Piemonte, tra il forte e il cielo

Il territorio di Finis terrae dei Cozii, in seguito confine dei possedimenti dei Savoia, coincide a grandi linee con un’area protetta poco nota al turismo tradizionale nonostante la vicinanza al capoluogo piemontese. Un paradiso quasi incontaminato dove dedicarsi a escursioni fra aspre vette, laghetti alpini e spettacolari fortificazioni

Indice dell'itinerario

Quattromila scalini, due chilometri e mezzo di lunghezza, cinquecentotrenta metri di dislivello coperti da un tetto a volte e illuminati solo dalle aperture per i cannoni. Non stupisce che il Forte di Fenestrelle, divenuto nel 1999 monumento simbolo della Provincia di Torino, sia presentato con orgoglio come la scalinata coperta più lunga d’Europa e la seconda al mondo. La grande muraglia piemontese è stata recuperata grazie ai lavori dei volontari dell’Associazione Forte San Carlo, un gruppo di appassionati che ne ha curato il decennale restauro. “Una sorta di gradinata titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, che dalla cima del monte alto quasi duemila metri, vien giù fin nella valle…”, così ne parla Edmondo De Amicis nel suo libro Alle porte d’Italia dopo una visita nel 1883. È tuttora una delle descrizioni più calzanti.

Fortezza di Fenestrelle, Piazza d'armi
Fortezza di Fenestrelle, Piazza d’armi

Quand’ero bambina e scoprivo il forte che appariva sul fianco della montagna, mano a mano che dalla pianura salivamo verso la Francia credevo che il nome Fenestrelle derivasse dalle mille finestre che davano alla lunga muraglia l’aspetto di una chiusura lampo aperta. Scopro invece che la denominazione della località potrebbe derivare dal latino Finis terrae, cioè il confine della terra dei Cozii, la dinastia probabilmente d’origine gallica che tenne testa per secoli alla Roma imperiale e a cui le Alpi Cozie devono il nome. Queste ultime sono da sempre un passaggio naturale tra il versante francese e la Valpadana. Dopo che il generale Catinat si era accampato sopra la zona, nell’altopiano che porta il suo nome, nel 1692 la Francia iniziò a costruire un primo forte d’altura denominato il Mutin.

Da qui partì nel 1706 l’assedio a Torino, rimasto famoso per i 117 giorni di eroica resistenza e per le coraggiose imprese di Pietro Micca. Pochi anni dopo, con il trattato di Utrecht che sancì la nascita del Regno di Sicilia, la Val Chisone tornò alla dinastia dei Savoia. Nel 1728 iniziarono i lavori di costruzione di un complesso fortificato a protezione del confine occidentale. L’opera, che avrebbe richiesto sessant’anni, si sarebbe dimostrata decisiva ancora prima di essere terminata.

Nel 1747 cinquemila soldati di Austria e Piemonte sconfissero ben ventimila franco-spagnoli, e da allora nessuno avrebbe più tentato di entrare dalle valli piemontesi. L’autore del libro Cuore così continuava nella sua descrizione: “Un disordine grandioso di edifizi nudi e foschi, sorgenti uno sul capo dell’altro, tortuosamente, come se si rampicassero su per la montagna, dandosi le spalle a vicenda; alti muri rivolti in cento direzioni dei quali non si capisce al primo aspetto lo scopo”.

Oggi ci pensano le visite guidate a far conoscere le mille funzioni di stanze e scaloni, modificate negli anni dall’evolversi delle tecniche di battaglia e dagli usi. La visita breve, ad esempio, è dedicata alle famiglie: in circa un’ora esplora il Forte San Carlo e i palazzi affacciati sulla Piazza d’Armi, con la Galleria delle Uniformi del Regio Esercito e la Collezione di Animali del Governatore. L’affascinante viaggio all’interno delle mura dura invece circa tre ore, ed è perfetto per gli appassionati di storia e archeologia militare. Infine, l’interminabile passeggiata reale è rivolta agli escursionisti ben allenati: richiede ben sette ore, la maggior parte delle quali in salita.

Accompagnati dalle guide dell’Associazione San Carlo, le impressionanti pareti svelano storie insospettabili. Ci sono le leggende della Garitta del Diavolo, costruita in pochi giorni e distrutta di notte dal demonio, le lettere scritte dai galeotti della “nona Bastiglia di Francia”, che accoglieva nobili decaduti con tanto di seguito o prigionieri politici. E ci sono anche curiosità tecniche come la stazione eliografica, uno stanzone con aperture sui lati da cui, tramite complicati giochi di specchi, si poteva comunicare con analoghe strutture in alta quota come Punta Mezzodì, sulla strada dell’Assietta.

E infine non mancano le storie d’amore e patriottismo dei tanti romanzi che il Forte ha ispirato nei secoli, dall’ottocentesco La picciola, bestseller dell’epoca, al moderno La Vergogna, passando per l’intramontabile De Amicis.

Un parco come un regno

Susa, la chiesa di Santa Maria Maggiore
Susa, la chiesa di Santa Maria Maggiore

Il territorio di Finis terrae dei Cozii coincide a grandi linee con il Parco Naturale dell’Orsiera Rocciavré, un massiccio chiuso tra la Val Chisone e la Val di Susa, che tutela un paradiso quasi incontaminato di aspre vette, pascoli montani e laghetti alpini dove abitano camosci, marmotte, cervi e lupi. La strada di fondovalle della Val Chisone sale comoda e panoramica da Perosa Argentina attraversando Fenestrelle, con l’inconfondibile Ridotta Carlo Alberto e Forte San Carlo, verso le celebri località sciistiche di Sestriere e Cesana, al confine francese. Con la bella stagione i laghetti di Villaretto, Laux e Pourrieres diventano incantevoli occasioni di sosta, con parcheggi talvolta gratuiti.

Susa, i resti delle Terme Graziane
Susa, i resti delle Terme Graziane

La Val di Susa, sul versante opposto, fu abitata sin dall’anno Mille dai monaci certosini, riuniti attorno alla Certosa di Montebenedetto di Villar Focchiardo, una delle più popolose e attive dell’Italia settentrionale. L’ingresso alla struttura, restaurata grazie all’impegno del parco, è possibile solo nelle pertinenze della chiesa e della sagrestia, dove nella bella stagione è allestita un’esposizione sulla vita monastica. Il sito è raggiungibile a piedi dal comodo punto sosta di Villar Focchiardo, sulla strada che porta al monastero (è fortemente sconsigliato salire con il v.r.).

Essendo stata abbandonata nel ‘500 per un’alluvione, la certosa presenta un quadro intatto della vita conventuale dell’epoca e ha profondamente segnato il paesaggio agricolo e pastorale circostante. Furono infatti i Certosini a riprendere la coltivazione negli altipiani ripiantando i castagni, selezionando l’antenato della razza bovina piemontese e sviluppando l’allevamento delle api. Pare anche che siano stati i primi a costruire mulini sfruttando le acque possenti degli orridi situati nelle vicinanze di Bussoleno, nel versante nord della Val di Susa.

Le riserve degli Orridi di Foresto e Chianocco
Le riserve degli Orridi di Foresto e Chianocco

Oggi inseriti nell’area protetta di Chianocco e Foresto, sono visitabili con incantevoli vie ferrate adatte ai principianti (attrezzatura obbligatoria a noleggio nei centri visita), con ottimi sentieri per famiglie e punti sosta nel verde. In occasione di un itinerario in Val di Susa non si potrà fare a meno di informarsi sulla questione dell’alta velocità e sul perché le valli stiano facendo un’opposizione tanto strenua al progetto. Ma anche solo per la bellezza del paese vale la pena fare una puntata a Susa, che custodisce testimonianze di epoca romana. Il collegamento fra le due strette valli del confine piemontese è possibile sin dall’800 grazie alla strada militare del Colle delle Fenestre che, incuneandosi tra l’Orsiera e il Ciantiplagna, sale fino al passo a 2.176 metri di quota.

Dal versante sud del Chisone le possibilità di ascesa sono diverse: la via più panoramica sulle costruzioni della muraglia e quella che offre migliori accessi ai sentieri è la strada asfaltata che dal borgo di Depot, prima di arrivare alla Ridotta Carlo Alberto sale stretta e senza protezioni per 6 chilometri (due metri la larghezza massima consentita, sconsigliabile ai camper) fino a Prà Catinat. Qui s’incontra il primo bel parcheggio con punto picnic, giusto di fronte alla parte alta del Forte Valli, ma l’accesso è possibile solo prenotandosi all’Associazione San Carlo. Un secondo tratto su asfalto conduce al bivio per il Rifugio Selleries, raggiungibile con 6 chilometri di sterrato: qui parte il sentiero per Punta Cristalliera. All’inizio si può fare rifornimento di acqua fresca alla Fonte Prà Catinat, attrezzata con un comodo parcheggio. Dopo poche decine di metri sulla destra inizia il sentiero GTA che in 820 metri di dislivello porta al Colle dell’Orsiera.

Le riserve degli Orridi di Foresto e Chianocco
Le riserve degli Orridi di Foresto e Chianocco

Dal parcheggio parte invece il facile percorso dedicato alla fauna del parco (13 tappe con cartellonistica esplicativa) su strada sterrata sino al Forte Serre-Marie, dove si trova un altro parcheggio con area picnic, purtroppo con divieto di sosta notturna per camper e caravan. Scegliendo la strada panoramica più impegnativa, circa cinque chilometri di sterrato portano al bivio di Pian dell’Alpe dove s’incontra la seconda possibilità di salita dalla valle, molto più comoda soprattutto per i veicoli di grandi dimensioni.

L’area di sosta a Usseaux
L’area di sosta a Usseaux

Da Balboutet di Usseaux parte infatti un panoramico e agevole asfalto che perde la visuale sul forte ma guadagna in facilità di guida. Da Pian dell’Alpe, in entrambi i casi, l’asfalto continua a salire sino al Colle delle Finestre, dove un comodo parcheggio davanti alle rovine di un’altra fortificazione, a 2.176 metri, è un’ottima scusa per affrontare il sentiero per Cima Ciantiplagna e Punta Mezzodì che si diparte giusto di fronte. La discesa sul lato opposto è scorrevole sino a quando inizia una lunga teoria di tornanti, dopo la cantoniera di Meana di Susa, ultimo sforzo prima del fondovalle.

Itinerari

Punta Mezzodì, panoramica sulle vette di Susa
Punta Mezzodì, panoramica sulle vette di Susa

Punta Mezzodì • Tempo di percorrenza 2 ore

Dal parcheggio di Colle delle Finestre una vecchia strada militare, oggi solo pedonale, sale dai 2.176 metri del passo sino ai 2.689 della vetta di Punta Mezzodì (2.849 metri se si conquista Cima Ciantiplagna). Sono due ore di percorso davvero panoramico, accompagnati da incredibili fioriture. La mulattiera non presenta difficoltà di orientamento né tratti esposti, quindi ci si può lasciar distrarre da gheppi, corvi imperiali e marmotte che popolano i pendii. La salita è piuttosto ripida nel primo tratto, che costeggia le rovine del Forte delle Finestre, poi più dolce sino alla selletta erbosa del Dente della Vecchia, dove riprende ad arrampicarsi sino alla stazione eliografica, un tempo in comunicazione sia con Fenestrelle che con le vette di Susa, molto prima dell’invenzione di radio e telefonini.

La salita alla Punta Cristalliera, il Rifugio Selleries
La salita alla Punta Cristalliera, il Rifugio Selleri

Punta Cristalliera • Tempo di percorrenza 2.30-3 ore

Il parcheggio del Rifugio Selleries, poco oltre i 2.000 metri di altitudine e raggiungibile in 6 chilometri con lo sterrato che si stacca dalla strada che collega Depot di Fenestrelle a Prà Catinat-Forte Valli, è la partenza ideale per Punta Cristalliera; anzi, ad essere precisi, per il passo di Colle Superiore di Malanotte, a 2.616 metri, appena sotto la ripida vetta (2.802 m), per cui sono necessari maggiore allenamento e buona esperienza di montagna.

L’escursione è comunque una delle più accessibili del parco. Il sentiero GTA per la vetta dell’Orsiera è dedicato agli escursionisti esperti, perché parte da 1.800 metri e supera 600 metri di dislivello. Noi abbiamo optato per una gita più tranquilla verso i due pittoreschi laghetti morenici raggiungibili seguendo le indicazioni in legno sin da dietro il rifugio. Dopo una prima salita piuttosto ripida, guadando un ruscelletto si giunge a una biforcazione: a destra si sale diretti al lago superiore in 25 minuti; a sinistra si costeggia dapprima con meno sforzo il lago inferiore, poi si suda per guadagnare gli ultimi metri. Una vedretta di neve, presente sino a tarda estate, rende un po’ più avventuroso raggiungere la sella di Punta Malanotte.

Un’antica chiesetta nei pressi dell’Orrido di Chianocco
Un’antica chiesetta nei pressi dell’Orrido di Chianocco

Orrido di Foresto e Chianocco • Tempo di percorrenza 2 ore

Le riserve degli Orridi di Foresto e Chianocco, creati rispettivamente dai torrenti Rocciamelone e Prebec, sono parte integrante del parco naturale e tutelano i particolari ecosistemi dei ripidi canyon scavati nella roccia calcarea. Flora mediterranea come il ginepro coccolone o il leccio, mandorli, biancospini e persino ulivi crescono riparati sulle ripide pareti dove, al sicuro dai predatori, nidificano gracchi corallini, bianconi, falchi pellegrini e persino aquile.

Entrambe le riserve sono attrezzate con brevi sentieri di risalita all’interno del torrente, adatti a tutti e con percorsi panoramici sopra il canalone; muniti d’imbrago, longe e caschetto (noleggiabili in loco), si possono affrontare le due piccole ferrate, dotate di ponte tibetano e di alcuni passaggi strapiombanti leggermente più tecnici, ma non troppo faticosi anche per i neofiti. La ferrata dell’Orrido di Foresto supera quattro cascate, a volte passando spettacolarmente proprio sotto il getto d’acqua, altre volte superando belle pozze come alla Marmitta dei Giganti. Salendo si affronta una lunga scala verticale di oltre trenta metri, un bel traverso, un alto ponte tibetano e un piccolo passaggio a strapiombo che richiede un po’ di sforzo. La ferrata di Chianocco è un po’ la sorella minore, sviluppandosi su 300 metri di cavo, ma altrettanto affascinante: non mancano i traversi sopra il torrente, mura verticali, un ponte tibetano e una piccola variante che porta alla Grotta dell’Orrido, cavità naturale dove sono state rinvenute testimonianze preistoriche: un’esperienza irresistibile per i più piccoli e adatta a tutti, a degna conclusione del nostro viaggio. 

Testo di Federica Botta – Foto di Alessandro De Rossi

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