra e circondato dalla macchia, scende a fondovalle e prosegue nelle gole.

Novi Velia

Un altro emozionante incontro con i paesaggi del Cilento ce lo offre l’itinerario per il santuario di Novi Velia, distante una cinquantina di chilometri da Palinuro e arroccato sul Monte Gelbison, o Sacro, a quota 1.705. Si raggiunge con la superstrada uscendo a Vallo della Lucania e proseguendo per l’abitato di Novi Velia, dove una deviazione ben indicata che sale in mezzo ai boschi (con alcune aree fornite di tavoli da picnic e punti fuoco) in 12 chilometri arriva in prossimità del santuario.

Qui la strada finisce e dal parcheggio – usualmente affollato la domenica mattina da pullman carichi di turisti – una breve passeggiata in salita porta al convento e alla chiesa. Il sito, fondato nel X secolo dai monaci basiliani e dedicato alla Madonna di Novi, si trova in posizione completamente isolata, con un panorama a tutto tondo sulla splendida natura circostante (l’osservatorio migliore è dalla piattaforma della croce metallica).

Velia e Ascea

Non meno affascinante, per motivi diversi, un’altra perla di questo territorio pieno di sorprese: la zona archeologica di Velia, l’antica città di Elea (dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità) voluta dai Focei nel 540 a.C. e nota nel mondo per essere stata la sede della scuola filosofica fondata da Parmenide e Zenone.

Da Palinuro si segue verso nord la litoranea che attraversa il caratteristico centro di Pisciotta, incastonato sulle colline affacciate sul mare e immerso fra olivi plurisecolari che producono le famose olive pisciottane, quindi sale fino al borgo medioevale di Ascea e ridiscende tortuosa verso la costa. Al bivio, che a sinistra porta alle belle spiagge di Marina di Ascea e a un’area di sosta per camper, si prosegue per un breve tratto in direzione di Castellammare di Velia, da dove un’indicazione sulla destra segnala l’entrata degli scavi.

La visita della città antica, adagiata sulle terrazze naturali di un promontorio digradante verso il mare, richiede almeno mezza giornata, e la lunghezza del percorso unita alla scarsità di ombra la rende impegnativa nei periodi più caldi (indispensabili cappello e borraccia). Elea, dal I secolo a.C. chiamata Velia dai Romani, era formata da due quartieri dominati dalla panoramica collina dell’acropoli, dove si ammirano le rovine del tempio jonico sormontate dalla torre del castello normanno, i resti del piccolo teatro risalente al IV secolo a.C. e la Cappella Palatina, costruita nel XII secolo e oggi adibita a museo che ospita, fra i vari reperti, una scultura della testa di Parmenide.

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Pioppi e Acciaroli

Proseguendo lungocosta si supera Marina di Casalvelino e si giunge a Pioppi, borgo fondato oltre mille anni fa e che ospita un interessante Museo del Mare, ben segnalato sulla strada principale che attraversa il paese. Da qui il percorso, particolarmente panoramico e con lunghi tratti a picco sulle scogliere, continua verso Acciaroli, piccolo centro balneare famoso per aver ospitato visitatori d’eccezione: nel 1860 vi fece tappa il grande romanziere Alexandre Dumas, approdandovi con la sua goletta per portare armi alla spedizione dei Mille, mentre in tempi più recenti la tranquillità e la bellezza del luogo affascinarono Ernest Hemingway, che vi soggiornò più volte intorno agli anni ’50 (si dice addirittura che un anziano pescatore del posto lo abbia ispirato per la stesura de Il vecchio e il mare).

Punta d’Ogliastro

In qualche chilometro siamo ad Agnone, con un centro informazioni del parco (aperto solo al mattino), e poco dopo una breve deviazione sale a Montecorice, lindo paesino in bella posizione collinare. Rientrati sulla litoranea, imbocchiamo il bivio per Ogliastro Marina e il bellissimo promontorio di Punta Licosa, prima riserva marina in Italia (dal 1972). Dopo circa un chilometro, sulla sinistra si incontra un’area di sosta attrezzata molto tranquilla, ombreggiata e vicinissima al mare, mentre la strada prosegue lungo la costa e, attraversato il villaggio di Ogliastro Marina, finisce in località Punta d’Ogliastro.

Punta Licosa

Qui un cancello a ridosso di un casale contadino segna l’inizio della facile escursione per Punta Licosa, lunga circa 8 chilometri fra andata e ritorno (in tutto si impiegano 4 ore) e particolarmente suggestiva per la bellezza selvaggia di questo tratto costiero.

Dal vialone alberato si prende sulla sinistra un piccolo sentiero, appena segnato, che si sviluppa lungo la scogliera caratterizzata da calette isolate e aspre formazioni rocciose, su cui si affacciano rigogliosi esemplari di pino d’Aleppo piegati dal vento.

Giunti a Punta Licosa (dal nome della sirena che si inabissò in queste acque per amore di Ulisse), di fronte alla quale si trova l’omonima isoletta disabitata, si può tornare indietro per lo stesso sentiero oppure piegare all’interno sui 3 chilometri di sterrata che, correndo dritta fra gli alberi, riporta al punto di partenza.

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