Mal d'Africa/2 - Algeria
Il mio primo contatto con l’Africa, nel 1975 in Marocco, fu così disastroso che scappai dopo soli pochi giorni; ma con un tarlo dentro che mi convinse a riprovarci già tre anni dopo.
E quella volta fu un viaggio meraviglioso: trenta giorni indimenticabili che hanno segnato la mia vita, lasciandomi un’infezione da “mal d’Africa” inguaribile.
Nel 1980 riuscii ad acquistare e camperizzare un furgone UAZ 4×4, realizzando un altro sogno: tornare nella “mia Africa” con la “mia casa”. Nello stesso anno potei così compiere il grande balzo: quaranta giorni di pista e fuoripista attraverso la Tunisia e l’Algeria per raggiungere le popolazioni tuareg del Sahara più interno.Purtroppo il mal d’Africa mi costrinse a fare una scelta tra la voglia di viaggiare e quella di mettere su famiglia: il mio matrimonio andò in crisi e divorziai. E gli effetti li avverto ancora oggi, ad ogni partenza, quando devo nuovamente scontrarmi con le “normali” preoccupazioni dei miei familiari e del mio attuale compagno.
Al dicembre del 1980 risale anche la mia prima collaborazione con questa rivista (allora si chiamava 2C), che negli anni successivi ospitò altri miei reportage dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Egitto, dal Niger. Tutto questo ha “contagiato” anche i miei interessi per il resto del mondo, dove le mete preferite rimangono pur sempre i deserti, si trovino in Iran come nel Turkmenistan o in Giordania (vedi PleinAir nn. 304, 319 e 320, n.d.r.).
E tuttavia, ancora mi resta difficile rispondere alla domanda: «Perché Africa e Sahara?». Forse la bellezza e l’immensità della natura, il mistero, le tracce di civiltà primordiali, l’umanità delle popolazioni… e molto altro ancora. Ma la risposta vera non ce l’ho io: bisogna andarla a cercare sul posto.
Itinerario
EL OUED. Prima località algerina dell’itinerario dopo lo sbarco a Tunisi e la lunga traversata verso sud.
OASI DI TIMIMOUN. Grande e importante, con un pittoresco mercato; curiosa l’architettura del villaggio, dagli edifici color ocra. Fuori dall’oasi c’è la zona delle rose del deserto e dei fortini.
REGGANE Ultima oasi di frontiera tra Algeria e Mali, all’interno del “triangolo di fuoco” (la zona del pianeta con le più elevate temperature estive). Toccata l’oasi di Aoulef per il rifornimento carburante, si prosegue, sempre lungo la bella pista asfaltata, alla volta di Tit, dove una deviazione di 360 chilometri porta alle sorgenti di In Ghar. Riempiti i serbatoi e controllati gli strumenti di bordo, si parte alla volta del deserto di Tanezerouft.
OASI DI AKABLI. Solo qualche casa di fango e qualche palma rinsecchita annunciano l’insediamento umano. A sud si apre un mondo sconfinato privo di ombra, dove talora si incontreranno nomadi tuareg con grandi mandrie di dromedari che trasportano sale, zucchero e altre mercanzie.
SEBKA MEKERRHANE. Sorge in un canyon che domina una distesa di sabbia tra pareti di rocce vulcaniche; è quanto rimane di un lago preistorico che gli abitanti ritengono abitato da spiriti maligni, a causa dei frequenti vortici di vento. Pochi chilometri fuori dal lago, si trovano tracce di antiche carovaniere e pitture rupestri.
IL POSEIDON Nel deserto del Tanezerouft si trova il fondale dell’oceano più antico della terra, il Poseidon, una vasta area di colline sabbiose completamente ricoperte di fossili risalenti a 400 milioni di anni fa. Altra spettacolare sorpresa è la presenza, nel bel mezzo del deserto più arido, di una guelta (sorgente) di acqua limpida e fresca; questa dà origine a una minuscola oasi verde popolata da piante e uccelli, circondata da dune gialle e montagne nere.
MONTI IN ZIZA. Per raggiungere questa catena montuosa occorrerà puntare verso est e affrontare percorsi fuoripista, essendo ostruito il passaggio a sud. La zona è caratterizzata dalla presenza di crateri vulcanici colmi d’acqua, immersi in un paesaggio incontaminato. Si dovrà a questo punto compiere una lunga trasferta per puntare verso le oasi più interessanti del Sahara.
BIDON V. Usciti da In Ziza, si incrocia il fortino francese di Ouallene, in pessimo stato; si imbocca quindi la famosa pista Bidon V che riconduce a Reggane e da qui all’oasi di Timimoun. Prima di questa c’è una deviazione che conduce alla zona di Saura, la parte più notevole dell’Algeria.
OASI DI BENI ABBES. E’ la più grande delle oasi di questa zona, e offre il tipico paesaggio sahariano. Dalla terrazza dell’omonimo ristorante si gode una vista impareggiabile sul palmeto e sul deserto, ma il conto è altrettanto faraonico. Più oltre, l’incantevole oasi di Igli.
OASI DI TAGHIT. Quasi sommersa dalla sabbia, ha un villaggio con le tipiche abitazioni in fango disposte intorno a un palmeto; nelle case, donne e bambini in abiti multicolori attendono alle faccende quotidiane. Le dune circostanti sono talmente alte da apparire enormi montagne di sabbia, in particolare quella chiamata “la grande duna”. Il campeggio di Taghit è un invito a prolungare la sosta.
BECHAR. Qui il paesaggio è più arido e montuoso; Beni Onif, Ain Sefra e Laghouat sono tipici villaggi arabi, caratteristici ma meno suggestivi delle oasi vere e proprie.
GHARDAIA. Splendida città antica ben conservata, spicca coi suoi edifici bianchi e celesti in un paesaggio di montagne aride.
OASI DI OUARGLA. Interessante il mercato di rose del deserto.
Un’ultima tappa al mercato di Touggourt e si punterà nuovamente a El Oued per intraprendere il viaggio di ritorno.
PleinAir 332 – marzo 2000