Staccare la spina dalla città e immergersi in un paesaggio diverso? La Strada del Riso Vercellese regala un paesaggio rilassante. Programma un weekend in Piemonte in camper: a Vercelli con un una sosta rurale in Monferrato.
Indice dell'itinerario

Gli appassionati di cinema ricorderanno “Riso amaro”. Il film del neorealismo girato nelle campagne del vercellese narrava le vicende personali delle mondine, tra sacrifici, canti e duro lavoro. Le risaie, quei rettangoli solcati dalle acque, offrono paesaggi unici e rilassanti. Ideali per staccare quando la routine della città ci soffoca. E allora perchè non programmare una fuga in Piemonte in camper?

Seguici in questo itinerario a Vercelli, raggiungibile in camper. A mezz’ora di strada puoi sostare con lo sconto all’agriturismo Dal Barbalando nel Monferrato convenzionato con il PLEINAIRCLUB.

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la basilica di Sant’Andrea

Le chiese

La visita al centro può iniziare dalla basilica di Sant’Andrea. Costruita intorno al 1220 per volere del cardinale Guala Bicheri, fonde elementi in stile romanico con i primi influssi di gotico francese. Colpisce l’utilizzo della pietra verde per la facciata ma anche le lunette sui portali d’ingresso. Da non perdere il bel chiostro rinascimentale, la sala capitolare, il cinquecentesco coro ligneo intarsiato e gli affreschi della tomba dell’abate Tommaso Gallo. Poco distante, percorrendo a piedi Via Guala Bicheri si raggiunge il duomo dedicato a Sant’Eusebio, primo vescovo di Vercelli.

Il Libro di Vercelli, uno dei più antichi testi inglesi

Accanto al duomo sorgono il palazzo e il seminario arcivescovile, residenza dei porporati per almeno sette secoli. Qui soggiornarono i duchi di Savoia e il cardinale Borromeo durante le loro visite in città.

Oggi l’edificio è sede del Museo del Tesoro del Duomo e della Biblioteca Capitolare. Suddiviso in quattro sezioni, ospita tessuti, reliquiari, arredi sacri, pergamene e dipinti. Fra i pezzi rari conservati nella biblioteca c’è il Libro di Vercelli, uno dei più antichi testi inglesi. Centotrentasei fogli di pergamena con miniature dove sono trascritti omelie, testi poetici. Spicca The Dream of the Rood, la storia di Cristo raccontata dalla croce. C’è anche un poema in versi sul ritrovamento della croce da parte di Sant’Elena, madre di Costantino.

L’origine del libro è avvolta nel mistero. Una leggenda vuole sia stato abbandonato da un pellegrino lungo la Via Francigena. Ma può trovare spiegazione nel legame che il cardinale Guala Bicheri aveva con l’Inghilterra, dove era stato legato pontificio per alcuni anni.

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il duomo

Il primo manoscritto in latino dei quattro Vangeli

Nelle stesse sale è conservato il Codex Vercellensis Evangeliorum. E’ ritenuto il primo manoscritto in latino dei quattro Vangeli, tradotto dal greco secondo la tradizione sotto lo sguardo vigile di Sant’Eusebio. Il museo organizza anche numerosi laboratori didattici per bambini e famiglie nei finesettimana.

I musei

Rientrando verso il parcheggio si può deviare su Via Giuseppe Verdi per visitare il Museo Camillo Leone, inaugurato nel 1910 all’interno di Palazzo Langosco. Fu un generoso lascito dell’eclettico collezionista: con tre cortili e ventidue sale, allargate anche ai quattro ambienti affrescati della cinquecentesca Casa Alciati. Un armonioso complesso che raccoglie reperti rari e curiosi. Tra questi c’è un prezioso cofanetto medioevale del XII secolo appartenuto al cardinale Guala Bicheri.

Ma anche la famosa stele latino-celtica, una delle rare testimonianze della convivenza tra le due culture nell’area del Sesia. Gli appassionati d’arte possono recarsi al Museo Francesco Borgogna che custodisce dipinti, sculture e arti decorative come la ceramica e lastre fotografiche. Il Museo Archeologico Civico Luigi Buzza, inaugurato nel 2014, ha invece sede nel monastero di Santa Chiara. Racconta la storia del territorio vercellese con oltre seicento reperti. Dalle popolazioni preromane sino ai tempi in cui Tacito annoverò Vercelli tra i firmissima municipia transpadani.

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il Museo del Tesoro del Duomo

Borghi e lame

Tornati alla guida del camper, ci spostiamo verso nord seguendo il corso del fiume Sesia. Qui troviamo particolari ambienti umidi ripariali, le cosiddette lame. Si tratta di paludi temporanee create dalle alluvioni colonizzate da flora autoctona e da una ricca avifauna. Questo ecosistema è protetto dal Parco naturale delle Lame del Sesia, di cui fa parte anche la Riserva naturale speciale dell’Isolone di Oldenico. E’ un’area di cinquantacinque ettari considerata uno dei più importanti santuari ornitologici d’Italia. Qui ogni anno nidificano più di millecinquecento coppie di nitticore, garzette, cormorani, aironi cenerini, aironi guardabuoi e persino il raro ibis sacro.

Superato il borgo di Quinto Vercellese, dove sorge un castello medioevale con torri cilindriche, si può accedere al fiume dal parcheggio del comune di Oldenico. Il parcheggio è indicato come Parco. Per raggiungere il posteggio panoramico sull’argine, adatto anche alla sosta notturna, occorre percorrere per un chilometro una strada sterrata piuttosto stretta ma ben battuta. In alternativa, si può accedere al parco da Albano Vercellese nei pressi della Locanda delle Lame. Ci si arriva seguendo le indicazioni per l’area protetta in direzione del fiume: qui c’è anche un percorso ginnico attrezzato.

Ripreso il mezzo e superata Villarboit, Balocco si presta a una breve pausa per ammirare la tipica architettura a mattoncini. Leggermente più a nord, seguendo la SP6, s’incontra il borgo di Buronzo, conosciuto per il Castello delle Sorprese. Qui nei primi weekend di primavera si svolge un evento mercatini a tema, prodotti tipici e manifestazioni. Numerose sono le attività dedicate ai più piccoli: spettacoli all’interno del castello, laboratori, esibizioni di cantastorie, giochi e un’emozionante scalata dell’Albero della Cuccagna.

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Alice Cerruti della Cascina Oschiena

Cascina Oschiena, dove tutto è rimasto intatto

La scoperta delle risaie del Vercellese comincia dal borgo di Crova dove sorge la Cascina Oschiena. In questa fattoria Alice Cerruti e la sua famiglia hanno ammodernato la produzione senza alterare le strutture originarie. Sono rimasti intatti gli alloggiamenti per le mondine, la scuola per i bambini, la casa del margaro del latte e le abitazioni degli sciavandé. Sono i salariati fissi che avevano diritto all’orto, alla porcilaia e al pollaio). Nessuna modifica nemmeno all’osteria, alla bottega, alla chiesetta e alle stalle sui cui tetti nidificano gufi e barbagianni.

Nel pieno rispetto dell’ecosistema i titolari, oltre a favorire il ripristino della vegetazione ripariale, effettuano l’allagamento tardivo e lasciano incolte alcune camere. Sono chiamate “camere” le porzioni di campo circondate da canali di risaia fino a luglio per consentire alla pittima reale di terminare la nidificazione. Buone pratiche che sono valse all’azienda un riconoscimento da parte dell’organizzazione Friend of the Earth.

Il Safarisaia, il tour in trattore

Fra le attrazioni per gli ospiti c’è il Safarisaia, un divertente tour in trattore fra i campi allagati. Puoi osservare con i binocoli specie rare come la pittima e l’ibis sacro. Ma anche i numerosi ardeidi e trampolieri che si nutrono negli stagni non inquinati da diserbanti chimici.

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L’abbazia di Lucedio a Trino

Più a sud, nel comune di Trino, il complesso monastico di Lucedio vanta una storia singolare. L’imponente abbazia fu fondata nel 1123 dai monaci cistercensi, che bonificarono il territorio introducendo sin dal XV secolo la coltivazione del riso. Sorge lungo la Via Francigena e il sistema delle grange collegate – fattorie dipendenti dalla struttura centrale, ma autonome nella produzione – permisero al monastero di crescere. Addirittura i Savoia lo reclamarono come loro possedimento. Napoleone Bonaparte se ne appropriò e infine fu ceduto al genovese Raffaele de Ferrari di Galliera, a cui i Savoia conferirono il titolo di principe.

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Principato di Lucedio

Principato di Lucedio, abbinamenti originali

Oggi l’azienda agricola Principato di Lucedio è una delle più importanti del panorama risicolo. Riesce ad abbinare la qualità ai buoni numeri di produzione. Propone paste di riso con abbinamenti originali (ad esempio canapa, curcuma, castagne o barbabietole). Ma anche risotti pronti con tartufo, radicchio e zafferano, zucca e mela e così via. Oltre a varietà classiche come il Carnaroli, il Baldo, l’Arborio e il Vialone Nano, e speciali (tra cui Venere, Rosso Ermes, Selenio, Apollo, Basmati e Roma).

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Tenuta Castello a Desana

Tenuta Castello all’insegna del bio

Prima di rientrare verso Vercelli si può effettuare un’ultima tappa presso la Tenuta Castello, che ha la propria sede nel castello di Desana. Qui c’è la possibilità di visitare la riseria, dove viene lavorato il grano d’acqua. L’ottantacinque per cento del riso qui prodotto è biologico, così come l’allevamento della razza bovina Fassona piemontese. Presso il ristorante Oryza si possono gustare piatti locali come la panissa vercellese (un risotto con fagioli, lardo e vino rosso) e il Cavour, con sugo d’arrosto e fonduta. Sono di riso ovviamente anche i dessert e, dulcis in fundo, persino la birra.

Testo di Federica Botta – Foto di Alessandro De Rossi

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