Un viaggio in camper per la rotta di San Michele

Tra Lazio, Abruzzo, Campania e Puglia, seguendo le orme di San Michele, percorriamo un itinerario in un solo weekend alla guida del camper.

Indice dell'itinerario

Escursionista e pellegrino? Si può. Basta seguire la rotta di San Michele per concedersi un weekend o qualche giorno in più a stretto contatto con la natura lungo l’Appennino centrale, ideale da esplorare in camper approfittando dei vantaggi nei campeggi, nelle aree di sosta e nelle aziende convenzionate con il PLEINAIRCLUB.

La caverna della Maiella

Il viottolo corre tra muri a secco e campi abbandonati da decenni, sfiora alcune capanne pastorali in pietra. Raggiunge l’orlo di un profondo vallone roccioso, vi entra a mezza costa toccando una cava abbandonata e un fontanile scavato in un blocco di calcare. Nell’ultimo tratto si cammina tra alti speroni di rocca giallastra. Tutt’intorno i boschi della Maiella iniziano a tingersi del verde intenso della primavera.

Una salita ai piedi delle rocce porta a una grande caverna, simile all’abside di una chiesa. Un semplice altare, una tomba scoperchiata, alcuni cartelli segnalano che l’interesse del luogo non è legato solo alla geologia e al paesaggio: una statua di pietra ancorata alla parete a otto metri da terra indica che qui da più di mille anni la gente di Lettomanoppello viene a pregare San Michele Arcangelo.

«All’imbocco della grotta, nel Medioevo, sorgeva una piccola chiesa» spiega Edoardo Micati, scrittore e maestro di sci abruzzese, che ha dedicato libri fotografici e guide agli eremi, alle capanne pastorali in pietra, agli stazzi e ad altre architetture tradizionali della sua regione. «La statua in pietra dell’Arcangelo risale agli ultimi anni del Duecento, prima era sistemata nella chiesa. Qualche anno fa c’è stato un tentativo di furto, oggi l’originale è esposto a Pescara, nel Museo delle Genti d’Abruzzo. Quella della grotta è una copia».

Gli eremi di Pietro da Morrone

Le rocce della Majella, la montagna dell’Appennino abruzzese che più si affaccia verso l’Adriatico e l’oriente, accolgono da millenni decine di luoghi della fede. Alcune grotte del massiccio hanno ospitato santuari preistorici e italici, altre gli eremi di Pietro da Morrone, il religioso in cui vari storici hanno riconosciuto Celestino V, il papa del “gran rifiuto” di dantesca memoria. Francesco Petrarca ha definito il massiccio Domus Christi. Secondo Ignazio Silone, originario della Marsica, “la Majella è il Libano di noi abruzzesi”.

«Nel mio ultimo lavoro La montagna e il sacro ho censito in Abruzzo circa trecentocinquanta luoghi di culto dedicati a San Michele» spiega Edoardo Micati. Una trentina sono all’interno di grotte, come quelle gigantesche e magnifiche di Ripe di Civitella e di Balsorano. Altri sono chiese costruite in cima a monti e a colline, come a Città Sant’Angelo, in vista dell’Adriatico. «L’Arcangelo, nell’Antico Testamento, accompagna le anime verso l’aldilà. Sui monti accompagna gli uomini verso il cielo. Nelle grotte aiuta a spingersi verso gli Inferi»

Sulle montagne del Lazio

Non c’è solamente l’Abruzzo sulla rotta di San Michele. Sulle montagne del Lazio alcuni suggestivi santuari medioevali dedicati a San Michele sono ancora venerati tra le rocce del Monte Tancia e del Monte Navegna in Sabina, e sulla Cima del Redentore che si affaccia dall’alto su Formia. Quello di Sant’Angelo in Aspreno è tra le pareti calcaree di Caprile, in Ciociaria, nei pressi di Roccasecca e di Aquino.

Le grotte-santuario in Campania

Più a sud, in Campania, la rotta di San Michele prosegue nella magnifica chiesa medioevale di Sant’Angelo in Formis alle porte di Caserta, il santuario del Monte Faito e le numerose grotte-santuario che si aprono ai piedi dei monti dell’alto Casertano e del Matese. La più bella tra queste cavità, frequentate da secoli a scopo di culto, si apre nei pressi di Olevano sul Tusciano, sui Monti Picentini, in vista di Salerno e della fertile piana attraversata dal Sele.

Nei santuari rupestri dell’Appennino l’effigie di San Michele Arcangelo rimanda a epoche lontane. «La sua figura con il braccio alzato e la spada ricorda quella di Ercole, la divinità tutelare dei pastori, che brandisce la clava» spiega Edoardo Micati. Non a caso il culto dell’Arcangelo, nei primi secoli dell’era cristiana, ha sostituito quello dell’eroe mitologico: i giorni in cui è venerato, l’8 maggio e il 29 settembre, corrispondono ai periodi in cui le greggi salgono in montagna a primavera inoltrata e ne discendono in autunno.

Il culto micaelico, profondamente radicato in Oriente, arriva in Italia nel IV secolo durante l’impero di Costantino. La prima basilica dedicata al santo nasce in Italia alle porte di Roma, al settimo miglio della Via Salaria, ed è meta di pellegrinaggi fino al Mille. Poi scompare, per essere rinvenuta dagli archeologi solo nel 1996.

Poco prima dell’XI secolo all’imbocco della Val di Susa, in Piemonte, nel luogo dove sorgeva una fortezza romana viene fondata la Sacra di San Michele, un’abbazia benedettina che è ancor oggi il più importante luogo di culto dedicato all’Arcangelo nell’Italia settentrionale.

Dal borgo di Tufo alla Grotta di San Michele

L’8 maggio a Tufo, un paese dell’Irpinia celebre per il Greco, un profumato vino bianco, la processione che scende dal borgo alla Grotta di San Michele è seguita da una colorata rappresentazione della cacciata di Lucifero dal Paradiso impersonata dagli abitanti del luogo, bambini inclusi.

Le rocce, le sorgenti, l’atmosfera misteriosa e suggestiva attirano verso i luoghi di preghiera dedicati all’Arcangelo anche i laici. Si rivolge a escursionisti credenti e non il Cammino dell’Arcangelo, l’antico percorso – riscoperto e segnato dal CAI – che in nove giorni collega Benevento e Pietrelcina al Gargano toccando Troia, Lucera, San Severo e San Giovanni Rotondo. Si arriva a piedi con dei percorsi più brevi alle grotte-santuario di Lettomanoppello, delle Gole del Salinello, di Balsorano, di Olevano sul Tusciano e del Monte Tancia.

Altre, come quelli di Gravina di Puglia, di Gioia Sannitica e Pescocostanzo, si aprono a poca distanza dalla strada o addirittura nel centro dei rispettivi paesi. L’inizio e la fine del nostro percorso sono rappresentati da due monumenti famosi come Castel Sant’Angelo a Roma e il santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano: due colonne simboliche di un viaggio ideale che si svolge per la maggior parte fra le rocce e i boschi dell’Appennino. Una terra antica, che non manca mai di stupire per la sua bellezza.

Sul Gargano il culto dell’Arcangelo 

La rotta di San Michele prosegue sul Gargano, all’estremità opposta, dove secondo la tradizione il santuario di Monte Sant’Angelo viene fondato nel 492 dopo tre apparizioni dell’Arcangelo a Lorenzo Maiorano, vescovo della città di Siponto. “L’angelo del Signore, Michele, apparve al vescovo in visione e disse: non è compito vostro consacrare la basilica da me costruita. Io l’ho fondata, io stesso l’ho consacrata. Ma voi entrate e frequentate pure questo luogo, posto sotto la mia protezione” recita l’Apparitio, il testo che racconta l’evento.

La stessa versione compare nella Legenda aurea, una raccolta di vite di santi scritta alla fine del Duecento da Jacopo da Varagine (o da Varazze), frate domenicano e vescovo di Genova. Oggi si ipotizza che l’episodio sia avvenuto un secolo e mezzo dopo, nel 663, durante la guerra tra Bizantini e Longobardi. È ancora Jacopo da Varagine a ricordare l’apparizione dell’Arcangelo a Gregorio I, papa dal 590 al 604, mentre rimette la spada nel fodero alla sommità del mausoleo di Adriano. Nella città infuria la peste e quel gesto è una promessa di guarigione e di pace: da allora il sepolcro dell’imperatore diventa Castel Sant’Angelo. Risale invece al 709 l’apparizione a Sant’Uberto, vescovo di Avranches, fondatore del santuario di Le Mont Saint-Michel, al confine tra Normandia e Bretagna.

La storia per la devozione dell’Arcangelo

In Italia la devozione all’Arcangelo si sviluppa sotto i Longobardi, che attraversano le Alpi nel 568, regnano su gran parte della Penisola fino all’800, e dopo essersi convertiti al Cristianesimo trasferiscono a San Michele il culto prima tributato al dio guerriero Odino. Tra il VII e l’VIII secolo migliaia di fedeli, provenienti da ogni parte d’Europa, si dirigono in pellegrinaggio verso il Gargano.

All’inizio del Novecento, alcuni luoghi dedicati a San Michele Arcangelo vengono abbandonati. I pastori e i contadini dell’Abruzzo e delle regioni vicine lasciano i loro monti per emigrare verso le regioni del Settentrione o all’estero, e molte grotte sacre vengono dimenticate.

Negli ultimi anni, però, molti di questi siti vengono riscoperti e restaurati da studiosi e devoti. L’8 maggio e il 29 settembre, le due date in cui la Chiesa festeggia l’Arcangelo, migliaia di pellegrini raggiungono il santuario sul Gargano, e decine di processioni, piccole o grandi, si dirigono verso altrettanti santuari rupestri.

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