Maremma, l’immacolata macchia

Tra marzo e maggio uno dei più bei tratti di costa italiana offre il meglio di sé tra i colori dei pini e dei fitti arbusti che costituiscono l’ecosistema di un grande ambiente protetto. Incontriamo la fauna selvatica del Parco della Maremma nella beata solitudine dei suoi paesaggi.

Indice dell'itinerario

L’Italia di ieri? Se volete darle un’occhiata siete ancora in tempo. Autentica rarità tanto più lungo la costa – il più antropizzato dei nostri ambienti naturali – il paesaggio del Parco Naturale Regionale della Maremma sembra a più riprese una location di un film d’epoca. Una spiaggia solitaria. Pinete smeraldine a perdita d’occhio. Colline boscose che affacciano sulla piana litoranea, senza un edificio che turbi la paradisiaca skyline.

Torre di Colle Lungo
Torre di Colle Lungo

C’è poco da aggiungere: lungo l’intera costa tirrenica è impossibile trovare vedute del genere. I paesaggi del parco, esteso per una lunghezza di 25 chilometri su circa 9.800 ettari nella provincia di Grosseto, sono quelli caratteristici della Toscana dei butteri e delle mandrie di grandi bovini allevati allo stato brado. Protagonisti dell’orizzonte qui sono i Monti dell’Uccellina, verde dorsale costiera – in realtà di colline alte fino a poco più di 400 metri – punteggiata dai romantici resti di vecchie torri d’avvistamento e di un’abbazia cistercense. Ai loro piedi si estendono a occidente il Mar Tirreno e a settentrione la piana delle foci dell’Ombrone.

Tra paludi pullulanti di vita, pinete monumentali e pascoli solitari vive una fauna ricca che comprende fra gli altri l’istrice e i caprioli, il daino, il cinghiale, il gatto selvatico, il tasso e persino il lupo. L’avifauna conta numerose specie tra cui falco pellegrino e lanario, biancone, lodolaio, oca selvatica, occhione. Da alcuni anni il parco è impegnato in un progetto di reintroduzione del falco pescatore a mezzo secolo dall’estinzione in Italia (l’ultimo nido occupato è del 1968 in Sardegna). Diversi giovani falchi prelevati in Corsica, dove esiste una popolazione assai vitale, sono stati rilasciati localmente dopo un periodo di ambientamento e la predisposizione di nidi e sagome artificiali. Nel 2011, finalmente, l’evento tanto atteso: la nascita di due pulcini, poi ripetutasi negli anni successivi.

un falco pescatore
un falco pescatore

Diversamente da quel che accade nelle altre riserve italiane, la visita è sottoposta a restrizioni particolari. Innanzitutto occorre acquistare un biglietto d’ingresso presso la sede dell’ente parco ad Alberese. Vi sono poi alcuni itinerari precisi che è possibile percorrere sia singolarmente sia in gruppo, accompagnati o meno da una guida in base al periodo dell’anno. Per accedervi, bisogna in ogni caso prendere il bus navetta del parco in partenza dalle ore 9 da Alberese e prenotabile entro la mattina precedente (tel. 0564 407098). Questo vale per chi voglia percorrere i sentieri più lunghi e completi, come quelli di San Rabano, delle Torri e di Cala di Forno.

Per chi invece è alla ricerca di passeggiate più brevi, ma non per questo banali, sono indicati altri itinerari come quello delle Foci dell’Ombrone oppure il Faunistico. O, ancora, le brevi e panoramiche escursioni da Talamone sul fronte meridionale del parco. Nei mesi estivi i tracciati più interessanti sono percorribili solo con una guida e in gruppo, dunque il suggerimento è di visitare il parco nei mesi invernali o ancor meglio tra marzo e maggio, per godere i colori della macchia in fiore e una fruizione più intima e intensa. Per chi viaggia in camper ed è alla ricerca di natura incontaminata il parco rappresenta una meta privilegiata anche per altri motivi.

Le paludi della Trappola
Le paludi della Trappola

Ad Alberese esiste da anni un’area di sosta conosciuta e apprezzata: ai margini del piccolo centro, in un ampio piazzale sterrato, disporrebbe di illuminazione e pozzetto di scarico. Purtroppo dal 2013 il pozzetto è inutilizzabile; la struttura è stata affidata a una società partecipata del Comune di Grosseto, ma non si sa ancora se verrà riaperta nel 2014; sicura è invece la possibilità di usufruire dell’area attrezzata di Marina di Grosseto, ma è sufficiente fare una breve ricerca su Internet per scoprire le numerose occasioni di sosta offerte dal territorio.

Poi c’è il richiamo della tavola: acqua cotta, pasta fatta in casa, carni genuine, olio e naturalmente il Morellino di Scansano si fanno apprezzare anche per riempire la dispensa di bordo al momento di tornare a casa. Infine, da Alberese e fino al mare esiste una magnifica pista ciclabile di una decina di chilometri, completamente pianeggiante: per chi viaggia con le bici al seguito – ma anche per gli altri, data la possibilità di noleggio – è un’opportunità da non perdere. Interessata negli ultimi decenni da un’intensa erosione costiera, l’area del parco è da qualche tempo oggetto di lavori di difesa del litorale tra cui la posa di barriere sommerse.

Il litorale incontaminato del Parco della Maremma
Il litorale incontaminato del Parco della Maremma

Per questo motivo sino al 28 marzo resteranno chiuse al transito la stradina per Marina di Alberese e la vicina pista ciclabile. Segnaliamo e descriviamo di seguito due fra gli itinerari più belli del parco. Ve ne sono naturalmente altri, in particolare quello per il vecchio monastero di San Rabano e quello per la bellissima e solitaria Cala di Forno. Visite guidate organizzate periodicamente consentono di ammirare anche i panorami palustri della Trappola, grande tenuta privata dove spesso si fanno vedere i fenicotteri rosa.

Il mare e le foci del fiume Ombrone

Il litorale incontaminato del Parco della Maremma
Il litorale incontaminato del Parco della Maremma

Da Alberese, sede degli uffici del parco e del centro visite (molto utile per reperire documentazione), si seguono le indicazioni prima per Rispescia e poi per Marina di Alberese. Dopo una curva a 90 gradi la strada attraversa un borgo agricolo e quindi punta dritta verso il mare sotto un doppio filare di pini; da notare che l’accesso alla strada per Marina di Alberese è regolato da una sbarra ad apertura elettronica e che è previsto il pagamento di un pedaggio di 6 euro. Il paesaggio è già bellissimo.

uno stormo di oche selvatiche
uno stormo di oche selvatiche

Lasciate alle spalle l’Aurelia e la ferrovia, in una quiete surreale ci s’inoltra nel lungo viale tra i campi dove d’inverno si contano centinaia di oche selvatiche. Da qui fino al parcheggio alle spalle della spiaggia ogni punto è buono per osservare una grande attrazione del parco: la volpe (vedi il riquadro Astuzia proverbiale). Alcuni esemplari di questo scaltro animale, normalmente assai diffidente nei confronti dell’uomo, qui si lasciano avvicinare nella speranza di guadagnare un facile spuntino. Giunti al mare si parcheggia e non resta che passeggiare lungo la battigia: i tronchi spiaggiati, i voli degli uccelli, le colline boscose sullo sfondo compongono un quadro perfetto.

un gruppo di daini al pascolo.
un gruppo di daini al pascolo.

Tornando indietro di un centinaio di metri, invece, sempre a piedi si prende a seguire una stradina chiusa da una catena che verso sinistra (nord) conduce in perfetto rettilineo tra altri magnifici scorci su aree allagate, e passando per l’idrovora San Paolo conduce fino al fiume Ombrone. Qui l’ente parco ha realizzato un capanno schermato di osservazione da dove si ha la possibilità di fotografare cormorani, anatre, aironi e lo stesso falco pescatore, purché si disponga di pazienza e fortuna. Il ritorno al camper è per la via dell’andata oppure seguendo la nuova diga a mare fino alla pineta del parcheggio.

Le torri

Il sentiero che raggiunge la Torre di Colle Lungo, in posizione panoramica sui Monti dell’Uccellina
Il sentiero che raggiunge la Torre di Colle Lungo, in posizione panoramica sui Monti dell’Uccellina

È il percorso più noto del parco. Acquistato il biglietto presso il centro visite di Alberese, si sale sul busnavetta che conduce alla località Pratini. Da qui, a piedi, si parte attraversando lungo la comoda stradina asfaltata un bosco di lecci con arbusti di corbezzolo, alaterno, erica arborea e altre essenze della macchia mediterranea. Dopo una mezz’ora scarsa di cammino una deviazione ben segnalata sulla destra invita a imboccare un sentiero in modesta discesa che in breve consente di arrivare, con una nuova salitella, alla torre di Castel Marino, eretta in cima a una rupe a picco sulla piana costiera sottostante.

Da qui il panorama spazia sulla verdeggiante e fitta pineta, il canale di bonifica, la foce dell’Ombrone e, se la visibilità lo consente, le isole d’Elba e di Montecristo. Evitando il ripido viottolo che porta alla pineta sottostante, reso pericoloso dal terreno friabile, si torna sui propri passi fino alla strada che si percorre tutta. Superato il canale, dove è facile assistere al tuffo in acqua delle timide testuggini palustri, si arriva alla spiaggia, una delle più belle d’Italia. Ampia e protetta dall’alto cordone di dune, vi vegetano ciuffi di piante ammofile e vi si trovano le orme di molti degli animali che frequentano il parco: cinghiali, lepri, gabbiani.

Le paludi della Trappola
Le paludi della Trappola

E persino lupi: non tutti sanno che un piccolo nucleo di questi predatori si è da qualche anno stabilito sulle verdi colline del parco, mentre lo sanno bene gli allevatori della zona e qualche bracconiere che si è recentemente macchiato di uccisioni tanto illegali quanto barbare e anacronistiche. Dalla spiaggia si aggira la scogliera di Colle Lungo e si segue il sentiero che conduce all’omonima torre (anche questa, come la precedente, non visitabile all’interno). Da qui, percorrendo il crinale panoramico del rilievo roccioso, si giunge a un oliveto abbandonato dove non è difficile sorprendere i cinghiali, per riprendere poi la strada asfaltata verso Pratini. È un’escursione senza particolari difficoltà che, con le giuste soste, richiede l’intera giornata. Un’intensa giornata in mezzo alla natura. Quella vera.

Il richiamo del lupo

“È buio pesto. Abbiamo fermato l’auto, spento i fari, atteso. Usciamo e chiudiamo gli sportelli, e dopo una pausa anche la luce dell’abitacolo si annulla, comandata da un automatismo. La radura del Lasco, davanti a noi, è uno spettacolo con quell’ampio prato che arriva fin sotto la macchia, dove all’alba i caprioli pascolano pronti a rientrare nel fitto al primo disturbo: e i canali dove passano le ore in agguato gli aironi, e le impercettibili ondulazioni del terreno dove spesso si nascondono al binocolo interi stormi di chiurli. Ma adesso, nel nero della notte, potrebbe essere un parcheggio di Grosseto tanto non si vede a un palmo dal naso. Non è la serata giusta. Raffiche di vento scuotono i pini della via per Marina, e lo stormire delle fronde copre gli altri possibili rumori: tutti tranne uno, il gracidare delle raganelle. Stiamo per iniziare che i fari di un’auto, al diavolo, spuntano in fondo al rettilineo e poi salgono in coppia prima della sbarra che blocca la strada al transito.

È l’agricoltore che vive nella casa sul colle, o qualcuno dei suoi, e adesso bisogna aspettare che si calmino le acque. E fa freddo, Dio bono se fa freddo. Cinque minuti. Vai Lollo, parti. M’immagino il rabbrividire dei cinghiali nella radura, ammesso che sotto quella pellaccia batta qualcosa di più di una vita pavloviana mangiare-riprodursistare all’erta-mangiare. Mani a conca, testa alta, dalla bocca umana di Lorenzo esce il primo dei cinque ululati: cinque ripetuti per tre volte, a distanza di un minuto e mezzo, così vogliono le regole. Al primo, niente. Al secondo pare a entrambi di udire qualcosa, viene da dietro, in direzione Ombrone, ma le sferzate del vento impediscono di distinguere bene.

Piantiamo lì il Lasco e risaliamo in macchina verso le Macchiozze, a poche centinaia di metri, più vicini a quel sospetto. Riproviamo a farci sentire ma qui nessuno risponde all’inganno del wolf howling. E il dubbio resta. Fino all’indomani. Alle prime luci dell’alba ci avviamo dalla foresteria delle Pinottolaie verso Alberese, e lungo la strada ecco la prova probabile: due escrementi di lupo, freschi della notte, sono sull’asfalto. Ciuffi di peli chiari svelano bene chi ci ha rimesso la pelle, stavolta, e cioè un daino. Una catena alimentare ripristinata, un filo spezzato che si riannoda. E un parco naturale che adempie alla sua prima missione: resistere, resistere, resistere” (da Viaggio nella Toscana dei parchi di Giulio Ielardi, ETS, 2008).

Una volpe
Una volpe

Astuzia proverbiale

Vive quasi in ogni ambiente: boschi di latifoglie e conifere, praterie d’alta quota, macchia mediterranea, ambienti rurali e zone umide, né disdegna i dintorni dei paesi e talvolta le periferie delle grandi città. La volpe (Vulpes vulpes) è il più diffuso dei carnivori europei, ma tranne che in alcuni siti particolarmente amati dai turisti – qui in Maremma e nei parchi del Gran Paradiso e d’Abruzzo – non è facile da osservare. Di corporatura snella, pelliccia bruno-rossiccia, orecchie dritte e muso allungato, è lunga poco più di mezzo metro ma la folta coda può quasi raddoppiarne le dimensioni. È un canide a distribuzione quasi cosmopolita, presente in Europa, Asia continentale (ad eccezione della tundra), Giappone, Nordafrica e America settentrionale; è stata introdotta anche in Australia. In Italia è diffusa su tutto il territorio nazionale, comprese la Sicilia e la Sardegna. 

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