Villaggio europeo

Vicoli acciottolati e sontuosi palazzi, birre vigorose e originali musei: questo e non solo è Bruxelles, non solo la sede di alcune delle principali istituzioni dell'Unione ma anche una città inaspettatamente ricca di motivi d'interesse, da visitare a proprio agio durante le feste di fine anno.

Indice dell'itinerario

Parigi, Vienna, Londra, Praga, Barcellona, Budapest: quando si tratta di scegliere il luogo in cui trascorrere il Capodanno, ecco le mete che vengono subito in mente. Difficile invece che si prenda in considerazione Bruxelles, troppo spesso associata all’immagine di città istituzionale e un po’ noiosa, capitale dell’Unione Europea ma anche di un paese cuscinetto che nei secoli è stato il campo di battaglia preferito dei suoi più potenti vicini (Waterloo e le Ardenne, per fare un esempio, sono da queste parti). E invece chi si avventura nelle sue strade rimane sorpreso di trovare una città multietnica, vivace e affascinante, che ha saputo amalgamare tradizione e modernità in una combinazione di sfarzosi edifici e caratteristici mercatini, singolari musei e fumose birrerie, con una popolazione cordiale e una dimensione umana che consente tranquillamente di muoversi a piedi. Se non bastasse, è situata al centro di uno stato di modesta estensione dotato di una rete ferroviaria rapida ed efficiente, che la rende un’ottima base di partenza per almeno tre fughe di un giorno: Anversa, Bruges e Gand.

La città nella palude
Che Bruxelles sia una città originale lo si percepisce subito all’uscita della stazione centrale, scorgendo le immagini di Tintin e del fedele cane Milou che campeggiano sulla cima di un palazzo. Ma come, questa è la capitale dell’Europa e si viene accolti da un fumetto? Bruxelles, in effetti, vive di contrasti e contraddizioni: a iniziare dalla sua situazione linguistica che la vede capoluogo, ufficialmente bilingue, di una nazione divisa tra i fiamminghi a nord, che parlano una lingua simile all’olandese, e i valloni a sud, che parlano francese. Questa condizione è resa ancora più complessa dalle nutrite comunità di immigrati africani, turchi e mediorientali, in un coacervo di idiomi e usanze che rendono la città simpatica a prima vista. Senza considerare che un quarto dei suoi abitanti è composto da diplomatici e funzionari delle istituzioni europee, fattore che porta a oltre il 30% la popolazione di origine straniera. Bruxelles significa letteralmente “paese nella palude”, e quello che stupisce a prima vista è di trovarsi in una città tutt’altro che linda e ordinata come la presenza degli uffici comunitari farebbe pensare. Ma questo disordine, anziché risultare spiacevole, dà una sensazione di vitalità ed energia con i negozi etnici che si alternano ad aromatiche birrerie, l’odore del kebab che si mischia a quello dei cavolini di Bruxelles, il vociare di ragazzini arabi unito alla schioppettante parlata di un vecchio fiammingo con la pipa in bocca. E’ quindi con un misto di curiosità e stupore che ci si dirige verso la città bassa, un tempo operaia e mercantile, in eterno e vitale contrasto con la città alta, ordinata residenza di nobili e benestanti. L’esuberante cuore storico si estende intorno al salotto buono di Bruxelles, a quella che viene considerata una delle piazze più eleganti del mondo: la Grand’Place. Per raggiungerla ci si inoltra in un dedalo di stradine acciottolate i cui nomi rievocano le origini commerciali del quartiere, e improvvisamente la piazza si apre, incastonata tra gli edifici barocchi e neogotici delle antiche corporazioni dei mestieri con facciate dorate, colonne, timpani, fregi, in un delicato e sfarzoso merletto di decorazioni i cui motivi ornamentali e architettonici rimandano alle attività dei committenti: birrai, barcaioli, arcieri, carpentieri. A dominare il tutto la mole del maestoso municipio gotico, con la sua torre a cuspidi e guglie di 96 metri che svetta altissima sulla piazza. In contrasto con tanta magnificenza, appena pochi passi per imbattersi nell’irriverente simbolo della città: il Manneken Pis, una piccola statua di bronzo che raffigura un bimbo nell’atto di fare pipì. Lasciata la Grand’Place, è piacevole passeggiare nelle strette vie che la circondano, allontanandosi lentamente dalla zona più turistica per entrare in una Bruxelles vera, schietta, fatta di botteghe di artigiani e di brasserie, dove il solitario palazzetto barocco convive con fatiscenti case a schiera o con il bidone traboccante di rifiuti. E nel pomeriggio, con i piedi indolenziti dalla lunga passeggiata, niente di meglio che rifugiarsi in una vecchia birreria di quelle frequentate dai bruxelloises, come la Taverne Greenwich di Rue des Chartreux: un’oasi di pace in stile art nouveau dove gustare un boccale fra giocatori di scacchi e impiegati che si concedono una trappista prima di rincasare.

Esposizioni universali
Assaporata la traboccante vitalità della città bassa, è inevitabile dedicare un paio di giorni alla maestosa monumentalità di quella alta, con i suoi ampi viali fiancheggiati dalle residenze signorili, il palazzo reale, la mistica solennità della cattedrale gotica di San Michele Arcangelo e Santa Gudula, ma soprattutto con una serie di musei nei quali trascorrere ore piacevoli. Immancabile il Museo Reale delle Belle Arti, diviso nelle due sezioni di arte antica e moderna, che espone fra l’altro le opere dei figli prediletti di queste terre: Rubens, Bosch, van Eyck, Bruegel, Folon, Magritte. Oppure il più originale Museo degli Strumenti Musicali, ospitato nel capolavoro in ferro battuto e ghisa dei magazzini liberty Old England (pochi sanno che Adolphe Sax, l’inventore del sassofono, era belga). Da non perdere, poi, lo spassoso Centre Belge de la Bande Dessinée, ovvero il Museo del Fumetto, anche questo collocato in un vecchio edificio commerciale: si tratta dei magazzini Waucquez, progettati da Victor Horta nel 1906. Il maestro del liberty seppe creare architetture di rara suggestione e bellezza, con una progettazione integrale che si estendeva dagli spazi esterni a quelli interni fino allo studio delle luci, degli arredi e perfino dell’oggettistica. Andiamo allora a cercare, dopo aver curiosato fra le scintillanti vetrine di Avenue Louise, le cosiddette Case di Horta lungo l’itinerario art nouveau nei quartieri di Ixelles e Saint Gilles: dalla sinuosa eleganza della casa Tassel agli elementi metallici finemente lavorati della casa Solvay, dall’audace facciata della casa van Eetveldee per finire alla casa-museo Maison e Atelier Horta, realizzata come sua dimora personale e che, soprattutto all’interno, esprime tutto il genio creativo dell’architetto belga.

Tempi moderni
Come Parigi ha la Torre Eiffel, Bruxelles ha l’Atomium: una poderosa e al tempo stesso aerea costruzione di 103 metri di altezza che rappresenta una molecola di ferro ingrandita 165 miliardi di volte, realizzata per l’Esposizione Universale del 1958. Situata all’interno del parco Heysel (tristemente noto perché nel 1985 trentanove tifosi perlopiù italiani morirono nel crollo di un settore del vicino stadio di calcio), è stata recentemente restaurata: si può passeggiarci sotto o anche salire all’interno, passando da una all’altra delle sfere di 18 metri di diametro e visitando le mostre ivi ospitate oppure mangiando nel ristorante situato in quella più alta, da cui il panorama della città si ammira dagli oblò. Nei dintorni, fra l’altro, si trova un vasto parcheggio che risulta fra le migliori basi per la sosta con il v.r. Per finire, non si può mancare una visita alle svettanti architetture moderne del quartiere delle istituzioni europee. Denso di vita durante la settimana lavorativa, si trasforma in una sorta di deserto in occasione di vacanze e festività, quando la grande massa degli eurocrati prende il volo verso casa. Alla vista un po’ surreale della Commissione e del Parlamento Europeo – un mostro di vetro che si è guadagnato il nomignolo di Caprice des Dieux per la somiglianza con il raffinato formaggio – conviene abbinare il Cinquantenaire, i cui vasti prati alberati salgono dolcemente verso il mastodontico arco di trionfo, realizzato nel 1880 per celebrare i cinquant’anni del Belgio indipendente.

Oltre Bruxelles
Treni frequenti e poche decine di minuti di viaggio dalla Gare du Midi permettono di raggiungere agevolmente tre splendide città medioevali a nord della capitale. Sono centri che si sviluppano tutti in verticale, con gli svettanti campanili affusolati, le torri sottili e le facciate triangolari, testimoni della ricerca di una spiritualità che si proietta verso il cielo, ma anche della brama di una luce tutt’altro che abbondante nella stagione fredda.
Bruges, capoluogo delle Fiandre occidentali, si trova a 90 chilometri e 50 minuti di ferrovia da Bruxelles. E’ probabilmente la città medioevale meglio conservata d’Europa, un delizioso borgo costruito sui canali dai quali si alzano case, mulini e opifici. Una presenza turistica sovrabbondante può rendere difficile apprezzarla in pieno, trasformando le strade in fiumane di folla: bisogna allora aspettare la sera – e durante l’inverno non ci vuole molto perché faccia buio – per attendere che la massa dei turisti riprenda la strada di casa e vivere così tutta la suggestione dell’immensa Markt, la piazza principale, che si accende delle luci della notte e delle facciate illuminate che si specchiano nei corsi d’acqua. L’attesa può essere piacevolmente ingannata davanti a qualche boccale di birra nella fumosa e caratteristica t’Brugs Beertje in Kemelstraat 5, un piccolo e accogliente locale che propone ben duecento qualità di birra.
Ancora più vicino il capoluogo delle Fiandre orientali, Gand, ad appena mezz’ora di treno. Piccola, tranquilla e non meno seducente di Bruges ma sicuramente molto meno affollata, riserva una piacevolissima passeggiata fra Graslei e la Korenlei, considerate le strade più belle di tutta la Fiandra con i loro palazzi medioevali che si specchiano nell’acqua del vecchio porto, per poi addentrarsi nei meandri dell’austero castello di Gravensteen. A pranzo ci si potrà fermare in una brasserie o anche da Soup Lounge in Zuivelbrugstraat 6, una sorta di fast food della minestra che serve ottime zuppe in tazze tutte differenti e immancabilmente sbeccate.
Anversa, capoluogo dell’omonima provincia, è a 53 chilometri e 50 minuti di treno da Bruxelles. Adagiata su un’ansa della Schelda con il suo storico porto, la seconda città del Belgio è avvolta spesso in nebbie suggestive, con un raffinato nucleo antico – testimone del suo ruolo di baricentro dell’economia europea fra il XIV e il XVI secolo – che si sviluppa intorno al Grote Markt. Ricca di chiese medioevali, vanta inoltre un museo con una collezione senza pari delle opere del suo cittadino più famoso, Pieter Paul Rubens. Da qui, chi ha deciso di spostarsi con il proprio veicolo potrà proseguire lungo il fiume verso l’ampia insenatura che si apre sul Mare del Nord, là dove fra il XIV e il XVI secolo transitavano flotte di navi mercantili provenienti da tutto il mondo. E mentre viaggiamo nella foschia che aleggia sulle acque, pensiamo che forse è proprio grazie a questo glorioso passato se ancora oggi il Belgio è protagonista nella storia del Vecchio Continente.

PleinAir 425 – dicembre 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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