Una terra che sa di vino

A due passi da Verona, adagiata fra il Lago di Garda e i Monti Lessini, la Valpolicella è sinonimo di una produzione vinicola d’eccellenza. Ma è anche un territorio dove il fascino della natura si mescola a quello di borghi antichi, prestigiose ville e chiese romaniche nascoste fra le pieghe dei colli

Indice dell'itinerario

Il paesaggio della Valpolicella è dunque assai suggestivo, pittoresco e delicato, composto di luci morbide e di toni chiari, con tinte che cangiano da una stagione all’altra sia in terra, dove la ricchissima vegetazione sfoggia ogni gamma di verde, sia in cielo dove l’azzurro svaria dal pallido al cupo e dove, cullate dai venti, vagano spesso grosse nuvole bianche e bige che compongono bizzarri cumuli e fantastiche architetture, o si sfioccano lievi come batuffoli di bambagia, e si indorano e si infocano nei tramonti stupendi di là dalle linee dei colli, verso l’argentea conca del Garda”. Così scriveva sessant’anni fa il giornalista e storico Giuseppe Silvestri, autore de La Valpolicella nella storia, nell’arte, nella poesia. Compresa tra i Monti Lessini a settentrione e la pianura veronese a sud, conserva il fascino di una terra dolce e aspra dove impetuosi torrenti formano cascate e nei millenni hanno scavato valli selvagge, canyon profondi e caverne il cui crollo ha lasciato maestosi archi di pietra come quello del Ponte di Veja. Sospeso a più di cinquanta metri dal suolo, è celebre per essere stato rappresentato in un affresco di Andrea Mantegna, L’incontro, custodito presso la Camera degli Sposi del Palazzo Ducale di Mantova.

Il paesaggio della valle è stato modellato anche dalle coltivazioni di vigne, olivi e ciliegi su terrazze strappate ai monti con la forza delle braccia e delimitate da caratteristici muretti di pietra a secco, detti marogne, realizzati pazientemente a mano con lastre e sassi rinvenuti in loco. Importanti per le colture e la stabilità del territorio poiché riducono il rischio di smottamenti, sono il simbolo della tradizione contadina ma anche di un destino legato alla terra, all’agricoltura e al vino. L’attività vitivinicola qui ha radici antichissime, e secondo alcuni il termine Valpolicella deriverebbe dal latino Vallis polis cellae, che tradotto letteralmente significa valle dalle molte cantine. Di certo la vite si coltiva da millenni: in località Archi di Castelrotto, in una casa retica del V secolo a.C., sono stati rinvenuti numerosi resti di cereali e semi di vitis vinifera sativa, utilizzata per il vino Retico (un tempo molto apprezzato dall’imperatore Augusto) prodotto nell’omonima regione, che oltre al territorio veronese e trentino comprendeva anche quello del Comasco e della Valtellina.

Il conte Pieralvise Serego Alighieri
Il conte Pieralvise Serego Alighieri

L’antica tecnica di appassimento delle uve è ancora in uso per la produzione di due grandi vini: il Recioto e l’Amarone. Per quest’ultimo straordinario rosso, tra i più apprezzati e conosciuti al mondo, si possono usare solo uve autoctone: Corvina (40-80%), Corvinone (massimo 50%) e Rondinella (dal 5 al 30%). Il disciplinare della DOCG ammette la presenza di altre uve a bacca rossa non aromatiche purché iscritte nell’albo dei vitigni specifici della Provincia di Verona e in quantità non superiore al 25%. Dopo la vendemmia, prevista fra la terza decade di settembre e la prima di ottobre, i grappoli selezionati sono riposti in un unico strato su stuoie di canne di bambù o su più pratici vassoi di plastica a temperatura e umidità controllate per evitare formazione di muffe o eccessiva disidratazione. Dopo circa 120 giorni di riposo le uve lasciano i fruttai per essere pigiate dolcemente.

Segue la fermentazione e un primo affinamento in botti di rovere per almeno due anni (tre per le riserve) e dopo un’ulteriore maturazione in bottiglia l’Amarone può essere consumato. Di colore rosso intenso e carico, regala profumi intensi di spezie, more e amarena e oltre a essere un piacevole compagno di meditazione si sposa con i piatti della tradizione locale: brasati, arrosti, selvaggina, la pastissada de caval (stracotto di cavallo) e i bigoi co l’anara, una sorta di grossi spaghetti fatti al torchio conditi con ragù d’anatra. La storia di questo prestigioso rosso è legata al Recioto, uno storico vino dolce, sempre prodotto in Valpolicella con uve appassite. Il nome deriva dal termine dialettale recia (orecchia), che indica la parte superiore e migliore del grappolo.

Di pieve in villa

Bardolino, meta prediletta di molti visitatori d’oltralpe, e l’animata Piazza Matteotti
Bardolino, meta prediletta di molti visitatori d’oltralpe, e l’animata Piazza Matteotti

L’eccellente vino da dessert può essere degustato con la sponghé, un panino dolce coperto di granella di zucchero distribuito a novembre in occasione della Festa de le Fae a San Giorgio di Valpolicella. La kermesse si svolge all’ombra dell’antica pieve di San Giorgio, uno dei migliori esempi di architettura romanica della provincia di Verona. L’edificio di pietra locale risale all’VIII secolo ma fu in parte ricostruito dopo il terremoto del 1117 nel sito dove probabilmente sorgeva un tempio degli Arusnati, popolo forse di origine etrusca che abitò la Valpolicella in epoca preromana e romana.

Ospita affreschi del XIV secolo, un ciborio di pietra del capomastro Orso e dei suoi allievi Gioventino e Gioviano e presenta un pregevole chiostro ad archetti su colonnine impreziosite da capitelli decorati con motivi floreali e animali. Fra le chiese più importanti del territorio merita una visita anche quella di San Floriano, nel comune di San Pietro in Cariano, allo sbocco della Val di Marano. Costruita sui resti di un cimitero pagano, colpisce per l’imponente facciata di pietra e per il campanile che alterna conci di tufo e di cotto e richiama quello della basilica di San Zeno a Verona. In proposito la storica Francesca D’Arcais afferma: «E’ l’edificio più bello del periodo romanico nella Valpolicella, che rivaleggia con gli edifici chiesastici della città di Verona, riproponendone le proporzioni, la struttura, la raffinatezza delle decorazioni».

Al suo interno si possono ammirare una scultura lignea raffigurante la Madonna in adorazione del Figlio, del XV secolo, la tela della Madonna del Rosario della scuola del Brusasorci e il fonte battesimale scavato in un unico blocco di marmo rosso. In prossimità della chiesa di San Floriano si può inoltre visitare Villa Ottolini Lebrecht, riedificata alla fine dell’Ottocento e oggi sede del Dipartimento di Scienze, Tecnologie e Mercati della Vite e del Vino dell’Università di Verona. La gran parte delle ville del territorio fu costruita negli anni della dominazione della Serenissima, ovvero dal 1405 al 1798. Delle ottanta dimore adagiate a nord del capoluogo scaligero, molte si trovano nella Valpolicella classica che abbraccia cinque comuni (Fumane, Marano, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio di Valpolicella) posti tra i 70 e i 400 metri di quota. Questi prestigiosi edifici, oltre a essere destinati al controllo delle attività agricole, erano luoghi d’incontro e di rappresentanza, abbelliti da statue, affreschi e ampi giardini come quello di Villa Rizzardi in località Pojega a Negrar.

Villa Rizzardi a Pojega di Negrar è circondata dai vigneti e da uno splendido giardino.
Villa Rizzardi a Pojega
di Negrar è circondata dai vigneti e da uno splendido giardino.

Situato su un’area di 54.000 metri quadrati, fu commissionato nella seconda metà del Settecento dal conte Antonio Rizzardi all’architetto Luigi Trezza. Comprende il teatro di verzura con sette ordini di gradinate in bosso e le statue di Pietro Muttoni, il laghetto, il belvedere e il tempio di stalattiti. Sempre a Negrar, ma nella frazione di Novare, merita una visita anche la neoclassica Villa Novare Bertani progettata dall’architetto Cristofoli verso la metà del ‘700. L’imponente edificio che ospitò il poeta Ippolito Pindemonte è noto per gli affreschi con figure allegoriche e per le cantine; presso il punto vendita è possibile degustare i vini dell’azienda Bertani. Nel comune di Fumane, in località Barchette è degna di nota Villa della Torre Cazzola, eretta nella seconda metà del Cinquecento dal conte Della Torre e visitabile solo su prenotazione.

Presenta un peristilio centrale, una bella peschiera d’ispirazione romanica e un tempietto a base ottagonale attribuito all’architetto Michele, mentre all’interno colpiscono i mascheroni, grandi camini dalle sembianze animalesche. La villa oggi è di proprietà della famiglia Allegrini, anch’essa produttrice di un eccellente vino tanto da rientrare per cinque anni consecutivi nella lista dei Top 100 di Wine Spectator. Gargagnago vale una tappa per Villa Serego Alighieri, adagiata ai piedi di Colle San Giorgio nel comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella. Fu di proprietà di Pietro Alighieri, quartogenito di Dante che l’acquistò nel 1353, e la leggenda vuole che proprio nella quiete della Valpolicella il Sommo Poeta trovò l’ispirazione per alcuni canti della Divina Commedia.

Le cantine dell’azienda agricola Masi a Gargagnago
Le cantine dell’azienda agricola Masi a Gargagnago

La struttura, ancora di proprietà dei suoi discendenti, è stata più volte rimaneggiata; oggi è in parte adibita a foresteria e a spaccio di vini e di altri prodotti locali. Se le colline della Valpolicella affascinarono gli Alighieri ed Emilio Salgari (visse nella casa avita a Tomenighe di Negrar) il Lago di Garda, che dista solo 20 chilometri da Sant’Ambrogio, catturò l’attenzione di JohannWolfgang Goethe. L’illustre letterato tedesco il 12 settembre 1786 annotò nel suo diario: “Avrei potuto essere a Verona già questa sera, ma mi stava accanto un magnifico prodotto della natura, uno splendido spettacolo, il lago di Garda e non volevo rinunciarvi e sono stato ricompensato dalla mia deviazione”. Da Torbole approdò a Malcesine, dove fu scambiato per una spia austriaca al soldo dell’imperatore, e poi a Bardolino. La visita dell’autore di Faust ha portato fortuna proprio a Bardolino, che oggi trova la sua risorsa principale nel turismo.

Meta prediletta di molti visitatori d’oltralpe, questa vivace località di soggiorno mescola scenari lacustri all’animazione del centro sempre affollato. A piedi o in bici ci si può addentrare per strade di campagna tra vigneti e osterie ben fornite, dove apprezzare un buon calice di Bardolino Superiore DOCG. Famoso sin dai tempi dell’impero austro-ungarico, questo rosso fragrante e brioso si abbina alle più diverse pietanze e in particolare alle carni bianche, mentre il Bardolino Chiaretto rosato ben si presta ad accompagnare crostacei e fritti. Sono il clima mite e la particolarità del terreno a influenzare positivamente i due più importanti prodotti del territorio l’olio e i vini, a cui sono dedicate due interessanti esposizioni: Il Museo del Vino, allestito dall’azienda Zeni a Costabella di Bardolino, e il Museo dell’Olio d’Oliva che ha sede presso l’oleificio di Cisano del Garda. E i vini locali sono i protagonisti della Festa dell’Uva e del Vino, un evento ormai classico giunto all’ottantatreesima edizione. A ottobre, per cinque giorni dal mattino fino a mezzanotte, il lungolago di Bardolino si anima di concerti, spettacoli teatrali, stand per le degustazioni.

Chiude l’evento, che ogni anno attira almeno centomila persone, un suggestivo spettacolo pirotecnico sull’acqua. Da non perdere la passeggiata a Garda e alla celebre Punta San Vigilio, la penisola che chiude a nord-ovest il lago. E’ uno dei simboli più rappresentativi e conosciuti del territorio, apprezzato da teste coronate, scrittori e attori tra cui Laurence Olivier e Vivien Leigh, ai quali è dedicato il Concorso Nazionale Letterario Premio Riviera. A dominare l’abitato è la rocca: lì, secondo la leggenda, sarebbe stata rinchiusa Adelaide di Canossa, che però riuscì a scappare per convolare a nozze con re Ottone I. E dall’alto della rupe il paesaggio che abbraccia la Valpolicella è incantevole e capace di stupire, adesso come ai tempi di Goethe. 

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