Pergamo, Troia e i tesori archeologici della Turchia

Sempre più proiettata verso un turismo di qualità, la Turchia punta sui suoi tesori archeologici (investendo anche nella fruizione e nella tutela) per coltivare il filone degli itinerari culturali

Indice dell'itinerario

“De’ regali palagi indi s’avvìa | ai portici superbi. Avea cinquanta | talami la gran reggia edificati | l’un presso all’altro, e di polita pietra | splendidi tutti. Accanto alle consorti | dormono in questi i Priamìdi. A fronte | dodici altri ne serra il gran cortile | per le regie donzelle, al par de’ primi | di bel marmo lucenti, e posti in fila…”. A detta di Omero, che così lo descrive nel Libro VI dell’Iliade, il palazzo di Priamo era una delle meraviglie del tempo antico che solo l’ostinazione di un romantico cacciatore di sogni, Heinrich Schliemann, ha permesso di restituire al mondo. Certo, oggi serve molta fantasia. Addirittura più di quella che animava l’imprenditore e archeologo tedesco quando decise, nel 1871, di andare alla ricerca della rocca di Troia con la vanga in una mano e il poema omerico nell’altra.

Troia
Troia

Osservando ciò che si è conservato fino ad oggi, è piuttosto arduo ricostruire con gli occhi della mente la città che dominava l’Egeo orientale. I turchi ce l’hanno messa tutta, collocando all’entrata degli scavi un modello in presunta scala naturale del cavallo di legno con il quale, secondo la tradizione, i Greci riuscirono a sconfiggere i Troiani dopo dieci lunghi anni di guerra. Ma le fondamenta dei palazzi, le mura, le porte rimarrebbero oggetto dell’interesse esclusivo degli addetti ai lavori se non fosse per quell’aura di eternità che il poeta cieco ha saputo diffondere su ogni singolo sasso. A Troia, insomma, si va non per vedere ma per immaginare. Basta rievocare i ricordi di scuola: Achille, Ettore, Agamennone, Menelao, Elena e Paride, ombre evanescenti della memoria che improvvisamente si materializzano ora su quel brandello di torrione, ora sull’angolo di un muro.

Veduta della piana e del mare da Troia
Veduta della piana e del mare da Troia

Dall’antica cittadella si vede in lontananza il mare che 3.200 anni fa, secolo più secolo meno, si riempì di navi achee, e si scorge la spiaggia di sabbia dorata sulla quale gli Achei piantarono le tende in attesa di entrare nel mito combattendo i Troiani nella guerra più famosa dell’umanità.

Storie immortali

Rovine del palazzo di Troia coperte da una tensostruttura
Rovine del palazzo di Troia coperte da una tensostruttura

Il percorso di visita di Troia, all’imbocco dello Stretto dei Dardanelli e a una trentina di chilometri dal frequentato porto di Çanakkale, è ben delineato: uno sguardo al piccolo spazio espositivo realizzato all’ingresso – rapido, perché gli oggetti più interessanti sono nei musei di mezzo mondo – e poi via, seguendo le frecce. Si percorre una parte delle mura ciclopiche, si superano porte che monumentali non erano ma lo sono divenute grazie a sapienti opere di ricostruzione, si ammirano i resti di un teatro che i Romani lasciarono a testimonianza del loro passaggio, si segue addirittura un lungo sentiero nella campagna per raggiungere antiche cisterne. E poi si arriva nel cuore della città, dove gli studiosi presumono si trovasse il palazzo reale. Oggi i ruderi sono coperti da una struttura tensostatica per evitare che sole, pioggia e vento li colpiscano più di quanto abbia già fatto la storia.

Troia
Troia

Anche qui però si vede poco o nulla: sassi che spuntano dal terriccio smosso, qualche cartello illustrativo, erbacce che s’insinuano là dove non dovrebbero. Bisogna sforzarsi di immaginare Ettore mentre, poco distante, saluta per l’ultima volta la bella moglie Andromaca e il piccolo Astianatte, ancora in fasce, prima di andare a sfidare l’immortalità; oppure il re Priamo, disfatto dal dolore, mentre appicca il fuoco alla pira che incenerirà il corpo del suo figliolo prediletto, trucidato e scempiato da Achille al termine del duello. Solo così ha senso fermarsi qualche metro più in là davanti all’unica testimonianza stratigrafica di scavo, dove gli archeologi hanno potuto ricostruire la vicenda di quella città che si vuole chiamare Troia: ben nove sono gli strati successivi, dai resti neolitici del quarto millennio avanti Cristo alle testimonianze romane del quarto secolo dopo Cristo. Quello della città cantata da Omero potrebbe essere il settimo livello, compatibile con un incendio e un terremoto, i cui segni pare siano ben visibili. Ma tutto sommato, che importa? Se si deve seguire la fantasia come guida, lo si faccia fino in fondo. Magari sedendosi su quella panchina sotto uno splendido albero di fico, a ricostruire gli epici duelli che insanguinarono la piana del fiume Scamandro che si distende fino al mare, dove un’onda più alta delle altre sembra far intravvedere il mitico tridente del dio Poseidone.

Nuove battaglie /1

Sosta camper
Sosta camper

Difficile convincersi, ammirando il panorama, che questa sorta di paradiso terrestre coincida con lo scenario di battaglie tanto cruente. Eppure così è stato: se non bastassero i dieci anni di assedio a cui venne sottoposta la rocca troiana, sempre stando alla lettura omerica, ecco i nove tremendi mesi del 1915 quando sulla penisola di Gallipoli (in turco Gelibolu), sulla sponda opposta dei Dardanelli una quarantina di chilometri a nord-est di Çanakkale, si svolse uno degli episodi bellici più tremendi della Prima Guerra Mondiale. Fu qui che la flotta franco- britannica venne respinta dalla furibonda resistenza delle truppe turche, sacrificando le vite di 100.000 soldati. Oggi l’intero territorio su cui si combatté è diventato sacro: una visita davvero istruttiva, anche perché le autorità locali hanno saputo valorizzare in modo straordinario quel segmento di storia patria rispettando innanzitutto i luoghi del massacro, assai appetibili dal punto di vista immobiliare per la loro straordinaria posizione sulle rive di un mare di inattesa bellezza. Va inoltre aggiunto un particolare non secondario, e cioè che proprio in quell’occasione Mustafa Kemal Atatürk, il padre della Turchia moderna, si distinse come abile stratega militare e gettò le basi del suo successivo trionfo politico.

Gallipoli, il Beach Cemetery ospita le spoglie di soldati australiani e neozelandesi
Gallipoli, il Beach Cemetery ospita le spoglie di soldati australiani e neozelandesi

Fatto sta che è possibile seguire un itinerario che si snoda lungo tutta la penisola a partire dalle spiagge sopra Kabatepe, là dove i mezzi da sbarco inglesi, australiani e neozelandesi iniziarono l’assalto. Straordinaria e commovente l’atmosfera nei pressi dei numerosi cimiteri di guerra che i turchi hanno realizzato per ricordare il sacrificio di tanti giovani, amici e nemici. Ovviamente folla e pullman si incontrano quasi esclusivamente al sacrario dei soldati turchi, anche se i luoghi più emozionanti sono altri, come la baia di Anzac e soprattutto il cimitero di Lone Pine (in turco Kanli Sirt, il crinale del sangue) che prende il nome dall’unica pianta sempreverde presente fra le lapidi. Le altre testimonianze sono invece raggruppate all’estremità meridionale della penisola, dopo il villaggio di Alçitepe, in posizioni altrettanto suggestive.

Nuove battaglie /2

Il caratteristico porto di Assos
Il caratteristico porto di Assos

Una volta superato lo Stretto dei Dardanelli con il traghetto che collega Eceabat a Çanakkale e lasciatisi alle spalle gli scavi di Troia, nei pressi dell’odierno villaggio di Truva, si punta verso sud lungo una litoranea bella quanto disagevole, fino a raggiungere Geyikli e poi Yükyeri Iskelesi: è questo uno dei porti d’imbarco per l’isola di Bozcaada, meta ricercata dagli enofili (vi si produce uno dei vini più rinomati della Turchia) e dagli amanti della tranquillità. Vigneti, spiagge solitarie e una fortezza medioevale sono i tesori che gli isolani sanno custodire con cura, condividendoli con gli ospiti fino alla partenza dell’ultimo traghetto. Tornati sulla terraferma e percorsi poco più di 10 chilometri, vicino al villaggio di Dalyan si stendono le rovine di Alexandria Troas, fondata da Antigono (un generale di Alessandro Magno) e distrutta da un terremoto: i resti non sono molto eloquenti, ma l’atmosfera è coinvolgente.

Sito archeologico di Assos
Sito archeologico di Assos

Molto più suggestiva, a una sessantina di chilometri e sempre lungo la costa, l’antica Assos che oggi è protetta dall’attiguo paese di Behramkale, annunciato da un bel ponte ottomano a schiena d’asino del XIV secolo. Il sito archeologico si raggiunge dopo aver risalito la strada principale, disseminata di pittoresche bancarelle: arroccato sulla cima di un promontorio che si affaccia sull’isola greca di Lesbo, offre scorci davvero unici, soprattutto dal tempio di Atena. Le possenti mura chiudono il resto della città lungo il ripido pendio e nella necropoli i sarcofagi sono disseminati un po’ ovunque. In basso si stende il porto antico, una sorta di minuscolo borgo marinaro abbarbicato agli scogli dove i ristoranti di pesce si susseguono uno dopo l’altro: attenzione alla strada, però, consigliata esclusivamente ai mezzi poco ingombranti.

L’abitato di Behramkale domina in suggestiva posizione la necropoli di Assos
L’abitato di Behramkale domina in suggestiva posizione la necropoli di Assos

Per qualche giorno in riva al mare, che da queste parti è piacevole anche nei mesi primaverili visto che le temperature diurne scendono raramente al di sotto dei 20°C, è preferibile puntare ancora più a sud, seguendo la E87 o statale 550 fino ad Ayvalik.

Il piccolo arcipelago di Ayvalik, protetto da un parco, si ammira dal balcone naturale del Seytan Sofrasi
Il piccolo arcipelago di Ayvalik, protetto da un parco, si ammira dal balcone naturale del Seytan Sofrasi

Davanti alla cittadina si apre un piccolo arcipelago, l’Ayvalik Adalari Tabiat Parki, ventitré fra isolotti e scogli la maggior parte dei quali disabitati. L’isola più grande, Cunda o Alibey Adasi, è collegata alla terraferma da una strada che per mezzo di due ponti attraversa anche la minuscola Lale Adasi; è fra tutte quella che offre le uniche possibilità di sistemazione, in particolare uno splendido campeggio all’estremità occidentale. Se si dispone di un gommone o di una canoa si tratta del posto ideale per avvincenti gite nautiche, purché si abbia l’accortezza di evitare le rotte battute dai barconi turistici che vi giungono per rumorosissimi pranzi all’ancora. Sull’isola, dove si gustano deliziose pietanze a base di pesce nei tanti ristorantini sul lungomare, da non perdere è la gita al Seytan Sofrasi, un’altura a sud del centro abitato da cui è possibile spaziare con lo sguardo su buona parte dell’arcipelago.

Dove nacque la pergamena

Il colonnato della stoà di Pergamo con il teatro romano sullo sfondo
Il colonnato della stoà di Pergamo con il teatro romano sullo sfondo

Un itinerario nella Turchia egea settentrionale non può dirsi completo senza una visita a Pergamo (Bergama in turco), a una trentina di chilometri dal mare ma facilmente raggiungibile da Ayvalik con la litoranea, che poco più avanti lascia brevemente la costa portandosi verso l’interno. Questa tappa rappresenta uno dei principali richiami archeologici della Turchia ed è stata recentemente interessata da imponenti lavori di consolidamento e di ristrutturazione che l’hanno resa una meta turistica all’avanguardia. Un moderno impianto a fune trasporta i visitatori dalla biglietteria fino alla sommità di una delle acropoli più spettacolari di tutto il Mediterraneo: l’alternativa, naturalmente, coniste nel risalire a piedi il pendio come peraltro si faceva sino al 2010, quando si è deciso di realizzare quest’opera (completata in soli tre mesi) per evitare che l’afflusso dei pullman mettesse in pericolo la stabilità del sito.

La Via sacra a Pergamo
La Via sacra a Pergamo

Molto di ciò che i re di Pergamo fecero costruire nel corso dei secoli è andato irrimediabilmente perduto, ma quel che è arrivato a noi colpisce per l’imponenza e per la bellezza: il teatro innanzitutto, sviluppato in altezza sul fianco della collina per ospitare 10.000 spettatori, un vero colosso dell’età antica; e poi la biblioteca, dove la leggenda vuole sia stata inventata la pergamena usando la pelle degli animali allo scopo di superare il blocco delle esportazioni di papiro egiziano.

Pergamo: Tempio di Traiano
Pergamo: Tempio di Traiano

Se il tempio di Traiano mostra ancora parte dello splendido colonnato di marmo, unica struttura d’epoca romana oggi conservata, dell’altare di Zeus resta solo il basamento: i fregi che ornavano il monumento, recuperati da archeologi tedeschi, furono trasferiti nella seconda metà dell’ 800 a Berlino e qui sono esposti ancora oggi nel magnifico allestimento del Pergamonmuseum. Da non mancare infine l’asklepion, raggiungibile dal centro della città: vi si ergono in tutto il loro splendore le rovine del centro terapeutico famoso per le assidue frequentazioni di Galeno, il più grande medico dell’età imperiale romana. Dalla via sacra si arriva ai resti del tempio di Esculapio, dio della medicina, e a quelli più particolari del tempio di Telesforo, che dominano gli ampi portici della stoà con tanto di teatro all’estremità orientale. Anche in questo caso le rovine costringono a lavorare un po’ di fantasia: ma per chi ha avuto una guida come Omero, sarà uno sforzo da nulla. 

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