L’aliscafo lascia affondare il suo muso affilato, dopo una breve corsa sulle onde, accanto al dente di cemento del molo. L’odore penetrante dello zolfo è il biglietto da visita di Vulcano, ma il respiro del magma, cuore incandescente dell’isola e di tutto l’arcipelago delle Eolie, distrae in fondo da sensazioni ancor meno gradevoli come i cassonetti straripanti, l’edificazione intensiva e quasi asfissiante, il rumore assordante della musica emesso da bar e ritrovi vari. Ma questo è pur sempre uno degli angoli più eccezionali del Mediterraneo, e l’isola dovrebbe essere il paradiso dei turisti, la Capri dei naturalisti di tutta Europa, il gioiello tenuto in palmo di mano della natura del nostro Sud.
Con sfumature diverse il contrasto si ripete a Salina e a Lipari, le più grandi delle Eolie, e i pensieri del viaggiatore vanno a quel che queste isole sono, e ancor più a quel che avrebbero potuto essere. Con le sue sette isole, l’arcipelago è la parte emersa di un vasto complesso vulcanico prevalentemente sottomarino, che si estende per circa 200 chilometri intorno al grande vulcano sommerso Marsili. Ai turisti va sottolineata soprattutto la differente identità delle varie isole, affinché ciascuno possa scegliersi la vacanza che preferisce. Lipari, la più grande e per questo – come spesso accade – la meno caratterizzata, a tratti caotica, anche se il centro storico è più ordinato e pulito che in passato, e dotata dei servizi più completi. Vulcano, con ampi spazi e la straordinaria salita al cratere con le fumarole. Stromboli e la sua prerogativa unica di un vulcano attivo. Salina, più tranquilla e familiare. Panarea, forse quella tenuta meglio, coccolata dai suoi fortunati residenti e con numerosi isolotti da esplorare in barca. Alicudi, solitaria e per spiriti che amano le sensazioni forti. Filicudi, piccolo approdo da girare a piedi.
Stromboli
Sbarcare sull’isola di fuoco mantiene il suo fascino. con i suoi rispettabili 920 metri, il gran cono incombe sul mare, e fin dal molo di Scari, dove attraccano i traghetti, la salita al cratere appare per quel che è: dura per il dislivello ma anche per il terreno sdrucciolevole, per non parlare del caldo che d’estate la rende ancor più penosa. calzati gli scarponi, passo dopo passo si procede fino al Pizzo o Sopra La Fossa a 912 metri di quota, nel punto dove si ammirano bene le ritmiche esplosioni. Non è il caso di procedere oltre, come avvisano cartelli e buon senso, e anche il ritorno ha le sue pene per via della polvere e del rischio sempre presente di scivoloni.
Opportunità unica che attira in verità più escursionisti stranieri che italiani, talvolta vietata per motivi di sicurezza durante i periodi di più intensa attività, la salita al cratere ha come alternativa o corollario la visione dal mare dello scivolo di lapilli fuoriusciti dal vulcano. E la Sciara di Fuoco, soprattutto nelle ore del crepuscolo o col buio, offre il suo show dai barconi che a fine giornata sciamano verso la costa ovest di stromboli. Cos’altro offre l’isola? La spiaggia di Ficogrande, di sabbia nera e con vista sul grande scoglio di strombolicchio; il borgo di san vincenzo con la chiesetta affacciata alla terrazza sul mare; i giardini fioriti di ibiscus e profumati di fichi delle villette bianche a piscità, lungo la passeggiata che zigzaga fino all’osservatorio (anche questo con vista sulla Sciara); la frazione isolata di Ginostra, dove ormai attracca anche il traghetto. Ma tanta bellezza, va detto, meriterebbe cure adeguate e invece il rumore incessante dei motorini e una certa trasandatezza per le strade lasciano un po’ di amaro in bocca.
Salina
Piacevole, ampia, dall’aria familiare. A Santa Maria il movimento non manca e neppure negozi e turisti, ma basta noleggiare uno scooter per addentrarsi nella campagna dell’interno e verso le diverse frazioni che sorgono qua e là. La prima meta è Pollara, piccolo villaggio di case dove d’inverno vivono circa settanta persone, quasi anonimo se non fosse per quel ricordo di Massimo Troisi che qui, assieme a Philippe Noiret, girò lo struggente film Il postino. E soprattutto per la sua splendida cala racchiusa fra alte pareti di roccia vulcanica, il cui accesso è per una rampa pedonale che finisce al vecchio porticciolo. Dal santuario della Madonna di Terzito parte invece la polverosa e lunga pista forestale che in poco più di un’ora sale al Monte Fossa delle Felci, sempre con vista sul gemello Monte dei Porri (sentieri per quest’ultimo a partire da Malfa e Leni).
Ci sono inoltre diversi tracciati che salgono da punti diversi, come Lingua o Santa Marina. Non molto lontana c’è Rinella, con una piccola spiaggia quasi racchiusa tra case colorate, e poco più in alto un campeggio e alcuni sentieri che scendono al mare di Punta Megna. Da Santa Marina Salina un altro percorso a piedi in parte scavato a gradini nella roccia vulcanica conduce alle grotte saracene, dove si rifugia- vano gli abitanti in occasione dei periodici attacchi dei pirati fino al 1600. Altre testimonianze si trovano nel Museo Civico di Lingua che custodisce oggetti di archeologia, marineria e attività tradizionali del posto, in quello dell’emigrazione eoliana e nella pinacoteca a Malfa.
Lipari
Con quasi 40 chilometri quadrati è la più grande delle sette, e conta circa diecimila residenti. Meno caotica di come la ricordavamo dai viaggi precedenti, la maggiore delle Eolie vanta un centro assai animato attorno al suo castello che ospita l’importante museo archeologico. Nelle vicinanze si possono ammirare diverse chiese monumentali, a cominciare dalla cattedrale di San Bartolomeo di origine normanna, risalente al XIII secolo; di fronte la chiesa dell’Immacolata, quella della Via Crucis e una piccola area archeologica. Sono raggiungibili in circa dieci tramite una salita di dieci minuti a gradoni fino alle vecchie mura spagnole.
Fra i vanti paesaggistici del luogo c’era la spiaggia di pomice, ai piedi delle cave ora dismesse. Vi si scende con un sentiero segnalato lungo la strada tra Canneto e Porticello, ma ormai di quelle falesie d’impalpabile polvere bianca che precipitavano nel mare azzurro non resta quasi nulla. Quanto al cemento e al ferro ormai arrugginito dell’ex impianto industriale, invece, nessuno ha pensato di rimuoverli. A Canneto, a ridosso della spiaggia più ampia dell’intero arcipelago dove lo spazio e il terreno pianeggiante hanno favorito la crescita edilizia più intensa e disordinata, si trova un campeggio.
Vulcano
La salita al cratere non è certo come quella di Stromboli. Occorre una mezz’ora o poco più per guadagnare i circa 500 metri di dislivello lungo la stradina che percorre a tornanti le pendici del cono. E solo dall’alto quest’isola, che nell’antica mitologia era considerata la fucina di Efesto, il dio greco del fuoco, mostra la sua straordinaria unicità. Da lassù l’interesse panoramico è eccezionale. Le fumarole si allineano numerose e in continua attività, con l’emissione di densi vapori per proteggersi dai quali sono utili una mascherina o un fazzoletto sulla bocca. Meglio anche non scendere all’interno del cratere, dove possono accumularsi concentrazioni pericolose di anidride carbonica.
A terra i depositi di zolfo disegnano chiazze di colore improvviso, e con gli scorci sulle altre isole che si aprono tutto intorno – facendo il periplo del cratere – si compone un quadro ambientale con pochi paragoni. Il consiglio di partire alle prime o alle ultime luci del giorno si fa quasi perentorio durante l’estate, per sfuggire alle temperature altrimenti eccessive per la salita lungo l’arido pendio roccioso. Ben conosciuta attrazione è pure quella della vasca dei fanghi, con il tratto di mare antistante, situata sull’istmo che collega Vulcano alla penisola di Vulcanello. Qui un’intensa risalita di fluidi caldi dà origine a fumarole sia sottomarine che sulla terraferma. Dalla parte opposta dell’isola, invece, oltre il cratere de La Fossa e la frazione Piano la strada scende a tornanti al mare tra Punta Bandiera e Punta dell’Ufala.
Panarea
Guai ai pregiudizi. Da quest’isola nei viaggi precedenti ci avevano tenuti lontani la sua reputazione di meta alla moda nonché di buen retiro per fortunati benestanti. Stavolta sbarcandoci, ma pur sempre a settembre, abbiamo trovato senz’altro ville con giardino da sogno su cui sbirciare dai cancelli serrati che affacciano sulle viuzze, ma anche pulizia, decoro architettonico, raccolta differenziata dei rifiuti, circolazione di mezzi quasi esclusivamente a trazione elettrica. Abitazioni tenute con cura, fiori e piante a profumare l’ennesimo piccolo paradiso mediterraneo stavolta però trattato alla bisogna, e non in ultimo un mare splendido e ricco di cale e scogli.
Comoda quanto consigliabile la passeggiata fino al villaggio preistorico di Capo Milazzese, risalente all’Età del Bronzo, ovvero fra il XIV e il XIII secolo a.C. E’ situato su un piccolo terrazzo a picco sulla notevole Cala Junco, subito dopo la spiaggia di sabbia degli Zimmari dove fino agli anni Settanta, pare che venisse a nidificare la tartaruga marina. Un altro sentiero oltre la località Drautto raggiunge nella macchia mediterranea Punta del Corvo, nel settore più appartato dell’isola. E dall’alta costa di roccia lavica nera che si getta nel mare, ormai alla conclusione del nostro breve ma affascinante viaggio nelle Eolie, ci tornano alla mente le parole della scrittrice Gin Racheli: “Tu sbarchi su terre che, prima di te, hanno ospitato gli dei e i giganti, gli eroi, i miti degli uomini”.