Portogallo, al di là del Tago

Racchiuso fra Lisbona e l’Algarve, fra le sponde dell’Atlantico e il confine spagnolo, l’Alentejo ci aspetta con i suoi grandi spazi, le dolci colline, i bianchi villaggi decorati di azulejos. E con l’ospitalità sincera della sua gente

Indice dell'itinerario

Eravamo venuti in Portogallo molti anni fa. Quando varcammo la frontiera provenienti dalla Spagna, quel confine segnò non tanto un passaggio di luogo, quanto piuttosto un salto nel tempo. Le strade strette e non proprio scorrevoli, le case decisamente più dimesse, le auto rare e datate, i ritmi che avevamo vissuto da bambini: ci sembrò di essere tornati ai nostri anni ’50. C’innamorammo subito di questo paese e della sua gente semplice, orgogliosa, per certi versi un po’ malinconica ma cortese e ospitale. Oggi la rete viaria è valida, le case appaiono colorate e pulite, le auto vecchie non circolano più ma lo spirito del popolo è ancora lo stesso. I portoghesi ci restano male se pensano che tu non abbia apprezzato la loro cucina, si aprono in sorrisi sinceri se ti sforzi di comprendere la loro lingua e sono pronti ad aiutarti senza aspettarsi nulla in cambio.

Oltre il Tago

la marina di Tróia
la marina di Tróia

Proprio così: Alentejo deriva dalle parole alem (di là) e Tejo (Tago) e indica il vasto territorio che da Lisbona scende verso sud, fino all’Algarve e a est confina con la Spagna. Attraversato l’estuario del rio Sado con il traghetto da Setubal, si arriva nella penisola di Tróia, un tempo desolata lingua di dune e sabbia, oggi – almeno nella parte settentrionale – moderno centro turistico. Qui c’è una marina dove è ormeggiato un grande catamarano a vela con il quale è possibile spostarsi lungo l’estuario per osservare i delfini, che popolano in modo stanziale queste acque.

Delfini nelle acque della marina di Tróia
Delfini nelle acque della marina di Tróia

È un’escursione interessante, che impegna un’intera mattinata, con i marinai che chiamano per nome i simpatici tursiopi. Si scende poi verso sud per raggiungere una curiosità tanto singolare quanto un po’ nascosta: è il Porto Palafitico da Carrasqueira, dove arrivare prima del tramonto è quasi un obbligo. Si tratta di una serie di suggestivi pontili in legno costruiti a metà del Novecento che si spingono sull’estuario del Sado per un centinaio di metri. Qui ormeggiavano le piccole barche che i pescatori usavano per il sostentamento. In origine c’erano anche numerose capanne di paglia abitate dai lavoranti delle vicine saline. Ancora oggi le passerelle sono utilizzate quando la marea solleva dalle secche le barche per procurare seppie, anguille e polpi. La zona è ideale per la sosta notturna con il v.r., tanto più se si vuole entrare in confidenza con la favolosa cucina portoghese.

Comporta, un esempio di artigianato locale
Comporta, un esempio di artigianato locale

A qualche chilometro da Carrasqueira, verso Alcacer do Sal, c’è il ristorante A Escola, che occupa la sede di una vecchia scuola elementare. Da non perdere la seppia con riso e gamberi e il coniglio selvatico con pinoli e uva passa. Più vicino, a Comporta, si gustano i cannolicchi con riso, una vera specialità del ristorante O Zè. I gestori parlano italiano e hanno mille cose da raccontare sulla zona, a cominciare dalle leggende sulle cicogne, che si trovano un po’ ovunque nell’Alentejo.

L’ampia strada che raggiunge la Lagoa do Santo André

L’ampia strada che raggiunge la Lagoa do Santo André

Dopo una piacevole chiacchierata, su loro suggerimento decidiamo di proseguire il nostro viaggio un po’ più a sud e di scendere verso Sines. La strada attraversa enormi coltivazioni di riso, che rappresenta ancora una risorsa non marginale nell’economia della zona. Colpiscono la grazia e l’allegria delle casette bianche decorate con vivaci colori, ben lontane dal ricordo delle costruzioni un po’ tristi della nostra prima visita. Tutto intorno, ampi spazi di natura selvaggia. Il litorale è un susseguirsi di spiagge ampie e sabbiose, circondate da dune.

La Lagoa do Santo André sembra fatta apposta per i camperisti: uno spazio ampio ai bordi delle dune, con rifornimento d’acqua e il mare a pochi passi. Poiché si è in zona, vale la pena dirigersi nel piccolo centro di Santo André e imboccare la IC33 per Sines. Seguendo le indicazioni per il Badoca Park, si arriva al parco safari di 900 ettari, con più di seicento animali e numerose attività per grandi e piccoli.

la Lagoa do Santo André
la Lagoa do Santo André

Avvicinandosi a Sines, le querce da sughero diventano sempre più numerose e d’ora in poi saranno una costante del paesaggio. Questi alberi sono diffusi in tutto il Portogallo, ma è qui che si trova la più alta concentrazione. Il paese del resto è il primo esportatore al mondo di sughero, prodotto che è stato e continua ad essere una fonte di enormi ricchezze per i latifondisti che possiedono grandi appezzamenti di terreno coltivati a querce. Sines è la città natale di Vasco da Gama, il grande navigatore che per primo sbarcò in India. Lo ricorda una statua in bronzo che guarda il mare nei pressi del castello che, secondo alcuni, fu il luogo in cui nacque; altri sostengono invece che vide la luce in una tenuta sulle colline, figlio di un proprietario terriero.

Sines, statua di Vasco da Gama
Sines, statua di Vasco da Gama

L’abitato ha un grazioso centro storico dal quale si gode una bella vista sulla baia. Seguendo l’indicazione del gestore del ristorante O Zè ci dirigiamo verso Cabo Sardão, a sud di Sines, perché è solo lì che troveremo una rarità naturalistica: nidi di cicogne sulle scogliere. Prima di arrivare a destinazione approfittiamo della stupenda costa rocciosa con innumerevoli baie di sabbia, che incornicia il territorio da Sines verso sud, fino all’Algarve. Porto Covo, Praia do Salto, Praia do Malhão sono solo alcuni dei nomi che indicano una sola cosa: ambienti naturali incontaminati e fruibili gran parte dell’anno.

uno scorcio del borgo di Sines, paese natio di Vasco da Gama
uno scorcio del borgo di Sines, paese natio di Vasco da Gama

A Praia do Farol, il relitto spiaggiato di una nave olandese diretta in Africa ci ricorda che davanti a noi c’è l’oceano. E quindi Cabo Sardão, dove su inaccessibili scogliere nidificano le cicogne, uccelli non marini che non si cibano di pesci. Si trovano in questa zona per un motivo molto semplice: le rocce a picco erano, e sono tuttora, inaccessibili ai predatori e quindi ideali per costruire i nidi. Questo tratto di costa fa parte della Rota Vicentina, un percorso per trekking lungo 120 chilometri che arriva fino all’Algarve. È fruibile già da marzo grazie al clima mite e appare alla portata di chiunque abbia un minimo di allenamento, anche se organizzazioni turistiche assicurano il trasporto dei bagagli da un punto di sosta notturna all’altro.

Dall’Atlantico al confine

La cantina dell’Hotel Clube de Campo Vila Galè, nei pressi di Albernoa
La cantina dell’Hotel Clube de Campo Vila Galè, nei pressi di Albernoa

Lasciata la costa, inizia il viaggio verso l’interno dell’Alentejo, in direzione est. Da Vila Nova de Milfontes si va verso Cercal e s’imbocca la 389 che porta a Ourique, lungo una bellissima strada alberata. Coloro che amano i vini e ne apprezzano i processi di produzione di alta qualità, possono fare una breve deviazione verso l’Hotel Clube de Campo Vila Galé, nei pressi di Albernoa. Oltre ad essere un luogo dove si producono diversi vini pregiati, è anche un ottimo ristorante dove approfittare della grande varietà di formaggi offerta nel menù. Gran parte dei prodotti utilizzati proviene dalla tenuta e un giro in fuoristrada, da concordare con i gestori, consente di entrare in stretto contatto con questo seducente ambiente agricolo.

Proseguendo l’itinerario, si raggiunge Beja, fondata dai Romani e oggi piacevole cittadina con un bel castello del XIII secolo. Molte case sono ricoperte da azulejos (tipico ornamento dell’architettura locale e spagnola) che, per quanto gradevoli, non possono competere con quelli che decorano l’ex convento delle clarisse de Nossa Senhora de Conceição, che visiteremo più avanti.

La strada verso Amieira Marina, punteggiata da grandi querce da sughero
La strada verso Amieira Marina, punteggiata da grandi querce da sughero

La meta successiva ci porta nel punto più orientale dell’itinerario, praticamente in Spagna: arriviamo infatti a Barrancos, che dista 9 chilometri dal confine iberico. Sono diversi i motivi per spingersi fin qui: la posizione della cittadina, che pare aggrappata a una collina da cui sembra dover scivolare a valle da un momento all’altro; il Parque de Naturaleza de Noudar, un progetto di salvaguardia ambientale da scoprire in bicicletta che arriva fino alle rovine dell’omonimo castello.

E inoltre a Barrancos si può gustare uno dei migliori prosciutti del Portogallo, oltre al formaggio fresco di capra accompagnato dalle olive locali. Se poi si arriva qui ad agosto, è possibile assistere alla festa in onore di Nostra Signora della Concezione, quando uomini e tori si fronteggiano con reciproco timore, ricordandoci in tal modo quanto vicina sia la Spagna. Ultimamente, tuttavia, la kermesse è stata messa in forse per questioni di sicurezza.

Da Barrancos inizia il percorso verso nord-ovest, in direzione di Amieira Marina. La strada è molto interessante perché scorre in territorio pressoché vergine, senza case, con grandi macchie di querce da sughero. Sono boschi naturali, ma gli alberi non sono fittissimi e il sottobosco è perfettamente pulito; si tratta dei montado, come da queste parti chiamano le aree dove gli alberi in eccesso sono stati tagliati al fine di consentire agli animali da pascolo di muoversi in un ambiente favorevole. Il paesaggio resta tale fino a Moura, se si escludono le poche case incontrate a Safara.

Siamo ormai in vista del grande lago di Alqueva, il più grande bacino idrografico del paese e anche il maggiore d’Europa fra quelli di origine non naturale. Si tratta infatti di 250 chilometri quadrati formati dallo sbarramento del fiume Guadiana nel 2002. Esistono almeno due modi per godersi il territorio circostante: visitarlo, meglio in bicicletta, percorrendo i tanti sentieri che conducono fino alla riva; oppure navigarlo, anche per più giorni, utilizzando le confortevoli houseboat che chiunque, senza esperienza nautica, può condurre attraverso rotte chiaramente contrassegnate da boe. Si noleggiano ad Amieira Marina, anche per gite giornaliere.

Il lago offre tante altre opportunità quali gite in canoa, passeggiate a piedi, birdwatching o, semplicemente, riposo all’ombra degli alberi che in alcuni casi arrivano fino all’acqua. Vale la pena visitare i villaggi vicini, come Mourao, con il castello di origine araba poi ricostruito nel XIV secolo, o Aldeia da Luz, il borgo più recente di tutto il Portogallo. Risale infatti al 2002, quando gli abitanti di Luz vennero trasferiti qui in quanto il paese antico fu sommerso dalle acque della diga. La vecchia Luz offriva case fatiscenti e nessun servizio: Aldeia da Luz è funzionale ed efficiente, anche se purtroppo dal 2002 a oggi oltre cento dei quasi cinquecento abitanti se ne sono andati.

Una sosta ai piedi di Monsaraz
Una sosta ai piedi di Monsaraz

Decisamente di tutt’altro genere è la sosta a Monsaraz, sul versante occidentale del lago. È un tuffo nel passato, non soltanto per il castello che risale al 1300, ma per l’atmosfera che pervade le strette strade in salita, le vecchie case imbiancate a calce, l’assoluta mancanza di automobili e, forse ancor più, per la gente che si può incontrare, tranquilla e sovente non proprio giovanissima. Quasi al centro del paese, nella piazza principale, si trova la chiesa di Nossa Senhora da Lagoa, del XVI secolo.

A pochi chilometri da Monsaraz, un po’ nascosta come si conviene alle cose preziose, c’è São Pedro de Corval: spesso non è nelle carte e nemmeno sul GPS, ma basta seguire i cartelli e si arriva. È un piccolo villaggio ma anche il maggiore centro di produzione delle ceramiche artistiche del Portogallo, e si resta colpiti dalla quantità di manufatti di ogni tipo presenti ovunque. In un paese di poche anime ci sono almeno trenta laboratori artigianali, molti dei quali aperti ai visitatori che vogliono seguire da vicino il processo di lavorazione di vasi, piatti e altri oggetti di terracotta decorata. Tutto viene prodotto a mano, con metodi tradizionali.

Nel cuore della regione

L’acquedotto di Évora, costruito intorno al 1530
L’acquedotto di Évora, costruito intorno al 1530

Ci spostiamo a Évora, il centro maggiore di tutto l’Alentejo, su una strada che corre fra immensi vigneti, grandi piantagioni di ulivi e vasti pascoli. Prima di entrare all’interno delle sue mura vale la pena andare alla scoperta dell’acquedotto, costruito a metà del XVI secolo e rimasto inalterato fino al XIX, quando fu ampliato e in parte sostituito. Quasi tutti i 19 chilometri di questa interessante opera idraulica sono affiancati da un sentiero percorribile ed è possibile farsi accompagnare da una guida specializzata che fornisce le biciclette e spiega origine, curiosità e funzionamento dell’impianto. L’itinerario, che si snoda fra boschi di querce e vecchie costruzioni, consente di vedere le vecchie condotte, le chiuse, i decantatori e gli archi dei tratti sopraelevati.

Tornati a Évora, si resta colpiti dalle sue mura in parte ricostruite, dalle quali si accede alla città, patrimonio dell’umanità dal 1986. L’origine romana è testimoniata dal superbo tempio di Diana, con quattordici colonne delle ventisei originarie ancora fieramente in piedi; a quel tempo la città si chiamava Liberalitas Julia e per venti secoli è stata un centro d’importanza strategica per il Portogallo. Nel centro storico si noterà che quasi tutte le case sono imbiancate a calce con porte e finestre incorniciate di giallo, e dello stesso colore sono gli zoccoli dei muri.

Quest’aspetto caratterizza Évora soltanto dal 1986; prima di allora tutta la città era dipinta in grigio. Qualche traccia del colore originale è visibile soltanto in poche abitazioni. Un’altra curiosità si trova nel sottosuolo, percorso da una fitta rete di tunnel purtroppo non visitabili al contrario degli edifici religiosi, alcuni di grandissimo interesse. Come la cattedrale romanica con le due torri di foggia diversa, costruita tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, che presenta alcune parti in stile gotico per ampliamenti durante il Medioevo; nell’imponente interno sono evidenti i rimaneggiamenti d’epoca barocca.

Praça do Geraldo con la chiesa cinquecentesca di Santo Antão
Praça do Geraldo con la chiesa cinquecentesca di Santo Antão

Nella piazza centrale, la Praça do Geraldo, c’è la chiesa di Santo Antão, della metà del ‘500. Intorno alla fontana sostano i giovani che, grazie all’università, vivono qui in gran numero. Uno dei monumenti più visitati è la chiesa di San Francesco, sia per la facciata con la galleria ad archi e il bel portale che per l’interno a navata unica, alta ben 24 metri. Il monastero alle spalle della chiesa, che fu sede del palazzo reale, ospita la curiosa Capela dos Ossos: in uno spazio tutt’altro che modesto, 360 metri quadrati per 11 di altezza, sono murate alle pareti oltre cinquemila ossa.

Costruita nel XVI secolo, intende ricordare a tutti la precarietà della vita umana, come si evince dal motto sovrastante l’ingresso: “Nós ossos que aqui estamos pelos vossos esperamos”, vale a dire “noi ossa che qui siamo, le vostre aspettiamo”. L’atmosfera, già cupa per il contenuto, è resa ancora più lugubre da una studiata illuminazione.

Il castello medioevale di Arraiolos
Il castello medioevale di Arraiolos

Ritrovata la luce del giorno, ci dirigiamo verso Arraiolos, un grazioso paese dominato da un curioso castello a mura circolari del XIV secolo e famoso per la produzione di tappeti in lana, tessuti utilizzando un punto croce obliquo molto particolare che ha preso il nome da questo luogo. Nelle vicinanze di Arraiolos si trova una delle più belle pousadas della regione, Nossa Senhora da Assunção. Sono strutture ricettive ricavate da castelli o antichi monasteri – come in questo caso – in grado di offrire servizi eccellenti e ristoranti di grande qualità. Vale la pena pranzare al ristorante di questa pousada che serve piatti tipici, anche per avere l’opportunità di visitare l’interno dell’edificio che ospita una chiesa del XVI secolo con le pareti ricoperte da magnifici azulejos.

La chiesa della pousada di Nossa Senhora da Assunção, con le pareti ricoperte di azulejos
La chiesa della pousada di Nossa Senhora da Assunção, con le pareti ricoperte di azulejos

Prima di prendere la via del ritorno visitiamo un ultimo villaggio, per conservare l’atmosfera seducente che abbiamo più volte incontrato in questo paese. Santana do Campo è minuscolo, silenzioso e un po’ surreale; nelle ore più calde del pomeriggio, solo qualche anziano seduto all’ombra di un albero sembra garantire una qualche presenza umana. Per il resto, silenzio e una pace che ammalia. È vero, eravamo venuti in Portogallo molti anni fa, molti davvero; questa volta torneremo presto. 

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