Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

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Il cibo spazzatura può creare dipendenza. Ecco perché

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Avete presente quando non riusciamo proprio a dire di no a quel gelato, quelle patatine, quella bella fetta di pizza? Ebbene, potrebbe non dipendere solo dalla mancanza di autocontrollo.

Un articolo appena pubblicato sul British Medical Journal ha analizzato 281 studi condotti in 36 paesi differenti, per un totale di oltre 500.000 partecipanti. Utilizzando la Yale Food Addiction Scale, uno strumento validato per misurare i criteri di dipendenza da sostanze applicati al cibo, la revisione ha scoperto che il 14% degli adulti e il 12% dei bambini mostrava segni significativi di dipendenza da cibi ultra-processati, proprio come succede con sigarette o alcol. 

Parliamo di prodotti come merendine, snack salati, bibite gassate zuccherate, piatti pronti confezionati, “specialità” dei fast food e via dicendo, accomunati da un bassissimo valore nutritivo. Diversi studi in passato hanno collegato un consumo eccessivo di questi prodotti a obesità, diabete, malattie cardiache, tumori e declino cognitivo.

Junk food come una droga: l’effetto della dopamina

Ma cos’ha di speciale il cibo spazzatura? Innanzitutto contiene elevate quantità di zuccheri, grassi e sale che donano gusto e piacere immediato, potenziando gli effetti di tali sostanze sui sistemi di ricompensa del nostro cervello. Quando si consumano i cibi ultra-processati si ha un rapido picco di dopamina, l’ormone del piacere, che fa sentire bene ma che poi lascia un senso di malessere una volta esaurito. Ciò porta a desiderare nuovamente quella sensazione di appagamento, innescando il circolo vizioso della dipendenza. Insomma, certi prodotti, una volta ingeriti, stimolano in modo abnorme i centri cerebrali della gratificazione, come una sorta di “supercarburante” per il nostro istinto primordiale di ingurgitare calorie. Anche l’aggiunta di aromi e dolcificanti rafforza ulteriormente l’effetto addictive. Tutto ciò spiegherebbe i modelli di dipendenza paragonabili agli effetti provocati da sigarette, alcol e droghe.

La dipendenza da cibo spazzatura

Sebbene la dipendenza da cibo non sia ancora classificata come una malattia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5-TR) negli ultimi 20 anni la ricerca sull’argomento è andata crescendo. Come sottolinea Chris van Tulleken nel suo libro “Ultra-Processed People”, il cibo in sé non crea dipendenza, ma “Quello ultra processato non è realmente cibo. Lo scopo del cibo è fornire nutrimento, mentre lo scopo principale dei prodotti ultraprocessati è il profitto”. Che fare? Già riconoscere che gli alimenti molto processati (e ricchi di zuccheri e grassi) possano dare dipendenza è importante. La consapevolezza è sempre il primo passo. Sapere che i cibi molto trasformati possono letteralmente drogare il nostro cervello, proprio come sigarette o superalcolici, dovrebbe spingerci ad essere più attenti quando facciamo la spesa. E a prestare ancora più attenzione nel proporli ai bambini, i più vulnerabili agli effetti di queste “droghe alimentari”.

Fonte

Gearhardt A N, Bueno N B, DiFeliceantonio A G, Roberto C A, Jiménez-Murcia S, Fernandez-Aranda F et al. Social, clinical, and policy implications of ultra-processed food addiction. BMJ 2023; 383.https://www.bmj.com/content/383/BMJ-2023-075354