La capitale del cristallo italiano sorge nel cuore della Toscana tra Siena, le colline del Chianti e Firenze. Nelle industrie di Colle Val d’Elsa ogni pezzo prodotto viene controllato e rifinito con un’attenzione meticolosa: il risultato è un materiale luminoso ed elegante che artisti e designer utilizzano per creare manufatti capaci di emozionare per la loro bellezza.
In alcune aziende si può assistere alla lavorazione del cristallo. Nitrato e carbonato di potassio, sabbia, minio di piombo e borace vengono miscelati in proporzioni precise e poi versati nei forni. Il mattino successivo il cristallo fuso viene estratto dal crogiolo e immesso negli stampi. Le presse a stanga sono cambiate poco da due secoli a oggi. È più moderna la fiamma ossidrica, utilizzata per dare gli ultimi ritocchi a ogni pezzo. In molti atelier operano ancora le cinque figure tradizionali della cristalleria: il levatore che versa il cristallo fuso nello stampo, il pressatore, lo sformatore, il ribruciatore e il portantino. I pezzi finiti entrano nei forni di ricottura, dove in quattro o cinque ore vengono portati da 500 gradi fino a temperatura ambiente, e successivamente si procede alla molatura per eliminare bordi irregolari o taglienti.
L’importanza di Colle Val d’Elsa è legata anche alla sua posizione: il paese è accanto alla superstrada che collega Firenze con Siena, sorta di fianco al tracciato dell’antica Via Cassia. L’abitato si articola nei tre nuclei di Colle Bassa, del Castello e del Borgo; la torre del Palazzo Pretorio, costruito nel Trecento e oggi adibito a museo, sorveglia il centro storico. La chiesa di Sant’Agostino, la cui costruzione ebbe inizio nel XIII secolo, spicca nella parte moderna del paese. In alto, nel nucleo più antico, si trovano palazzi rinascimentali dipinti, dimore signorili con porte e finestre gotiche e gli affreschi settecenteschi della Cripta della Misericordia situata sotto il duomo.
Nel cuore di Colle Bassa, le storiche vetrerie Boschi – eredi della prima fabbrica di cristallo fondata nel 1820 dal francese François Mathis – ospitano il Museo del Cristallo. Qui si scoprono la storia e i segreti della lavorazione, insieme alle creazioni di artisti e designer che si sono dedicati negli anni a questo nobile materiale. Una lapide e uno stemma dei Medici sorvegliano la Steccaia, il sistema di chiuse mobili realizzate ai piedi del ponte di San Marziale per deviare le acque dell’Elsa nella gora che raggiungeva Colle e le sue industrie. Oltre la chiusa del Callone Reale, l’acqua scorre verso l’abitato. Tra i siti di archeologia industriale del paese spicca la cartiera trecentesca della Buca. Attraverso un sistema d’ingranaggi le acque facevano funzionare le macine per la preparazione dell’impasto e i magli che lo trasformavano in carta.
L’Elsa, che nasce nel Senese e si getta nell’Arno, è un gioiello di natura protetto da un parco regionale. Tra i salti e le cascate che ne interrompono il corso, quella del Diborrato lascia cadere l’acqua in un laghetto da ben dodici metri di altezza; a monte e a valle del salto, i pescatori locali riescono a catturare cavedani e barbi. Merita una visita anche la limpida polla delle Caldane, una delle sorgenti dell’Elsa: la sua acqua tiepida era già nota ai Romani per le proprietà terapeutiche. Oggi, in primavera e d’estate, molti residenti di Colle la frequentano per un bagno.
Nei pressi di Colle Val d’Elsa hanno mantenuto l’antico fascino le strade affiancate da querce, casali, tabernacoli e cipressi come la Via Volterrana medioevale che dalla Cassia si dirigeva verso il Tirreno. Passava da qui anche la Via Francigena medioevale (la strada seguita dai pellegrini dell’Italia settentrionale e d’oltralpe per raggiungere Roma e San Pietro), oggi percorsa da escursionisti a piedi, in bicicletta o a cavallo. Sorgono accanto a questa arteria l’abbazia di Santa Maria a Conèo, completata nel 1125, e la pieve romanica dei santi Ippolito e Cassiano.
Nel punto in cui la Via Francigena scavalca con un ponte l’Elsa, funziona ancora il Mulino di Calcinaia, sistemato nel 1696 per volere di Cosimo III de’ Medici: una delle sue grandi macine di pietra azionate dall’acqua è tuttora in grado di trasformare il grano e il granturco in farina.