Chi non sogna di tornare a giocare con i trenini elettrici sui circuiti monorotaia che passano tra verdi montagne e nelle stazioncine, tra un tunnel e l’altro, si danno il cambio? E chi non desidera camminare in quota ma senza eccessive pendenze, con un bel venticello a ogni viadotto e solo il rumore dell’acqua che scorre a segnare il cammino? Un restauro ancora in corso ha messo in sicurezza 34 dei 52 chilometri dell’ex ferrovia che collegava Spoleto e Norcia con pendenze massime del 46 per mille. Si tratta di un capolavoro d’ingegneria che contava, insieme alla sua linea elettrica, circa 7.000 tonnellate di ferro: più o meno come la Torre Eiffel.
Il sogno ebbe inizio diversi anni fa, quando la mostra fotografica della guida escursionistica Fabrizio Cicio risvegliò l’interesse della Spoletina Trasporti, la società che aveva ereditato questa storica linea inaugurata nel 1926 e chiusa nel 1968, quando un po’ ovunque nel nostro paese si fece la scelta di privilegiare il trasporto pubblico su gomma. «Eppure la ferrovia è stata fino al 1943 una delle più attive e redditizie d’Italia» ricorda Luigi Fasciglione, che oggi cura il museo situato nella vecchia stazione di Spoleto, a poche centinaia di metri da quella attuale.
Proprio in quell’edificio giallo sono raccolte foto storiche e cimeli di ogni genere della ferrovia per Norcia. Avendo precedentemente osservato i tracciati, le mappe e le foto aeree possiamo apprezzare meglio, camminandovi, l’opera dello svizzero Erwin Thomann, a cui fu affidata la realizzazione confidando nell’esperienza accumulata nella Confederazione Elvetica con le ferrovie a scartamento ridotto. «Era un percorso strategico per i commerci dell’epoca » spiega Luigi, il cui nonno si trasferì a Spoleto da Napoli per fare il macchinista.
Il sentiero parte da uno slargo che si incontra in prossimità dell’uscita Spoleto Nord della SS3 Via Flaminia, accanto al cancello dell’albergo Il Barbarossa, in località Licina (lo spazio per posteggiare è limitato). Un tabellone mostra bene il tracciato che ci aspetta; grazie alla moderata pendenza il sentiero è ben percorribile a piedi, in bicicletta o a cavallo. Il primo tratto – 19 chilometri – fino a Sant’Anatolia di Narco è il più suggestivo per la quantità di tunnel (uno lungo quasi due chilometri e abitato da pipistrelli… che però di giorno dormono) e viadotti che si attraversano, passeggiando in un silenzio pressoché totale. Il punto clou è il viadotto di Caprareccia, che s’incontra dopo 7 chilometri di cammino.
Da Sant’Anatolia a Piedipaterno e da Serravalle a Norcia il tracciato passa invece nel fondovalle, a volte più lontano e a volte meno dalla strada; in questi casi la bicicletta è forse il mezzo più adatto, e non occorre che si tratti di una mountain bike. Il rumore dell’acqua ci accompagna sempre, bisogna solo indovinare qual è il fiume che scorre accanto a noi: sarà il Cortaccione, che incontriamo nel primo tratto, il Nera – che dà il nome alla valle – oppure il Corno, o ancora il Sordo? Quest’ultimo ci guida tra Serravalle e Norcia, quando incontriamo soprattutto persone che usano il sentiero per correre, come una palestra all’aperto.
Solo alcuni pali della ferrovia ci ricordano che qui passava un treno, mentre il nostro sguardo passa dalla chiesa di San Claudio (a metà del costone roccioso) al panorama delle marcite di Norcia, dove si vedono ancora i segni delle opere idrauliche benedettine e la città ci appare attraverso i campi punteggiati da balle di fieno. Costeggiando quasi sempre il Sordo possiamo udire il verso dell’usignolo di fiume o magari incontrare una ghiandaia che va ad abbeverarsi. Lo stesso succede anche nel tratto che parte da Borgo Cerreto, dove bisogna aggirare la vecchia stazione per riprendere il sentiero.
A questo proposito, prima di mettersi in cammino è sempre consigliabile informarsi sull’eventuale apertura dei passaggi del sentiero ancora non agibili; al momento, ad esempio, è chiusa l’ultima galleria prima di Sant’Anatolia, ma quando si vede dall’alto il paese si trova l’indicazione della deviazione. L’ideale, soprattutto per il primo tratto, sarebbe di poter disporre di un mezzo da lasciare all’arrivo, evitando così di ripercorrere lo stesso tracciato; ma anche tornando indietro da dove si è venuti le sensazioni non sono le stesse così come i possibili incontri, dagli scoiattoli che si rincorrono alle tracce fresche lasciate dalla volpe, alla poiana in volo.