Dott.sa Debora Rasio

Medico, specialista in oncologia medica, ricercatrice presso la Sapienza Università di Roma, nutrizionista Rai, Mediaset e La7, autrice dei bestsellers “Death by Medicine” -Axios Press; “La dieta non dieta” -Mondadori- e il recente “La dieta per la vita” -Longanesi, vanta una notevole attività di ricerca anche all’estero – fra le collaborazioni quella con il Kimmel Cancer Center della Thomas Jefferson University di Philadelphia. Proprio l’attività come oncologa e i suoi studi nel campo della biologia molecolare l’hanno portata a interessarsi di alimentazione come strumento per tutelare la salute

Alzheimer, una possibile terapia arriva dall'alimentazione

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Solo in Italia 1 milione e 200mila persone sono affette da demenza senile, metà delle quali da Alzheimer, un’epidemia globale di cui non si conoscono ancora con esattezza le cause, tantomeno le adeguate terapie o strategie preventive. Si sa, però, che un cervello affetto da Alzheimer è un cervello infiammato in modo cronico e uno studio molto innovativo ha provato ad agire su questa infiammazione attraverso la dieta, ottenendo risultati molto incoraggianti.

UN INTESTINO INFIAMMATO INFIAMMA IL CERVELLO
Gli autori di questa ricerca pubblicata su EBioMedicine, una rivista specializzata appartenente alla famiglia della prestigiosa The Lancet, hanno disegnato uno studio clinico partendo dalle conoscenze ormai acquisite sulle origini delle placche amiloidi e dei grovigli neuro-fibrillari, le lesioni tipiche del cervello affetto da Alzheimer. Queste lesioni, infatti, sono composte da grovigli di proteine ​​anomale – dette amiloide e tau – che si formano in conseguenza di una reazione infiammatoria cronica nel sistema nervoso centrale e periferico in risposta ad attacchi esterni di varia natura: metalli pesanti, dieta squilibrata, infezioni virali e infezioni batteriche. Batteri “cattivi” che arrivano per lo più dal microbiota, la popolazione di miliardi di batteri che abita nel nostro intestino e che incide in modo importante sulle funzioni cerebrali. La disbiosi, infatti, ovvero il disequilibrio del microbiota, provoca stress infiammatorio non solo nell’intestino, ma anche nel cervello. Non a caso si è notato che il microbiota dei malati di Alzheimer è caratterizzato da una forte prevalenza di batteri pro-infiammatori a scapito di quelli antinfiammatori. Al contrario, un microbiota in salute produce sostanze chimiche dette acidi grassi a catena corta (acetato, propionato, butirato) ad azione benefica sul sistema nervoso.

LA DIETA MEDITERRANEA È AMICA DEL CERVELLO
Quanto descritto è confermato dalla circostanza per cui il maggiore rischio di demenza senile e Alzheimer è associato a una dieta in stile “occidentale” ricca di grassi trasformati a livello industriale e carboidrati raffinati. Un rischio che si riduce fino al 50%, invece, con una Dieta mediterranea varia e bilanciata, ad alto apporto di fibra, olio extravergine di oliva, noci, verdura, frutta e basso consumo di carni rosse e processate, dolci e farine raffinate.

Un’alimentazione del primo tipo – ricca di grassi polinsaturi, vitamine, minerali, fibra e antiossidanti, – è in grado di modificare il microbiota in senso favorevole anche alla salute del cervello.

RIDURRE I CARBOIDRATI, AUMENTARE PROTEINE MAGRE E GRASSI ‘BUONI’
Partendo da tali premesse i ricercatori hanno arruolato in uno studio randomizzato in doppio ceco con cross-over un gruppo di 17 adulti, 11 dei quali non ancora affetti da Alzheimer, ma da una forma di deficit cognitivo più lieve, che pur non interferendo significativamente con le attività giornaliere è considerata come una frontiera o stato di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza. I restanti 6 soggetti erano, invece, sani. I ricercatori hanno analizzato il microbioma (il DNA dei batteri intestinali) dei partecipanti e trovato differenze significative fra i soggetti con deficit cognitivo e quelli “sani”, identificando diverse firme microbiche – e diverse sostanze chimiche prodotte dai batteri – nei partecipanti allo studio con lieve deficit cognitivo (MCI) ma non nelle loro controparti con intelletto normale, scoprendo infine che queste firme batteriche erano correlate con livelli più alti di marcatori della malattia di Alzheimer (proteina ​​amiloide e tau) nel liquido cerebrospinale dei partecipanti con MCI.

Dopo l’analisi iniziale del microbioma, i partecipanti sono stati quindi divisi in modo casuale in due gruppi. A un primo gruppo è stata assegnata per sei settimane una dieta mediterranea modificata in senso chetogenico, cioè con prevalenza di proteine magre (pesce, carne bianca), alto apporto di grassi ‘buoni’ (olio d’oliva, frutta secca oleosa, avocado) e ridottissimo apporto di carboidrati (entro i 20 grammi al giorno). Il secondo gruppo ha invece seguito per lo stesso arco di tempo un regime alimentare simile per quantità di frutta, verdura e proteine magre, ma a più basso apporto di grassi e maggiore consumo di carboidrati.

Trascorso il primo periodo di studio, tutti i partecipanti sono tornati alla loro dieta originale per ulteriori 6 settimane (periodo di wash-out) e poi ciascun gruppo è passato all’altra dieta per altre 6 settimane.

Prima e dopo ogni periodo di dieta sono stati misurati il microbioma intestinale, gli acidi grassi a catena corta fecali e i marcatori dell’Alzheimer (le proteine ​​amiloidi e tau) nel liquido cerebrospinale.

DALLA DIETA UNA STRATEGIA DIFENSIVA
Alla fine del periodo di osservazione gli esami del microbioma e dei marcatori dell’Alzheimer nel liquido cerebrospinale hanno rivelato che i partecipanti quando consumavano la dieta Mediterranea chetogenica, mostravano, rispetto agli altri che mangiavano meno grassi e più carboidrati, miglioramenti nei marcatori dell’Alzheimer (proteine ​​amiloidi e tau), non solo i soggetti già affetti da un principio di demenza senile, ma anche quelli sani.

Per quanto meritorio di ulteriori verifiche, questo studio è uno dei primi a stabilire una diretta connessione tra alimentazione, conseguente modifica del microbioma e miglioramento dei marcatori di pre-demenza senile. Si traccia così una possibile via d’intervento, poco costosa e particolarmente efficace, nella prevenzione e la cura di questa terribile malattia che ruba i ricordi a chi ne è affetto.

 

FONTE: Ravinder Nagpal, Bryan J. Neth, Shaohua Wang, Suzanne Craft, Hariom Yadav. Modified Mediterranean-ketogenic diet modulates gut microbiome and short-chain fatty acids in association with Alzheimer’s disease markers in subjects with mild cognitive impairment. EBioMedicine, 2019.