Via del Calvario

Hanno anche il merito di rammentarci la prossima Pasqua, ma i calvari scolpiti tardogotici - insieme ai dolmen e ai menhir della preistoria - sono l'emblema stesso della Bretagna. E là dirigiamo il camper per un viaggio... di pietra e di mare

Indice dell'itinerario

Lungo la costa rosa
Oggi tutto sembra tornato a posto sulla costa di Trégastel dopo il disastro dell’Amoco Cadiz, la petroliera che nel 1978 affondò perdendo il suo carico al largo delle coste bretoni e provocò un danno incalcolabile, i cui effetti si sono protratti per decenni. Ma in tempi recenti l’aggressione all’ambiente è giunta da un’altra parte: se prima infatti c’era un solo albergo, come risulta nelle vecchie guide, ora l’intera riva è coperta di cemento. Altri alberghi, bar e pizzerie, una grande terrazza sul mare, una cupola che nasconde chissà cosa, cabine dello stabilimento balneare a saldare il tutto, uno scempio che si mostra in tutta la sua enormità dalla passeggiata fra gli scogli il cui accesso – bontà loro – è rimasto libero. Se prima la caletta rosa circondata da massi tondeggianti dello stesso colore aveva un suo fascino, ora è diventata una spiaggia qualsiasi.
Ci si consola qualche chilometro più in là a Ploumanach: il borgo è rimasto pressoché integro (ci sono ancora al suo interno delle stradine sterrate) e la natura è rispettata. Si va a parcheggiare di fronte al porto, anche ignorando i divieti (di giorno, in bassa stagione, ci siamo trovati in quattro equipaggi e nessun vigile ha avuto a che dire), oppure ci si sposta in fondo a destra dove è segnalata una via chiusa; c’è uno slargo, e il divieto relativo a un lato della piazzetta (riservato ai pescatori) ne rende di fatto fruibile il resto.
Da qui, segnalato su una tabella, parte un sentiero che s’infila nel bosco, scende alla spiaggia, risale, procede ancora in discesa e poi in salita fra sempre nuove visioni della sterminata distesa di sassi rosati che, specie in condizioni di bassa marea, caratterizzano la baia vigilata sull’altra sponda da un singolare castello. Lo stradello è ben curato e alcune scalette permettono di superare i dislivelli; in una variante verso il mare ci s’infila in una galleria scavata nella roccia. Si prosegue incontrando l’oratorio di Saint Guirec, piantato ai limiti della spiaggia a ricordare lo sbarco del monaco gallese che nel VI secolo evangelizzò la regione, e si continua verso il Min Ruiz, un faro di pietra rosa come tutto ciò che lo circonda. Di fronte, a fianco della Maison du Littoral (esposizione permanente di geologia, flora e fauna della zona), si conclude la passeggiata, anche se lo stradello continua per chilometri lungo la costa. Non resta che scegliere se chiudere l’anello verso il paese, imboccando Rue du Phare e poi perdendosi per stradine (ma basta puntare decisamente a sud e ci si ritrova al porto), o rifare all’indietro la passeggiata che fino a questo punto ha richiesto non meno di 45 minuti.

Le pietre del mistero
Se gli artisti dei calvari sapevano bene cosa comunicare ai fedeli con le loro sculture, cos’aveva in testa lo sconosciuto popolo che tra il 5000 e il 2000 a.C. si affannò a erigere e mettere in fila pietroni alti oltre 7 metri e pesanti più di 300 tonnellate, o a costruire ripari con grandi lastre in bilico su altre pietre? E’ questo forse il vero mistero, al di là della funzione degli allineamenti (religiosa, astronomica?).
Megaliti e dolmen si trovano in gran quantità nel sud della Bretagna; la guida ne segnala sparsi un po’ ovunque, ma laddove manchi una segnaletica precisa si rischia di perdere mezz’ora per rintracciare una singola pietra. Per chi non ha moltissimo tempo a disposizione è consigliabile concentrarsi sui due siti archeologici principali, Carnac e Locmariaquer. Tra l’altro sui siti minori – come Ménec e il limitrofo Kermario, ora recintati – dove un tempo era bello vagare in libertà meditando sul mistero, incombe la minaccia di un faraonico progetto di valorizzazione statale a base di strade, cemento, parcheggi a pagamento…
A Carnac gli allineamenti si perdono a vista d’occhio, mentre a Locmariaquer si ritrova dentro un recinto il compendio di tutto il resto: un tumulo, un gigantesco dolmen detto Table des Marchands che riporta tracce di sculture e infine quello che, con i suoi 20 metri e passa, sarebbe stato il menhir più alto in assoluto se non fosse che – mistero nel mistero – un qualche evento naturale o dovuto all’uomo, in epoca remota, lo ha ridotto a terra in quattro pezzi (non compare sulle istruzioni nautiche del 1483 note come Grand Routier ove altri megaliti sono usati come punti di riferimento). Sul posto, visite guidate o comunque materiale cartaceo e filmati in abbondanza per saperne di più.

Panorami in vendita
Quanto annunciato per i siti archeologici è ormai realtà a Pointe du Raz. Qui hanno di fatto sbarrato l’unica strada d’accesso, fra l’altro troppo stretta per parcheggiare. Per andare a vedere i famosi roccioni sul mare bisogna lasciare la macchina o il camper in un posteggio a pagamento ma, dicono le informazioni turistiche, con navetta gratuita. Nella trappola siamo caduti anche noi. Visto che all’ingresso non c’era nessuno, ingenuamente abbiamo pensato: oggi c’è nebbia, non fanno pagare perché non si vede niente. Dal parcheggio (5 euro per il camper, 10 per auto più caravan) si deve attraversare il brutto complesso edilizio del centro visite con bar, ristoranti e botteghe, dopodiché si prende il bus o si va a piedi per un comodo sentiero alternativo (ma perché c’è scritto che richiede 10 minuti quando noi, che abbiamo il passo veloce, abbiamo impiegato non meno di un quarto d’ora? Ovvio, per ridurre le corse dell’autobus). Al ritorno, alcuni segnali con la perentoria scritta Sortie guidano lungo un percorso tortuoso fino a una seconda guardiola, invisibile dall’ingresso, dove si paga uscendo…
Ma per fortuna sulle coste frastagliate della Bretagna non c’è solo la Pointe du Raz. E così ci vendichiamo subito dopo andando a cercare la punta di Saint Mathieu che, se non è il punto più a ovest di tutta la Francia, poco ci manca e poco ci importa. Per cominciare, il parcheggio sotto il faro (dotato di comodi servizi) è chiuso da una sbarra, ma tutti entrano dall’uscita ignorando il senso vietato; dovessero esserci problemi, sono pronti altri due parcheggi, segnalati a poche centinaia di metri. Non si paga per la bellissima abbazia senza copertura, che pare San Galgano, e dalla quale parte uno stradello che, alto sulla scogliera, bordeggia il mare; una rozza croce in pietra ne segna l’inizio e, sotto, il significativo cartello Finistère pour Compostela km 0. Con l’emozione di trovarci su un capolinea del Cammino di Santiago, ci incamminiamo fino a raggiungere il forte, nero sul suo scoglio nero, collegato alla terraferma da un ponte; lungo la strada, alcuni bunker incassati nella roccia ricordano tempi meno sereni. A sera ci si ritrova soli sul sentiero, con le caprette che tornano all’ovile in un tintinnio di campanelli, ma i collegamenti con la viabilità ordinaria (ognuno col suo parcheggio) permettono di farsi venire a prendere da chi è rimasto nel camper. Più tardi, sotto il faro, ci si ritroverà con gli altri appassionati di foto schierati sul muretto, ognuno a immortalare la rossa sfera del sole che scende in acqua esattamente dietro l’albero di un peschereccio completo di cordami, issato sulla rupe a commemorare i caduti del mare. E poi c’è la punta di Cap Fréhel, più bella di quanto la ricordassimo grazie anche alla libertà di movimento dato che, a fianco della strada che porta al parcheggio a pagamento, c’è modo di lasciare il mezzo. Si prosegue per sentieri ben tracciati sulla pietra o su pedane di legno, serviti da precise tabelle agli incroci, che portano alla punta con il faro e a quelle limitrofe: centinaia, forse migliaia gli uccelli marini che qui nidificano, svolazzano fra grandi strida sulle rupi. Proprio lì di fronte, un ristorante-bottega di souvenir non disturba più di tanto.
E infine ammiriamo l’oceano a Pointe du Grouin, estrema propaggine a nord-est della Bretagna, caratterizzata da un lungo scoglio parallelo che l’accompagna frastagliato in mare. Anche qui c’è un parcheggio (persino alberato) prima che cominci il percorso pedonale: di notte sarebbe vietato ai veicoli ricreazionali, ma c’è chi rimane ugualmente. A ogni modo, poche centinaia di metri più in là, c’è un altro spiazzo ben visibile a lato della strada.
Ci troviamo nel territorio di Cancale, famosa per gli allevamenti di ostriche, ai confini con la Normandia. E già appare magica oltre le brume, in fondo alla baia, l’abbazia di Mont-Saint-Michel.

PleinAir 380 – marzo 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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