Azzorre, in vacanza ad Atlantide

Una vacanza fai da te nel bel mezzo dell'Atlantico, alla scoperta dell'arcipelago delle Azzorre: architetture barocche e memorie marinare in questo lembo di Portogallo nato dalle eruzioni vulcaniche e dai movimenti tettonici dell'oceano a 1.400 chilometri dalla madrepatria.

Indice dell'itinerario

Una vacanza fai da te nel bel mezzo dell’Atlantico, alla scoperta dell’arcipelago delle Azzorre: architetture barocche e memorie marinare in questo lembo di Portogallo nato dalle eruzioni vulcaniche e dai movimenti tettonici dell’oceano a 1.400 chilometri dalla madrepatria.

In pieno luglio, a quanto pare, non c’era nemmeno un turista italiano. All’agenzia di viaggi della mia città, cui da sempre mi rivolgo e che mi ha venduto il passaggio aereo, mi hanno detto che sono stato il primo, in vent’anni di loro attività, a chiedere un biglietto per le Azzorre.
E facciamo un passo indietro per dire che a volte basta un documentario visto in televisione perché un’idea, anzi una fissazione si instilli nel cervello. Insomma, ci si deve andare. E quando? D’estate, considerate le latitudini: ma sapendo di dover sacrificare la balneazione perché qui siamo in mezzo all’Atlantico e le acque, ci dicono, sono gelide anche in questo periodo. E poi, le isole sono nove, senza contare gli isolotti sparsi. Come scegliere, come organizzarsi fra passaggi aerei e traghetti? Ebbene, si vedrà sul posto: dopo svariati decenni di viaggi in camper e non solo, certo non è la logistica ad intimidire il vostro cronista.

Partenza da Roma, con ovvio scalo a Lisbona essendo le Azzorre territorio portoghese (si viaggia con la compagnia di bandiera TAP e l’affiliata locale Lata). In aeroporto è già reperibile la mappa dettagliata dell’arcipelago, acquisto che si rivelerà peraltro non indispensabile perché sul posto troveremo attrezzati uffici turistici con materiale gratuito.
Le Azzorre furono scoperte dai portoghesi che navigavano verso Madeira. Le chiamarono così per un equivoco (“açores” sono gli sparvieri, ma gli uccelli che i marinai videro volteggiare in cielo erano nibbi), e inevitabilmente ci fu chi immaginò di trovarsi nel luogo della mitica Atlantide. Sono isole di origine vulcanica, dalla vegetazione lussureggiante e, fatte salve le considerazioni di cui sopra, con un clima mite tutto l’anno.

 

São Miguel

L'arco d'ingresso al centro storico di Ribeira Grande, sull'isola di São Miguel
L’arco d’ingresso al centro storico di Ribeira Grande, sull’isola di São Miguel

E’ la più grande isola delle Azzorre, e qui si trova il capoluogo dell’arcipelago, Ponta Delgada: una sinfonia in bianco e nero per l’acciottolato delle strade, che alterna il calcare al basalto, e per le facciate di chiese e palazzi barocchi che ci ricordano come l’Europa non sia poi così lontana. E’ qui che normalmente si sbarca, trovando un’organizzazione turistica di prim’ordine. Se gli alberghi sono relativamente costosi, già all’aeroporto ci si può procurare una lista interminabile di alloggi privati, in particolare economiche pensioncine gestite da persone gentili che a volte parlano persino un po’ di italiano (ma non già per improbabili contatti con turisti in visita: si tratta piuttosto di uomini anziani che forse hanno un tempo navigato).

Si gira la città con un occhio ai balconi in ferro battuto che si affacciano sulle stradine, si visita il Museu Carlos Machado collocato nelle sale di un ex convento, si entra nell’attiguo e vivace mercato coperto, ci si siede infine ad uno dei caffè di fronte alla chiesa di São Sebastião, notevole esempio di architettura manuelina, godendo da tale prospettiva la visione della facciata e dei suoi portali. Poco distante, oltre la Praça da República (la piazza principale in cui è rimasta, isolata, quella che fu la porta d’accesso all’abitato), svoltando nel primo portico a destra si trova un accogliente ufficio turistico, dove è possibile richiedere qualsiasi informazione per visitare il resto dell’isola. Un capillare servizio di autobus operato da tre diverse compagnie, con orari a volte un po’ strampalati, conduce praticamente ovunque, ma per raggiungere luoghi al di fuori dei percorsi di linea conviene affittare un’auto o uno scooter.

Pescherecci all'ancora nel porto di Ponta Delgada.
Pescherecci all’ancora nel porto di Ponta Delgada.

Ribeira Grande, altra graziosa cittadina sulla sponda opposta dell’isola, al di là degli immensi alberi di un giardino pubblico una porta bianca e grigia introduce al centro storico. La località, secondo la guida, è caratterizzata dai numerosi mulini insediati lungo il fiume: se ne individuano solo un paio, mentre il letto del corso d’acqua è stato imbrigliato e poi attrezzato come parco pubblico urbano.

Il capoluogo dell'arcipelago, Ponta Delgada, è spesso lo scenario di animate manifestazioni.
Il capoluogo dell’arcipelago, Ponta Delgada, è spesso lo scenario di animate manifestazioni.

Su una secondaria che ritorna alla capitale si può salire ad ammirare la Lagoa do Fogo, l’ultimo cratere attivo di São Miguel. Una deviazione porta alla Caldeira Velha, una cascata d’acqua calda con annesso laghetto termale in una cornice di debordante vegetazione tropicale.
Sete Cidades, sull’estrema punta occidentale dell’isola, altri vulcani spenti hanno formato due bacini chiamati rispettivamente Lagoa Verde e Lagoa Azul, uno in basso vicino al paese, l’altro sul prospiciente colle che si raggiunge per una strada a tornanti o, a piedi, per scorciatoie nel bosco.
Un’ultima escursione si può fare da Vila Franca do Campo, originaria capitale di São Miguel, fino alla prospiciente riserva naturale dell’Ilhéu de Vila Franca, un isolotto costituito dai bordi di un cratere emergente dal mare. La laguna interna, perfettamente circolare, è un ottimo posto per bagnarsi al riparo dalle correnti fredde del mare aperto.

 

 

Faial

Il Peter Café di Horta è una vera istituzione
Il Peter Café di Horta è una vera istituzione

Da Ponta Delgada un aereo ad elica che sembra uscito dall’ultima scena di Casablanca porta alla vicina isola di Faial, famosa in quanto storico approdo dei naviganti che incrociano nell’Atlantico – velisti oggi, come i balenieri un tempo. Le banchine del porto di Horta, il capoluogo, sono state trasformate in una galleria d’arte a cielo aperto: per chi vi transita infatti è tradizione scaramantica lasciare un ricordo, sotto forma di un dipinto o una scritta. Ci vorrebbero giorni per poter ammirare uno per uno tutti i murales e interpretare i messaggi, a volte davvero criptici; non c’è più uno spazio libero (qualcuno si è avventurato perfino a decorare gli scogli), ma qua e là alcune opere sbiadite dal tempo offrono la possibilità di sovrapporsi senza scrupoli con un nuovo ricordo. Ad Horta è altresì famoso il Peter Café, un’autentica istituzione. Le pareti sono letteralmente ricoperte di quadri, foto, vessilli, dediche, messaggi e quant’altro a ricordare la storia di questo scalo marittimo dove transitano oggi decine di aventureiros, come da sempre qui sono chiamati gli audaci che solcano l’oceano a vela.

Al piano superiore si visita un’interessantissima collezione (ben 2.500 pezzi) di scrimshaw, incisioni e sculture ricavate da denti di cetacei. Il mitico Peter, che un tempo era perennemente in rada a bordo della sua barca a remi a disposizione dei naviganti in difficoltà, e che poi sedeva compiaciuto dietro il banco a rimirare la variegata clientela, oggi ci sorride da una foto; ma praticamente tutti i turisti di passaggio, velisti e non, si ritrovano ancora ai tavoli di questo celebre locale per gustare, fra le tante prelibatezze, le tipiche polpette di baccalà innaffiate dalla birra alla spina, servita di regola in grandi boccali. In certe sere l’affollamento è tale che bisogna attendere si liberi un tavolo – o sedere fuori, ma non è la stessa cosa.

Il museo dei balenieri di Porto Pim.
Il museo dei balenieri di Porto Pim.

Per la loro posizione strategica al centro dell’Atlantico le Azzorre furono, come detto, isole di balenieri, ma di tutto ciò restano solo poche testimonianze. In fondo alla baia di Porto Pim, che si può ammirare nella sua perfetta forma semicircolare salendo al vicino Monte da Guia (dal quale, affacciandosi verso il mare aperto, si scopre la Caldeira do Inferno, un antico cratere diventato a propria volta una baia tondeggiante), si nota una grande porta con uno scivolo. Da qui venivano introdotte le balene uccise e trasportate ancora intere a rimorchio delle navi, sul retro è la fabbrica in cui si lavoravano le carni, oggi trasformata in museo. Tutto è rimasto com’era e dà l’impressione che, tolto il velo di ruggine, i macchinari potrebbero ricominciare a funzionare.
Il museo civico di Horta, situato in quello che fu il collegio dei Gesuiti, contiene invece una piccola raccolta d’arte e ci permette altresì di conoscere, oltre alla storia passata, anche quella recente: un vulcano si è improvvisamente risvegliato alla fine degli anni ’50 dal fondo del mare, in prossimità di una punta dell’isola cui l’eruzione ha regalato un nuovo profilo, e la sequenza di foto in mostra è davvero impressionante. Poche strade più in là un pittoresco mercato arabeggiante, da visitare di mattina presto quando l’animazione è al colmo e sui banchi splendono i colori della frutta e della verdura e scintillano le squame del pesce appena pescato.
Non resta a questo punto che affittare uno scooter e proseguire nella visita dell’isola. Una litoranea ne segue il periplo in 40 chilometri e ci ricorda la perimetrale di Pantelleria: poiché non presenta saliscendi troppo impegnativi, un ciclista allenato potrebbe percorrerla in bicicletta (a noleggio si trovano pure le mountain bike). Le fioriture estive ai bordi della strada sono continue e spettacolari, mentre il giardino botanico ai margini del capoluogo consente di immergersi in un ambiente dal sapore tropicale: c’è un angolo, in cui, persi fra palme e banani, ci sembra di essere piombati in tutt’altro viaggio.

Le piscine ricavate tra gli scogli di Varadouro.
Le piscine ricavate tra gli scogli di Varadouro.

Iniziato il giro in senso antiorario, ci si imbatte subito nell’indicazione per la spiaggia di Almoxarife dove si trova l’unico camping di Faial, che appare semideserto anche in questa stagione, ma siamo di nuovo in uno scenario in bianco e nero, tra la sabbia di origine vulcanica e la facciata della chiesa lì dietro. Altre visioni di scogliere nerissime, su cui si infrange la spuma bianca delle onde, ci accompagnano fino all’estremità opposta dell’isola, dove la strada principale resta più all’interno sfiorando le pendici di un altra vulcano, il Capelinhos. Per vederlo da vicino bisogna compiere una breve deviazione: in mezzo alla desolata distesa di lava è sopravvissuto il vecchio faro, oggi oscurato dalla mole del cratere cresciuto al suo fianco.
Poco più avanti un’altra deviazione porta alla punta di Varadouro, dove si trova la spiaggia più famosa dell’isola. Qui è stato realizzato un discutibile intervento di “valorizzazione turistica”, collegando con passaggi in cemento una serie di vasche naturali, sì da creare vere e proprie piscine. L’effetto paesaggistico non è certo dei migliori, anche se poi si apprezza la comodità di accesso all’acqua mediante scalette in ferro e la temperatura degli stessi bacini, che permette di fare il bagno senza patire il freddo.

Mezzo secolo fa un'eruzione del vulcano Capelhinos ha ridisegnato un'estremità dell'isola di Faial: il vecchio faro si è così ritrovato in mezzo alla terraferma.
Mezzo secolo fa un’eruzione del vulcano Capelhinos ha ridisegnato un’estremità dell’isola di Faial: il vecchio faro si è così ritrovato in mezzo alla terraferma.

Ma l’attrattiva maggiore di Faial è la Caldera, il cratere del vulcano spento che ne costituisce il punto più alto e si raggiunge anch’esso da una deviazione della litoranea, salendo a tornanti. Il catino coperto di vegetazione si ammira da un apposito belvedere, mentre una tabella invita a girare tutt’attorno con una passeggiata di circa tre quarti d’ora. Nel ridiscendere, chi non vuol fare la strada dell’andata può prendere a destra per un comodo sterrato che attraverso un bosco, nel quale si aprono improvvisi scorci della costa, riporterà alla litoranea più o meno all’altezza del bivio per Varadouro.

 

 

São Jorge e Pico

Uno scorcio della cittadina di Velas a São Jorge
Uno scorcio della cittadina di Velas a São Jorge

Da Horta un aliscafo o, in alternativa, un comune anche se più lento traghetto chiamato Triangulo das Ilhas portano alle vicine isole di São Jorge e Pico, ultime due tappe del nostro soggiorno: ma il tempo a disposizione sta per scadere, dovendo perciò accontentarsi di vedere il poco che si trova attorno ai porti di sbarco o che si può raggiungere con un taxi o con gli autobus pubblici.
São Jorge ci accoglie con Velas, un’altra linda cittadina anch’essa pavimentata in bianco e nero. Nella zona balneare si trovano altre vasche naturali, dove l’intervento dell’uomo si è limitato a cementificare la banchina di accesso. Poco più avanti, procedendo a piedi, si incontra un grande arco di roccia, come al solito dovuto al crollo della volta di una grotta, che inquadra l’azzurro del mare.

Pescatori sull'isola di Pico,
Pescatori sull’isola di Pico,

L’isola di Pico, dalla sagoma lunga e stretta, è la seconda dell’arcipelago per per estensione, mentre l’omonimo vulcano, con i suoi 2.351 metri, è considerato la vetta più alta di tutto il Portogallo (lo si ammira e fotografa anche dalle banchine di Horta nei rari momenti in cui la cima è sgombra da nubi). Da tenere presente che senza un mezzo di trasporto privato non è facile spostarsi, ma potendosi trattenere almeno un paio di giorni si può tentare di raggiungere la cima, o almeno le falde del vulcano, prendendo una strada che vi si dirige passando diritta attraverso rari villaggi di case scure e vigneti ricavati in mezzo alla lava – su quest’isola si produce il famoso Viño de Pico – fino a diventare uno sterrato più o meno impervio. Con il mezzo pubblico si raggiunge invece Lajes do Pico ove è il Museu dos Baleeiros: visitata l’esposizione viene voglia di vedere le balene, e questa cittadina costituisce per l’appunto una base rinomata per le escursioni di whalewatching.
Abbiamo così messo piede in quattro delle nove isole che compongono l’arcipelago, e dovrebbe bastarci per riportare a casa un’immagine delle Azzorre: ma poi, a leggere la guida, o semplicemente consultando la carta acquistata in partenza, ecco Ihla das Flores, Ilha do Corvo, Graciosa… Bastano solo i nomi a stimolare un ritorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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