Ferrara e Delta del Po, paesaggio mobile

In viaggio attraverso la grande pianura di Ferrara, dove il Rinascimento ha creato tesori d’arte tra i più preziosi d’Italia e l’ingegno dell’uomo ha plasmato l’ambiente del Delta del Po e delle valli da pesca. Un itinerario dai molteplici interessi, che alle valenze culturali abbina quelle della tradizione in un eccezionale contesto naturalistico

Indice dell'itinerario

Volta e rivolta e torna a rivoltar, noi siam gli scariolanti che vanno a lavorar”. Si cantava così per ingannare la fatica, immersi nel fango e oppressi dalla calura, tormentati dalle zanzare e afflitti dai crampi. Un movimento sempre uguale, ripetuto centinaia di volte al giorno: trasportare e rivoltare la terra per alzare un argine e guadagnare ancora un metro di suolo fertile. Lo scariolante iniziava all’alba la sua lotta contro l’acqua e fino al tramonto non mollava la carriola, simbolico scudo contro quell’instancabile nemico sempre pronto a riaffermare il suo dominio. Erano i primi del ‘900 e nel Delta del Po la bonifica si faceva ancora a forza di braccia, ma di lì a poco sarebbero arrivate le gigantesche idrovore.

Nel Ferrarese è tutto un labirinto intricato di canali e di valli, una parola che qui, dove le montagne non sono di casa, indica ampie e pescose depressioni colme d’acqua salmastra, preziose per l’uomo e per la vita animale. In un ambiente simile, fortemente antropizzato, sembra impossibile che prosperi la natura: invece è proprio in questo luogo che innumerevoli specie di uccelli acquatici e migratori trovano il loro habitat ideale. Un serbatoio di biodiversità rigorosamente tutelato dal Parco del Delta del Po, come testimonia la presenza di ben undici zone umide dichiarate d’importanza internazionale dalla Convenzione di Ramsar, oltre a diciassette zone di protezione speciale per la protezione degli uccelli e a diciotto siti d’interesse comunitario.

Codigoro, monumento agli scariolanti
Codigoro, monumento agli scariolanti

Attraversare questo territorio, tuttavia, non significa solo trovarsi di fronte a una natura inaspettata e a capolavori d’ingegneria idraulica, ma anche incontrare la profonda impronta storica di una delle corti rinascimentali più importanti d’Europa, quella degli Estensi. Insediatasi a Ferrara nel 1332, la potente famiglia apportò una radicale e moderna trasformazione economica e culturale. Si devono a Borso, poi a Ercole I e infine ad Alfonso I d’Este le prime bonifiche sistematiche, mentre l’odierno capoluogo assumeva il suo prezioso aspetto con la realizzazione di magnifici edifici e inestimabili opere d’arte. Fu l’annessione allo Stato Pontificio, nel 1598, a segnarne la progressiva decadenza con l’abbandono delle grandi opere di prosciugamento del suolo. Solo alla fine dell’800 le bonifiche ripresero su vasta scala e si avviò un più strutturato sfruttamento agricolo ed economico della pianura, oggi teatro della moderna sfida a coniugare le tecnologie avanzate con una gestione consapevole dell’ambiente.

Alla corte degli Este

Ferrara, il Palazzo Comunale che si affaccia su Piazza della Cattedrale
Ferrara, il Palazzo Comunale che si affaccia su Piazza della Cattedrale

Il nostro viaggio non può che iniziare dalla città che fu cuore pulsante della vita culturale e politica di questo territorio, la bella e ospitale Ferrara, che agli amanti del veicolo ricreazionale offre un’esemplare ospitalità. Il meraviglioso centro storico, dichiarato nel 1995 patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è a traffico limitato e regno di pedoni e ciclisti: e anche noi imbracciamo il manubrio, dopo aver lasciato il camper nel comodo campeggio comunale Estense, poco lontano dalle mura che circondano quasi tutto l’abitato ad esclusione degli agglomerati più moderni. Con i suoi 9 chilometri di sviluppo, la cinta fortificata è uno splendido esempio di architettura militare del XV e XVI secolo, ma anche una vera e propria autostrada del pedale grazie alla rilassante pista ciclabile che si snoda sulla sommità.

Ferrara, Palazzo dei Diamanti
Ferrara, Palazzo dei Diamanti

Al duca Ercole I d’Este è intitolato il corso che scegliamo per raggiungere il centro: fu lui a volere nel 1484 l’immensa opera di ampliamento, chiamata Addizione Erculea, che raddoppiò l’estensione della Ferrara medioevale. In un’elegante cornice urbana arriviamo a uno dei più mirabili esempi del talento dell’architetto Biagio Rossetti, il Palazzo dei Diamanti, posto all’incrocio detto Quadrivio degli Angeli: il palazzo, che deve il nome agli oltre 8.000 blocchi di marmo lavorati a cuspide che ne ricoprono la facciata, è oggi un polo museale d’eccellenza che ospita la prestigiosa Pinacoteca Nazionale, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, il Museo del Risorgimento e il Museo Michelangelo Antonioni nel quale sono esposte, insieme a una vasta documentazione della sua carriera, le opere pittoriche del grande regista ferrarese.

Ferrara, la parte superiore della cattedrale
Ferrara, la parte superiore della cattedrale

Svoltato l’angolo, da Corso Porta Mare merita una breve deviazione per Via Borso il complesso della certosa, sorto nel 1452 per volontà di Borso d’Este. Nella serenità del luogo, trasformato in cimitero agli inizi dell’800, si erge la chiesa di San Cristoforo incorniciata da bellissimi portici. Tornati sul nostro asse, lo percorriamo fino al Castello Estense che prima dell’Addizione siglava i confini settentrionali della città medioevale. La possente costruzione, fatta costruire da Niccolò II d’Este a seguito della violenta sommossa popolare del 1385, pur se ingentilita nel secolo successivo dalla trasformazione in corte presenta tutte le caratteristiche della fortezza medioevale con ponti levatoi, torri e passaggi coperti. Superata la piccola piazza dedicata a Girolamo Savonarola, nato a Ferrara nel 1452, troviamo il Palazzo Comunale, collegato al castello tramite un camminamento coperto.

Di fronte al maestoso edificio s’innalza in tutta la sua magnificenza la cattedrale, eretta a partire dal 1135, dove sull’antica base in un austero stile romanico si sovrappone l’elaborato gotico della parte superiore, impreziosito da un articolato gioco di rosoni, logge e bassorilievi. Altra meraviglia è il campanile rinascimentale in marmo bianco e rosa che svetta sull’ariosa e suggestiva Piazza Trento e Trieste (palcoscenico ad agosto del Ferrara Buskers Festival, la famosa kermesse di musicisti e artisti di strada provenienti da tutto il mondo). Il prospiciente Museo della Cattedrale, ospitato nell’ex chiesa di San Romano, raccoglie una vasta collezione di opere legate alla storia della chiesa, quali dipinti, arazzi, sculture e oggetti sacri. Proseguendo lungo Via Mazzini incontriamo un’altra interessante raccolta nel Museo Ebraico, che espone numerose e varie testimonianze dell’antica e importante comunità ebraica di Ferrara. E’ tempo ora di una sosta per conoscere un altro dei tesori della città, la gastronomia, e senza indugi entriamo in uno dei molti invitanti locali che offrono la cucina tipica ferrarese. Come resistere alla famosa salama da sugo accompagnata dalla ciupeta, il fragrante pane a quattro cornetti?

Il corteo storico del Palio di Ferrara
Il corteo storico del Palio di Ferrara

Ma un improvviso rullo di tamburi, accompagnato da squilli di trombe, ci ricorda il nostro appuntamento pomeridiano: siamo nell’ultima domenica di maggio, quando si svolgono le gare conclusive del Palio di Ferrara che, con la prima edizione nel 1259, si dichiara il più antico del mondo. Improvvisamente le strade si animano di gente che si dirige verso il castello, dal quale esce il corteo storico formato da centinaia di figuranti e diretto verso Piazza Ariostea. In questa splendida cornice dedicata a Ludovico Ariosto, il grande poeta autore dell’Orlando Furioso che prestò servizio alla corte del duca Ercole I, le diverse contrade di Ferrara si confrontano in un’accesa competizione per la conquista del Palio.

La Corsa delle Asine del Palio di Ferrara
La Corsa delle Asine del Palio di Ferrara

S’inizia con la Corsa dei Putti e quella delle Putte, rispettivamente dedicate ai ragazzi e alle ragazze con meno di sedici anni, alle quali segue la Corsa della Asine, rigorosamente cavalcate a pelo. L’ultima gara, quella più appassionante, è la Corsa dei Cavalli: la contrada che taglia per prima il traguardo dopo quattro giri di pista sarà la vincitrice dell’ambitissimo premio.

Orizzonti sconfinati

Il tranquillo abitato di Codigoro sorge lungo il Po di Volano
Il tranquillo abitato di Codigoro sorge lungo il Po di Volano

Rallegrati dalla festosa atmosfera, riprendiamo il camper e puntiamo verso la costa seguendo la provinciale 15. Le distese coltivate a granoturco ci danno subito l’idea del paesaggio che incontreremo: appezzamenti costeggiati da strade rettilinee intersecate dai canali, nessuna montagna all’orizzonte. Superato Tresigallo, esempio davvero inconsueto di borghetto medioevale ridisegnato negli anni ‘30 in forme razionaliste, raggiungiamo Codigoro, a 50 chilometri esatti da Ferrara e di nuovo sul Po di Volano, che dopo essere usciti dal capoluogo avevamo incrociato solo un paio di volte.

l’Abbazia di Pomposa,
l’Abbazia di Pomposa,

Il Palazzo del Vescovo, dell’XI secolo, ricorda l’epoca in cui Codigoro era sede dell’abate di Pomposa, che da qui governava il territorio circostante; ma il suo nome è legato soprattutto alla storia recente e alle grandi bonifiche, come ricorda il monumento allo Scariolante che la popolazione ha commissionato allo scultore Massimo Gardellini, in memoria della fatica e dei sacrifici di tanti uomini. Poco fuori dall’abitato, sulla provinciale 68, c’è anche un piccolo paradiso naturalistico, l’Oasi della Garzaia: ricavata nell’area di un zuccherificio abbandonato su un’estensione di circa 7 ettari, oggi accoglie una delle più popolose comunità di aironi dell’Italia settentrionale. A poco più di 6 chilometri, da percorrere anche in bici, si leva come un faro il campanile dell’Abbazia di Pomposa, 48 metri di mattoni dai tenui colori che annunciano un luogo di profonda suggestione.

L'imponente campanile dell’Abbazia di Pomposa
L’imponente campanile dell’Abbazia di Pomposa

Sorta tra i secoli VI e VII sull’Insula Pomposiana, che allora era un’isola boscosa circondata da paludi, l’abbazia divenne un centro benedettino di grande influenza politica ed economica sotto il governo dell’abate San Guido, che richiamò in questo luogo le menti più eccelse dell’epoca tra cui Guido d’Arezzo, reputato l’inventore del tetragramma alla base della moderna scrittura musicale. Quei tempi di potenza e di splendore sono testimoniati dal magnifico complesso architettonico, rimasto pressoché inalterato dal XII secolo, custode di inestimabili tesori d’arte che abbiamo modo di ammirare nella visita agli affascinanti ambienti del refettorio, del museo e della bellissima chiesa di Santa Maria.

Vecchi casoni da pesca lungo le Valli di Comacchio
Vecchi casoni da pesca lungo le Valli di Comacchio

Altra meraviglia è quella che ci regala Comacchio, piccola capitale dell’anguilla, che raggiungiamo coprendo velocemente i 20 chilometri della SS309 Romea che la separano da Pomposa. Sorta su tredici isolotti in epoca tardoromana, è uno dei borghi marinari più incantevoli d’Italia, una Venezia in miniatura solcata da canali in cui si specchiano gli edifici sorti tra il XVII e il XVIII secolo sotto il dominio dello Stato Pontificio. Elaborato e sorprendente simbolo monumentale della città sono i Trepponti, sotto i quali originariamente scorrevano cinque canali oggi ridotti a tre.

Poco più avanti, di fronte all’antico ospedale San Camillo, il Museo del Carico della Nave Romana espone ceramiche, anfore e altri reperti provenienti dal ritrovamento, nei pressi dell’abitato, di una nave romana naufragata nel I secolo a.C. Superata la cattedrale di San Cassiano, sovrastata dall’imponente campanile, seguiamo Corso Mazzini fino al porticato dei Cappuccini, costituito da ben 143 archi, tramite il quale accediamo alla Manifattura dei Marinati. L’antica fabbrica in cui veniva lavorata l’anguilla è oggi un affascinante museo, che descrive la tipica attività di Comacchio e del suo territorio.

La motonave che accompagna alla scoperta degli ambienti del Delta del Po
La motonave che accompagna alla scoperta degli ambienti del Delta del Po

E non c’è che un modo per scoprire l’ambiente unico delle Valli di Comacchio: imbarcandoci su una motonave alla scoperta di questo piccolo universo di acqua salmastra, regno di uccelli e pescatori, oggi protetto dal parco. Attraversato il canale Migliarino-Ostellato- Porto Garibaldi tramite il ponte di San Pietro, proseguiamo su Via Pega Est lungo l’argine di Valle Fattibello e arriviamo alla Stazione Foce, punto di partenza della gita. Levate le ancore, ci troviamo a navigare placidamente in questo piccolo mare interno lambito a sud dal fiume Reno, mentre un gruppo di fenicotteri indugia prima di alzarsi in volo incendiando l’aria con il rosso del piumaggio.

Le avocette, dal curioso becco ricurvo all’insù, sono in questo periodo impegnate nel delicato momento della nidificazione. Gli aironi posano immobili come sfingi al nostro passaggio, o s’involano con un lento e solenne battito d’ali. L’altra faccia di questo paradiso si svela quando sbarchiamo per visitare i vecchi casoni da pesca, restaurati e allestiti a centri di documentazione. Le aspre condizioni di vita dei pescatori sono descritte dagli scarni arredi e dai rudimentali strumenti che li accompagnavano durante i loro lunghi soggiorni lontano dal mondo e dalle loro famiglie.

Un’invitante tavolata di prodotti ittici e vini locali.
Un’invitante tavolata di prodotti ittici e vini locali.

Pochi mezzi ma tanta sapienza confermata dalle razionali geometrie dei lavorieri, barriere di pali infissi sul  fondo che imprigionavano anguille e cefali durante i loro spostamenti dalla laguna al mare. Di pesce se ne prendeva molto, ma era per i signori, i padroni delle valli: e allora per campare si pescava di frodo, rischiando la galera. Come gli abili fiocinini, altra leggendaria figura di questi luoghi, che in barba alle dispotiche leggi di sfruttamento del pescato suscitavano le simpatie del popolo e impegnavano i vallanti, le guardie, in lunghi ed estenuanti inseguimenti lungo i canali.

La lunga storia delle bonifiche

La piccola pieve di San Giorgio
La piccola pieve di San Giorgio

Con il raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi torniamo rapidamente nell’interno, dal paesaggio terracqueo del Delta alle geometrie dei collettori e dei canali che solcano la pianura a perdita d’occhio. Siamo nelle Valli del Mezzano, un’immensa opera di prosciugamento e irreggimentazione idrica che nel corso dei secoli ha convertito in terra sfruttabile l’area paludosa in cui il Po riversava le sue acque, mescolandole a quelle di altri fiumi e dell’Adriatico; una trasformazione radicale, che rende difficile immaginare come doveva essere il territorio prima di quei lavori. Allo svincolo di Masi San Giacomo lasciamo la strada a scorrimento veloce in direzione di Portomaggiore per raggiungere la frazione di Gambulaga, dove si trova un piccolo gioiello meritevole di una sosta.

La Delizia Estense del Verginese, residenza ducale del primo ‘500
La Delizia Estense del Verginese, residenza ducale del primo ‘500

La Delizia Estense del Verginese, residenza ducale del primo ‘500 donata da Alfonso I d’Este a Laura Eustochia Dianti, presenta un aspetto aggraziato proprio a seguito della ristrutturazione che la dama commissionò a Girolamo Carpi, trasformando l’edificio in un piccolo castello. Al suo interno è ospitata permanentemente la mostra Mors Inmatura, dedicata al sepolcreto dei Fadieni, con oltre 200 reperti provenienti da una piccola necropoli romana scoperta nelle vicinanze. Ad Argenta, ultima tappa del nostro itinerario, ci aspetta un eccellente sistema espositivo indirizzato alla conoscenza dell’ambiente e all’opera dell’uomo nel territorio.

Il museo delle Valli ad Argenta
Il museo delle Valli ad Argenta

Presso l’Oasi di Val Campotto, una delle più estese zone umide dell’Italia settentrionale inserita nella lista di Ramsar, si trova il Museo delle Valli, con un percorso didattico che illustra efficacemente la natura e la cultura del luogo. La sezione storica e antropologica descrive le attività legate alla pesca, alla raccolta delle erbe palustri e all’artigianato attraverso l’ascolto dei racconti dei protagonisti e una vasta esposizione di strumenti di lavoro. Al piano superiore, la sezione naturalistica presenta la fauna e i diversi habitat con il supporto di una sala sensoriale dove, tramite coinvolgenti effetti visivi, sonori e olfattivi, possiamo assistere al susseguirsi delle stagioni e al passaggio dal giorno alla notte. Usciti dal museo, prendiamo Via Cardinala in direzione di Argenta e, poco dopo aver superato la piccola Pieve di San Giorgio, del XVI secolo, giriamo a sinistra per Via Saiarino. Nel parcheggio antistante al Museo della Bonifica troviamo ad aspettarci due guide d’eccezione: Ilaria Zagani, esperta di storia e tradizioni specializzata in didattica museale, e Sergio Stignani, dipendente del Consorzio della Bonifica Renana.

Il museo della Bonifica ad Argenta
Il museo della Bonifica ad Argenta

La loro cordialità ci mette subito a nostro agio mentre entriamo nel grande parco che circonda le idrovore di Saiarino, location inaspettata quanto opportuna per un museo di questo genere. Il racconto inizia dalla rotta di Ficarolo, che nel XII secolo cambiò il corso del Po, fino all’impaludamento del Reno e alla nascita del consorzio, nel 1909. L’impianto è la stanza dei bottoni di un complesso sistema di sollevamento e scarico delle acque nel Reno o, durante le piene, di convogliamento nelle valli in attesa di farle rifluire nel fiume. Scopriamo inoltre che le idrovore dell’Argentano sono le stesse inaugurate da Vittorio Emanuele III nel 1925, dopo una campagna di lavori per la loro costruzione di proporzioni inimmaginabili per l’epoca.

Oggi queste macchine, come ci spiega Sergio, sono dotate di moderni sistemi di automazione meccanica, ma i componenti sono quelli originali e se si rompe un pezzo bisogna rifarlo a mano. La nostra visita si conclude nella centrale termoelettrica, dove Ilaria ci illustra le trasformazioni del territorio con l’aiuto di immagini storiche, oggetti e strumenti per la bonifica. Al momento di salutarci, Sergio ci regala un libro di sue foto sull’Oasi di Campotto e sulle Valli di Argenta, rivelandosi anche un capace e appassionato fotografo naturalista: e ci sembra quasi un messaggio di ottimismo in quella impegnativa ricerca di un punto di equilibrio tra l’esigenza dello sviluppo economico e l’amore per la natura. 

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