“Caro amico, qui sul Renon stiamo divinamente bene e il posto è bellissimo. Ho scoperto in me il piacere inesauribile del dolce far nulla, temperato appena da un paio d’ore dedicate alla lettura di qualche novità”.
Così scriveva Sigmund Freud a Carl Gustav Jung nel settembre 1911. Dopo alcuni sopralluoghi nei territori di Trento e di Bolzano, allora appartenenti all’impero austro- ungarico, il padre della psicoanalisi scelse di trascorrere le sue vacanze nel verde e tranquillo altopiano affacciato sulle Dolomiti, al riparo dalla calura del fondovalle. Soggiornò a Collalbo (Klobenstein) presso l’hotel Bemelmans Post, dove alcune fotografie e una targa ancora lo ricordano, e durante le sue vacanze sul Renon (Ritten) approfondì il tema dell’origine della religione.
Confidò allo psicologo svizzero Ludwig Binswanger: «La frequenza delle immagini del Signore Iddio qui in Tirolo, più numerose di quanto non fossero i Signori Pellegrini fino a poco tempo fa, mi ha spinto a studi religioso-psicologici, da cui forse qualcosa verrà alla luce. Dopo la pubblicazione non sarò certamente più ammesso in Tirolo». Nel 2006, per celebrare i centocinquant’anni dalla nascita di Freud, sull’altopiano del Renon è stata inaugurata la Freud Promenade, un itinerario panoramico compreso tra la località Schönblick, a Collalbo, e Soprabolzano: sono circa due ore di piacevole passeggiata su terreno pressoché piano, percorribile anche con passeggini al seguito.
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A Collalbo si possono effettuare numerose escursioni, alcune consigliate già all’inizio del Novecento dall’alpinista Ludwig Purtscheller, che affermava: «Chi vuole abbracciare l’intero sud Tirolo con un solo sguardo, salga sul Corno del Renon». Come dargli torto? Nelle giornate terse lo sguardo spazia dal Brenta all’Adamello, dalle Alpi Venoste al Grossglockner, dall’Ortles alle Aurine.
E’ un paesaggio unico, soprattutto al tramonto quando il Catinaccio, lo Sciliar, il Sassolungo e altre vette dolomitiche s’incendiano di rosso prima di sparire nell’oscurità. Se si parte a piedi da Collalbo, per raggiungere la cima del Corno del Renon sono necessarie più di quattro ore di cammino, due ore e mezzo se s’inizia l’escursione al termine degli impianti del Monte Lago Nero. Sospeso a circa 1.200 metri d’altitudine, l’altopiano occupa una superficie di oltre 100 chilometri quadrati, con boschi e pascoli punteggiati da chiesette solitarie e da masi, dove ci si può rigenerare con un buon piatto di canederli e un bicchiere di Lagrein.
Anche per i suoi scenari da cartolina, il Renon è stato apprezzato e frequentato da viaggiatori e turisti; da qui passava inoltre la strada che univa la Germania all’Italia. Dopo il Brennero le carovaniere lasciavano la Valle Isarco, troppo esposta al pericolo di frane e di piene improvvise e risalivano a Logomoso (Lengmoos) per poi ridiscendere al quartiere Rencio, a est del centro di Bolzano.
Nel Medioevo, lungo la Kaiserstrasse, la cosiddetta strada imperiale, passarono di qui decine e decine di teste coronate dirette a Roma, ma anche pellegrini e commercianti. Scrisse il giornalista nonché alpinista Josef Rampold: “Passarono attraverso il Renon i re ed imperatori germanici, con i drappelli armati al loro seguito. Dev’essere stato uno spettacolo emozionante e magnifico veder sfilare i guerrieri avvolti nelle corazze scintillanti, con cimieri e manti variopinti, i cavalli che si stagliavano contro il cielo blu del sud, sullo sfondo grandioso delle imponenti pareti dello Schlern”.
Non si conosce esattamente il tracciato della strada imperiale; secondo alcuni quest’importante via di comunicazione passava per Siffiano (Siffian), in prossimità di Castel Stein, un maniero oggi in rovina, eretto nella prima metà del XIII secolo probabilmente per controllare le carovaniere.
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Di certo a Longomoso (Lengmoss), la commenda ospitò i viandanti in viaggio per San Pietro. L’edificio, dal 1235 gestito dall’Ordine Teutonico, fu in parte distrutto nel ‘500 a seguito di un’insurrezione di contadini. Ricostruito a metà del ‘600, conserva pregevoli arazzi raffiguranti scene di caccia ed episodi biblici. La strada imperiale iniziò a essere disertata con l’affermarsi di una via di fondovalle, realizzata grazie alla lungimiranza dell’imprenditore bolzanino Heinrich Kunter. Nella seconda metà del ‘400 la Kuntersweg divenne carreggiabile, agevolando notevolmente gli spostamenti dall’Europa centrale alla Pianura Padana. Diminuì il transito dei commercianti sul Renon, ma questo non impedì agli abitanti di Bolzano tormentati dall’afa di cercare refrigerio sull’altopiano. I benestanti di pianura erano soliti salire al Renon il 29 giugno per la festa di San Pietro e Paolo e ridiscendere alla fine dell’estate, in genere l’8 settembre, giorno in cui si festeggia la Natività della Vergine Maria.
Gli uomini raggiungevano il Renon a cavallo, mentre le donne e i bambini potevano affrontare la lunga salita con una specie di slitta trainata da cavalli o da buoi. Furono allora costruite case di villeggiatura e ville, alcune delle quali decorate da affreschi di artisti celebri, come Henrici e Schopf. Sul finire dell’800 fu fondata l’associazione per l’abbellimento di Collalbo, con lo scopo di valorizzare il territorio e di rendere più agibili i sentieri. Già si puntava sul turismo, ma la svolta arrivò in realtà con la costruzione della ferrovia. L’ingegner Josef Riehl di Bolzano fu incaricato dell’ambizioso progetto; i lavori iniziarono nel 1906 e, nonostante le notevoli difficoltà tecniche e logistiche, terminarono ad aprile dell’anno successivo: un’impresa incredibile, resa possibile grazie all’impiego di cinquecento operai. Il 14 agosto 1907 il trenino cominciò a trasportare i passeggeri da Piazza Walther, nel cuore di Bolzano, a Soprabolzano (Oberbozen).
Il viaggio, di circa un’ora e mezzo, copriva una distanza di circa 12 chilometri e superava un dislivello di quasi 1.000 metri. Un tratto particolarmente ripido (con una pendenza superiore al 20%) fu superato mediante una cremagliera. Sull’onda dell’entusiasmo qualcuno propose di continuare la strada ferrata fino a Chiusa e in Val Gardena, ma la ferrovia terminò alla bella stazione liberty di Collalbo. Grazie al treno l’altopiano non fu più isolato, anche se ben pochi contadini del Renon poterono permettersi il costoso biglietto per Bolzano. Allora viaggiare era un lusso che potevano concedersi solo i ricchi, che spesso andavano in vacanza con il proprio seguito di domestici. Parallelamente all’evolversi del turismo si costruirono alcune osterie e alberghi. Come l’hotel Soprabolzano, che in origine avrebbe dovuto chiamarsi Maria Schnee (Maria della Neve). La struttura, eretta di fronte alla stazione, è ancora funzionante ma ha cambiato denominazione: il Parkhotel Holzner, benché rinnovato e dotato di piscina, ha mantenuto lo stile originario e gli affascinanti arredi liberty, che ricordano ai visitatori gli anni della Belle Époque.
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La costruzione della strada ferrata portò un certo benessere alla gente locale, ma non il turismo di massa paventato dal medico e scrittore Hans von Hoffensthal, autore di Abschied von Oberbozen (Arrivederci a Soprabolzano). Dell’antica ferrovia oggi resta funzionante solo un tratto di circa 7 chilometri, a scartamento ridotto; il trenino fa la spola tra Soprabolzano e Collalbo, s’insinua tra i pascoli e i boschi toccando Costalovara (Wolfegruben) e Stella (Lichtenstern). Negli orari di maggior affluenza dei pendolari il servizio è garantito da comode elettromotrici, nel resto della giornata dalle tradizionali motrici con quasi un secolo di attività.
D’estate sono previste straordinarie corse notturne per buongustai: in ognuna delle cinque fermate il turista goloso potrà assaggiare un piatto diverso, dall’antipasto al dolce, accompagnato da ottimi vini dell’Alto Adige e intrattenimenti musicali. Il 15 luglio 1966 un ultimo convoglio percorre la tratta Bolzano-Soprabolzano, e il giorno successivo entra in funzione la funivia. Quella attuale, sostituita nel 2009, è in grado di trasportare 550 persone l’ora: ogni giorno l’impianto serve circa duemila tra pendolari, scolari e i sempre più numerosi turisti che preferiscono non usare l’auto, con evidenti vantaggi per gli abitanti del Renon e per quelli di Bolzano, nonché per l’ambiente. In dieci minuti si passa così dalla calura della città alla frescura degli alpeggi, spendendo la modica cifra di 6 euro.
Proprio nei pressi della stazione di Soprabolzano inizia il sentiero tematico, un facile percorso che porta alla scoperta dell’antica chiesa dedicata ai santi Giorgio e Giacomo e delle singolari piramidi di terra, qui chiamate Lahntürme, torri delle frane, curiosi pinnacoli di materiale morenico erosi e modellati dalla pioggia, dal gelo, dai millenni. Alcune guglie, alte anche decine di metri, sono sormontate da una grossa pietra che le protegge dagli agenti atmosferici. Altre piramidi si possono ammirare nel Finsterbach, la valle del Rio Fosco, situato fra Longomoso e Monte di Mezzo.
Vi si accede grazie a un comodo sentiero contrassegnato dal segnavia 24 blu che inizia sulla rotabile a nord di Longomoso, nei pressi del bar ristorante Erdpyramiden. Il cammino regala scorci deliziosi anche sulla frazione di Monte di Mezzo, con la chiesa di San Nicolò, una delle più belle e rappresentative del territorio. La forma attuale risale al ‘400; dello stesso periodo è il ciclo di affreschi attribuiti a Leonardo da Bressanone, raffiguranti la Passione di Cristo e gli apostoli. Il legame con la religione è palese, come del resto lo è quello con la tradizione. Nel Renon si contano ben sei bande musicali, alcune attive da più di due secoli, impegnate in particolare durante il periodo estivo nel corso di sagre locali o di eventi religiosi. Assolutamente da non perdere è la Barhtlmasmarkt, la festa mercato di San Bartolomeo sull’Alpe del Corno del Renon.
Da tempi antichissimi, il 24 agosto le mucche che durante l’estate hanno pascolato sugli alpeggi dell’altopiano vengono radunate in un prato recintato in occasione di questa manifestazione. In passato si compravano e vendevano animali, oggi i contadini si limitano a controllare lo stato del bestiame. E mentre le note della banda musicale di Vanga incalza e i pastori fanno schioccare le fruste, nell’aria si respira il profumo delle salsicce cotte alla brace e dei krapfen appena fritti: non poteva esserci un epilogo migliore per il nostro viaggio nel Renon.