Le faggete dai colori accesi rendono senz’altro suggestive le passeggiate autunnali ma anche con le fioriture della primavera, il Lago di Vico – a circa un’ora dalla Capitale – può rivelarsi un luogo d’elezione per un finesettimana a contatto con la natura. Sono circa quattromila gli ettari tutelati dalla piccola riserva naturale creata nel 1982: comprendono l’area dei Monti Cimini, quel che resta di un apparato vulcanico attivo a più riprese tra il Quaternario e centomila anni fa.

Il Lago di Vico: tra miti e realtà
La mitologia racconta che Ercole, sfidando gli abitanti del luogo per dimostrare la sua forza, piantò nel terreno una clava che nessuno riuscì a estrarre; quando lui stesso la tirò fuori sgorgò dal suolo un getto d’acqua così grande che riempì l’intera vallata.

L’antico cratere ospita oggi uno specchio d’acqua circondato da un canneto e da estesi noccioleti, fulcro dell’economia locale. Sulle pendici dell’antico cono, invece, cresce una rigogliosa faggeta ricca di esemplari maestosi. Vale la pena fare due passi nel bosco e ascoltare il tambureggiare dei picchi che vi abitano: conviene lasciare il camper nel comodo parcheggio in Località Canale e di lì muoversi a piedi. In alternativa si può compiere il periplo del lago seguendone le sponde in sella alla dueruote; oppure, con una mountain bike e un buon allenamento, conquistare la cima del Monte Fogliano, la più alta del territorio.

L’ambiente lacustre, dal canto suo, ospita un’avifauna in grado di interessare gli appassionati di birdwatching. Lo svasso maggiore, che nella stagione riproduttiva si esibisce in laboriose e appariscenti parate nuziali, nidifica qui con diverse coppie ed è presente tutto l’anno. Anatre e folaghe sono numerose: il lago è uno dei loro principali luoghi di svernamento nel Lazio. Sono i rappresentanti più visibili di una fauna ricca e diversificata, ma che spesso si sottrae agli occhi dei visitatori, ed è perciò consigliabile visitare i punti di osservazione dislocati lungo le sponde.
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I centri abitati
Anche i centri abitati del circondario meritano una visita: Canepina ospita nel suo territorio molti dei castagneti più belli; San Martino al Cimino conserva un’abbazia dedicata a San Martino, eretta nel Medioevo dai monaci cistercensi; Ronciglione, dal tessuto urbanistico più integro e movimentato, propone chiese romaniche, una massiccia rocca e fontane rinascimentali. Ma è Caprarola la meta più interessante.

Domina le case del centro storico l’imponente Palazzo Farnese, a pianta pentagonale, eretto nel Cinquecento su disegno prima di Antonio da Sangallo il Giovane e poi del Vignola. Preceduto da due rampe a tenaglia, all’interno mostra sale riccamente decorate che affacciano sul cortile e il giardino all’italiana. Magnifica è la Scala Regia, a chiocciola e sorretta da ben trenta colonne in peperino. Si dice che il cardinale Farnese la risalisse a cavallo per recarsi al piano nobile: oggi i visitatori la percorrono a piedi e con il naso all’insù, ammirandone incantati l’elegante bellezza.
Un amore di bosco
Per raggiungere la faggeta di Monte Venere si scende nella conca del lago lungo la strada comunale Caproceca, che serpeggia nel bosco, utilizzata per secoli dai contadini per raggiungere i campi nella Valle di Vico. Un pannello della riserva naturale riporta una mappa dell’area e approfondimenti dedicati all’ambiente del castagneto.

La strada, tutt’oggi assai frequentata dai mezzi agricoli, dopo una cabina dell’Enel giunge a un bivio: a sinistra si va al campeggio, all’agriturismo, al centro ippico e ristorante, mentre proseguendo a destra si arriva al parcheggio Canale, dove un fontanile e la tabella segnano la partenza del sentiero natura Fondo delle Tavole. Questo attraversa il bosco sulle pendici del Monte Venere e in un’ora e dieci di percorso (poco più di due chilometri) riporta sulla strada principale: se si desidera chiudere l’anello si può proseguire fino al parcheggio; se invece si preferiscono le suggestioni della faggeta basta tornare sui proprio passi.
Testo e foto di Giulio Ilardi

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