Vecchi tempi moderni

A chi ama gli scenari urbani, le città dell'Olanda meridionale (una per tutte Maastricht) regalano il ben riuscito connubio fra architetture storiche risalenti perlopiù al Medioevo e avveniristiche realizzazioni contemporanee, in un fermento culturale e artistico che le proietta verso una dimensione cosmopolita. Ma senza tradire la semplicità dell'approccio alla natura, come vuole la passione nazionale per la vita all'aria aperta.

Indice dell'itinerario

E’ in un grande bosco, tra le ultime case di Arnhem e l’autostrada, che inizia il nostro viaggio in Olanda. Non è la prima visita in questo paese davvero a misura di pleinair, che conta addirittura 470.000 caravanisti e 55.000 camperisti su una popolazione di 16 milioni di abitanti: ma questa volta siamo saliti fin quassù con la voglia di riscoprire i luoghi in una chiave diversa da quelle più usuali, studiando un itinerario nelle regioni del sud che vengono spesso trascurate a vantaggio delle metropoli affacciate sul Mare del Nord.
Nel corso della sua storia millenaria la città di Arnhem, nel cuore del Gelderland, si è evoluta fino a diventare una vivace realtà moderna, e i mutamenti architettonici che si sono susseguiti non hanno lasciato molte tracce di un passato importante, come invece accade in località vicine: ma la sua vera attrattiva è a pochi passi, e ci offre subito la possibilità di entrare in contatto con le radici della cultura tradizionale olandese.
Varchiamo dunque l’ingresso del Nederlands Openluchtmuseum, ed è come entrare in una favola. In questo straordinario museo en plein air l’Olanda di tre o quattro secoli fa è tornata a nuova vita, con decine di figuranti in costume che animano la ben curata scenografia di vecchie case, fattorie, laboratori artigianali: ecco la fornace, la bottega del maniscalco, un antico ponte levatoio in legno, il forno, la stamperia, un frantoio a trazione animale (oggi funzionante a motore) per la produzione di olio di colza. Naturalmente non mancano i mulini, come quello ottocentesco in legno di quercia che originariamente alimentava una segheria a Dordrecht: funzionava così bene che venne chiamato Mijn Genoegen, la mia meraviglia. Un altro mulino della stessa epoca era invece usato per drenare i campi, e doveva trattarsi di una struttura eccezionale se già a quei tempi poteva prosciugare fino a 50 metri cubi d’acqua al minuto. Fra una visita e l’altra, con i bambini di ieri che intrecciano ricordi delle giornate in campagna e quelli di oggi che additano l’ennesima curiosità lanciando gridolini di gioia, ci si rilassa in un chiosco da fiera che arriva dal villaggio di Epe: trasportato da un paese all’altro per anni, è stato rimesso in attività per sfornare frittelle, focacce e poffertjes, squisiti dolci ricoperti di zucchero a velo.
Sono un’ottantina gli edifici disseminati tra il verde, testimoni delle vicende quotidiane di chi li abitava prima che fossero smantellati e trasportati al museo. L’inaugurazione ufficiale avvenne il 13 luglio 1918, grazie ad alcuni appassionati cultori di usi e tradizioni del passato che nel 1912 avevano preso in affitto questa tenuta di 44 ettari facendovi collocare le prime sei costruzioni. Divenuto già in quegli anni una meta di richiamo, nel 1944 l’Openluchtmuseum tornò invece ad essere per qualche tempo un vero villaggio, ospitando circa 600 persone che l’esercito tedesco aveva fatto evacuare da Arnhem sotto la pressione degli Alleati. Il giro può richiedere un’intera giornata, magari spostandosi a bordo del divertente tram d’epoca che raggiunge ogni angolo della tenuta: e alla fine, pur pregustando svaghi e riposo nell’accogliente campeggio circondato dal verde poco a nord della città, ci scopriamo riluttanti a lasciare questo piccolo mondo bucolico.

Naturalmente arte
In una manciata di chilometri raggiungiamo la più estesa area protetta olandese, il Nationaal Park De Hoge Veluwe. La sua fama, senza alcun dubbio meritata, risiede non solo nelle caratteristiche dell’ambiente ma anche nelle possibilità di fruizione della natura, che rendono questo parco una meta prediletta dalle famiglie e frequentata da ogni genere di turisti pleinair, nel senso più ampio del termine. Una volta entrati da uno dei tre accessi, ci si ritrova al cospetto di 5.500 ettari incontaminati di foreste, brughiere, laghetti e persino un’antica formazione di dune in prossimità della quale sbucano tronchi d’albero che sembrano usciti da un fumetto. Girovagando nella pace di questi grandi spazi aperti si scorgono in lontananza branchi di cervi, mufloni, caprioli, e non sono pochi i fotografi di natura che si appostano con potenti teleobiettivi ai lati della strada. Ma la presenza più consueta sono i cicloescursionisti che pedalano sui lunghi e pianeggianti percorsi in sella a una delle 1.700 biciclette bianche messe gratuitamente a disposizione dei visitatori (sono invece a noleggio, previa prenotazione, le bici blu che possono essere attrezzate con vari accessori, anche per il trasporto dei più piccini e per chi ha difficoltà motorie).
Dopo una sosta al centro visite, dove si può assistere alla proiezione di un documentario informativo, ci attendono due tappe assolutamente da non perdere. La prima, in riva a un incantevole specchio d’acqua, è la Jachthuis Sint Hubertus, turrita residenza di campagna dei coniugi Kröller-Müller costruita fra il 1914 e il 1920 su progetto di Hendrik Petrus Berlage. La seconda, tra le mete più visitate di tutta l’Olanda, porta la firma di un altro famoso architetto, il belga Henry Van de Velde, ed è anch’essa legata alle vicende e agli interessi della fortunata coppia: stiamo parlando del Kröller-Müller Museum, ospitato in un edificio del 1938 che si affaccia dal folto degli alberi con le sue linee di moderno rigore. Annunciato sul viale d’ingresso dalla scultura di un omino in cappotto, il museo è il sogno divenuto realtà di Helene Müller, raffinata collezionista d’arte che negli anni ’30 decise di rendere fruibile a tutti il suo immenso patrimonio, formato da oltre 12.000 opere. L’incredibile raccolta, arricchita da acquisizioni successive, è un’emozionante antologia che spazia da Paul Cézanne a Piet Mondriaan, da Claude Monet a Picasso, oltre all’ala dedicata a Vincent van Gogh (che da sola vale il viaggio) con oltre 270 dipinti e disegni tra cui uno degli autoritratti, la Natura morta con cipolle e La Berceuse. Non meno interessante è la sezione dedicata alla scultura, con spazi espositivi al coperto e all’aria aperta in un perfetto dialogo con il contesto naturalistico in cui è inserito il museo: vi troviamo rappresentati, fra gli altri, Alberto Giacometti e Sol LeWitt.

Velocipedi e beghine
Bastano 18 chilometri lungo la A325 per spostarsi da Arnhem a Nijmegen, città universitaria di antica fama continuamente attraversata da lenti e lunghissimi barconi che percorrono il fiume Waal carichi di container multicolori o appesantiti da collinette di sabbia, cemento o carbone: una vista insolita che si può apprezzare anche dall’alto del Valkhof Park, una collinetta su cui si dice abbia sostato Carlo Magno. Il monolito quadrangolare del Museum Het Valkhof, con le vaste sale in cui la luce si riversa dalle vetrate panoramiche, è invece sede di mostre temporanee e di un’esposizione permanente d’arte e archeologia.
Ridiscesi sul lungofiume non ci facciamo sfuggire il Velorama, museo storico delle biciclette dove i ben 250 modelli di una collezione unica in Europa faranno battere il cuore degli appassionati. Quasi commoventi le draisine create nel 1817 dal tedesco Karl Drais: queste antenate del velocipede si trovano al pianterreno insieme ad altre realizzazioni d’epoca a due, tre e addirittura quattro ruote. Oltre a una biblioteca, il museo dispone di un laboratorio di restauro che interviene sui prevedibili acciacchi delle bici più vecchie (passati i 150 anni, del resto, non è facile rimanere in perfetta forma!). Sorseggiata una bibita nell’adiacente Café Velocitas, ci dedichiamo a una passeggiata nell’elegante e animatissimo centro storico. Sul Grote Markt affacciano diversi edifici d’epoca, tra cui un palazzo rinascimentale in mattoni rossi che oggi è sede di un rinomato locale, l’Eet en Drinkhuijs De Waagh: un tempo vi funzionava una pesa pubblica dove si tassavano le merci per mantenere ben pingui le casse cittadine (un po’ come succede oggigiorno per le tariffe, non proprio economiche, dei parcheggi più centrali).
Entriamo ora nella regione del Noord Brabant raggiungendone il capoluogo, che porta il curioso nome di ‘s-Hertogenbosch o più familiarmente Den Bosch. Solcata da una rete di canali e con un centro storico tipicamente medioevale, ha il suo monumento più imponente nella cattedrale gotica di Sint-Jan, risalente al XIII secolo, con vetrate policrome, un grande organo seicentesco e un campanile alto 73 metri. Al concittadino Jeroen van Aken, ben più noto come Hieronymus Bosch, è dedicato l’omonimo Art Centre inaugurato nel 2007, con una vasta collezione delle opere del sommo maestro della pittura fantastica quattrocentesca. In un palazzo del ‘700, già sede governativa, si trova invece l’interessante Noordbrabants Museum, con numerosi reperti che raccontano la storia della regione.
Superata Tilburg sulla N65 proseguiamo sulla A58 per Breda, dove le principali attrazioni si concentrano a breve distanza l’una dall’altra fra piazzette e stradine dal fascino antico. Anche qui il centro storico è dominato dalla mole di una chiesa, la Grote Kerk, di cui si ha notizia fin dal 1269: visibile da grandi distanze la torre campanaria, alta ben 97 metri, e di grande effetto la rinascimentale Prinsenkapel che fu mausoleo della famiglia reale olandese, un capolavoro in alabastro sormontato da affreschi realizzati da Tommaso Vincidor, allievo di Raffaello. Entrando in un portone al civico 45 della vicina Catharinastraat si accede al Begijnhof, un silenzioso ritiro in cui vivevano le beghine, pie vedove o zitelle che, pur non prendendo i voti, si dedicavano alla preghiera e al lavoro artigianale: oggi, a ricordare quel mondo perduto, vi abitano alcune anziane signore che di tanto in tanto fanno capolino e, pur mostrando simpatia verso il turista incuriosito, difficilmente gli consentono di dare uno sguardo all’interno delle loro minuscole case. Si può però visitare un piccolo museo che illustra fedelmente le atmosfere del beghinaggio, le cui tradizioni non sono state abbandonate del tutto: come un tempo, infatti, l’ingresso della dimora viene chiuso ogni sera alle 18 e riaperto alle 9 del mattino.
Forse originario del XII secolo, il castello di Breda fu trasformato nel ‘500 in una sontuosa dimora signorile: la struttura dai possenti bastioni angolari è scenograficamente collocata presso un laghetto ai margini dello storico Park Valkenberg. Nella prospiciente Kasteelplein avevano luogo le esecuzioni capitali, annunciate dal suono di una campanella posta sul tetto del settecentesco palazzo comunale in Grote Markt. Tornando verso il Begijnhof si raggiunge la Boschstraat dove, in un edificio del XIII secolo, che era l’ospizio cittadino, ha sede il Graphic Design Museum, superba collezione di opere grafiche degli ultimi cento anni: un’altra conferma dell’abilità degli olandesi nell’abbinare il moderno e l’antico.

Una città che cambia
In meno di un’ora la A58, aggirando di nuovo Tilburg, porta alla mecca europea dell’high-tech, la frizzante Eindhoven. La città è ricca di gallerie d’arte contemporanea, estese aree verdi e ardite architetture che ne modificano continuamente lo skyline, come una sorta di laboratorio del futuro. L’altissima Vestedatoren, ad esempio, è stata innalzata nel 2006: visibile da ogni parte della città, è ispirata al Flatiron Building di New York, il famoso grattacielo triangolare che sorge all’incrocio fra Broadway e Fifth Avenue. Ma molti altri sono gli edifici che suscitano curiosità, dall’Effenaar, un centro culturale con sala concerti, ristorante e caffè, al Media Markt disegnato da Massimiliano Fuksas, passando per il Philips Stadion con i vistosi cantoni stondati color argento che lo rendono simile a una tozza astronave, atterrata chissà come fra i villini dai tetti rossi.
Eindhoven ebbe bisogno di una massiccia opera di ricostruzione dopo i pesantissimi bombardamenti subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Si salvarono pochissimi edifici, tra cui un filanda dell’800 e un palazzo del 1654 (ad oggi il più antico) che ospita un pub talmente piccolo da chiamarsi The Little One: si trova in Jan van Lieshoutstraat e può essere un buon posto dove fermarsi a bere un bicchiere di Dommelsch, una delle famose birre cittadine. Non è lontana la Stratumseind, una strada stipata di bar e ristoranti che la sera, come del resto tutto il quartiere, brulica di gente.
Il parcheggio in città è decisamente costoso, ed è dunque preferibile servirsi del camping che si trova nel sobborgo di Veldhoven, collegato al centro di Eindhoven da frequenti autobus che impiegano poco più di 20 minuti. Un soggiorno non troppo frettoloso è consigliabile anche per un giro degli insoliti musei, cominciando dalla Philips Gloeilampenfabrieken: nella storica fabbrica fondata nel 1891 si possono osservare, oltre ad alcuni macchinari originali, le tecniche di costruzione delle lampadine elettriche di un secolo fa. Per gli appassionati di veicoli d’epoca c’è invece il DAF Museum, dove sono in mostra più di cento veicoli storici tra camion, corriere e auto. Dal punto di vista architettonico il museo più spettacolare della città è però il Van Abbe, progettato da Alexander Jacobus Kropholler nel 1936: all’edificio principale è stata aggiunta negli anni ’90 una vasta ala dalle forme avveniristiche, poggiata su uno specchio d’acqua che ne riflette la struttura. L’interno, di un bianco immacolato, ospita interessanti mostre temporanee e una collezione permanente di opere di grandi pittori, tra cui Picasso e Chagall. Verso sera, invece, basta sedersi nel bar all’aperto per godersi un’inattesa gara di pesca nel laghetto, dove non nuotano carpe o trote ma… biciclette. Pare infatti che in città il nuovo sport dei ragazzi che hanno alzato il gomito consista nel lancio in acqua della dueruote, e vediamo con i nostri occhi un signore tirarne fuori quattro di seguito, aiutato da un amico e da un lungo gancio. Ci si chiede se i mezzi recuperati tornino al proprietario o restino di proprietà del pescatore, ma nessuno sa dare una risposta al nostro dubbio. Noi, intanto, ce ne andiamo alla stazione e noleggiamo proprio una bicicletta, per esplorare in libertà le belle campagne nei dintorni di Eindhoven tra boschi, mulini e piccoli borghi.

Dov’è nata l’Unione
Siamo ormai sulla via del ritorno, lungo la A2 e poi la A73, quando entriamo nella regione del Limburg che si insinua tra il Belgio e la Germania segnando l’estremità meridionale del paese. E’ qui che si trova la nostra ultima tappa, Maastricht: ed ecco un altro luogo dove presente e passato si fondono alla perfezione, dove gli antichi monumenti si integrano con le moderne creazioni di architetti e designer. Il turismo locale ha avuto un’impennata a partire dal 1992, quando la cittadina – che fino ad allora rivestiva un ruolo del tutto marginale negli itinerari in questa zona, a sentire gli stessi abitanti – è salita alla ribalta delle cronache per la firma del trattato da cui è nata l’Unione Europea. La frequentazione suscitata dallo storico evento l’ha resa uno dei principali centri di attrazione della nuova società cosmopolita, e Maastricht ribolle di fermenti culturali e artistici.
Le acque della Mosa scorrono sotto le arcate in pietra del Sint Servaasbrug, che scavalca il fiume collegando le due anime della città. Dall’autostrada si entra direttamente nel quartiere Céramique, fra la stazione e l’università: qui sorge il Bonnefantenmuseum progettato da Aldo Rossi, con l’argentea torre centrale che sembra uno shuttle pronto a partire verso nuovi mondi. Oltre ai saloni dedicati all’arte contemporanea il museo offre un’importante collezione di artisti del periodo compreso fra il XIV e il XVI secolo, come Giovanni Del Biondo, Pieter Brueghel il Giovane e Peter Paul Rubens. Quasi tutti i monumenti più interessanti si trovano però sull’altra sponda della Mosa, nel nucleo storico di origine duecentesca, e gravitano intorno alla Vrijthof, la piazza centrale. A pochi passi sorgono la romanica Sint-Servaasbasiliek e la Sint-Janskerk, chiesa gotica del XIII secolo; e dopo aver raggiunto sulla Bredestraat la Onze-Lieve-Vrouwebasiliek, millenario tempio che conserva un’immagine della Vergine ancora oggi molto venerata dagli abitanti, si prosegue verso bastioni, camminamenti e torrioni delle mura duecentesche fin sotto alla Helpoort, l’unica porta urbana rimasta e la più antica d’Olanda. Da non mancare poi sulla Dominicanerkerkstraat l’incredibile libreria Selexyz, progettata dallo studio Merkx+Girod all’interno di una chiesa gotica sconsacrata: e se in questo vero e proprio tempio della cultura si sale a scegliere libri a pochi metri dalle altissime volte affrescate, nelle gallerie di Sint-Pietersberg, ricavate nel sottosuolo appena fuori città, si scende in un dedalo di cunicoli sotterranei che si sviluppano per decine di chilometri. In questi tunnel scavati dai Romani per estrarre roccia gessosa, utilizzati anche come rifugio durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, si vaga immersi in un’atmosfera inquietante, provando un autentico brivido di paura quando la guida burlona scompare nel nulla e ci si ritrova immersi nell’oscurità e nel silenzio. Proprio quando un sudorino freddo comincia a scorrere lungo le tempie, il buontempone riappare armato di torcia, e per farsi perdonare ci mostra i graffiti che nei secoli sono stati incisi sulle pareti, da quelli dell’epoca romana fino alle immagini lasciate dai figli dei fiori negli anni ’60. La vena artistica dell’uomo, si sa, non conosce epoca.

Testo e foto di Paolo Simoncelli

PleinAir 456-457 – luglio-agosto 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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