Un viaggio a Napoli: vedila, e poi... vivi!

Un itinerario di visita al capoluogo partenopeo, città affascinante come poche, che prende il via dalla casa natale di Totò e continua per i vicoli dei Quartieri Spagnoli.

Indice dell'itinerario

Assaggiare la vera pizza sotto lo sguardo vigile del Vesuvio, ammirare i tradizionali presepi gustando una sfogliatella, sorseggiare na tazzulella ‘e caffè dopo aver fatto visita alle anime pezzentelle… Solo immergendosi per le vie del centro si può apprezzare il fascino di Napoli. Scoprendo a poco a poco l’essenza del detto “Vedi Napoli e poi muori”.

La chiesa di San Paolo Maggiore e il monumento a San Gaetano.

Quello tra Napoli e Totò è un binomio inscindibile. Nessuno come Antonio De Curtis, principe di Bisanzio, è stato altrettanto capace di immortalarla. Per provare a capire la città partenopea è lui una delle guide più affidabili a cui rivolgersi, ma non è detto che alla fine si riesca a venire a capo delle mille contraddizioni che la rendono così affascinante e che giustificano il detto secondo cui chi si spinge fino a Napoli piange due volte. Una quando arriva e l’altra quando parte.

Due passi nella storia di Napoli

Proprio con Totò comincia la nostra esplorazione del centro. Al civico 109 di Via Santa Maria Antesaecula, nel cuore del Rione Sanità, Antonio De Curtis nacque e trascorse gli anni della sua infanzia. A celebrarlo ci sono una targa scrostata e il discreto pellegrinaggio dei fan.

La targa dedicata a Totò nella sua casa natale.

Giusto il tempo di perdersi fra i vicoli e si giunge davanti alla facciata settecentesca di Palazzo Sanfelice: un’architettura unica, lasciata però consumare dall’incuria e dal tempo. Le due scalinate e le finestre che si aprono sul cortile suggeriscono la nobiltà di un tempo, mentre il cortile in basso si riempie di voci e di automobili.

Il Museo Archeologico Nazionale.


A pochi isolati di distanza sorge il Museo Archeologico Nazionale, ricco di testimonianze dell’illustre passato della città dalla fondazione dell’antica Partenope. Qui si possono ammirare i grandi capolavori della collezione Farnese, tra cui l’Eracle a riposo e il Toro Farnese, ma anche i meravigliosi mosaici rinvenuti durante le campagne di scavo a Pompei, tra i quali spicca la famosissima Battaglia di Isso. Merita una visita accurata la sezione dedicata agli antichi Egizi.

Napoli: I tetti della città visti dalla terrazza del Museo Madre.


Poco distante da qui sorge la Cappella Sansevero, dov’è custodito il Cristo velato commissionato da Raimondo di Sangro principe di Sansevero a Giuseppe Sammartino: il sudario trasparente è uno straordinario esempio di abilità tecnica.

A cap’ ‘e mort

La morte dà spettacolo, ma non solo qui: provare a raggiungere il Cimitero delle Fontanelle per credere. Nei cunicoli di un’antica cava di tufo sono ospitati i resti di oltre quarantamila persone decedute durante la tremenda epidemia di peste del 1656, a cui si sono aggiunte le vittime del colera nel 1836. I crani dei defunti, chiamati confidenzialmente capuzzelle, sono accatastati uno sull’altro e nel corso degli anni hanno dato vita al rito delle anime pezzentelle, che ha alimentato numerose leggende. Secondo una di queste, chi si prende cura dei resti di uno dei morti riceverà protezione. Per questo fra le ossa compaiono oggetti di vita quotidiana, altarini e cartelli, molti dei quali testimoniano il forte legame venutosi a creare con il “proprio” defunto.

Il Cimitero delle Fontanelle.


Il rapporto fra Napoli e la morte è davvero particolare. Per capirlo basta recarsi al Cimitero di Poggioreale, un museo a cielo aperto che ospita sepolture monumentali tra cui quelle di Totò, di Eduardo Scarpetta, Nino Taranto, Enrico Caruso, Benedetto Croce e Salvatore Di Giacomo. I parenti arrivano in automobile, parlano con i defunti, rassettano e puliscono, chiacchierano con i vicini finendo per fare salotto fra lapidi e vialetti mentre domina sullo sfondo la sagoma lontana del Vesuvio.

La salita al vulcano chiarisce tutto. Lasciato il mezzo al parcheggio, con una mezz’ora di cammino si raggiunge il cono da cui sale un filo di fumo apparentemente innocuo. Ma basta guardare in basso per comprendere quali potrebbero essere le conseguenze di un’eruzione pari a quella che consegnò per sempre alla storia le città di Pompei ed Ercolano, cristallizzate nel tempo e nella lava.

Folklore e rinascita

Fare due passi nei Quartieri Spagnoli, o meglio ancora nei mercati di Via Pignasecca o Via Sopramuro è una vera esperienza: sballottati di banco in banco si assiste alle interpretazioni degne di un Oscar di pescivendoli e fruttivendoli, mentre i negozi alle loro spalle sembrano usciti direttamente dalla scenografia di un film.

Un negozio in Via San Gregorio Armeno.


Anche strade principali come Via Toledo e Via dei Tribunali, ma soprattutto Spaccanapoli e San Gregorio Armeno, dove si trovano tutto l’anno i tradizionali presepi napoletani, mantengono intatto il loro fascino.

Da non perdere il Monastero di Santa Chiara, con il suo settecentesco chiostro maiolicato; il Maschio Angioino, oggi trasfigurato dai lavori di realizzazione della nuova linea della metropolitana, alcune fermate della quale – come quella di Toledo – sono veri capolavori di architettura moderna.

Napoli, il Maschio Angioino.

Meritano una visita Castel dell’Ovo, che secondo un’antica leggenda è tenuto in piedi da un uovo messo nei sotterranei da Virgilio; Castel Sant’Elmo, appollaiato austero sulla sommità della collina del Vomero; e il duecentesco Duomo, ricco di affreschi e di superstizioni, anche se il tesoro di San Gennaro e il suo sangue miracoloso sono stati trasferiti in un luogo più sicuro.

Si può anche gustare una pizza all’uscita del teatro greco-romano, nel decumano superiore, e uscendo dalla Galleria Umberto I prendere un buon caffè a Piazza del Plebiscito, su cui si affaccia il severo Palazzo Reale che chiude lo sguardo verso il mare.

Per ammirare tanta bellezza stagliarsi sull’azzurro del golfo ci si può inerpicare per le curve che salgono sopra il quartiere Posillipo e affacciarsi dal parapetto; oppure scendere dalla certosa di San Martino lungo la Pedamentina, quattrocentoquattordici gradini di assoluto splendore da percorrere con lo sguardo fisso sul panorama sottostante. Tra scalinate e funicolari non c’è che l’imbarazzo della scelta per individuare il punto panoramico preferito: da qualsiasi parte la si guardi, Napoli è davvero una città straordinaria.
Anche nelle periferie degradate, quelle di cui si parla solo in occasione di episodi di cronaca nera: a San Giovanni a Teduccio la facciata laterale di uno dei condomini è stata nobilitata da un enorme murales realizzato dall’artista Jorit che immortala la divinità del calcio napoletano, Diego Armando Maradona. A Ponticelli è stato inaugurato nel 2015 il Parco dei Murales, diventato una vera e propria attrazione turistica.

Alla fine, anche chi per le strade di Napoli ci passeggia per la prima volta rimane ammaliato dal suo fascino contraddittorio; già pronto a piangere al pensiero di riprendere la strada di casa.

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