Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Selenio, il guardiano della tiroide

Indice

Il selenio è un elemento naturalmente presente nell’acqua e nel suolo, e svolge diversi ruoli fondamentali nel nostro organismo. È coinvolto nel funzionamento di almeno 25 enzimi e proteine, noti come “selenoproteine”, che partecipano alla riparazione del DNA, alla difesa dallo stress ossidativo, al corretto funzionamento del sistema immunitario e al metabolismo degli ormoni tiroidei.

Regola i livello di ormoni tiroidei

Nonostante la maggior parte del selenio sia accumulata nel tessuto muscolare, le concentrazioni più elevate si riscontrano nella ghiandola tiroidea, dove collabora con lo iodio nella sintesi e regolazione degli ormoni tiroidei. 

Il selenio attiva le deiodinasi, enzimi che rimuovono un atomo di iodio e partecipano all’attivazione e disattivazione degli ormoni tiroidei. È cruciale per il funzionamento della deiodinasi che catalizza la conversione della tiroxina o T4 (un pre-ormone poco attivo prodotto dalla tiroide che contiene quattro atomi di iodio) in triiodotironina o T3, la forma di ormone più metabolicamente attiva che stimola il metabolismo basale e la produzione di energia a livello mitocondriale. 

Allo stesso modo, il selenio contribuisce a mitigare gli effetti degli ormoni tiroidei, poiché è essenziale per il funzionamento delle deiodinasi responsabili della conversione del T4 e del T3 in rT3 o T3 inversa, la forma inattiva di ormone tiroideo.

Spegne lo stress ossidativo

Oltre alle deiodinasi, il selenio attiva diverse proteine antiossidanti, tra cui la principale è la glutatione-perossidasi. Questo enzima protegge le cellule dai danni causati dai radicali liberi, i quali contribuiscono all’invecchiamento e alle malattie croniche. Nella tiroide, questo enzima è particolarmente attivo nel neutralizzare la produzione di specie reattive dell’ossigeno che si verifica durante la sintesi degli ormoni tiroidei e, ancor di più, durante i processi infiammatori.

Attiva il sistema immunitario

Il selenio è cruciale per il funzionamento del sistema immunitario. Attiva le cellule T, essenziali nella lotta contro le infezioni, regola la produzione di citochine (molecole di segnale che coordinano la risposta immunitaria) e protegge le cellule immunitarie dal danno causato dal “fuoco amico”, ovvero dallo stress ossidativo che si verifica in situazioni di infiammazione. Alcuni studi suggeriscono che l’integrazione di selenio, specialmente in individui carenti di questo oligoelemento, possa migliorare il decorso di infezioni come l’HIV e l’influenza, e potrebbe contribuire a ridurre i livelli di anticorpi e migliorare i sintomi in caso di malattie autoimmuni come la tiroidite di Hashimoto e la malattia di Graves. 

Un nutriente multifunzionale per la tiroide

Partecipando alla regolazione dei livelli di ormoni tiroidei attivi e inattivi, proteggendo la tiroide dallo stress ossidativo e migliorando il funzionamento del sistema immunitario, il selenio si è dimostrato utile in numerose disfunzioni della tiroide. Ad esempio, può essere utile per stimolare una ghiandola ipofunzionante in caso di ipotiroidismo o per frenare una produzione eccessiva di ormoni tiroidei in individui affetti da ipertiroidismo. Inoltre, può contribuire a ridurre la produzione eccessiva di radicali liberi in caso di tiroidite.

Quando può essere d’aiuto

La carenza di selenio è associata ad un aumentato rischio di sviluppare condizioni come l’ipotiroidismo, la tiroidite di Hashimoto, il gozzo, il tumore tiroideo e il morbo di Basedow. In queste condizioni, l’integrazione di selenio si è rivelata promettente. Ad esempio, nel caso della tiroidite di Hashimoto, il selenio può contribuire a ridurre i livelli di autoanticorpi e migliorare la struttura ghiandolare visibile tramite ecografia. Nell’ipertiroidismo, l’aggiunta di selenio alla terapia medica può normalizzare più rapidamente i valori tiroidei e i livelli di autoanticorpi.

Quanto assumerne al giorno

L’assunzione giornaliera raccomandata per gli adulti è di 55-70 microgrammi. Tuttavia, i fabbisogni possono variare in base all’età, alla capacità di assorbimento e alle condizioni di salute dell’individuo. In caso di patologie tiroidee, la supplementazione con 100 mcg di selenio al giorno per diversi mesi si è rivelata spesso benefica. Tuttavia, è importante alternarla con periodi di astensione, poiché dosi eccessive a lungo termine possono portare a tossicità.

I cibi ricchi di selenio

Le concentrazioni di selenio negli alimenti variano in base al terreno di provenienza, alla capacità della specie vegetale di concentrarlo e alla dieta dell’animale. Tra i cibi che ne contengono di più troviamo le noci del Brasile (ne bastano un paio al giorno per ottenere i livelli raccomandati), i frutti di mare, le frattaglie, il pesce, la carne, i latticini, le uova, i cereali integrali, i semi di girasole e il lievito. 

Nonostante una dieta diversificata dovrebbe teoricamente fornire quantità adeguate di selenio per tutti, il progressivo impoverimento del suolo e il consumo sempre più diffuso di alimenti altamente processati a livello industriale rendono la carenza di questo, così come di altri nutrienti, sempre meno infrequente.

Dr.ssa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute