Via col vento

Nella composita geografia dei Caraibi, le Isole Vergini Britanniche sono uno degli arcipelaghi più frequentati da chi ama le avventure in barca a vela: anche a bordo di natanti a noleggio e anche se si ha poca esperienza, grazie alle acque riparate e tranquille e all'abbondanza di porti e baie in cui gettare l'ancora.

Indice dell'itinerario

Mentre sto cercando le parole giuste per cominciare questo articolo, immagino le perplessità di qualche lettore: ma come, ho il camper e mi parli di barche? Ebbene, voglio mettere subito in chiaro una cosa. Nel fare il mio mestiere è ovvio che i mezzi di trasporto sono essenziali, ma fra i tanti che mi capita di prendere in giro per il mondo (auto, treni, aerei, pullman e magari asini o lama) ce ne sono due assolutamente in testa alle mie preferenze: il camper e la barca, per l’appunto. Sarà perché sono quelli che più mi danno un senso di libertà e di indipendenza, sarà perché negli spazi minimi dei loro abitacoli riesco ad organizzare al meglio sia il lavoro che lo svago, sarà perché la strada – di terra o di mare – mi si apre davanti agli occhi senza limiti se non quelli della mia voglia di andare, vedere, conoscere, raccontare.
Ecco, direi che non c’è migliore introduzione alle Isole Vergini Britanniche, un arcipelago tra i più frequentati da chi ama il mare e la vela. Sparse nell’Atlantico ad est di Porto Rico, fanno parte di quel complesso sistema montuoso oceanico le cui vette, dalla Florida al Venezuela, emergono dalle acque regalando al viaggiatore, oggi come ieri, una serie di approdi e di ripari in cui l’arte di navigare si può esprimere al meglio, e senza grosse difficoltà anche per chi è alle prime esperienze. Per strano che possa sembrare, infatti, la loro posizione geografica configura un’area naturalmente sicura e protetta dai venti, tanto che questo tratto di mare è soprannominato, con un pizzico di ironia, “la bacinella dei Caraibi”.
Scoperte da Cristoforo Colombo nel 1493 nel suo secondo viaggio per le Americhe, le isole hanno saputo mantenere intatta la loro bellezza: in un primo tempo grazie alle tribù degli indiani Arawak che difesero strenuamente il proprio territorio, e più tardi, con l’inesorabile arrivo degli europei, per lo scarso interesse economico rivestito dall’arcipelago, decisamente meno ricco rispetto alle isole portoricane. Non da ultimo, furono i pirati a preservare questi luoghi adoperandoli come rifugio tra una scorreria e l’altra. Nel 1917 gli Stati Uniti acquistarono dalla Danimarca la parte occidentale con le isole maggiori di Saint Thomas e Saint John, mentre agli ex coloni inglesi rimase l’area orientale con Anegada, Virgin Gorda, Jost Van Dyke, una decina di isole minori e Tortola, la più grande. Ed è proprio da quest’ultima che inizia il nostro viaggio.

Settimana caraibica
La protetta baia di Soper’s Hole, all’estremità occidentale di Tortola, è il luogo di arrivo e partenza dei traghetti che collegano le British Virgin Islands alle quasi omonime americane, sede della dogana e del controllo passaporti per chi giunge dall’Europa. Generalmente è in questo ridosso, più precisamente nel grazioso borgo di Frenchman’s Cay, che ci si imbarca per i tour in barca a vela, usualmente a bordo di catamarani a doppio scafo che garantiscono un’ottima vivibilità e un’assoluta sicurezza grazie all’impossibilità di ribaltamento, avendo l’albero e la vela sottodimensionati e due motori che facilitano manovre e ormeggi. Dopo aver preso confidenza con la strumentazione di bordo si consulta la carta nautica, identificando con il noleggiatore un itinerario sicuro e di modesto impegno. Caricate le ultime provviste, si mollano le cime e finalmente si parte aggirando la punta ovest di Tortola in rotta verso Virgin Gorda, la seconda isola dell’arcipelago per dimensioni.
Dopo 20 miglia di navigazione nel Sir Francis Drake Channel, il braccio di mare che separa Tortola dalle isole minori di Peter, Salt, Cooper e Ginger, appaiono la costa verdeggiante di Virgin Gorda e le tonde rocce di The Baths, il più esteso e importante parco naturale dell’arcipelago, prima rilassante sosta. Con l’aiuto di scalette e corde per salire e scendere lungo le scivolose rocce costiere, si imbocca uno stretto sentiero fra grotte, spiaggette di sabbia bianca e piscine naturali di acqua limpidissima, che compaiono all’improvviso nell’intricato dedalo di scogli e falesie. L’area protetta si trova sulla punta sud-ovest dell’isola, a circa un miglio dalla ben attrezzata marina di Spanish Town, il principale centro abitato di Virgin Gorda dove ci sono anche il supermercato, l’officina meccanica, i negozi e un distributore di carburante, che fanno da cornice al porto e alle decine di moli affollati di barche in transito. La fascia costiera davanti al parco, segnalata da piccole boe bianche, è vietata alla navigazione e dedicata al nuoto: si può dunque fare snorkeling in tutta sicurezza per osservare pesci multicolori che sfrecciano a tutta velocità tra gorgonie, spugne e piccoli coralli, ma anche per addentrarsi alla scoperta di altre spiaggette o di pozze d’acqua riparate dal vento e riscaldate dal caldo sole caraibico.
A meno di non volersi trattenere più a lungo, dopo una giornata trascorsa a The Baths si riprende la navigazione costeggiando l’isola fino a raggiungere, in circa 11 miglia, l’ampia insenatura di North Sound, protetta verso il largo da Prickly Pear Island. Una lunga barriera corallina situata davanti all’imboccatura orientale impedisce l’accesso a North Sound dall’oceano aperto e nel contempo protegge l’isoletta di Saba, dove si trova fra l’altro uno dei locali più tipici e frequentati dell’arcipelago. Lo sbarramento creato dai coralli semiaffioranti rende questo tratto particolarmente infido, motivo per cui i fondali sono disseminati di relitti e cimeli visibili anche solo nuotando con maschera e pinne, come i grandi cannoni di un antico veliero adagiati a pochi metri di profondità proprio sul reef davanti a Saba. L’atmosfera nella baia è decisamente vacanziera, con il piccolo ristorante sulla spiaggia di Prickly Pear, i negozi e i locali del villaggio turistico di Bitter End e le grandi navi da crociera ormeggiate al centro del piccolo golfo.
Da qui i più esperti, cioè coloro che sono pienamente in grado di affrontare una giornata in mare aperto senza assistenza specializzata, possono proseguire alla volta di Anegada, isola piatta e lunga circondata da spiagge tra le più belle di tutte le British Virgin Islands. La si scorge dopo 14 miglia, circondata da un piatto oceano sfiorato da venti tesi e costanti. Questa breve traversata è il momento giusto per alzare la randa e il fiocco, navigando senza motore: è davvero piacevole sdraiarsi a prua sull’ampia delfiniera, osservando la superficie dell’acqua che scorre velocemente sotto gli scafi e poi, quasi all’improvviso, il colore del mare che passa dal blu profondo a toni sempre più chiari, azzurro, turchese, bianco, sullo sfondo dell’orizzonte tagliato dal verde delle palme che si stagliano contro il cielo. L’interno dell’isola offre notevoli scorci paesaggistici, ad esempio una grande laguna dove si rifugiano i fenicotteri rosa, mentre sulle spiagge della costa settentrionale l’Atlantico si infrange con ampie onde che richiamano gli appassionati di surf.
Un’altra giornata di navigazione con vento in poppa per rientrare a Tortola, passando vicino alle isole di Great Camanoe e Guana e raggiungendo Cane Garden Bay, un’ampia baia riparata sulla costa di nord-ovest. Dopo aver pernottato in tutta tranquillità si può approdare alle isolette di Green Cay e Sandy Cay, verdeggianti di palme e mangrovie e circondate da finissima sabbia bianca, a poca distanza da Jost Van Dyke, terza isola dell’arcipelago per estensione. White Bay, sulla costa sud-ovest di Jost Van Dyke, è una lunga spiaggia sovrastata da alte montagne che offre un buon riparo per la giornata, bagni rinfrescanti e un ambiente perfetto per il seawatching dove non è raro vedere, tra gorgonie e spugne gialle e marroni, una ricca fauna ittica che comprende pesci palla, pesci balestra e, più spesso di quanto si possa immaginare, grandi tartarughe marine.
Si riparte per l’isola di Norman, con alte scogliere disseminate di anfratti e piccole grotte, ormeggiando in rada a The Bight, una baia racchiusa tra due penisole dove l’acqua è particolarmente calma e il fondale roccioso offre un buon ancoraggio, ottima situazione per passare la notte avvolti da un silenzio quasi irreale.
Ed eccoci all’ultimo giorno di navigazione: mentre il sole fa capolino tra il verde che orla le scogliere, torniamo a chiudere il giro a Soper’s Hole e, dopo aver riconsegnato la barca al noleggiatore, ci godiamo l’animazione serale della banchina sorseggiando un rum, con il soffio del vento ancora nelle orecchie e il buio che cala lentamente sul magico cielo dei Caraibi.

Testo e foto di Carlo Piccinelli


PleinAir 448 – Novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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