Vare, fasci e archi

Nel cuore più appartato e per questo anche meno conosciuto della Sicilia assistiamo agli antichi riti pasquali di Caltanissetta, Pietraperzia, San Cataldo e San Biagio Platani

Indice dell'itinerario

Pasqua, tempo di viaggi che iniziano col primo riscaldarsi dell’aria, con i segni dell’imminente primavera e con l’Italia tutta pervasa di fervore religioso indotto dalle rievocazioni della Passione di Cristo. Queste in Sicilia assumono connotazioni spettacolari del tutto originali e seguono i ritmi di antiche tradizioni (vedi PleinAir n. 284). Siamo tornati sull’isola per registrarne alcune per noi inedite, scoprendo con l’occasione luoghi pregevoli e incondizionata ospitalità. Abbiamo inseguito le date delle manifestazioni che si svolgono a ritmo serrato. Pertanto, oltre a dover ritornare a volte sui nostri passi, è stato necessario rinunciare a qualche evento. Ciò non toglie che l’itinerario possa essere ritagliato da ciascuno secondo le proprie preferenze. Fulcro del nostro programma sono stati Caltanissetta e il suo territorio, ricchi di un patrimonio forse sconosciuto al grande pubblico.

Un parcheggio a Caltanissetta, con tanto di banda
Un parcheggio a Caltanissetta, con tanto di banda

 

Mercoledì Santo

A Caltanissetta la mattina del Mercoledì Santo il solenne corteo della Real Maestranza testimonia il lutto delle corporazioni artigiane
A Caltanissetta la mattina del Mercoledì Santo il solenne corteo della Real Maestranza testimonia il lutto delle corporazioni artigiane

La mattina del Mercoledì Santo hanno inizio in città i riti della Settimana Santa con l’imponente corteo della Real Maestranza, costituito dai rappresentanti delle più antiche corporazioni artigiane. La tradizione risale al 1700 quando, perso il potere politico, queste corporazioni si trasformarono in associazioni a carattere religioso; in seguito ricevettero il titolo di reale in occasione dell’imponente sfilata organizzata nel 1806 in onore di Ferdinando IV di Borbone in visita in questi luoghi. La figura predominante è il Capitano: eletto ogni anno tra gli artigiani, rappresenta il capo spirituale, maestro nella vita e nel lavoro, di tutta la comunità.

Alle nove il corteo, disposto su due ali, inizia a sfilare tra la folla che intanto si è assiepata chiudendo ogni spazio libero. Le bandiere delle maestranze listate a lutto e il suono delle marce funebri conferiscono il voluto aspetto penitenziale. I duecento rappresentanti delle dieci corporazioni vestono abiti scuri, guanti neri e reggono ognuno un cero; al centro il Capitano procede con passo solenne indossando una marsina settecentesca, la feluca con una piuma nera, una fascia tricolore alla vita e uno spadino al fianco. Accompagnato dalla banda musicale, il corteo si dirige al Palazzo Comunale dove il Capitano riceve dal sindaco le chiavi della città proseguendo, intorno alle 11, verso la Cattedrale: al termine della funzione religiosa, le calze, la cravatta e i guanti neri del Capitano sono sostituiti con quelli bianchi, a testimonianza del perdono ricevuto. Sulla strada del rientro verso il collegio dei Gesuiti, si spiegano i vessilli al vento.

Il capitano dei panettieri sul seggio dell’udienza
Il capitano dei panettieri sul seggio dell’udienza

 

Pasticceria Romano

Un banco di frutta secca al mercato
Un banco di frutta secca al mercato

Intanto, nell’attesa degli eventi della sera, assaporando un ottimo torrone della Pasticceria Romano, ci si attarda sulla piazza principale tra il vociare degli astanti, i palloncini colorati e i banchi delle panelle (frittelle di farina di ceci). Oppure si può far visita al Capitano che riceve amabilmente gli ospiti nella sua abitazione seduto su un’imponente sedia che, insieme allo spadino, consegnerà il prossimo anno al suo successore. Nel tardo pomeriggio, alle 19, ha inizio la processione delle Varicedde, copie in piccolo delle Vare, che da Piazza Garibaldi saranno trainate a mano, su rudimentali carri a due ruote, dagli apprendisti. L’origine di questa tradizione nacque nelle stesse botteghe dei maestri artigiani dalla volontà dei discepoli di essere anch’essi protagonisti per un giorno.Con le Vare del Giovedì Santo si entra nel vivo delle manifestazioni nissene. Sedici imponenti gruppi statuari, in legno, cartapesta e gesso, rappresentano le quattordici stazioni della Via Crucis, oltre al gruppo della Sacra Urna e a quello dell’Addolorata. Il nome di vara deriva, fin dal 1780, dal movimento ondulatorio al quale erano sottoposte le statue durante il trasporto effettuato a spalla da parte delle maestranze e dei garzoni. Oggi tutti i trasporti, con l’eccezione del gruppo del Calvario, sono effettuati su ruota.

Un venditore delle tipiche panelle
Un venditore delle tipiche panelle

Nel primo pomeriggio, i gruppi iniziano a confluire in Piazza Garibaldi nell’attesa di muovere verso i Cinque Sepolcri disposti nel centro storico. Questa volta il pubblico invade tutta la piazza e le strade affluenti, attorniando le statue per ammirarne i personaggi a grandezza naturale e cercando la migliore posizione per assistere alla processione. Un palco eretto dinanzi al centralissimo palazzo comunale ospiterà soltanto i bambini e i disabili con i loro accompagnatori. L’ora d’inizio non è mai certa poiché è uso, tra i portatori, dare il via solo quando sulla Cattedrale si vede la luna, tempo permettendo. La bellezza di queste statue, opera di allora celebri scultori napoletani, i Biangardi, è sottolineata dalle luci e dagli ornamenti floreali che adornano ogni gruppo.
Il primo che sfila in processione, affidato al ceto dei Panettieri, è quello de La Cena: un’imponente struttura semicircolare, fedele riproduzione del dipinto di Leonardo che dopo la sua prima apparizione nel 1885 fu privata del portico per migliorarne l’accesso nelle vie più strette. Un altro gruppo che desta meraviglia è quello della Scinnenza, cioè della Deposizione. Ogni Vara lungo il percorso effettuerà delle soste, sottolineate dall’accensione di piccoli bengala, per consentire il riposo ai portatori. Sedici bande musicali, eseguendo brani originali, le accompagnano fino alle prime luci dell’alba quando sarà l’ora della Spartenza, la separazione dei gruppi e lo scioglimento del corteo.

Dettagli delle sontuose decorazioni, realizzate con pane, pasta, dolci e legumi secchi
Dettagli delle sontuose decorazioni, realizzate con pane, pasta, dolci e legumi secchi

 

Venerdì Santo

Un dettaglio della Vara del Cristo morto
Un dettaglio della Vara del Cristo morto

Il Venerdì Santo si chiudono, con la processione serale del Cristo Nero, i riti pasquali di Caltanissetta, ma noi decidiamo di spostarci a Pietraperzia (in provincia di Enna) per assistere a un’altra tipica manifestazione. Percorriamo la veloce superstrada di collegamento che si trasforma bruscamente in un continuo saliscendi, non privo di fascino, in vista del paese.
La sera del Venerdì Santo, la singolare e suggestiva commemorazione de Lu Signuri di li fasci, risalente al 1860, rappresenta il clou della Settimana Santa pietrina. Per le vie del paese si trasporta una trave alta otto metri e mezzo, in legno di cipresso, tenuta in equilibrio da tiranti di stoffa (li fasci), la cui estremità termina con la statua del Cristo, una figura lignea del 1300 posta su un globo di vetro.

Nel primo pomeriggio, nell’affollatissima chiesa del Carmine, si assiste alla traslazione della statua del Cristo dalla sua nicchia; segue la tradizionale benedizione dei misureddi, piccoli nastri di seta rossi che, tagliati a misura per la lunghezza della statua sacra, sono legati al braccio dei fedeli. Intorno alle 18 la trave, detta il fercolo, è portata dalla chiesa nella piazza antistante per essere innestata orizzontalmente su una pesante base di legno.A un cerchio di ferro posto sulla sommità della trave vengono poi legate, una per volta, quattrocento fasce di lino bianche (lunghe 32 metri e larghe 40 centimetri) annodate a metà della loro lunghezza. Rappresentano ex voto di proprietà privata e sono tramandate di padre in figlio fino alla totale usura. L’innesto sulla sommità del fercolo della sfera di vetro, illuminata internamente, e della statua del Cristo, arrivata fin lì col passaggio di mano in mano, è l’ultimo preparativo prima dell’attesissimo innalzamento della struttura. Al segnale del battitore le quattrocento fasce, con uno strappo unico e sincronizzato, ribaltano verticalmente la trave e illuminano la buia piazza, tra l’emozione generale, creando un enorme ombrello bianco.
Oltre ai sessanta portatori, circa seicento persone curano il passaggio per le strette strade del paese: evitano gli ostacoli con abili manovre e governano il pesante simulacro (una tonnellata) nelle inversioni di marcia tra due ali di folla incantata che aspetterà, fino a notte inoltrata, il rientro della processione.

I gruppi scultorei vennero realizzati da artisti napoletani nel XVII secolo
I gruppi scultorei vennero realizzati da artisti napoletani nel XVII secolo

 

Domenica di Pasqua

La Pasqua di San Cataldo è caratterizzata dai Sampauluna, gigantesche strutture che simboleggiano gli Apostoli
La Pasqua di San Cataldo è caratterizzata dai Sampauluna, gigantesche strutture che simboleggiano gli Apostoli

Trascorso anche il Sabato Santo a Pietraperzia, la Domenica di Pasqua decidiamo di spostarci a San Cataldo (in provincia di Caltanissetta) per assistere, nel pomeriggio, alla processione dei Sampauluna, giganti in cartapesta e stoffa che rappresentano gli undici Apostoli dopo la morte di Giuda. Di origine spagnola, queste statue, alte tre metri e pesanti trenta chili, sono portate a spalla da uomini nascosti sotto lunghe vesti, e simboleggiano la grandezza morale dei raffigurati.
Sampauluna annunciano all’incredula Madonna che Cristo è risorto, percorrendo più volte di corsa l’affollatissimo corso principale fino a quando, in compagnia di Maddalena, non la accompagnano al cospetto di Gesù.
Da notare che a San Cataldo si svolge un importante rito anche il Venerdì Santo con un’imponente rievocazione del processo a Gesù e della salita al Calvario.

La sfilata dei Sampauluna per le strade
La sfilata dei Sampauluna per le strade

 

Pasquetta

Gli Archi splendidamente decorati sono l’elemento fisso della Pasqua a San Biagio Platani
Gli Archi splendidamente decorati sono l’elemento fisso della Pasqua a San Biagio Platani

Il giorno di Pasquetta, la statale 640 per Agrigento ci conduce dapprima a San Biagio Platani. A Pasqua in questo piccolo centro, noto per la coltivazione del pistacchio, si porta in processione un prezioso busto ligneo meccanizzato della Madonna: rivestito con un abito da sposa intessuto in oro zecchino risalente alla nascita del paese, durante l’incontro con Gesù muove le braccia, chiude le palpebre e china la testa per baciarne i piedi.
Chi come noi arriva il giorno dopo è ancora in tempo per ammirare le splendide e originali scenografie della festa: infatti gli Archi di Pasqua resteranno in piedi per circa un mese. Dal 1700 le due antiche confraternite dei Madonnara e dei Signurara fanno a gara per adornare il corso principale con archivolti, cupole, colonnati: elementi di un’effimera architettura in verghe e canne intrecciate, decorata fino all’inverosimile di dolci, sculture e formelle di pane. Ed è in questo tunnel che il sole, infiltrandosi tra le maglie dell’intreccio, crea fantastici giochi di luce e di ombre che lasciano incantati. Così come desta meraviglia l’abilità con la quale sono confezionate le lampade poste lungo la strada: sono fatte con ceci, fagioli, grano, pasta e datteri.
Da San Biagio Platani, in direzione Casteltermini – Acquaviva Platani, una bellissima strada tra le alture ci fa concludere la giornata con la visita allo scenografico castello Chiaramontano di Mussomeli. Sorto nel 1370 per volere di Manfredi III, il maniero si erge sulla sommità di una rupe contornata da ampi spazi coltivati. Per la visita alle sale interne è necessario rivolgersi alla Biblioteca Comunale, in città, mentre un punto di osservazione panoramico si ha dalla strada per Montedoro – Serradifalco.

Gli Archi restano allestiti ancora per tre settimane dopo la Pasqua
Gli Archi restano allestiti ancora per tre settimane dopo la Pasqua

 

 

 

 

 

 

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