Quanta passione!

Venerdì Santo in Irpinia: per assistere di seguito a tre diverse sacre rappresentazioni. Si comincia a Calitri con la Processione delle Croci, si continua a Vallata con un corteo storico e si chiude la giornata a Lapio, tra le statue in cartapesta dei Misteri.

Indice dell'itinerario

Sono le cinque e mezzo del mattino quando ci troviamo a Calitri, nell’alta Irpinia. E’ appena sbocciata l’alba, l’aria è fredda e cristallina come sempre tra l’inverno e i preludi della primavera, e le case colorate del paese, aggrappate sulla spettacolare rupe che guarda a ovest, sono ancora buie. Ma questo è il Venerdì Santo, un giorno speciale, uno dei rari momenti che aggregano la comunità e che porta i calitresi di ogni latitudine a ritrovarsi nel luogo d’origine. Sono le occasioni in cui si sentono parlate sconosciute, slang americani o argentini che si fondono con il sanguigno dialetto locale nei vicoli tortuosi del vecchio centro. I paesani partiti per cercare fortuna altrove sono numerosissimi, un’emigrazione inarrestabile iniziata intorno al 1880 e mai terminata: ormai da generazioni intere famiglie vivono all’altro capo del mondo, nelle Americhe o in Australia, eppure il legame che li unisce alla loro terra non si è mai spezzato. E ora un altro filo rinforza quei contatti: è Internet, dove si possono leggere le accalorate parole di calitresi finiti in angoli remoti, che a stento parlano italiano ma che darebbero l’anima per essere qui nei giorni della Settimana Santa. E quelli che ogni anno possono tornare a godersi la primavera nei luoghi natii si mescolano alla folla degli abitanti per seguire i 150 incappucciati della Confraternita dell’Immacolata Concezione, che si accingono a portare altrettante croci lungo l’erta salita al Monte Calvario.

Il sole risveglia gli intonaci di Calitri
Il sole risveglia gli intonaci di Calitri

La Processione delle Croci parte più o meno alle cinque e mezzo del mattino da Largo dell’Immacolata, e l’ora sospesa fra le tenebre e la luce rende il corteo ancora più suggestivo. Da oltre sessant’anni i cappucci non coprono più il volto dei fedeli (la liturgia lo vieta e l’unica eccezione è a Guardia Sanframondi, nel Beneventano, per garantire l’anonimato a chi si percuote a sangue in occasione dei cruenti riti settennali dei Battenti), ma questo nulla toglie al senso di mistero che avvolge la sfilata. Uomini con il loro carico procedono lentamente attraverso il centro storico percorrendo Via San Vito, Corso Garibaldi, Corso Matteotti, poi su al Calvario e di nuovo giù per Via Concezione, entro il dedalo di stradine che sembra tenere i tetti delle case come appesi alla montagna. Il momento più caratteristico del rito è la salita al monte, accompagnata dalla tenue luminosità del sole che inizia a sorgere: gli incappucciati, con la corona di spine in testa e la croce in spalla, fanno soste frequenti, tirano il fiato, pregano e scrutano il cielo. Sono 14 le soste della Via Crucis, a ognuna delle quali tutti si fermano per ascoltare una piccola meditazione (ispirata alla famosa processione della Confraternita del Crocefisso, che ha luogo a Roma in Via del Corso e con cui la celebrazione calitrese è gemellata).

 

Calitri

Durante la processione del Venerdi Santo sfilano anche bambine in gramaglie
Durante la processione del Venerdi Santo sfilano anche bambine in gramaglie

La partecipazione popolare del Venerdì Santo è intensa ancora oggi, ma nemmeno paragonabile al profondo misticismo di una volta, quando la processione si teneva addirittura alle tre della notte e in un silenzio irreale i fedeli, alla luce delle torce, trascinavano sul Calvario le pesantissime assi da cantiere legate a croce con le corde. Come ha sottolineato l’autrice irpina Teresa Di Maio nel suo libro Calitri, usi, costumi, racconti e canti, circondati dalla natura selvaggia e senza la protezione delle mura di casa, intonando il Miserere i confratelli avvertivano più vive le loro colpe e si sentivano perduti in un mare di peccato .In una quarantina di minuti il lungo corteo arriva in cima alla collina su uno stretto sentiero, raggiungendo intorno alle sette la sua meta: la piccola chiesetta del Calvario che contiene un antico e prezioso frammento ligneo appartenente, come vuole la tradizione, alla Croce di Cristo e portato qui intorno al 1200 da un tale Gervasi, un crociato di Calitri di ritorno dalla Terrasanta. Poi inizia la discesa, e verso le nove del mattino, rientrati a casa, si può tornare a sonnecchiare.
Il nostro camper è a un tiro di schioppo dal paese, nella stessa immensa area che viene adibita a parcheggio durante un’affollatissima fiera che si tiene a Calitri tra la fine di agosto e i primi di settembre. Qui possiamo tranquillamente rinfrancarci e poi riprendere il cammino nel paesaggio dell’Irpinia, verso altri due eventi religiosi.

La processione dei crociferi attraversa le stradine di Calitri
La processione dei crociferi attraversa le stradine di Calitri

 

Venerdì Santo

A Vallata la processione del Cristo Morto
A Vallata la processione del Cristo Morto

Il primo appuntamento è nella vicina Vallata, dove chi è interessato può arrivare il giorno prima quando, intorno alle cinque e mezzo del pomeriggio, i giovani del paese rievocano la cattura di Gesù nell’orto degli ulivi. Ma anche qui, da più di ottant’anni, la celebrazione più solenne è quella del Venerdì Santo: una grande processione affiancata da un corteo storico, in una mistura un po’ kitsch di angeliche fanciulle che sorreggono su cuscini di raso i simboli della Passione e di centurioni paesani dai polpacci allenati. Il corteo di oltre 200 persone, con le statue del Cristo Morto e della Madonna, gli squadroni dei soldati e vari personaggi nei costumi tradizionali in rappresentazione dei Misteri, partito dalla Chiesa Madre intorno alle undici, sfila lento per il paese per un paio d’ore e passa attraverso la folla assiepata fino a svanire.

A Lapio vengono allestite le famose Tavolate: gruppi di statue in cartapesta a grandezza naturale
A Lapio vengono allestite le famose Tavolate: gruppi di statue in cartapesta a grandezza naturale

Allora, se non si è troppo stanchi, si ha tutto il tempo di spostarsi anche a Lapio, dove alle tre in punto escono in processione dalla Chiesa Madre di Santa Caterina le statue di Maria e di Gesù che puntano verso Piazza Sant’Antonio e Corso Umberto I, i due luoghi in cui sono state allestite le famose Tavolate. Si tratta di 22 gruppi artistici di 85 statue a grandezza d’uomo, realizzate in cartapesta a metà Settecento o inizio Ottocento forse da maestri artigiani leccesi o napoletani e poi acquistati dalle autorità locali (antichi documenti attestano le folli spese del tempo: “dato all’artefice docati 195, per le cascie, la paglia e la tela impeciata”). I gruppi raffigurano gli episodi più toccanti della Passione e Morte di Gesù: la lavanda dei piedi, l’Ultima Cena, il bacio di Giuda, la caduta, la Crocifissione. Rimangono tutto l’anno al sicuro nei depositi, ma sin dalla Domenica delle Palme vengono trasportati nelle navate della Chiesa Madre e poi esposti per strada nelle contrade Strepparo e Arenella, spesso tra l’indifferenza dei passanti, davanti a una macelleria o a un negozio d’abbigliamento. Anche qui a Lapio infatti la devozione, seppur forte, è solo una pallida idea di quella che fu. Ancora oggi davanti alle Tavolate i predicatori tengono la spiega, una sorta d’omelia per far entrare la folla nello spirito pasquale, così coinvolgente e irruenta da strappare le lacrime ai presenti; ma un tempo, per dirne una, nelle contrade del paese venivano esposte effigi della Quaresima con sette penne di gallina infilzate, da togliere una per volta settimana dopo settimana, con un impaziente conto alla rovescia fino all’arrivo del gran giorno, la definitiva liberazione dello spirito nella Pasqua di Resurrezione.

A Lapio Le statue di Maria e di Gesu' sfilano verso piazza Sant'Antonio e Corso Umberto I dove si trovano le Tavolate
A Lapio Le statue di Maria e di Gesu’ sfilano verso piazza Sant’Antonio e Corso Umberto I dove si trovano le Tavolate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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