Dal mastio nelle giornate limpide la vista spazia sulle vette del Terminillo e arriva al Gran Sasso e alla Maiella. Ma dai mille metri di quota del borgo lo spettacolo più bello si offre al tramonto, quando si accendono le luci dei paesini distesi sulle colline intorno alla Valle del Turano e il suo lago. Il castello di Collalto Sabino, con le mura merlate a cingere un parco e un pozzo, non può non incantare anche il visitatore più distratto. Per raggiungerlo occorre attraversare una piazzetta con al centro una bella fontana ottagonale in pietra calcarea e poi salire la scalinata che conduce al ponte levatoio e alla porta di accesso, sormontata dallo stemma dei Barberini con le tre api.
Restando nella parte alta del paese, in Piazza San Gregorio è impossibile non notare Palazzo Latini, un’elegante dimora signorile oggi adibita a bed&breakfast. Nel silenzio interrotto solo dal rumore dei passi sul selciato scendiamo fra i vicoli gettando lo sguardo verso gli splendidi portali in pietra delle abitazioni. Poco fuori dall’abitato sorge il convento di Santa Maria impreziosito dal un bel portale del XV secolo e, più in basso, sono ancora visibili le rovine di Montagliano, un antico castello con un borgo circostante andato distrutto. E ancora, dal sentiero turistico che sale al Monte San Giovanni si giunge ai resti di un’antica abbazia costruita su un preesistente tempio romano.

In contemplazione, come gli eremiti
Se cercate un luogo non affollato dove passeggiare lungo dolci pendii, in mezzo ai boschi di cerri, aceri e pioppo bianco, la Riserva Naturale Monte Navegna e Monte Cervia vi attende con i suoi paesaggi solitari che si spingono sulle rive del Lago del Turano. Il nostro itinerario prosegue a Castel di Tora, l’antica città sabino-romana di Thiora. Dominato dall’antico castello, il borgo ha mantenuto alcune torrette semicircolari della cinta muraria: una di queste è ben visibile in Via Cenci, incorporata in un’abitazione.
Il nucleo storico si snoda intorno a Via Rocca e tra archi, scalinate e vicoletti si fanno notare i portali in pietra decorati con gli stemmi di antiche dimore aristocratiche. In Piazza San Giovanni si affaccia la chiesa omonima che custodisce una pala raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Evangelista, Rocco e Anatolia e due dipinti a olio che ritraggono San Giovanni Evangelista sull’isola di Patmos sulla sinistra, e Santa Anatolia, sulla destra.
Di fronte alla chiesa, la fontana del Tritone si staglia a ridosso della ringhiera del belvedere, incorniciata dai monti e dal lago. Di fronte al paese, su una piccola penisola collegata da un istmo, saliamo a piedi sull’altura rocciosa di forma conica sormontata dai ruderi del Castello del Drago, ai piedi del quale sono visibili i resti dell’antico borgo di Antuni. A strapiombo sul lago è incastonato l’eremo di San Salvatore, dove sono ancora visibili tracce di affreschi.

Tra gole e antiche mole
Sul versante destro della Valla del Turano, su un lato di un selvaggio vallone, ecco il borgo di Ascrea. Aggirandosi tra le viuzze ci s’imbatte nella chiesa di San Nicola di Bari edificata nel 1252, al cui interno sono custoditi una tela della Madonna del Rosario e una raffigurante San Nicola, oltre a un affresco del XVI secolo con San Nicola, la Madonna con il bambino, San Francesco e, in alto, Gesù.
Dal paese parte un itinerario a piedi che raggiunge il dirimpettaio borgo di Paganico Sabino seguendo l’antica strada di collegamento. Una facile passeggiata di circa mezz’ora che ridiscende nella gola dell’Obito, tra i Monti Cervia e Filone, superando il fosso con un ponte in pietra. Una mulattiera, invece, conduce ai resti di Mirandella, nucleo fortificato d’epoca medievale.

Sempre da Ascrea gli amanti del trekking possono raggiungere la vetta del Monte Navegna, a quota 1.508 metri: la salita prevede un dislivello di 950 m e l’escursione richiede cinque ore tra andata e ritorno. Vale la pena arrivare nella frazione di Stipes, meno di dieci chilometri più a nord, se non altro per lo splendido panorama sul lago e la sua diga.
Sulla riva sinistra, adagiato su una penisola, spicca invece il borgo di Colle di Tora, costruito tra il X e l’XI secolo su uno sperone roccioso per offrire un rifugio alla popolazione contro le incursioni di Saraceni e Ungari.

Tartufi e castagne nella Valle del Turano
Protagonista della tavola nella Valle del Turano è il tartufo, e non è un caso: il pregiato tubero si nasconde in abbondanza nel sottosuolo delle aree boschive. La produzione si concentra quasi tutta a Stipes dove proliferano le specie più pregiate della famiglia Melanosporum, ovvero il Bianco e il Nero pregiato, ma anche lo Scorzone e l’Uncinato. Nei ristoranti che s’incontrano lungo i quaranta chilometri della Strada del Tartufo e della Castagna, questa delizia viene proposta nelle più svariate versioni: con i filetti di trota, grattugiata sull’uovo all’occhio di bue, a insaporire i tonnarelli al cacio e pepe e persino spolverata sul semifreddo ai fiori di rosa canina.
Anche la castagna ha sempre giocato un ruolo importante nella dieta contadina locale: nei boschi intorno a Collegiove e Collalto le particolari condizioni climatiche e del terreno calcareo ne hanno favorito nei secoli la produzione; a poco più di tre chilometri da Collegiove lo sguardo incrocia vari appezzamenti di castagni: alcune piante raggiungono quasi i tre secoli e colpiscono per forma e imponenza. Non è difficile scoprirne i vari usi in cucina: macinate in farina per le zuppe, insieme a legumi o verdure, a purè, bollite con le foglie di lauro, cotte a mo’ di marmellata, insieme a liquore aromatico e cioccolato fondente. C’è il Marrone di Antrodoco ma è la Rossa del Cicolano la varietà più diffusa lungo la strada: si caratterizza per il sapore delicato e dolce, con tre frutti per riccio e di forma tondeggiante.

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