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Il ghiacciaio della Marmolada
Un bianco massiccio di neve e lingue di ghiaccio sfavilla anche in piena estate e si erge solitario sulle verdeggianti vallate ai suoi piedi, circondato da ripide pareti a strapiombo e affacciato sulle cordigliere del Sella e del Sasso Lungo come un diamante che emerge da un diadema di pietre preziose.
La Marmolada è il luogo magico che ha dato vita alla leggenda del re Ombro e della bella Ombretta, nascosti in un castello d’alabastro oltre lo stretto canyon dei Serrai di Sottoguda. Un luogo strategico e difficile, che durante la Prima Guerra Mondiale gli Alpini italiani e i Kaiserjäger austroungarici si contesero a suon di eroiche scalate verso le cime, di dura sopravvivenza nelle trincee a più di 3.000 metri d’altitudine, di tunnel scavati nella neve della Eisstadt (la città di ghiaccio), di vie ferrate fatte con scale metalliche, ponti sospesi e pochi chiodi sulle pareti.

Il ghiacciaio della Marmolada è aspro e selvaggio eppure, al tempo stesso, ben accessibile. Non solo grazie alla funivia che da Malga Ciapela raggiunge Punta Rocca, ma anche con una tradizionale salita a piedi. Partendo dal versante trentino e seguendo in cordata una guida, qualsiasi escursionista allenato può percorrere l’antica via ferrata che ricalca il tracciato disegnato durante la Grande Guerra. Un luogo ideale dove avvicinarsi per la prima volta a piccozze e ramponi: otto ore di trekking tra scale, ghiaioni, pinnacoli di dolomia e creste nevose. Impegnativo ma mai estremo, e molto appagante nell’arrivo ai 3.343 metri della vetta.

L’itinerario sul massiccio della Marmolada
Il versante veneto del ghiacciaio della Marmolada si può risalire con gli impianti da Malga Ciapela, dal giugno 2015 arricchiti nella stazione intermedia dal Museo della Grande Guerra, il più alto d’Europa essendo situato a 3.000 metri di quota. Nella nuova esposizione, affascinanti ricostruzioni raccontano la quotidianità, la sofferenza e l’eroismo della vita di trincea di entrambi gli schieramenti che si affrontavano su queste cime.

Da Forcella Serauta a Malga Ciapela
Dalla stazione di Forcella Serauta (2.950 m) un ghiaione sulla destra accompagna al percorso attrezzato della Zona Sacra: le postazioni e le baracche italiane sulla cima sono visibili con una breve e facile via ferrata dotata di cavi di sicurezza ma senza pioli e tratti in arrampicata; l’uso dell’imbraco e della longe, obbligatorio secondo la cartellonistica ufficiale, è utile solo per il tratto in cresta di poche centinaia di metri, orizzontale ma molto esposto, mentre non è indispensabile per il resto del percorso ma consigliato a chi non ha esperienza e piede sicuro.
In meno di due ore, con brevi saliscendi su roccia protetti dai cavi o su corte scale di metallo, si esplora l’antica postazione e si giunge al limite dello strapiombo su Malga Ciapela, arrivo della lunga e faticosa Ferrata Eterna (per alpinisti esperti e allenati). La salita della funivia procede con un secondo tratto sino a Punta Rocca (3.250 m), da cui si può godere di un panorama a 360 gradi su tutte le cime dolomitiche.

Sempre da Malga Ciapela, a sud del grande parcheggio, inizia il comodo percorso nella Riserva Naturale dei Serrai di Sottoguda (3 euro a piedi, 5 con il trenino). Si segue l’antica strada, scendendo in circa trenta minuti al pittoresco borgo conosciuto per le lavorazioni artigianali e artistiche del legno e del ferro battuto.
I rifugi
Con i tornanti della vecchia strada nel bosco si raggiunge il torrente Pettorina, che si costeggia sempre sulla carrareccia tra i giochi d’acqua e le piccole cascatelle che d’inverno sono un paradiso verticale per gli amanti dell’ice climbing. Il percorso in salita è percorribile sia con le biciclette (non in discesa) che con il trenino elettrico; l’unico parcheggio accessibile è a 500 metri dal paese, in località Pian.

Da Malga Ciapela parte anche il sentiero per il Rifugio Falier (n. 610), che costeggia la parete sud della Marmolada lungo la Valle Ombretta. Dopo il bel campeggio e la pittoresca Malga Miola (ottimi salumi e formaggi ottenuti dal latte di vacche al pascolo brado) si sale per circa quarantacinque minuti lungo la vecchia strada, poi mulattiera più stretta, per guadagnare quota con ripidi tornanti sino ad aprirsi in una gran veduta. Arrivati a Malga Ombretta (ancora prodotti locali ecosostenibili) consigliamo di rimanere a mezza costa seguendo il sentiero sul prato, tralasciando la discesa.
In circa un’ora si arriva al Rifugio Falier, incantevole sotto la spettacolare parete della Marmolada: seguendo le indicazioni per Malga Ciapela si prosegue l’anello a mezza costa verso le due cascate del torrente, oltre le quali il sentiero n. 612 sale erto (400 metri di dislivello) per raggiungere i Prati dell’Ombretta. Altri 400 metri faticosi su un ghiaione separano dal Pas de L’Ombretola (2.864 m), uno dei punti più alti raggiungibili con itinerario non alpinistico, che dà accesso al Sasso Vernale (3.058 m, la cima più alta del blocco meridionale).

Fino a Punta Penia
Dal versante trentino si effettua invece la salita al ghiacciaio della Marmolada e, con la via ferrata, alla vetta del massiccio, Punta Penia. Superato Passo Fedaia e l’omonimo lago sulla bella strada n. 641 per Canazei, si raggiunge l’ampio parcheggio su sterrato della seggiovia Marmolada (2.074 m), utilizzabile anche per la sosta notturna. Così si sale a Pian dei Fiacconi (2.626 m) con la pittoresca bidonvia aperta. All’arrivo un sentiero sulla destra, seguendo ometti di pietra non sempre visibili, scende di circa 200 metri per aggirare un pinnacolo. Si inizia poi a salire, su neve e ghiaia, sino alla parete della Sforcella Marmolada.

Qui inizia la ferrata e s’indossa subito il casco: antiche scale di ferro e vecchi appigli, in alcuni casi ancora quelli della Prima Guerra Mondiale (notizia confermata dalle guide e da operatori del Soccorso Alpino), seguono l’antico percorso che risulta assai diverso dalle ferrate atletiche e sportive del giorno d’oggi. Dopo un primo tratto molto facile sino alla forcella, su scale appoggiate, si attacca una seconda parte più dura sino alla cresta a strapiombo della Valle Ombretta. Anche questo tratto è alla portata di un buon escursionista allenato, mai completamente verticale e senza difficili arrampicate, con prese naturali o artificiali sempre abbondanti. Si cammina poi slegati per un breve tratto sino a ritrovare i cavi, che possono essere coperti di neve.
È l’unico segmento esposto del tracciato, dove si cammina dentro le tracce di neve, che necessita dei ramponi in caso di ghiaccio e verglas. Si riprende poi a salire sul tratto più ripido di tutta la ferrata, sempre su scale metalliche, con creste che assicurano belle vedute, sino all’ultima sella di pietra. Solo trenta minuti su neve separano da Punta Penia (3.343 m): anche se qui la salita è più facile, trovandosi a una grande altitudine e a più di tre ore dalla partenza, può risultare piuttosto faticosa.
Alle spalle della croce di vetta s’inizia la discesa in direzione degli impianti e del ghiacciaio; con un’ultima ferrata in discesa si raggiunge il ghiacciaio e – su neve mediamente molle – si scende dritti sino al rifugio (circa sette ore dalla partenza).

Fino a Passo del Vescovo
Giusto al confine tra Veneto e Trentino, proprio al parcheggio del Rifugio di Passo Fedaia, inizia un’altra interessante escursione che può essere effettuata sia con una ferrata di media difficoltà che in un trekking di montagna. È il tracciato che dal Rifugio di Passo Padon (2.369 m) conduce a Porta del Vescovo (2.478 m) attraverso le gallerie e le postazioni della Prima Guerra Mondiale. Una strada carrareccia (dove è facile avvistare le marmotte) conduce sino a Passo Padon in circa tre quarti d’ora. Da qui il sentiero 636 porta ai 2.552 metri del Bivacco Bontadini, area già ricca di manufatti militari: vi inizia la Ferrata delle Trincee, con cui esplorare il complesso di cunicoli e avamposti del conflitto.

Il livello iniziale appare piuttosto facile (indispensabili l’attrezzatura da scalata e una torcia elettrica frontale: la galleria più lunga è di 300 metri), ma un tratto complicato s’incontra alla fine, dopo circa tre ore, per superare Cima Mesola: pendenze forti in cui si è protetti dal cavo ma privi di appigli artificiali. È possibile evitarlo scendendo verso il sentiero dell’Alta Via, che funge anche da cammino di ritorno. In alternativa, dal Rifugio Padon il Sentiero Geologico di Arabba – itinerario segnato da paletti di legno e bollini gialli – conduce in circa un’ora a Porta del Vescovo restando sempre a mezzacosta con un panorama eccezionale sulla Marmolada.

Per esplorare meglio il comprensorio in camper si può guidare sulla strada da Rocca Pietore sino a Ronch di Laste, incantevole altopiano ideale per le famiglie e molto apprezzato dagli arrampicatori (parcheggio con gran veduta) oppure raggiungere il castello di Andraz, sulla strada per Passo Falzarego, o ancora scollinare attraverso Colle Santa Lucia sino a Selva di Cadore, in Val Fiorentina, proprio sotto l’affilato profilo del Mondeval, che nasconde la conca dove è stata rinvenuta la sepoltura di un cacciatore vissuto settantacinque secoli fa.
Museo Vittorino Cazzetta

Qui ha sede il Museo Vittorino Cazzetta, restaurato e ampliato nel 2009, dove sono di particolare interesse la sezione geologica (con i fossili dell’antico mare giurassico e i fanghi melmosi su cui piccoli dinosauri lasciarono le impronte ritrovate sul Pelmetto) e quella archeologica: diorami, scenografie, plastici e pannelli sulla sepoltura di Mondeval con il corredo funerario di asce, archi e punte di arponi in palco di cervo. Ma anche propoli per la medicazione e resina come collante.
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