Seguiamo l’itinerario della Rotta dei Fenici sulla costa meridionale della Sicilia: oltre a belle cittadine e riserve naturali scopriremo aree archeologiche testimoni di una storia antichissima. E della presenza di genti che qui trovarono approdo in un mare che solo i Romani si permisero di chiamare nostrum
Indice dell'itinerario

Per Rotta dei Fenici s’intende la connessione delle antiche vie del mare che Fenici, Punici, Greci e Romani usarono per effettuare scambi commerciali, grazie alle quali  si posero le basi di una koiné (comunanza) culturale mediterranea. Oggi su tali rotte è disegnato uno  degli itinerari del Consiglio d’Europa: e il tema primario è proprio il dialogo interculturale nel Mediterraneo.

Il percorso attraversa diciannove paesi di tre continenti ed è gestito da una confederazione  internazionale di diciotto reti territoriali e tematiche che collaborano per lo sviluppo di nuovi modelli  di valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale. L’itinerario si occupa di ricerca scientifica,  sviluppo locale e turismo culturale, educazione e pedagogia del patrimonio per contribuire alla crescita  delle comunità, marketing territoriale e turistico.

La Rotta dei Fenici

In Sicilia La Rotta dei Fenici opera soprattutto nella parte occidentale dell’isola, nei territori che furono di Solunto (Santa Flavia), Palermo, Mozia  (Marsala), Segesta, Erice, Selinunte (Castelvetrano) e Cave di Cusa (Campobello di Mazara), Monte Adranone (Sambuca di Sicilia), Isole Egadi e Pantelleria, ma anche sull’intero territorio regionale per quanto riguarda i temi delle altre antiche civiltà e la fruizione sostenibile e responsabile di patrimoni  identitari forti e attrattivi. La Rotta dei Fenici è anche un laboratorio en plein air, uno strumento per  valorizzare alcuni degli approcci metodologici europei e cercare di tradurli in realtà a vantaggio delle comunità del territorio.

Porto Empedocle: alcune reti da pesca sistemate sulla spiaggia
Porto Empedocle: alcune reti da pesca sistemate sulla spiaggia

Da Marinella di Selinunte

Quindici, quindici… dodici, dodici… dieci, dieci… undici, dodici, tredici… tredici… va in fondo”. L’asta del pesce del mercato mattutino di Marinella di Selinunte sembra procedere senza una regola precisa. Nei primi minuti un occhio inesperto fatica a cogliere i minimi cenni del capo o delle dita con cui gli acquirenti comunicano con il banditore che invece, senza levare gli occhi dal pescato, sembra non perdere neppure un battito di ciglia. Passa almeno mezz’ora prima che si riesca a capire il meccanismo e fare la propria offerta.

Oggi però, grazie al progetto del Gruppo d’Azione Costiera Il Sole e l’Azzurro, un biologo marino del Consiglio Nazionale delle Ricerche accompagnerà i turisti per migliorare le loro conoscenze sulla pesca: spiegherà come valutare un pesce fresco e insegnerà a riconoscere le varie specie compreso il cosiddetto pesce povero, fondamentale per la sostenibilità a  lungo termine delle piccole attività che non raggiungono in  genere la grande distribuzione, suggerendo anche alcune  gustose ricette.

La Scala dei Turchi è una straordinaria parete rocciosa che guarda il Mediterraneo dal litorale agrigentino

Selinunte presidio Slow Food

Non è un caso che questo interessante esperimento di educazione ambientale si svolga a Selinunte, famosa  per le sarde riconosciute anche dal presidio Slow Food e simbolo delle battaglie della piccola pesca contro i grandi gruppi. La sarda selinuntina, infatti, era catturata con la rete  da posta dalle barche a vela latina, non con le lampare e  tanto meno con lo strascico. Il pesce azzurro restava imprigionato  nelle grandi maglie senza subire lo stress della  compressione nei sacchi e per questo conservava tutte le  squame e una polpa soda e compatta, che permetteva la  tradizionale cottura nello spiedo di canne. Ed era sostenibile, perché per quanto grande fosse la pescata non si azzerava  mai l’intero banco.

Per questo c’è anche Jojò al mercato, il pioniere della “cucina ecologica” che nel suo Lido Zabbara,  fondato già negli anni Settanta in collaborazione con il  più anziano pescatore del luogo, offre “sarde sostenibili”  e presenta tutto quel che c’è da sapere sui prodotti locali  a chilometro zero. Da assaggiare sbirciando gli impressionanti  ruderi dell’area archeologica di Selinunte. Pare che  persino i Greci si fermarono qui proprio per l’abbondanza  delle sarde.

La ricchezza naturale della costa meridionale della Sicilia  ha attirato una serie ininterrotta di conquistatori che  contribuirono ad arricchire il patrimonio dell’isola. I Greci iniziarono la domesticazione dell’ulivo e oggi la Nocellara del Belice è l’unica varietà a poter vantare la Dop sia come frutto da tavola sia come olio. I Fenici espansero la cultura  del buon vino e non a caso la Strada del Vino Terre Sicane, tra Menfi e la Valle del Belice, raccoglie alcune delle migliori cantine di Sicilia.

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La storia e i prodotti di Selinunte

I Cartaginesi e i Romani intensificarono  la coltivazione del grano duro tumminia, varietà autoctona  con cui si produce il Pane Nero di Castelvetrano. Gli Arabi  portarono il pistacchio, le mandorle e l’arancio, che vanta  – nelle campagne di Ribera – la Riberella  Dop. E per difendersi dagli attacchi  dei pirati Normanni, gli Svevi, gli  Angioini e gli Aragonesi edificarono torri di comunicazione  e castelli lungo quelle coste  sabbiose che facilitavano gli  sbarchi, come alla famosa Scala dei Turchi, inconfondibile parete di arenaria bianca.

Eraclea Minoa
Eraclea Minoa

Un litorale che ancora oggi, nonostante la cementificazione, si  può ammirare incredibilmente preservato e selvaggio grazie  alla funzione protettiva assolta da tre riserve naturali (Torre  Salsa, Foce del Belice e Foce del Platani) che complessivamente  proteggono più di 20 chilometri di spiaggia, cale e  scogliere franose. Risalgono a quel periodo la piccola Torre  Salsa e l’imponente Torre Carlo V di Porto Empedocle.

O  il castello di Siculiana, in cui l’aristocrazia si circondava di  splendore e lusso: è il caso delle ceramiche di Sciacca, ad  esempio, tuttora riconosciuta come uno dei centri tradizionali di produzione dell’isola, o dell’impressionante chiesa  di San Domenico a Castelvetrano, un tripudio di statue e  gessi, tanto da essere definita la Sistina di Sicilia. Forse è  proprio per questo stratificarsi di influenze e civiltà che questa costa simboleggia la Rotta dei Fenici, l’itinerario  culturale del Consiglio d’Europa che collega idealmente  i luoghi e le direttrici di spostamento dei popoli fenici in  tutto il Mediterraneo. Un mare che unisce e comunica e  che, pur nei contrasti e nelle diversità, sa creare cultura.

Castelvetrano

città greca di Selinunte
Città greca di Selinunte

Il percorso in camper può partire da Castelvetrano,  lungo l’autostrada Palermo-Mazara del Vallo,  elegante cittadina aragonese che diede i natali a quel  viceré don Carlo d’Aragona delle gride citate da Alessandro  Manzoni ne I promessi sposi. Parcheggiando in Piazza Martiri d’Ungheria si può visitare a piedi il centro storico  e in particolare la chiesa di San Domenico, unica nel suo  genere, con l’intero pantheon cattolico scolpito in un impressionante  intreccio di statue e  gessi colorati.

È famosa anche per il  suo pane nero di cui accennavamo sopra, realizzato con grano duro  antico della varietà tumminia, un frumento che non ha subito trattamenti moderni di nanizzazione ai raggi gamma per accorciare lo stelo né altre ibridazioni e quindi, secondo alcuni studi, con un glutine  meno aggressivo. Ai Molini del Ponte, che è possibile visitare con una piccola deviazione, è macinato ancora esclusivamente con la pietra naturale ottocentesca  conservando così il prezioso germe che contiene la parte più nobile e saporita del seme. Altrettanto nota è la produzione casearia, che scopriamo con una visita  guidata al caseificio Ferraro.

città greca di Selinunte

L’area archeologica

Ripreso il v.r. ci rechiamo presso l’azienda agricola Case di Latomie Centonze, che produce olive nocellara del Belice e olio Dop in un contesto eccezionale: una cava ellenica di  pietra, una latomia appunto, dove piante secolari si arrampicano  sulla roccia calcarea dando frutti che consentono di ottenere un olio dalle fragranze originali, apprezzabili con degustazioni organizzate dai titolari. La prima tappa verso il mare è l’area archeologica di Selinunte, il sito greco più  vasto e meglio conservato del Mediterraneo.

Conosciuta in  passato come la città dei Giganti per la mastodontica mole  delle colonne dei templi e delle pietre murarie, all’apice  dello splendore i suoi abitanti fondarono la vicina Eraclea Minoa, probabilmente anche grazie alla ricchezza dei commerci dei mercanti fenici che qui erano pacificamente  di casa. L’area fu a lungo contesa e poi conquistata dai Cartaginesi,  che ne mantennero il  controllo sino alla conquista romana. L’accesso con il v.r. è facile e ben segnato, con possibilità di parcheggiare (in  orario di apertura del sito) sia nel primo parcheggio di  fronte alla biglietteria che, continuando sulla strada oltre  il cancello (aperta al traffico veicolare), nell’ultimo spazio  più vicino ai grandi templi.

un particolare dei pregevoli fregi scultorei nella cattedrale di Castelvetrano

Marinella di Selinunte

La seconda tappa è Marinella di Selinunte: per partecipare  all’asta del mercato mattutino, fermarsi al ristorante “ecologicamente sostenibile” di Jojò, acquistare il pane nero di Castelvetrano fatto al forno o semplicemente passeggiare sul bel lungomare, piuttosto affollato e mondano nel pomeriggio. In alta stagione conviene parcheggiare nella zona dell’antica stazione (utilizzabile anche per il pernottamento).

Riserva Naturale della Foce del Belice

La Riserva Naturale della Foce del Belice, con  il più ampio tratto di dune naturalmente preservate della  costa meridionale (5 chilometri mai cementificati) protegge tra l’altro un piccolo scarabeo endemico, il geotrupes marginatus, che si può trovare solo qui e su alcune coste nordafricane. L’ingresso occidentale, il più vicino al fiume, ha bei parcheggi panoramici sul mare, ma è necessario attraversare tutto il lungomare di Marinella, quindi è consigliabile solo in orari e periodi di basso traffico (da evitare  il pomeriggio e la sera). L’ingresso orientale della riserva, invece, si raggiunge dalla provinciale Marinella-Porto Palo,  al bivio per Paradise Beach (con cancello sempre aperto). Subito a ridosso della ferrovia si trovano ottimi parcheggi, anche ombreggiati, che permettono l’accesso alla spiaggia  e al fiume.

La cinquecentesca torre d’avvistamento di Porto Palo

Porto Palo

Proseguendo sulla strada secondaria si arriva velocemente a Porto Palo, piccolo villaggio di pescatori sormontato da una torre difensiva aragonese, con una bella e comoda  spiaggia, ma unica località del territorio con divieto di sosta notturna ai camper.

È il territorio della Strada del  Vino Terre Sicane, che risale dal mare lungo la Valle del Belice: fra le tante opportunità di visita noi abbiamo scelto la Cantina Barbera, proprio a Porto Palo, dove Marilena ci ha raccontato la sua passione per il vino biologico fatto  a mano – dalla raccolta alla deraspatura degli acini sino all’imbottigliamento – e le varietà autoctone e antiche quasi  scomparse, oggi accudite per produrre vini originali.

Sciacca: il porto
Sciacca: il porto

Sciacca

Proseguendo verso sud-est la costa è poco raggiungibile  con il camper per via della presenza di seconde case e  villaggi turistici con accessi al mare molto stretti e spesso  sterrati; può convenire imboccare la strada ad alta velocità  da Menfi sino a Sciacca, una delle città più pittoresche  della costa meridionale, affacciata sul grande porto dove  oggi, purtroppo, la pesca a strascico ha il sopravvento.

Per visitare il centro, di una raffinatezza inaspettata osservandolo  dal basso, si può parcheggiare nella zona delle terme  (chiuse per rinnovi al momento del nostro sopralluogo,  con previsione di apertura per l’estate) e salire con le belle  scalette adornate di ceramica.

La produzione di maioliche  decorate a mano è una della eccellenze della cittadina,  portata avanti da varie botteghe; alcune, come quella di Salvatore Sabella, possono vantare il marchio CAT (Ceramica  Artistica Tradizionale) che garantisce il rispetto delle forme  e dei motivi originali e mostrano ai visitatori tutte le fasi di  lavorazione, compresa la strabiliante creazione dei pupazzi.

Sciacca: una veduta dall’alto del paese
Sciacca: una veduta dall’alto del paese

Ripresa la strada principale per Agrigento, nuovamente  l’accesso al mare è reso difficoltoso dalle lottizzazioni fino all’uscita di Borgo Bonsignore; seguendo le indicazioni si raggiunge la Riserva Naturale della Foce  del Platani (parcheggio lungo la  strada in bassa stagione, cancello  aperto in alta).

L’oasi naturale è un angolo di quiete e pace: si arriva al mare solo a piedi, con scarso affollamento anche  d’estate. Le sterrate verso sinistra portano alla foce del fiume, mentre i sentieri con ringhiera di  legno nel fresco del bosco raggiungono la spiaggia. Dall’altro lato del fiume, raggiungibile solo ritornando sulla strada principale, si trova l’area archeologica di Eraclea Minoa, dove l’alternarsi della storia è facilmente osservabile nelle diverse fattezze dei muri delle antiche case e botteghe.

Il litorale della riserva naturale Torre Salsa
Il litorale della riserva naturale Torre Salsa

Riserva Costiera Torre Salsa

Dopo neppure 5 chilometri, all’uscita Montallegro, si  trovano le prime indicazioni per la più grande e meglio  attrezzata Riserva Costiera Torre Salsa, con vari ingressi  lontani dal mare. Nel più meridionale, in località Omomorto, si trova il centro visite Franco Galia (in ristrutturazione al momento del nostro sopralluogo, parcheggio lungo la  strada), da dove partono i sentieri per la cima del colle o per il cuore della riserva (circa 2 chilometri) e l’accesso al mare (ripide scalette e un tortuoso sentiero al nostro arrivo chiuso per frana). Dall’ingresso Eremita si può invece  raggiungere il parcheggio sul mare Funcitedda, con una  lunga strada sterrata non sempre in buone condizioni.

Lo scorcio di un vicoletto a Siculiana
Lo scorcio di un vicoletto a Siculiana

Ripreso il v.r., si può dedicare un po’ di tempo alla visita di Siculiana, piccolo paese che custodisce il fascino della Sicilia antica. Nel centro storico si trova il Museo della Memoria  e del Territorio, coraggioso esperimento dei giovani  locali, aperto senza alcun tipo di finanziamento pubblico;  ospita i cimeli e racconta la storia del medico garibaldino Giuseppe Basile, che contribuì a salvare Garibaldi dalla  famosa ferita alla gamba. I ragazzi del MeTe vi accompagneranno  in una visita guidata alla chiesa del Santissimo  Crocifisso e al trecentesco castello Chiaramonte. Si può  parcheggiare proprio sulla piazza mattonata,  sotto il castello, anche se non  sembra uno spazio di sosta.

Porto Empedocle: una statua che ricorda il legame della cittadina con Luigi Pirandello

Porto Empedocle

Percorrendo ancora la strada costiera,  non si rischia certo di perdere la  famosa Scala dei Turchi, ottimamente  indicata e dotata di ben tre parcheggi per camper a pagamento. Ultima tappa  di questo percorso costiero può essere  la cittadina di Porto Empedocle, che  dietro l’aspetto moderno e industriale  nasconde alcune attrattive eccellenti come la Torre Carlo V, proprio vicino  al comodo parcheggio del porto, da  poco trasformata in museo.

Sul corso principale, appena  restaurato, Luigi Pirandello si fermava a prendere il caffè e  a trovare ispirazione per i suoi personaggi; e così ha fatto Andrea Camilleri, il figlio più celebre del paese. Porto Empedocle  è infatti la Vigata dei libri che hanno per protagonista Salvo Montalbano (prima che la trasposizione televisiva la  spostasse a Ragusa) e una statua del commissario, nell’aspetto  immaginato dal suo autore, attende gli appassionati  di polizieschi lungo la via, fianco a fianco a un bronzo del  grande drammaturgo che nel 1934 fu insignito del premio Nobel per la letteratura.

Leggi anche: “Val di Noto, la Sicilia del commissario Montalbano”

Pescare, non depredare: contro l’overfishing

Selinunte; asta ittica
Selinunte; asta ittica

I dati dell’Unione Europea e dell’Onu sulla pesca sono preoccupanti:  il 91% delle specie commerciali è a rischio di estinzione a causa dell’overfishing. Il Mediterraneo è al collasso e i fondali non protetti sono completamente desertificati. In alcune aree alcune specie  sono scomparse del tutto e si prevede che, se non s’interverrà con decisione, in una decina d’anni non sarà più possibile pescare. Il consumatore consapevole può fare moltissimo per contribuire ad arginare il problema.

I passi da seguire

Il primo passo, soprattutto quando si è in vacanza al mare, è cercare di acquistare solo pesce fresco, non congelato, proveniente dalla piccola pesca artigianale, responsabile e  sostenibile. Così facendo si evita lo strascico, che distrugge i fondali e non riesce a essere selettivo sulle taglie e sulle specie; la tecnica di pesca, così come la zona di cattura, è dicitura obbligatoria nella targhetta di vendita.

La seconda importante azione è richiedere il cosiddetto pesce povero:  per ogni chilo delle specie più vendute (orate, branzini, merluzzi, platesse) che arriva al porto dai  grandi pescherecci industriali vengono rigettati a mare più di 40 chili di pesce “di scarto” (non  accade lo stesso con la piccola pesca, che riporta all’asta tutte le qualità).

Infine, cercate sempre di acquistare e consumare solo pesce della giusta taglia, cioè individui adulti che hanno già compiuto il loro ciclo di riproduzione,  spingendo i pescatori a utilizzare reti sempre più selettive per evitare le catture involontarie. Per  alcune specie, come astici e aragoste, che possono essere rigettati in mare vivi, l’impossibilità di  vendita può essere determinante. 

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