Belluno: pagine dolomitiche

Da anni Belluno è uno dei capoluoghi italiani con la migliore qualità della vita, ed è in testa alle classifiche per la sostenibilità ambientale. Ma la città natale di Dino Buzzati val bene una sosta anche per il suo patrimonio culturale, la strategica posizione di avamposto verso le cime dolomitiche e non ultima una razionale e accogliente ospitalità nei confronti dei turisti all’aria aperta.

Indice dell'itinerario

Scriveva mezzo secolo fa Dino Buzzati: “Quelli che vanno su a Cortina di solito passano per Belluno con una furia tale, manco si fermano a prendere un caffè, manco levano per un istante gli occhi a guardare lo Schiara con la sua immortale Gusela”. Allora l’autostrada non c’era; chi dalla pianura voleva raggiungere il Cadore e l’Ampezzano era costretto a percorrere, un tornante dopo l’altro, il ripido e interminabile Fadalto fino a Ponte nelle Alpi e poi la Cavalera in direzione Tai di Cadore, dove il paesaggio si allargava verso le montagne del Tiziano. La Val Cordevole, verso l’Agordino e il Civetta, inizia poco dopo Belluno: la strada che la percorreva era tortuosa e spesso soggetta a code; neanche i rallentamenti, particolarmente frequenti nei finesettimana invernali, erano un incentivo alla sosta nel capoluogo.

I vacanzieri avevano fretta, ieri come oggi, di raggiungere le piste da sci. Eppure la capitale delle Dolomiti venete è un variegato mosaico di architetture, musei e chiese antiche, con più di cento edifici d’interesse storico e artistico che non meritano solo uno sguardo fugace o una sosta frettolosa. Le cime sono lì a portata di mano: la verdeggiante Serva, le pareti della Schiara e l’esile Gusela del Vescovà (che in agordino significa ago del vescovo), slanciata guglia visibile anche dalla città. Rientrano nell’area protetta dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che abbraccia oltre 31.000 ettari di boschi, valli impervie e vertiginose muraglie di dolomia alte varie centinaia di metri. Non mancano rifugi e bivacchi, ma alcune pareti sono veramente remote e di difficile accesso.

Un paradiso per escursionisti e scalatori a due passi dal centro abitato. “Io dico che la mia terra è uno dei posti più belli non dell’Italia ma dell’intero globo terracqueo… La mia patria si chiama Belluno”, annotava Dino Buzzati. L’autore de Il deserto dei Tartari nacque il 16 ottobre 1906 in una bella villa adagiata in località San Pellegrino, sulla riva sinistra del Piave. L’edificio, oggi in parte adibito a bed&breakfast da Valentina Morassutti, pronipote dello scrittore, è un luogo magico, una casa ricca di storia e di storie: “Questa la casa dove sono nato, questi i prati dove ho imparato a camminare, le piante tra cui bambino ho combattuto le prime battaglie coi pellerossa, le immagini, i momenti, le luci, le voci, da dove sono venuti i primi presentimenti, le prime esaltazioni spirituali. Da queste erbe, cespugli, alberi, fossati, viottoli, muri, stanze, corridoi, scale, libri, mobili, fienili, solai ho ricevuto la prima poesia. Tra noi un patto che neppure la morte riuscirà a cancellare”.

Primatista di qualità

Il mercato dei fiori in Piazza Duomo sullo sfondo del Palazzo dei Rettori
Il mercato dei fiori in Piazza Duomo sullo sfondo del Palazzo dei Rettori

La casa, il granaio, la chiesetta e il secolare albero di Liriodendron tulipifera sono adagiati su un bel pianoro, a un paio di chilometri dal centro storico. Quest’ultimo è posto su un vasto e solare terrazzo affacciato sulla vallata, alla confluenza del torrente Ardo con il Piave. A nord si stagliano le cime dolomitiche, a sud i più dolci profili del Col Visentin e del Nevegal. Le montagne sono parte integrante di Belluno e del paesaggio, ma la loro presenza non è incombente.

Al centro storico si accede dal Parcheggio Lambioi, inaugurato quindici anni fa per alleggerire il traffico cittadino e favorire lo spostamento a piedi dei lavoratori e dei visitatori. Conta circa 1.500 passaggi giornalieri ed è aperto tutto l’anno: con la sua costruzione la vita dei residenti è migliorata. Da diversi anni infatti Belluno rientra nella top ten delle province italiane che si distinguono per la qualità della vita, pubblicata da Il Sole 24 Ore. E senza avere i privilegi e la marcia in più dell’autonomia, ci tengono a precisare i bellunesi. Inoltre, secondo Legambiente, con i suoi 36.000 abitanti nel 2011 si è confermata al primo posto della classifica Ecosistema Urbano per la qualità ambientale delle città più piccole del Belpaese.

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Primeggia grazie alla riduzione dei rifiuti procapite, alla raccolta differenziata, alla qualità dell’aria. In centro si accede mediante scale mobili protette da una tettoia di materiale plastico trasparente, che lascia intravvedere l’abside del duomo di San Martino. In pochi minuti si superano una quarantina di metri di dislivello e si sbuca in Piazza Duomo,  fulcro della vita amministrativa e religiosa. Qui si affacciano l’ex palazzo del tribunale, il Vescovado, oggi auditorium, e il municipio detto Palazzo Rosso, dell’architetto feltrino Giuseppe Segusini. A nord della piazza, la prefettura è ospitata nell’elegante Palazzo dei Rettori, eretto dalla Serenissima alla fine del ‘400.

Il profilo del duomo di San Martino con il campanile barocco progettato nel ‘700
Il profilo del duomo di San Martino con il campanile barocco progettato nel ‘700

L’edificio, caratterizzato da un portico al pianterreno e numerose bifore ai piani superiori, comprende anche la Torre dell’Orologio, le cui forme richiamano quelle della Torre dei Mori in Piazza San Marco. Ai piedi del palazzo veneziano ecco la quattrocentesca fontana di San Gioatà, primo patrono di Belluno. Oltre a questa, dedicata al soldato martirizzato nel III secolo, se ne ammirano molte altre (circa 270 se si contano anche quelle delle frazioni limitrofe) di varie epoche, fogge e dimensioni, semplici lavatoi o costruzioni di pietra più complesse, spesso arricchite da fregi e sculture.

Al di là della piazza si erge il duomo di San Martino con il campanile barocco progettato da Filippo Juvara nel ‘700. Sulla sommità, a oltre 67 metri s’innalza la statua dell’angelo, alta più di quattro metri e mezzo, tradizionalmente attribuita allo zoldano Andrea Brustolon. La cattedrale, che fu chiesa di Papa Albino Luciani per due decenni, venne elevata a basilica minore da Giovanni Paolo II nel 1980. Al suo interno si possono ammirare pregevoli opere di Andrea Schiavone, Cesare Vecellio, Jacopo Bassano, Palma il Giovane e una coppia di statue di Tullio Lombardo. Di fronte al duomo merita una visita il cinquecentesco battistero dedicato a Santa Maria delle Grazie, con la vasca battesimale sormontata da una statuetta del Brustolon.

Passeggiando per Belluno

La pinacoteca del Museo Civico
La pinacoteca del Museo Civico

Da Piazza Duomo, se si prosegue verso est in breve si raggiunge il Palazzo del Collegio dei Giuristi, dal 1876 sede del Museo Civico. La sezione archeologica comprende reperti portati alla luce nel territorio della provincia, dalla preistoria all’Alto Medioevo. Si annovera una pietra dipinta epigravettiana di 12.000 anni fa, rinvenuta a Villabruna di Val Rosna. Numerosi anche i reperti romani dell’antica Belunum (Velunum), già citata da Plinio il Vecchio. La pinacoteca ospita dipinti di Jacopo da Montagnana, Pomponio Amalteo, Cesare Vecellio, Jacopo Palma il Giovane, Domenico Tintoretto e Sebastiano Ricci. Tra le opere che raffigurano la città ne spicca una del bellunese Alessandro Seffer, Concerto bandistico in Piazza Campitello (oggi Piazza dei Martiri). Il dipinto a olio su tela mostra la piazza alla fine dell’Ottocento, affollata di dame e cavalieri ben vestiti per assistere all’evento. L’esposizione comprende anche sculture di pregio di Andrea Brustolon, Valentino Panciera Besarel e Augusto Murer.

Dal museo in breve si arriva nell’animata Piazza Mercato o delle Erbe. Qui affacciano vari palazzi tra i quali quello dell’ex Monte di Pietà, la gotica Loggia dei Ghibellini inglobata in un edificio cinquecentesco, Casa Miari con una lunetta affrescata attribuita a Giovanni da Mel. Attorno alla zampillante fontana di San Lucano, al mattino dei giorni feriali trovano posto le bancarelle di frutta e verdura. Presso il mercatino della Coldiretti in Piazza Piloni, invece, il sabato dalle 8 alle 13 da maggio a novembre si possono acquistare numerosi prodotti tipici del territorio: dalla patata di Cesiomaggiore al fagiolo Gialet dalla buccia sottile, dall’orzo al miele DOP delle Dolomiti Bellunesi, dalla zucca Santa Bellunese al Morone Feltrino, una varietà di castagna.

Da Piazza Mercato, continuando per Via Rialto si raggiunge Porta Dojona, eretta nel 1289 da Vecello da Cusighe per il vescovo conte Adalgerio da Vili Alta. Oltrepassata la porta si accede in Piazza Vittorio Emanuele II, con l’ottocentesco teatro comunale dalla facciata neoclassica. Verso ovest ci si collega a Piazza dei Martiri, chiamata così per rendere omaggio a quattro partigiani impiccati dai nazisti nel 1945. Al di là del nome attuale per i bellunesi resta Piazza Campedel, ovvero Campitello, a indicare l’area dove avevano luogo fiere e parate al di fuori delle mura che in passato cingevano la città. Nel salotto buono fanno mostra di sé la chiesa di San Rocco e una serie di bei palazzi, i lunghi portici e i caffè sempre affollati.

Piazza dei Martiri, Ex tempore di scultura su legno
Piazza dei Martiri, Ex tempore di scultura su legno

È una piazza ampia e solare che ancora oggi ospita raduni, fiere ed eventi di consolidata tradizione. Come l’Ex Tempore di Scultura su legno, quest’anno giunta alla XVIII edizione. Dal 4 al 10 novembre una quindicina di scultori scolpiranno pannelli o tronchi di pino. Le loro opere, realizzate in piazza e in altri angoli del centro storico, saranno esposte fino a domenica 17 novembre presso il Palazzo Crepadona in Via Ripa 3. Sempre il 17 si terrà la Fiera di San Martino, patrono della città: un evento di origini antiche, addirittura secolari, coincidente con il termine dell’anno agrario. Per tutta la giornata si potrà passeggiare tra le bancarelle di prodotti agroalimentari e di artigianato tradizionale. In tal caso la fiera e il centro si scopriranno piacevolmente a piedi passando da una chiesa all’altra, da Via Mezzaterra, antico cardo massimo della città romana, a Borgo Piave, un tempo scalo per gli zatterieri e per il legname diretti a Venezia. 

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