Oltre a quelle famose dislocate nell’hinterland, ben sedici realizzazioni di Andrea Palladio danno lustro al centro storico di Vicenza, eletto dall’Unesco tra i patrimoni universali. Due giorni di visita sono appena sufficienti per coglierne il fascino, ma anche il minimo doveroso omaggio a un genio italico. Programmarli in qualsiasi periodo dell’anno non è un problema neppure per il viaggiatore pleinair, che può contare su un campeggio stagionale e due aree di sosta attrezzate sempre aperte.
Monte Berico e La Rotonda
All’arrivo, prima di entrare in città dirigiamo al santuario mariano di Monte Berico che la sovrasta con un magnifico belvedere assai utile per orientarsi. Sullo sfondo dell’Altopiano di Asiago il capoluogo si legge come in una mappa: in primo piano il nucleo monumentale da cui emergono verdi di rame ossidato la cupola della cattedrale e la copertura a carena della basilica, l’edificio simbolo di Vicenza, entrambe opera del Palladio.
Edificato nel XV secolo in seguito a due apparizioni miracolose, il santuario è meta costante di pellegrinaggi e tradizionale fuori porta dei vicentini che vi giungono anche a piedi per una via porticata o i 192 gradini del sentiero delle Scalette attestato all’omonimo arco palladiano, eretto postumo. Chiusa la parentesi, ci predisponiamo a un primo contatto con il grande architetto.
Dal terminal delle autolinee di Campo di Marzo il bus n. 8 serve comodamente la sua villa più celebre: la Capra Valmarana detta La Rotonda, dalle quattro facciate perfettamente uguali, e la vicina Valmarana ai Nani, affrescata da due altri big dell’arte veneta: Gianbattista e Giandomenico Tiepolo (orari da marzo a novembre: 10/12 e 15/18, chiusura lunedì; interni della Rotonda solo mercoledì).
Gioielli in città
Il secondo giorno comincia bene in Piazza Matteotti, all’estremità orientale dell’ampia isola pedonale che protegge il cuore urbano ed è innervata dall’originario decumano romano ora neanche a dirsi corso principale intitolato al Palladio. In piazza, accanto all’ufficio turistico troviamo subito due pezzi forti: il Palazzo Chiericati (1550), ora museo civico, e l’ultimo capolavoro del maestro: il Teatro Olimpico (1580), primo esempio di struttura moderna coperta a imitazione del classico Odeon.
Tralasciando attrattive diverse, seguitiamo sulle tracce dell’architetto scoprendo a pochi passi lungo il corso la sua presunta abitazione: Casa Cogollo (1571), quindi Palazzo da Monte Migliorini (1554), Palazzo Thiene (1542) e, defilato in Contrà Porti, il sontuoso Palazzo Barbaran da Porto (1570) che ospita il centro internazionale di studi palladiani e il Museo Palladio ricco di disegni autografi e modelli costruttivi. Altri palazzi sul corso, Pojana (1566) e Valmarana Braga Rosa (1565), ci introducono al clou della visita: la Basilica o Palazzo della Ragione (1546-1549), che il giovane Palladio disegnò imponendosi su progettisti ben più quotati quali Serlio, Sanmicheli, Giulio Romano.
Restaurata negli anni ‘50 per i danni di guerra, ha appena subito un secondo intervento di recupero divenendo un prestigioso polo culturale. La trecentesca Torre dei Bissari , alta quasi 90 metri, e tre animate piazze la incastonano al centro di una straordinaria scena che include anche il rifacimento firmato dal Palladio di un edificio medioevale: la Loggia del Capitaniato (1565), attuale sede del Consiglio Comunale.
Per strade interne ritroviamo a Piazza Duomo il segno dell’artista nella ricordata cupola e in una delle porte della cattedrale, e poco oltre, a Piazza Castello terminale di Corso Palladio, nell’incompiuto Palazzo Porto Breganze (1571) e nel Palazzo Thiene Longare (1572), questo completato nel 1593 da Vincenzo Scamozzi. La nostra frettolosa (e parziale) ricognizione finisce qui, sotto i resti del Castello e della porta urbica, dove ci saluta un’ultima cartolina palladiana: la Loggia Valmarana inquadrata nel verde dei Giardini Salvi.
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