La presenza dei Romani nella provincia di Caserta è attestata fin dal IV secolo a.C., come certificano le testimonianze architettoniche che ancora oggi affiorano su tutto il territorio. Le prime che si incontrano per chi proviene da nord sono quelle di Teano, località famosa per aver ospitato – nel 1860 – l’incontro fra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, con il quale si sanciva l’unificazione italiana. Meritano una sosta i resti del teatro romano di Teanum Sidicinum, un edificio dalle funzioni spettacolari ma anche religiose, come testimoniato da un altare dedicato al dio Apollo con iscrizioni in lingua osca: si tratta del più antico d’Italia (II secolo a.C.) fra quelli sostenuti da muri radiali.

Il massimo dello splendore lo raggiunse sotto l’imperatore Settimio Severo (fine II secolo d.C.), quando la cavea fu ampliata a 85 metri di diametro e l’edificio scenico raggiunse l’altezza di 24 metri: una struttura degna di una città di grande importanza strategica quale era diventata Teano, prima dell’inevitabile declino. Da vedere anche la basilica di San Paride ad Fontem, la cui conformazione attuale risale alla fine del primo millennio: edificata sui resti di una preesistente basilica paleocristiana, presenta uno schema architettonico romanico rimasto intatto nel corso dei secoli.
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Dal teatro romano al Duomo

A una ventina di chilometri più a ovest si trova il borgo di Sessa Aurunca, Suessa per i Romani che la conquistarono alla fine delle guerre sannitiche: la sua antica grandezza è testimoniata dai resti del teatro, che all’epoca risultava uno dei più grandi dell’intera Campania; gli scavi hanno rivelato la presenza di un attiguo criptoportico destinato probabilmente a ospitare una scuola, come suggerito dalle numerose iscrizioni con nomi di poeti e versi virgiliani.
Da vedere anche le imponenti architetture del castello ducale normanno, rimaneggiato nel Quattrocento dai duchi Marzano, e quelle del duomo dei santi Pietro e Paolo, realizzato alla fine del XII secolo con materiale proveniente da antichi palazzi di epoca romana: di rigoroso stile romanico fino al Settecento, fu poi ammodernato secondo il corrente gusto barocco. A colpire, visitando le tre navate interne, sono il pavimento in pietra intarsiata e soprattutto il pulpito duecentesco, le cui sei colonne di granito poggiano su meravigliosi leoni stilofori.
L’antico castrum di Alife
Trenta chilometri ad est di Teano, il piccolo borgo di Alife conserva significative tracce del suo passato romano: visto dall’alto, il centro storico ricorda la tipica struttura urbanistica dei castra, ovvero gli accampamenti suddivisi in vie perpendicolari, a loro volta parallele al cardo e al decumano massimi, e protetti da alte mura in parte miracolosamente sopravvissute all’inesorabile trascorrere degli anni.

Da poco portate alla luce, le fondamenta dell’anfiteatro raccontano che si trattava di uno dei più imponenti esemplari di tutta la romanità: lungo 107 metri e largo 84, pare potesse ospitare più di 14.000 spettatori. Di età augustea è invece il lungo criptoportico che si trova al di sotto di un’area all’epoca occupata da un grande edificio signorile, mentre di poco successivo è il Mausoleo degli Acilii Glabriones, struttura cilindrica coperta da una cupola che ospitò le sepolture di una nobile famiglia locale. Una sintesi della romanità della città è offerta dal piccolo ma interessante museo archeologico locale, ricco di reperti che vanno dalla preistoria al crollo dell’Impero.
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A Capua, il Colosseo campano
Rappresenta un vero polo di attrazione in questo ambito Santa Maria Capua Vetere, la località che i Romani chiamavano semplicemente Capua. Straordinari sono i resti del suo anfiteatro, che contende a quello di Pompei il primato della longevità: secondo alcuni studiosi, la sua edificazione risale agli inizi del I secolo a.C. e costituì il modello in base al quale venne realizzato a Roma il Colosseo. Enormi le sue dimensioni: con 170 metri di lunghezza, 139 di larghezza e 46 di altezza è il secondo edificio nel suo genere dopo l’anfiteatro capitolino.

Qui si sarebbero svolti i giochi gladiatorii più scenografici della storia, ai quali è dedicato un piccolo museo. Particolarmente suggestiva è la passeggiata attraverso i lunghi corridoi un tempo sormontati dalle gradinate nei quali si organizzavano i giochi e si allenavano i gladiatori: capitelli disseminati ovunque, colonne abbattute e mattoni sparsi ricordano quanto doveva essere incredibile quella struttura, condannata nei secoli a diventare una cava di pietra per gli edifici circostanti.
Unico al mondo è il mitreo che si trova nei pressi del Museo archeologico: si tratta di un’ampia struttura sotterranea adibita al culto mitraico, probabilmente introdotto a Capua dai gladiatori di origine orientale. Un lungo corridoio porta a una grande camera con volta a botte dotata di posti a sedere e un altare per i riti misterici, dietro al quale si trova un prezioso affresco raffigurante l’uccisione di un toro da parte del dio Mitra.
Sulla strada per Caserta merita infine una sosta il Mausoleo della Conocchia, monumento funerario del II secolo d.C. rimasto quasi intatto rispetto alle forme originali grazie al restauro imposto da Ferdinando IV di Borbone: pare vi sia stata sepolta Flavia Domitilla, la nipote cristiana dell’imperatore Vespasiano.
Patrimoni dell’Umanità
È tempo di esplorare i tre monumenti della provincia di Caserta che rientrano nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco: la Reggia di Caserta, l’acquedotto Carolino e il Belvedere di San Leucio.
Reggia di Caserta

Inutile tentare di descrivere a parole la magnificenza della struttura che Carlo di Borbone commissionò all’architetto Luigi Vanvitelli nel 1752: l’edificio della Reggia di Caserta è tanto variegato e imponente quanto i suoi giardini sono estesi e lussureggianti. Meglio mettere in conto di trascorrervi un’intera giornata, anche perché ambienti e parchi sono davvero a prova di noia. Si cammina con la bocca aperta davanti a tanta magnificenza, già a partire dall’enorme piazzale antistante, studiato per le parate militari e solcato dalla strada che in una ventina di chilometri collegava il complesso a Napoli.
La visita si snoda stanza dopo stanza, in un tripudio di marmi, stucchi, arazzi e dipinti: gli appartamenti si susseguono uno all’altro, ciascuno con le sue peculiarità, ciascuno in grado di suscitare emozioni davvero uniche. E poi, di tanto in tanto, emergono a stupire il visitatore gioielli improvvisi, come il Presepe Reale (mille statuine in terracotta e stoffa pregiata) o il Real Teatro di Corte (fedele riproduzione in scala del San Carlo di Napoli), il tavolo della Sala d’Estate (che sembra di marmo, ma in realtà è di legno lucidato) o lo Scalone d’Onore (sormontato da una cupola in cui suonavano i musicisti all’apparire del re).

La scoperta prosegue all’esterno con lo straordinario parco: dapprima il giardino all’italiana, lungo tre chilometri ed esteso oltre 120 ettari, impreziosito da cascate e fontane in cui scorre l’acqua condotta dall’acquedotto Carolino; quindi il giardino inglese, un vero capolavoro con 23 ettari di piante di ogni foggia e provenienza e idilliaci quadretti architettonici studiati per stupire il visitatore, dal criptoportico finto antico al lago di Venere, con templi e palazzine a movimentare un paesaggio di ineguagliabile bellezza.
L’acquedotto Carolino
Strettamente collegato alla Reggia va considerato anche l’acquedotto Carolino, l’opera ingegneristica con cui Luigi Vanvitelli riuscì a prelevare l’acqua dalle sorgenti alle falde del Monte Taburno, a 38 chilometri di distanza, e a portarla ai giardini del palazzo reale: per questo venne riconosciuta come una delle meraviglie dell’ingegneria mondiale del XVIII secolo. Il suo simbolo iconografico è rappresentato dal ponte della Valle di Maddaloni, che per molti decenni mantenne il primato di ponte più lungo d’Europa: 529 metri di lunghezza dal Monte Longano al Monte Garzano, 56 di altezza e tre ordini di arcate poggianti su 44 piloni, l’ennesima meraviglia di questo territorio.

Belvedere di San Leucio
Parte dell’acqua convogliata dall’acquedotto vanvitelliano venne deviata anche verso il Belvedere di San Leucio, dove Ferdinando di Borbone aveva creato una comunità autonoma con tanto di fabbrica tessile (fu per decenni il più grande impianto di produzione di seta d’Italia), case per le maestranze, chiesa, scuola obbligatoria (la prima d’Italia). L’arrivo di Napoleone fermò l’utopico sogno del sovrano, che coltivava l’ambizione di creare una vera e propria città chiamata Ferdinandopoli: ne restano almeno le tracce monumentali, prove tangibili di una visione che sarebbe riduttivo definire di avanguardia.
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Tra borghi e natura
Altri tesori ci attendono nei dintorni. A partire da Sant’Angelo in Formis, minuscola frazione di Capua sul cui territorio si trova un’incredibile basilica benedettina, edificata nel VI secolo sui resti di un tempio dedicato a Diana: qui si ammirano gli affreschi dell’XI secolo che decorano le navate e le absidi. Un altro borgo di grande effetto è Casertavecchia, il centro amministrativo del territorio prima che i Borbone dessero l’avvio alla costruzione della Reggia.

Superata la soglia dell’antico castello si passeggia tra i vicoli fino al Duomo di San Michele, capolavoro del romanico campano con l’interno impreziosito da 18 colonne sormontate da altrettanti capitelli di epoca romana. Merita una deviazione – quasi fino al confine con il Molise – lo splendido scenario della Cipresseta di Fontegreca, un’oasi naturale incastonata nel Bosco degli Zappini e caratterizzata da bucoliche cascate d’acqua, nei pressi delle quali sono stati ricavati numerosi spazi attrezzati per il picnic, e da una vera e propria foresta di cipressi della varietà horizontalis, unica in Italia per la sua vastità (40 ettari) e la sua età (oltre 500 anni).
Salendo fin lassù da Caserta, attirano l’attenzione dapprima il borgo di Caiazzo, con il duecentesco castello e i vicoli di chiara origine medievale, e quello di Prata Sannita, in particolare la mole massiccia del suo castello, sede di ben tre musei (storico, della civiltà e del vasaio): un compendio che racconta la varietà naturalistico-architettonica di questa meravigliosa terra.
La famosa stretta di mano
Fu a Teano che Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II e gli consegnò virtualmente le conquiste fatte dal suo esercito. La tradizione colloca l’evento presso il ponte di San Nicola, a poche decine di metri dal confine con il Comune di Caianello. Secondo alcuni documenti la storica stretta di mano avvenne invece al bivio di Taverna della Catena, presso l’odierna Vairano Scalo.

La scuola di Spartaco
La scuola per gladiatori di Capua ebbe fra i suoi allievi anche Spartaco, colui che comandò la terza guerra servile fra il 73 e il 71 a.C. Originario probabilmente della Tracia, venne arrestato in seguito a diserzione e ridotto in schiavitù. Gladiatore a Capua, si ribellò contro le condizioni disumane in cui erano trattate le persone nella sua stessa condizione e organizzò una fuga di massa. Per fermarlo si ricorse all’esercito: la storia non racconta come andò a finire per lui, ma seimila di coloro che avevano con lui sperato nella libertà furono crocefissi lungo la Via Appia.
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Attrazione fatale
Sugli ozi a cui Annibale si sarebbe abbandonato dopo averla conquistata, gli storici hanno sollevato qualche dubbio. È però certo che Capua esercitò sul condottiero cartaginese un’attrazione fatale. All’epoca delle guerre puniche era diventata la città più grande e moderna della Repubblica dopo Roma, grazie alla fertilità dei suoi campi, al clima e alla bellezza dei dintorni.
Elementi che hanno giocato grande importanza anche nei secoli successivi, quando venne conquistata dagli Ostrogoti e poi dai Longobardi. Furono i Saraceni a raderla al suolo e a costringere i sopravvissuti a trasferirsi nella vicina Casilinum, diventata nel tempo la nuova Capua. Del vecchio insediamento rimangono significativi resti monumentali e tracce nel toponimo di Santa Maria Capua Vetere.
È qui la pizza

Franco Pepe, titolare del locale Pepe in grani di Caiazzo, è da anni in testa a tutte le classifiche dedicate alle migliori pizzerie del mondo. Non a caso qui è fondamentale prenotare il proprio tavolo attraverso il sito www.pepeingrani.it. In alternativa si può puntare verso la pizzeria I Masanielli di Caserta, guidata da Francesco Martucci e collocata – insieme a Pepe in grani – al vertice della classifica 2022 del Gambero Rosso. Nell’elenco figurano anche i locali La Contrada di Aversa e Cambiamenti di Caserta. Secondo gli appassionati della vera pizza napoletana, è da provare anche la pizzeria Casa Cavalieri a San Leucio.
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Dove sostare a Caserta e dintorni

- Caserta Area di Sosta Feudo di San Martino (Via Feudo di San Martino 5, tel. 328 6583968, www.sostacampercaserta.it). Un buon punto di riferimento per l’itinerario suggerito. A 500 metri dalla Reggia e dal centro città, è in grado di accogliere 60 camper; dotata di allaccio elettrico e di carico e scarico acque, l’area garantisce anche uno spartano servizio di docce calde a gettone. I costi variano in base alla lunghezza del veicolo, dai 20 euro al giorno per i mezzi sotto i 7 metri ai 40 per i più lunghi.
- In alternativa si può optare per l’area attrezzata ricavata all’interno dell’Oasi WWF Bosco di San Silvestro (Via dei Giardini Reali 78, tel. 329 1003808, www.laghiandaia.info). Sono 10 gli stalli gestiti all’associazione ambientalista, nel verde e a poca distanza dalla Reggia.
- Casertavecchia Oasi San Rocco (Via Rossetti 2, tel. 0823 371290, www.oasisanrocco.it). Ampia area verde in grado di accogliere oltre 100 camper, si trova a pochi minuti dal centro di Casertavecchia ed è dotata dei servizi essenziali.
- Santa Maria Capua Vetere Area sosta comunale (Via dei Martiri Cristiani), gratuita e dotata di acqua e pozzetto di scarico.
- Alife Area sosta di Dragoni (Via Case sparse, a 7 km dal paese); parcheggio privo di servizi, costo della sosta 6 euro al giorno.
Testo e foto di Gianluca Ricci
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