I 10 Parchi Nazionali d'Italia da scoprire a piedi e in camper

Per gli amanti del turismo in natura, non c'è nulla di meglio che partire in totale libertà e autonomia a bordo di un camper o un furgone camperizzato, sostare presso un'area di sosta attrezzata e immergersi nella natura alla scoperta delle bellezze naturali che l'Italia custodisce
cervi in montagna

Indice dell'itinerario

Tra i 24 parchi che l’Italia preserva, tra Parchi naturali e riserve marine, qui ti suggeriamo 10 Parchi Nazionali da non perdere e che puoi visitare in comodità col tuo camper. Dalle vette del Gran Paradiso, ai promontori del Gargano fino a fare un salto in Sardegna. In ognuno di questi ti tracciamo un itinerario a piedi con dislivello relativo e tempi di percorrenza.

Vediamo allora quali sono questi 10 Parchi Nazionali adatti a percorsi di trekking e da vedere in camper.

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Valle d’Aosta · Parco Nazionale del Gran Paradiso

Il sentiero del re

Dislivello 1.000 metri Tempo di percorrenza 5 ore circa

L’itinerario sul Gran Paradiso parte dal villaggio di Valnontey, facilmente raggiungibile da Cogne anche con il camper. All’ingresso dell’abitato (1.666 m) si parcheggia e, zaino in spalla, si prende a seguire la mulattiera secondo le indicazioni per il Rifugio Sella. Superato il torrente di fondovalle si raggiunge presto l’ingresso del Giardino Botanico Alpino Paradisia, uno dei più belli delle Alpi: vi sono stati ricostruiti quasi tutti gli ambienti naturali delle nostre montagne e comprende anche un giardino delle farfalle.

Quindi si inizia a salire lentamente nel bosco di conifere, secondo il tracciato a svolte della storica strada fatta costruire a partire dal 1865 da Vittorio Emanuele II, che voleva raggiungere in sella al suo cavallo gli appostamenti di caccia in quota. Senza possibilità di errore, si sale di altitudine fino ad uscire dal bosco: è qui che, sui primi pascoli, non è difficile avvistare la vera star del parco, cioè lo stambecco.

Alla testata della valle si fanno ammirare anche gli estesi ghiacciai del Gran Paradiso, l’unica cima interamente italiana che supera i quattromila (4.061 m, per la precisione). A destra e a sinistra si incontrano, e si ignorano, le deviazioni segnalate per Vernianaz e le Grange Lauson. Con un ultimo balzo, superato a tornanti, la mulattiera si affaccia al pianoro erboso dove sorge il Rifugio Vittorio Sella (2.584 m). Chi vuole vedere gli stambecchi deve però proseguire, lasciandosi il rifugio sulla sinistra, fino alla testata della valle (2.884 m).

I pascoli del Lauson con gli omonimi piccoli laghi, dove la neve si attarda fino a stagione inoltrata, sono tra i preferiti da questi animali e non di rado capita di avvistarvi anche marmotte, camosci e l’aquila reale in volo di caccia. Sarebbe possibile proseguire fino al panoramico Col Lauson (3.296 m) e quindi scendere in Valsavarenche, in prossimità di Degioz-Eaux Rousses. Ma per un’escursione familiare va bene già così e, tornati al Rifugio Sella, si ripercorre la via dell’andata Sino al parcheggio di Valnontey.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Trekking sul Gran Paradiso: itinerario e percorsi consigliati”

Liguria · Parco Nazionale delle Cinque Terre

La Via dell’Amore

Dislivello massimo 200 metri Tempo di percorrenza 5 ore circa

Siamo lungo un tratto della costa ligure e tirrenica più conosciuto, apprezzato e frequentato, e non solo in Italia. Paesi fiabeschi che guardano il mare, sospesi sul ciglio di una costa scoscesa ingentilita dalle geometrie dei terrazzamenti. Una gigantesca gradinata creata dal lavoro dell’uomo, dove gli antichi appezzamenti strappati alla roccia e un tempo coltivati a vite giacciono abbandonati non soltanto a causa delle difficoltà di accesso e dei costi proibitivi di manutenzione, ma anche in conseguenza dei cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi decenni.

Quello che segnaliamo è il facile e panoramico sentiero 2 del parco, già chiamato Sentiero Azzurro, che unisce Riomaggiore a Monterosso passando per Manarola, Corniglia e Vernazza. La prima porzione del percorso è quella in realtà nota nel mondo con il nome di Via dell’Amore, scavata nella roccia fra il 1926 e il 1928 per collegare Riomaggiore con Manarola: spesso interrotta dalle frane e chiusa al transito pedonale, è tornata a splendere dopo recenti lavori di ripristino e, anche se non può essere considerata sempre percorribile in assoluta sicurezza, costituisce una piacevole passeggiata alla portata di tutti.

La sede è stata ampliata nonché abbellita (c’è persino una “panchina degli innamorati”), mentre a fare da punti tappa della romantica stradina che si snoda a picco sulla scogliera sono le stazioni ferroviarie dei vari paesi. Il treno è dunque il mezzo di trasporto pubblico ideale per raggiungerne gli accessi e anche per il tragitto di ritorno, se non lo si vuole effettuare a piedi.

Tra i punti notevoli lungo il cammino segnaliamo almeno lo spiaggione di Corniglia, il panoramico borgo di Prevo (alla massima quota di 208 m) tra Corniglia e Vernazza, i coltivi a olivo, vite, limoni e ortaggi della conca dell’Acquapendente tra Vernazza e Monterosso. Il tempo di percorrenza di 5 ore è puramente indicativo, poiché l’itinerario non presenta particolari difficoltà e si impongono le soste nei pittoreschi paesini via via attraversati.

Vale tuttavia la pena sottolineare come, pur se in vista del mare, il percorso sia paragonabile a un sentiero di montagna per il fondo e la sede a tratti angusta: è senz’altro opportuno, perciò, lasciare in camper le calzature da spiaggia e indossare più comodi scarponi o calzature da trekking.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Cinque Terre in camper, in treno e in bici”

Emilia Romagna e Toscana • Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e dei Monti Falterona e Campigna

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La cascata dell’Acquacheta

Dislivello 300 metri • Tempo di percorrenza 3 ore circa

Si parte a piedi da San Benedetto in Alpe, ancora in Emilia Romagna ma vicinissimo alla Toscana. presso il ponte sul fosso dell’Acquacheta. Il sentiero segue il corso d’acqua e poi si immette in una mulattiera, che passa accanto ad alcuni vecchi edifici e raggiunge, a circa un’ora e mezzo dal paese, il belvedere della cascata, posta esattamente al confine tra le due regioni. Il ritorno è per la via dell’andata. Il salto d’acqua è davvero scenografico.

La cascata, alta circa 70 metri, precipita dalla Piana dei Romiti su una successione di gradini naturali e ripidi scivoli che allargano e disperdono i rivoli su un ampio fronte di roccia, largo ben 35 metri. Il substrato appartiene alla formazione marnoso-arenacea, caratteristica di questo settore appenninico, e vede l’alternarsi di strati più duri e quindi resistenti alla forza erosiva dell’acqua (le arenarie) e di strati più facilmente erodibili (le marne).

Alla bellezza l’Acquacheta aggiunge poi anche la fama che le deriva dalla letteratura. Fu nientemeno che Dante Alighieri a citarla nella Divina Commedia per paragonarla al Flegetonte, le cui acque si gettano in un baratro nell’ottavo girone dell’Inferno. Il sommo poeta ebbe occasione di vedere la cascata durante un viaggio da Firenze a Forlì: sembra che ne rimanesse profondamente colpito, e non c’è da stupirsene.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “8 cammini di fede e natura tra l’Appennino e l’Adriatico”

Marche • Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Le gole dell’Infernaccio

Dislivello 440 metri • Tempo di percorrenza 3 ore e mezzo circa

Tra Montefortino e Montemonaco, nel lembo più occidentale della provincia di Ascoli Piceno, ha inizio una sterrata segnalata, con buon fondo, che poco dopo una fonte si arresta in uno spiazzo alla base delle pareti del Monte Sibilla. Qui si lascia il mezzo e ci si incammina verso le Pisciarelle (850 m), una parete ricca di stillicidi che si alza davanti a un ponticello sul fiume Tenna.

Dopo averlo superato si inizia a salire giungendo ben presto al tratto più spettacolare della gola, fra pareti impressionanti, avvolti dal fragore delle acque e scavalcandole più volte su brutte passerelle in cemento, decisamente poco coerenti con l’ambiente. Usciti dalla gola si attraversa uno slargo, quindi ci si inoltra in una bella faggeta lasciandosi a destra il sentiero che sale al vicino eremo di San Leonardo (volendo raggiungerlo, aggiungere circa un’ora tra andata e ritorno).

Dopo alcuni saliscendi si entra in un’altra strettoia più ampia della prima, di nuovo si attraversa più volte su ponticelli il corso d’acqua e infine, con begli scorci sul Monte Sibilla verso sinistra, si esce nell’ampia conca di Capo Tenna (1.178 m) a due ore di cammino dalla partenza. La discesa di ritorno si svolge sulla stessa via e richiede circa un’ora e mezzo.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “5 idee per un weekend in camper nelle Marche”

Abruzzo • Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

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Il rifugio di Coppo dell’Orso

Dislivello 850 metri • Tempo di percorrenza 5 ore circa

Le passeggiate ed escursioni praticabili nel più famoso dei parchi appenninici sono un’infinità, ma quella che vi suggeriamo e che abbiamo sperimentato più volte offre numerose attrattive. La partenza del sentiero è dalla chiesetta della Madonna della Lanna, raggiungibile alla fine della stradina che porta a Villavallelonga e quindi prosegue verso la montagna. Parcheggiato il camper, si prosegue a piedi ancora sull’asfalto per pochi minuti sino a un fontanile. Poco dopo c’è una sterrata con indicazioni Fonte Astuni-Coppo dell’Orso, che si prende a seguire per una mezz’ora fino a una bella radura dove, giunti a un bivio, si va a destra.

Poco più avanti si incontrano il Rifugio Fonte Astuni e a poca distanza appunto la fonte, da dove una traccia evidente sale e si addentra nel bosco su un tracciato reso più chiaro dai segni rossi sugli alberi. Dopo un primo tratto esposto al sole fra alti ginepri ci si inoltra nella faggeta e si risale con notevole impegno il ripido crinale nel sottobosco di agrifogli, sul sentiero ben segnato con tracce rosse e bianche. Dopo un’ora e mezzo si esce dal bosco, tra macchie di faggi, e qui si apre la vista sull’altro versante della valle, scorgendo in fondo la Piana del Fucino.

Continuando a salire si arriva al Rifugio Coppo dell’Orso, una costruzione in pietra a quota 1.900, sotto il quale si apre la vista su tutta la Vallelonga e i Prati d’Angro. Dal camper ci vogliono circa 3 ore e un quarto di cammino, con opportune soste per godersi il percorso. Per il ritorno ci sarebbe la possibilità di compiere un anello verso Villavallelonga passando sotto i brecciai dell’alta Valle Martina e l’altura della Capra Giuliana, ma la carenza di segnaletica ci spinge a consigliare la via dell’andata.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Il Parco Nazionale d’Abruzzo compie 100 anni: scoprine i segreti”

Abruzzo • Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

Il Vallone delle Cornacchie

Dislivello 1.071 metri • Tempo di percorrenza 4 ore circa

Siamo qui in prossimità di uno dei siti più noti ai frequentatori del parco, visto che si parte dal termine della strada dei Prati di Tivo. Salendo a sinistra dal piazzale degli alberghi, si segue la traccia segnata che scavalca un dosso erboso e punta a un crocifisso. Già da qui si gode di un panorama eccezionale, dalla parete del Corno Grande all’Adriatico e, ai nostri piedi, l’imbocco del traforo autostradale in fondo al grande ventaglio verde del Bosco di San Nicola.

Piegando a destra, sempre su traccia evidente, si comincia a risalire con fatica il pendio dell’Arapietra, dove sul crinale spicca anche da lontano la sagoma di un edificio diruto (in realtà si tratta di un albergo-rifugio che non è stato mai ultimato). Ripreso fiato al termine della salita e passato il rudere, si punta dritti a un rifugio presso la Madonnina (2.028 m), all’arrivo di una seggiovia attualmente in disuso. Fin qui occorre più o meno un’ora di cammino.

Altra sosta panoramica prima di risalire il breve ghiaione che porta al Passo delle Scalette (2.100 m), dove il paesaggio si fa improvvisamente più severo: i pendii erbosi lasciano il posto a nude pietraie, e chi percorre il sentiero nel pomeriggio passa dal pieno sole alla ventilata frescura dell’ombra. Il Vallone delle Cornacchie – questo il nome dell’anfiteatro di rocce, così chiamato per i vocianti gracchi corallini che nidificano nelle fessure delle pareti – in certi giorni d’estate può diventare uno dei luoghi più battuti dagli escursionisti dell’intero Appennino, ma il suo fascino è di quelli che non fanno rischiare delusioni.

I picchi affilati del Corno Piccolo, alla destra di chi sale, sono sostenuti alla base da pareti compatte e arrotondate. Tra massi e ghiaioni il sentiero conduce quindi al Rifugio Franchetti, costruito su uno sperone roccioso: chi pernotta qui può assistere allo spettacolo dell’alba sull’Adriatico dall’alto di 2.433 metri di quota. Dall’edificio una breve salita porta alla Sella dei Due Corni (2.523 m), da cui proseguire per raggiungere le massime vette del gruppo e per ammirare il sempre più ridotto ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d’Europa. A causa della presenza della neve che può protrarsi fino all’inizio della stagione calda, in particolare al Passo delle Scalette, questo itinerario va percorso preferibilmente da luglio a settembre.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Abruzzo, le mete per una vacanza di neve e di attività outdoor”

Campania • Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano

La punta Tresino

Dislivello 200 metri • Tempo di percorrenza 3 ore e mezzo circa

Da Agropoli si seguono le indicazioni per Trentova. Usciti dall’abitato e attraversata la campagna adiacente, si parcheggia il camper presso l’ultimo bivio prima di scendere alla baia di Trentova (tenere come riferimento una recinzione sulla sinistra che cinge alcuni campi da tennis, in verità poco visibili). A piedi si segue la traccia sterrata che sale a sinistra fra mirti e ginestre, tralasciando una deviazione asfaltata subito a destra. Fattosi subito solitario, il percorso prosegue pianeggiante a mezza costa offrendo scorci panoramici su Trentova.

Una traccia a sinistra porta in breve ad alcuni interessanti edifici rurali in rovina (uno dei quali conserva la bella torretta angolare), mentre il largo sentiero principale costeggia prima una recinzione e poi punta a una casa diroccata in posizione panoramica, oltre un filare di eucalipti e accanto ad alcuni cipressi.

A questo punto si prende la traccia di sinistra che, rasentando la vecchia tenuta, si riaffaccia più avanti a una splendida caletta tra le ginestre, dove scendeva un altro sentiero dalla casa abbandonata. Una valletta incide il costone; il nostro percorso, continuando a tenersi in quota, la aggira passando il modesto corso d’acqua oltre un cancello (aperto). Poco più avanti, in prossimità dei resti di una torre e di un edificio diroccato, si raggiunge la Punta Tresino (50 minuti circa dalla partenza).

Magnifico il panorama a 180 gradi sul mare e, alle spalle, sui monti dell’interno. Oltre ai gabbiani reali, è possibile in questo tratto osservare le evoluzioni del falco pellegrino oppure di altri rapaci come il falco pecchiaiolo, soprattutto durante i passi migratori.

La traccia del sentiero, sempre pianeggiante, prosegue fra lussureggianti cespugli di mirto, lentisco e ginestra, toccando i cippi dell’acquedotto del Basso Sele. Un albero isolato di ulivo nelle giornate più calde offre una rara oasi d’ombra, mentre legioni di lucertole e inoffensivi biacchi scelgono il solleone per i loro agguati silenziosi.

A una mezz’ora scarsa dalla punta il tracciato è costretto a piegare a sinistra, in salita, per evitare una proprietà privata. Qui si hanno due alternative: la prima consiste nel tornare sui propri passi fino al camper, l’altra nel seguire il sentiero. Da qui si guadagnano circa 150 metri di quota, superando un fosso e quindi raggiungendo una sterrata che si segue a sinistra, per poi compiere subito dopo un tornante presso alcuni edifici.

Dopo alcuni tratti pianeggianti e altre curve a gomito, ad un bivio si prende a sinistra sulla sterrata, da qui in piano o quasi, che raggiunge la vecchia frazione ora disabitata di Case San Giovanni. Più avanti il percorso, tornato sentiero, fa il giro delle pendici del Monte Tresino (356 m) e, attraversato un tratto di bosco, perde quota andando a ricongiungersi alla traccia più bassa dell’andata, che incontra in corrispondenza degli edifici rurali descritti all’inizio. Fino al veicolo il giro completo – per il quale è consigliabile partire con una scorta d’acqua adeguata – richiede tre ore e mezzo di percorrenza.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Cilento in camper da Paestum a Palinuro”

Puglia • Parco Nazionale del Gargano

La duna di Lesina

Dislivello assente • Tempo di percorrenza un’ora e mezzo circa

Lesina, base della visita, si raggiunge dalla A14 Bologna-Taranto uscendo al casello di Poggio Imperiale. Giunti in paese conviene recarsi per prima cosa al centro visite del parco, situato quasi in riva al lago. La sua maggiore attrazione è l’acquario delle specie ittiche lagunari, con quattordici vasche di acqua salmastra direttamente collegate al bacino, mentre al piano superiore sono esposte piccole raccolte malacologiche e archeologiche, resti provenienti dall’isolotto lagunare sommerso di San Clemente nonché una ricostruzione della casa del pescatore lesinese.

Usciti dall’abitato, costeggiando la sponda occidentale del lago si giunge a un lavoriero tuttora attivo per la pesca delle ottime anguille locali, con piccolo punto sosta. In alternativa si può raggiungere lo stesso punto navigando sulla laguna con il catamarano del servizio escursioni guidate, che parte presso il centro visite. Che si scelga l’una o l’altra soluzione, dal molo si prosegue a piedi fino all’ingresso, sulla sinistra, di un sentiero su passerella in legno che ha inizio da una tabella del parco. Si cammina lungo un percorso facile e pianeggiante, attraversando uno dei lembi di macchia mediterranea più integri dell’intera costa adriatica. Cuscini di erica multiflora, rosmarino, lentisco avvolgono la passerella e sono animati dai voli brevi e nervosi dell’occhiocotto e della sterpazzolina.

Qui vegeta e fiorisce tra aprile e maggio anche il raro cisto di Clusius (Cistus Clusii), in tutta l’Italia peninsulare presente unicamente qui. Superata una fantina, ovvero uno stagno retrodunale temporaneo, dopo una mezz’ora di cammino si giunge alla pineta del Bosco Isola, che ammanta buona parte dell’istmo sabbioso tra il lago e il mare. Tavoli e panche per il picnic e l’ombroso sottobosco ne fanno una meta frequentatissima in estate, ma nel resto dell’anno è un’oasi di verde e tranquillità. Da qui è possibile proseguire fino alla spiaggia ormai vicina, ancora nel bosco fino alla Torre Scampamorte oppure tornare sui propri passi fino al lavoriero (in quest’ultimo caso, un’ora in tutto di cammino o poco più).

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Parco Nazionale del Gargano: un promontorio verde e azzurro”

Basilicata • Parco Nazionale del Pollino

La Grande Porta

Dislivello 374 metri • Tempo di percorrenza 5 ore circa

Fra i più begli itinerari a piedi nei parchi italiani, questo che conduce nel cuore del massiccio del Pollino (in Basilicata ma ai confini con la Calabria) è un tuffo nella natura integra del Mezzogiorno. La partenza è dal Colle dell’Impiso, valico posto a quota 1.573 lungo la strada che congiunge San Severino Lucano alla piana di Campo Tenese, dove scorre l’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. All’alternativa di lasciare il mezzo lungo strada si può preferire il parcheggio del vicino Piano del Visitone, poco a valle verso San Severino, oppure in direzione opposta quello del Piano Ruggio dove sorge il Rifugio De Gasperi.

Dall’asfalto si prende a seguire verso monte, oltre una sbarra, la sterrata che sale brevemente nel bosco, poi scende in direzione del primo dei piccoli Piani di Vacquarro. Si cammina fino al bivio con il sentiero che verso destra, per il Colle Gaudolino, porterebbe alla vetta del Monte Pollino: noi invece andiamo a sinistra. Si rientra nel bosco e più avanti si rasentano le acque cristalline di un torrente, guadandolo nel punto più agevole prima di affrontare la lunga salita nella faggeta.

Ignorando le deviazioni si sbuca al margine degli spettacolari Piani di Pollino dopo circa un’ora e mezzo di salita, più faticosa nel tratto finale. A sinistra si apre la vista sulla Serra di Crispo con i suoi magnifici pini loricati, a destra il Pollino e più indietro il Dolcedorme. Si prende a risalire i prati verso sinistra, senza una traccia precisa, in direzione di alcuni piccoli faggi isolati che segnalano la preziosa Sorgente Toscano che sgorga subito dietro gli alberi, in un avvallamento del terreno. A maggio e giugno – quando il disgelo è ancora recente – i pendii sono crivellati dai fori d’ingresso delle gallerie delle arvicole e tappezzati di viole, scille, orchidee, crochi a migliaia.

Ci vuole un’altra mezz’ora di cammino sul ciglio di una balza rocciosa per raggiungere i primi esemplari di pino loricato, la conifera dal portamento inconfondibile che è il simbolo del parco. Poco più avanti c’è quel che resta del pino della Grande Porta del Pollino – è questo il nome dell’insellatura fra la Serra delle Ciavole e la Serra di Crispo – riprodotto nel logo stesso dell’area protetta: vecchio di secoli, era il più maestoso di tutti, preso a simbolo del cambiamento possibile e perciò dato alle fiamme da vandali nell’autunno del 1993, appena dopo l’istituzione del parco.

Per fortuna altri giganti resistono, come alla Serretta della Porticella, l’anticima che s’incontra sul crinale salendo alla Serra di Crispo dalla Grande Porta. Alle piante ancora in salute, dalla grigia corteccia a grosse scaglie poligonali simili alle loriche (le piastre metalliche delle corazze indossate dai legionari romani), si accostano qui esemplari ormai secchi ma ancora in piedi. Tronco e rami color argento, non di rado spaccati dal fulmine, sfidano vento e neve a 2.000 metri di quota, avvinghiati alla groppa di calcare sospesa sul verde manto del sottostante Bosco della Fagosa.

Senza prolungare oltre un’escursione che potrebbe continuare a piacimento in quest’anfiteatro selvaggio di cime, si ridiscende ai Piani di Pollino e da qui al Colle dell’Impiso (calcolare un’ora e mezzo dalla Sorgente Toscano).

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “5 escursioni a piedi sul Pollino”

Sardegna • Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena

Cala Coticcio

Dislivello 105 metri • Tempo di percorrenza 2 ore circa

Cala Coticcio non è solo una delle meraviglie di questo parco, ma anche uno degli scorci costieri più straordinari dell’intera Italia protetta. Da La Maddalena si arriva a Caprera con il ponte della Moneta e si prosegue per circa 2 chilometri. Superata la deviazione a sinistra per la casa di Garibaldi e quella per la Cala Brigantina a destra, ecco l’indicazione del sentiero numero 2, segnato con tracce bianche e rosse. Da visitare prima o dopo l’escursione è il vicino forte delle cosiddette Batterie Arbuticci o Garibaldi, eretto assieme a molti altri sull’isola nel 1887 per uno degli interventi di fortificazione che periodicamente hanno interessato l’arcipelago, situato in posizione strategica.

Parcheggiato il camper, s’inizia a camminare tra i roccioni di granito e la rigogliosa macchia di erica, corbezzolo ed altre aromatiche essenze sempreverdi. Dopo l’iniziale saliscendi si supera una casermetta e più avanti si procede in discesa verso il mare, con vista a tratti sugli isolotti dei Monaci. Siamo sulla costa orientale di Caprera e le uniche tracce dell’uomo sono le barche che solcano incessantemente uno dei mari più decantati del Mediterraneo.

Giunti all’istmo del promontorio di Punta Coticcio, al termine di un tratto più ripido che segue le tracce di una scalinata, scendendo a sinistra ci si affaccia su una prima baia rocciosa; la nostra meta è invece sulla destra e appare come una mezzaluna bianca incastonata tra il verde degli arbusti e l’azzurro dell’acqua, dalle tonalità incredibili. Camminando tra le rocce si può raggiungere una seconda spiaggetta, poco più avanti, bordata da giunchi e ginepri. Si torna per la via dell’andata, camminando in tutto un paio d’ore.

Oltre i Parchi Nazionali da vedere in camper, leggi anche: “Arcipelago della Maddalena, i Caraibi di Garibaldi”

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