Enzo coltiva un sogno: vedere il suo arcipelago diventare tutto l’anno meta di un turismo attivo, consapevole e a basso impatto, che sappia rispettarne e valorizzarne la natura e la selvaggia bellezza.
Una guida in mountain bike
Con la folta barba bianca e l’inseparabile mountain bike sarà oggi la nostra guida in una pedalata tra La Maddalena e Caprera che ci offrirà uno sguardo d’insieme sulle due principali isole dell’arcipelago. Proponendo al tempo stesso un excursus sulle vicende di questo avamposto marino, per secoli terra di nessuno e abitato saltuariamente solo da pastori sardi e corsi.
Un territorio che nel secolo scorso si è salvato da pesanti speculazioni edilizie anche grazie alle servitù militari a cui è stato sottoposto: dal 1972 al 2008 qui ha avuto sede una base Nato. E fa ancora parlare il mancato G8 del 2009: doveva tenersi all’isola Maddalena ma fu spostato a L’Aquila per sostenere la ripresa dei territori colpiti dal sisma.
Di quell’evento sfumato, che negli intenti doveva contribuire al rilancio dell’economia dell’arcipelago dopo la partenza delle truppe statunitensi, resta memoria in edifici come l’ex Arsenale della Marina riconvertito in albergo di lusso e centro congressi – una discussa cattedrale nel deserto, mai utilizzata e in abbandono – e il forte Batteria Arbuticci a Caprera, divenuto sede di un museo garibaldino.

Dal 1996 il compito di preservare questo angolo di natura unico nel Mediterraneo è nelle mani del primo parco nazionale istituito nell’isola sarda. Riuscirà nei prossimi anni a contenere e regolamentare il flusso delle troppe imbarcazioni a motore che nel periodo estivo affollano i tratti di mare tra un’isola e l’altra?
Riuscirà nell’intento di trasformare Caprera in un’isola verde senza traffico a motore, con navette elettriche e biciclette a pedalata assistita a disposizione dei turisti per raggiungere l’attacco dei sentieri che si addentrano tra i profumi della macchia mediterranea, portando verso cale e spiagge da favola?
Tra La Maddalena e Caprera
In bici, 48 chilometri, 850 metri di dislivello
Con il kayak sul tetto dell’auto (e con la bicicletta e l’igloo nel bagagliaio) sono approdata un paio di giorni fa al camping Abbatoggia, che occupa buona parte dell’omonima penisola sferzato dai venti dominanti sul versante nordoccidentale dell’isola Maddalena. È un posto perfetto per chi ama il mare senza compromessi: acqua turchese, spiagge di sabbia fine, tramonti da sogno e un reticolo di sentieri che si snodano fra rocce e cespugli di ginepro, lentisco e mirto guidando ad affacci da capogiro, accompagnati solo dal rumore del mare e dal garrito dei gabbiani.

Un posto perfetto per i turisti in tenda e per quelli in camper, che collocati in due aree ben distinte convivono senza intralciarsi reciprocamente (dalla prossima stagione entrambi potranno contare su un blocco servizi igienici interamente rinnovato). E un posto più che perfetto per chi ama le escursioni in kayak marino, grazie al comodo imbarco dalla spiaggia sul versante occidentale del promontorio, vicino al centro diving. Da qui infatti è possibile partire per escursioni giornaliere e dedicarsi alla scoperta dell’intero arcipelago, a patto di muoversi soltanto in condizioni meteomarine ottimali.
Le previsioni di oggi annunciavano il montare di un forte maestrale che rendeva impensabile avventurarsi per mare. E il maestrale è arrivato: con le folate di vento in faccia risalgo la strada dell’Abbatoggia sino all’incrocio con la Strada Panoramica dove mi attende Enzo, arrivato dal centro di La Maddalena a bordo di un’Ape Car con la mtb in carbonio caricata sul retro.

Iniziamo a pedalare in senso orario e presto alla mia sinistra sfilano le spiagge del Cardellino, quella di Cala Lunga – nella parte interna di un fiordo protetto dai venti – e quindi la spiaggia del Costone e quella dello Spalmatore, nell’omonima bellissima cala. Con una veloce discesa, tenendo a sinistra il villaggio Piras, ci ritroviamo al livello del mare nei pressi del Museo Archeologico Navale Nino Lamboglia, dedicato al celebre relitto della nave romana che naufragò insieme al suo carico presso l’isola di Spargi verso il 120 a.C.
Oltrepassiamo Cala Peticchia e superiamo il bivio verso l’isola Giardinelli e la spiaggia Capocchia du Purpu, nome legato alla presenza di una formazione rocciosa che ricorda la testa di un polpo: ci arriveremo nei prossimi giorni pagaiando. Ora invece proseguiamo dritti fino a imboccare il ponte che collega l’isola Maddalena all’ultima dimora dell’Eroe dei Due Mondi, l’isola dove il condottiero visse a lungo dedicandosi ad attività agricole e piantando un uliveto e una pineta (“Sulle tue cime di granito io sento/di libertade l’aura, e non nel fondo/corruttor delle reggie, o mia selvaggia/solitaria Caprera”, ebbe a scrivere).

Lasciamo l’asfalto principale per seguire a sinistra Strada Cala Garibaldi-Arbuticci che sale alla Batteria Arbuticci, il forte eretto nel 1890 dove ha sede dal 2012 il Memoriale Giuseppe Garibaldi. Da qui s’imboccano i sentieri per Cala Napoletana che sfiorano il Becco di Vela (160 m di altitudine): li seguiremo con le pedule ai piedi nei prossimi giorni.
Ora continuiamo sull’asfalto percorrendo in direzione sud la cresta dell’isola, tenendo sulla sinistra il Monte Tejalone (212 m), la cima maggiore di Caprera. Scesi a 80 metri di quota imbocchiamo uno sterrato che stacca sulla sinistra per ritrovarci dopo un single trek sulla strada Stagnali-Poggio Rasu; tenendo sulla sinistra le Batterie militari Poggo Rasu Superiore planiamo nei pressi del Centro Equituristico Cavalla Marsala.

Da qui prende inizio l’esplorazione del versante meridionale di Caprera: ecco l’istmo dei Due Mari, una lingua di terra larga poche decine di metri con la grande e frequentata spiaggia omonima sul versante orientale; più avanti, raggiungibile con un sentiero a passerelle, la magnifica Spiaggia del Relitto ammalia con la sua sabbia bianca e finissima e l’acqua di un turchese trasparente. E poi dritti lungo Punta Rossa, protesa a sud come un ago sottile: qui si estendono gli edifici abbandonati di una fortificazione ottocentesca rimasta in uso dell’esercito fino a pochi anni fa; si può pedalare fino all’affaccio panoramico che guarda verso la costa sarda prima di tornare sui nostri passi per chiudere l’anello di Caprera e percorrere a ritroso il ponte che ci riporta all’isola Maddalena.

Dopo un pranzo o uno spuntino in uno dei locali affacciati sul porto o sui vicoli interni, torniamo in sella per rientrare alla base di partenza. Risalito il centro storico con le sue innumerevoli scalette raggiungiamo la Strada Panoramica per abbandonarla presto scendendo a sinistra verso Bassa Trinità e quindi costeggiare agevolmente fino a tornare al campeggio.

In cammino con Garibaldi
COMPENDIO GARIBALDINO-CALA GARIBALDI-CALA NAPOLETANA
A piedi, tempo di percorrenza 2,5 ore soste escluse
Mettete il costume da bagno e un asciugamano nello zaino ma lasciate perdere le infradito: i sentieri dell’isola di Caprera pur non presentando particolari difficoltà tecniche hanno pendenze e caratteristiche che richiedono l’utilizzo di un paio di pedule o almeno di calzature sportive con suola antiscivolo. I tracciati, in tutto sedici, si basano sull’antica rete creata due secoli fa a scopi difensivi che raggiungono fortificazioni costiere e interne.

Noi abbiamo effettuato un anello panoramico che prende il via nelle vicinanze del Compendio Garibaldino, tocca Cala Garibaldi e quindi segue il versante nordoccidentale dell’isola. Dopo una deviazione verso la selvaggia Cala Caprarese si prosegue fra la macchia mediterranea fino ad affacciarsi su Cala Napoletana: la vista dell’alto dei suoi colori smeraldini è di quelle che non si dimenticano. Il rientro è per un sentiero interno che sale al Memoriale Giuseppe Garibaldi, da cui si ridiscende verso il punto di partenza seguendo la pista antincendio.
Dal camping Abbatoggia a Caprera
In Kayak, 22 chilometri tra andata e ritorno
Approfittando dell’organizzazione messa a punto dal Gruppo Canoe Roma, che in questi giorni sta effettuando un canoa-camp proprio alla Maddalena, alle 9 del mattino siamo in acqua. Il gruppo inizia a pagaiare puntando verso nord fino a Punta dell’Abbatoggia. Da qui tagliamo lo Stagno Torto e ci dirigiamo verso Punta Marginetto, estremità settentrionale de La Maddalena, in un fantastico susseguirsi di giardini di roccia. Arrivati a Punta Marginetto (3 chilometri dalla partenza), iniziamo a costeggiare il versante est dell’isola fino a Punta Lunga. Passiamo dritti davanti all’insenatura di Porto Lungo ed entriamo nella grande Cala Spalmatore (6 chilometri dalla partenza).

Da qui a Punta Rossa il tragitto è breve, quindi puntiamo direttamente verso l’isolotto di Giardinelli, con acqua turchese, fondale sabbioso, rocce dalle forme più strane come la “testa del Polpo”. Dopo una sosta in spiaggia puntiamo verso Caprera con una breve traversata e sbarchiamo a Cala Garibaldi (12 chilometri dalla partenza), giro di boa dell’escursione. Poiché il meteo prevede un rinforzo de vento da Ponente, per il rientro scegliamo lo stesso percorso fatto all’andata e alle 15:30 le nostre prue toccano di nuovo la sabbia dell’Abbatoggia.
A piedi, il cento di La Maddalena e il Museo Diocesano
La Maddalena merita una passeggiata tra il lungomare, dall’aspetto ottocentesco e in stile piemontese, e i vicoli e le scalette che seguono l’andamento del costone su cui si si sviluppa l’abitato. La comunità maddalenina ha avuto origine dalla fusione di due insediamenti: quello dei corsi, stabilitisi inizialmente nella parte alta dell’isola, e quello dei ponzesi, che da subito si insediarono a Cala Gavetta, oggi occupata dal porto principale. Le due comunità unendosi hanno dato origine a una parlata originale, una sorta di dialetto corso con influenze pontine e galluresi.

L’arcipelago era stato per secoli una terra di nessuno, prima che i Piemontesi e i Francesi puntassero a impossessarsene per la posizione strategica. Non a caso l’ammiraglio inglese Horatio Nelson negli anni 1803, 1804 e 1805 sostò più volte con la sua flotta nelle acque di Maddalena, punto strategico per controllare la flotta francese. Il corredo d’altare da lui donato alla comunità maddalenina, composto da due candelieri e un crocifisso d’argento in stile neoclassico, è tra gli oggetti più significativi del Museo Diocesano La Maddalena, in pieno centro storico e comunicante con la chiesa di Santa Maria Maddalena. Altrettanto interessante è il Tesoro di Santa Maria Maddalena, una raccolta di gioielli e coralli offerti come ex voto dai fedeli nel corso di oltre duecentocinquanta anni. Sono inoltre presenti statue lignee policrome della fine del XVII secolo accanto ad arredi sacri, paramenti e antiche documentazioni delle offerte.

Le altre isole de La Maddalena
L’arcipelago della Maddalena è composto da ben sessantadue tra isole e isolotti. Sette però quelle principali: oltre a La Maddalena e Caprera si annoverano Santo Stefano, Spargi, Razzoli, Santa Maria e Budelli. A sud di Maddalena e più vicina a Palau, l’isola di Santo Stefano è un piccolo compendio di storia: dalle testimonianze del Neolitico qui rinvenute al forte San Giorgio eretto nel 1773 sul versante sudoccidentale, divenuto quartiere generale del Bonaparte durante il suo assedio a La Maddalena. L’isola però non è accessibile se non dai clienti del resort in essa presente; sulla costa orientale sono presenti postazioni della Marina Militare.

Di fronte alla costa occidentale dell’isola Maddalena c’è Spargi, la terza per estensione dell’arcipelago: ricca di vegetazione, conserva anch’essa i ruderi di alcuni forti ed è famosa soprattutto per le spiagge della costa orientale. A nordovest rispetto a La Maddalena, ultimo avamposto che guarda verso le Bocche di Bonifacio, c’è il trittico formato da Razzoli, Santa Maria e Budelli, caratterizzate da spiagge mozzafiato e disposte come tre petali attorno alla laguna di Porto Madonna.
A Razzoli, sul versante nord, si può ancora vedere l’imponente edificio a pianta quadrata del vecchio faro e apprezzare quella che forse è la natura più selvaggia dell’arcipelago. Un altro faro campeggia sul versante orientale di Santa Maria, dove si trovano alcune seconde case e un albergo. A Budelli si può sbarcare sulla spiaggia del Cavaliere e da qui raggiungere la celebre spiaggia Rosa, che però non può essere calpestata: un divieto necessario per tutelarne la natura straordinaria immortalata in Deserto Rosso dal regista Michelangelo Antonioni.

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