Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

mamma gravidanza neonato

Dieta materna e ADHD: il connubio vitale

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Immaginiamo la maternità come un viaggio, fatto di crescita, metamorfosi e sviluppo: il primo emozionante percorso che madre e figlio condividono. E nel corso di quei nove mesi, le scelte alimentari materne diventano le fondamenta su cui si erigerà il destino cognitivo del bambino. Una ricerca condotta dal Barcelona Institute for Global Health ha aggiunto un importante tassello a questa fondamentale connessione, sottolineando come un rapporto più elevato tra omega-6 e omega-3 (ovvero troppi omega-6 nella dieta, rispetto agli omega-3) correli con un rischio maggiore nel piccolo a manifestare, crescendo, sintomi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).  

OMEGA-6 E OMEGA-3: UN EQUILIBRIO DELICATO  

Gli acidi grassi omega-6 e omega-3 sono essenziali per molti processi cruciali del corpo e specialmente per il funzionamento e l’architettura del sistema nervoso centrale, soprattutto durante la gravidanza. Questi due acidi grassi competono per l’incorporazione nelle membrane cellulari e vengono ottenuti principalmente attraverso la dieta. Gli omega-6 regolano la trasmissione degli impulsi nervosi e l’infiammazione, entrambi processi fondamentali per lo sviluppo del cervello in via di formazione. Gli omega-3, d’altro canto, partecipano alla corretta organizzazione e operatività del cervello in fase di sviluppo contribuendo alla crescita, alla maturazione e alla comunicazione tra neuroni e inducendo un potenziale miglioramento delle capacità cognitive del bambino. 

Ma se sappiamo che è la dose a fare il veleno, in questo caso dobbiamo preoccuparci -e occuparci- dell’equilibrio tra questi due acidi grassi, che svolgono funzioni opposte: gli omega-6, ad esempio, promuovono l’infiammazione, mentre gli omega-3, la contrastano. Uno squilibrio nell’assunzione dei due durante i nove mesi di gravidanza potrebbe aumentare la vulnerabilità dei bambini ai sintomi dell’ADHD. 

UNO SGUARDO SU SETTE ANNI DI VITA

Lo studio, pubblicato sul Journal of Pediatrics, ha esaminato i campioni di plasma prelevati dal cordone ombelicale di 600 neonati provenienti da quattro regioni spagnole, per quantificare i livelli di omega-6 e omega-3 a cui sono stati esposti durante la gravidanza. Poi, i ricercatori hanno valutato i sintomi di ADHD, utilizzando due questionari standard: uno compilato dagli insegnanti quando i bambini avevano quattro anni e l’altro dai genitori quando ne avevano sette. I risultati hanno rivelato che ogni aumento di un’unità nel rapporto tra omega-6 e omega-3 nel plasma del cordone ombelicale, era associato a un incremento del 13 percento nel rischio di sviluppare sintomi di ADHD all’età di sette anni. Perché proprio sette anni? Si tratta di un periodo critico nello sviluppo neurologico e comportamentale dei bambini per diverse ragioni. Pensiamo ad esempio all’inizio della scuola, fase di significativo adattamento a nuovi ambienti, interazioni sociali e richieste cognitive sicuramente più complesse.

ADHD: OLTRE LA DISTRAZIONE 

Disattenzione, dimenticanze e distrazioni. Se per molti possono rivelarsi condizioni passeggere per altri potrebbero essere segnali di qualcosa di più significativo. L’ADHD, acronimo di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, ha origini complesse e multifattoriali. Le stime indicano che colpisce circa il 5-10% dei bambini in età scolare e circa il 2-5% degli adulti. Sebbene si manifesti principalmente in età infantile, è importante sottolineare che può persistere anche nell’adolescenza e nell’età adulta. Negli ultimi decenni, c’è stata una maggiore consapevolezza dell’ADHD e un aumento delle diagnosi. Ma se l’attenzione è spesso focalizzata sui sintomi più evidenti, come l’iperattività e la disattenzione, bisogna ricordare che molte persone che ne sono affette, affrontano anche altre difficoltà, come la gestione del tempo, l’organizzazione e la regolazione delle emozioni.

L’ARMONIA TRA OMEGA-6 E OMEGA-3 A TAVOLA

Essendo entrambi essenziali, questi due acidi grassi non devono mai mancare nella routine alimentare della futura mamma. Mentre i primi si trovano facilmente negli oli di semi come l’olio di girasole, mais e soia, comunemente presenti negli alimenti industriali e della ristorazione collettiva, la ricerca degli omega-3 richiede un’attenzione particolare. Per trovare questa categoria di grassi, è essenziale dirigersi verso il mare! Il pesce grasso come le sardine, le alici, lo sgombro e il salmone selvaggio sono ricchi di questo prezioso nutriente. Se si segue una dieta vegetariana, le opzioni come noci, avocado, semi di lino e chia forniscono sì omega-3, ma non quelli a catena molto lunga, fondamentali per lo sviluppo ottimale del cervello. In questo caso, e specialmente durante la gravidanza, è imperativo considerare l’integrazione con olio algale, l’unica fonte vegetale ad elevato apporto di EPA e DHA, imprescindibili per la salute del bambino in questa fase delicata.

Fonte:
Mónica López-Vicente, Núria Ribas Fitó, Natalia Vilor-Tejedor, et al.Prenatal Omega-6:Omega-3 Ratio and Attention Deficit and Hyperactivity Disorder Symptoms. The Journal of Pediatrics, 2019; DOI: 10.1016/j.jpeds.2019.02.022