Valmalenco e Val di Mello, sulle tracce del Gigiàt in camper coi bimbi

In camper con i bimbi al seguito tra la Valmalenco e la Val di Mello, in provincia di Sondrio: qui ci attendono accoglienti stazioni sciistiche, i sapori della tradizione valtellinese e tante opportunità per la vacanza attiva a misura di famiglia

Indice dell'itinerario

Usciamo dal camper che la luce dell’alba non ha ancora raggiunto la valle e il gelo della notte blocca ogni respiro e ogni rumore in una morsa silenziosa. Fuori non c’è quasi nessuno, pochi altri veicoli nel parcheggio, nessun abitante ancora in giro. È il miracolo dell’inverno, che regala alla Val di Mello un po’ della tranquillità che nella bella stagione ha barattato con fama e turismo, da quando le sue pareti di arrampicata sono state paragonate alle falesie dello Yosemite statunitense. Dura solo pochi istanti. Cric, croc, e in un attimo la piccola piazza di San Martino scricchiola per il ghiaccio che si spacca. Ma non è il calore del sole a provocare il trambusto: sono le suole di sei piccoli scarponi scalmanati, quelli dei nostri bambini che, nonostante il termometro segni -10 °C, si lanciano a scivolare intorno al camper.

Non vedono l’ora di partire alla ricerca del Gigiàt: secondo la tradizione popolare si tratta di un incrocio tra un caprone e uno stambecco che scende dalle vette nei rigori dell’inverno per cibarsi dell’uomo che non protegge la natura e portare fortuna e ricchezza al viandante rispettoso (che oltre a preservare l’ambiente lascia qualche briciola per sfamarlo). Niente di meglio per convincere i più piccini a una lunga passeggiata per avvistare le sue grandi corna spiando tra le rocce che sono il paradiso del bouldering, modellate in forme magiche e rese ancora più belle dalle cascate gelate con i loro giochi di luce.

Val di Mello, si possono avvistare animali selvatici in carne e ossa
Val di Mello, si possono avvistare animali selvatici in carne e ossa

Sull’altro versante del Monte Disgrazia, peraltro, c’è qualcosa di ancora più divertente per spingere i bimbi a scarpinare in montagna: una delle più lunghe e divertenti discese per slittino delle Alpi Retiche. Persino l’elvetica Heidi e il suo amico Peter scenderebbero in Valmalenco – come fecero i Grigioni, che dal 1512 al 1797 dominarono la valle e il suo fiorente commercio di pietra – per lanciarsi con il bob dal Lago Palù a San Giuseppe lungo la vecchia strada forestale. E poi concedersi una pausa in rifugio o al ristorante, magari assaggiando i pizzoccheri (la tradizionale pasta valtellinese condita con cavolo e formaggio), gli sciatt (frittelline ripiene di formaggio), la tziguner (carne cotta sul bastone di legno), le slinzeghe (salumi speziati di bovino) e la bisciola (dolce di uva passa, noci e fichi). Alla fine di un lauto pranzo noto che la più piccola infila uno sciatt in tasca: il Gigiàt affamato avrà più di qualche briciola.

Impianti di risalita della Valmalenco
Impianti di risalita della Valmalenco

Fuoriporta sondriese

Alle pendici dei 4.049 metri del Pizzo Bernina, la Valmalenco si stende dal capoluogo di provincia verso il confine svizzero dividendosi in due tronconi all’altezza di Chiesa. Il capoluogo sciistico del comprensorio è un grande villaggio dominato dal massiccio Palù- Motta e dalla grande cabinovia che raggiunge la cima partendo proprio dal paese, dove un ampio parcheggio è a disposizione anche dei v.r. (ad eccezione degli stalli di fronte all’ufficio turistico). Sul ramo orientale della conca la strada è comoda e abbastanza ampia sino a Lanzada, la frazione che ospita il punto sosta per i camper, una piccola pista di pattinaggio all’aperto e un anello di fondo illuminato. Il percorso diviene invece più tortuoso salendo verso i borghi di Franscia e Valbrutta, dove spesso sono necessarie le catene anche con poca neve a causa del ghiaccio.

Dal versante occidentale ci si dirige invece verso gli impianti di risalita per il Palù a San Giuseppe, l’incantevole conca di Chiareggio e l’unico valico accessibile a piedi, il Passo del Muretto (2.565 m), dove transitava l’antica via carovaniera romana per le colonie della Rezia. La strada è molto ripida e stretta, con numerosi tornanti che possono richiedere persino qualche manovra, ma comunque praticabile con pazienza: nel periodo estivo è transitata anche dai camion che scendono dalle cave di serpentino. Il paesaggio è suggestivo, con piccole case di pietra e cascate di ghiaccio, ma non ci sono spazi di sosta né aree di manovra dove accostare, soprattutto nelle prime curve a gomito. A chi guida v.r. ingombranti, pur trattandosi di una strada a due corsie, consigliamo di evitare di spostarsi in senso contrario al maggior traffico (la mattina in salita, la sera in discesa), soprattutto nei finesettimana e nei festivi.

Valmalenco, la pista Sabbionaccio che parte da San Giuseppe
Valmalenco, la pista Sabbionaccio che parte da San Giuseppe

A San Giuseppe – poco oltre il paese, in prossimità dell’ampio parcheggio del centro servizi Sabbionaccio – si trova l’area per lo sci di fondo, ad ingresso gratuito, un anel lo lungo più di 15 chilometri con altri percorsi di distanza regolamentare (Sabbionaccio 4 km, Carotte 6 km, Senevedo 8 km, Pian del Lupo 12 km) che complessivamente, concatenati tra loro, permettono di sciare su una trentina di chilometri di pista senza toccare due volte lo stesso tracciato. Qui si può parcheggiare il v.r. e imboccare il facile sentiero sulla strada carrozzabile chiusa al transito per il Pian del Lupo. Il percorso, di circa un’ora e mezzo, non presenta difficoltà grazie a un dislivello leggero (poco più di 100 metri) e alla facilità di orientamento, ed è ideale per le famiglie con bambini piccoli, persino in carrozzina o al traino nelle “padelle”. In caso di scarso innevamento può essere percorso anche senza racchette, facendo però attenzione al ghiaccio che crea spettacolari cascate lungo il sentiero.

Prima di raggiungere l’assolata piana finale si attraversano le case sparse di Chiareggio (1.615 m), un miracolo di conservazione dell’architettura tradizionale, raggiungibile solo a piedi. D’estate il borgo è noto per le marmotte che lo popolano, così confidenti da mangiare dalle mani dei bambini, ma d’inverno, coperto di neve, è un luogo incantevole dove far vivere gnomi, elfi e folletti, per la gioia dei più piccini. Il ritorno può essere fatto in slittino, ma la pendenza è davvero dolce, per cui è indispensabile che la neve non sia troppa; è anche necessario fare attenzione alle motoslitte di ristoranti e alberghi, di cui si può approfittare per il rientro se ci si ferma a mangiare in uno dei rifugi.

Valmalenco, si può può chiedere un passaggio per il ritorno su una motoslitta o su veri e propri trattori da neve con tanto di cabina per i passeggeri
Valmalenco, si può chiedere un passaggio per il ritorno su una motoslitta o su veri e propri trattori da neve con tanto di cabina per i passeggeri

Ben diversa la situazione nel sentiero e pista per slittini dell’Alpe Palù, a cui si accede da San Giuseppe con la funivia Barchi-Palù, raggiungibile con il camper (la strada è resa talvolta a corsia unica dalle macchine in sosta) e dotata di parcheggio utilizzabile anche per il pernottamento. In alternativa, se non si vogliono affrontare gli stretti tornanti da Chiesa, si può usufruire della cabinovia per la Cima Palù (2.080 m), che poi riscende sino all’alpe (2.010 m). All’arrivo si attraversano le piste da discesa seguendo gli sciatori verso sinistra e verso l’inizio della seggiovia Motta, quindi si cammina su un tratto di collegamento misto, pedonale e per sciatori, che in breve diventa un sentiero dedicato alle ciaspole.

In circa 20-25 minuti, attraversando due volte la pista da fondo del Palù (17 chilometri a 2.000 metri di quota, assolata e panoramica) sempre facendo attenzione a non rovinare le canalette, si raggiunge il lago con il bel rifugio dalle finestre rosse, aperto solo nei giorni festivi. Da qui, ci sono due possibilità: seguire il sentiero molto ben battuto che scende a San Giuseppe in circa un’ora, oppure risalire sino a una pittoresca casina e, seguendo i pali delle luce, utilizzare la pista forestale – anch’essa perfettamente battuta – per la discesa in slittino (attenzione, la pendenza e le curve paraboliche possono portare a raggiungere una notevole velocità).

Un panorama dell’abitato di Barchi
Un panorama dell’abitato di Barchi

In una trentina di minuti di cammino si raggiungono le baite del borgo di Barchi, attraversate dagli impianti di risalita e dalle piste da sci, quindi, superato il paesino, la strada forestale e il sentiero corrono paralleli, tagliando ora la discesa ora la seggiovia, sino ad arrivare in vista del parcheggio in un’altra mezz’ora. Altrettanto entusiasmante per la discesa in slittino è la strada forestale da San Giuseppe a Entova, che richiede una salita tra pascoli e boschi silenziosi di circa un’ora e mezzo, dai 1.500 metri del parcheggio della funivia sino ai 1.926 dell’alpeggio. Un itinerario per le ciaspole più classico e decisamente più impegnativo (circa tre ore, di conseguenza non indicato per i bambini piccoli) è quello che parte dalla valle orientale, dopo Lanzada, e attraversa il Prabello verso il Rifugio Cristina.

Si parte lasciando il v.r. nel cosiddetto parcheggio Campagneda (1.900 m, pochi posti in spazi piccoli) superata la seconda galleria della strada che da Franscia sale a Campo Moro, generalmente transitabile con le catene). Si imbocca quindi a destra la strada ben segnata e poi l’ampio sentiero che, attraverso i boschi, conduce alle belle baite dell’alpe Campascio (2.078 m) e al Rifugio Ca’ Runcasch (2.170 m, d’inverno aperto solo nel weekend, ma è bene telefonare), con un superbo panorama sulla vetta ripida e sassosa del Pizzo Scalino, il piccolo Cervino della Valmalenco.

Da qui si prosegue per pochi metri per poi deviare sulla destra facendo attenzione a seguire i cartelli gialli che indicano il Rifugio Cristina e a non scendere verso il ristoro Alpe Largone o lungo la carrozzabile estiva. Senza perdere quota si cammina per un primo tratto pianeggiante e si attraversano, senza una via segnata, alcuni lievi pendii. Superati alcuni larici, si sale per l’ultima volta sino alla conca del Prabello. Scesi nell’alpeggio, ci si orienta verso lo Scalino, arrivando in vista della chiesina dell’Alpe e delle baite del Rifugio Cristina (2.287 m).

Di là dal Disgrazia

Val di Mello
Val di Mello

Meno di 17 chilometri separano Sondrio dall’inizio della Val Masino, accesso obbligato per la Val di Mello, da percorrere però lungo la statale della Valtellina, che può facilmente trasformarsi in un lungo serpentone di vetture in fila. La quiete si riconquista appena si svolta a Masino e si sale fino a San Martino. Lasciando il v.r. nell’accogliente parcheggio, dove si può anche pernottare, si parte per un itinerario di circa 5 chilometri (un paio d’ore) lungo tutto il fondovalle. Il percorso è adatto a tutti e può essere praticato anche senza racchette in caso di scarso innevamento, ma è coperto di ghiaccio per quasi tutto l’inverno: può essere utile avere i ramponcini.

Dal sagrato della chiesa parrocchiale (923 m) s’imbocca il viottolo che porta a un sentiero, dal quale, a sua volta, se ne stacca un altro sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva. Lo si segue rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che s’inoltra nella valle per poi svoltare sulla seconda deviazione che sale verso sinistra, fino a intercettare la strada della Val di Mello, appena prima di un divieto di transito.

Si prosegue superando una piccola cappella; all’asfalto si sostituisce lo sterrato fino al ponticello del torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla sinistra si trova Ca’ dei Rogni (1.019 m, a circa 2 chilometri e mezzo da San Martino); davanti, la superba balconata di granito della Valle del Ferro, la prima laterale settentrionale della Val di Mello, e la sua famosa cascata. Subito dopo il ponte parte il sentiero per il bivacco (2.510 m) dedicato alla memoria degli alpinisti Mario Molteni e Giuseppe Valsecchi che nel 1937, dopo aver conquistato la parete nord-est del Pizzo Badile, arrivati allo stremo delle forze, non riuscirono a superare la notte. Il percorso non è certo per famiglie e d’inverno è percorribile solo con spiccate capacità alpinistiche.

Si rimane quindi nel fondovalle, arrivando in breve al parcheggio del ristorante Gatto Rosso, in località Panscèr (1.061 m), dove la pista lascia il posto a una larga mulattiera che corre a sinistra del bellissimo torrente. Di fronte si apre il maestoso circo della Val Cameraccio, che chiude a nord-est la Val di Mello con la cima regina del Monte Disgrazia. Nel 2009, una placca staccatasi dalla parete del Qualido ha trascinato sul fondovalle una grande quantità di materiale alluvionale che, sbarrando il torrente, ha creato grandi pozze dai colori e dalle trasparenze eccezionali. Il secondo laghetto che si incontra, con le acque quasi ferme, di un intenso color verde, è chiamato scherzosamente dai residenti il Bidè della Contessa.

Val di Mello
Val di Mello

La mulattiera si allontana dal torrente e attraversa una fascia di prati (d’estate, naturalmente) prima di raggiungere Ca’ di Carna (1.076 m). Si può restare sul lato settentrionale della valle proseguendo fino alla successiva località, Cascina Piana (1.092 m), abitata fino al 1960 anche d’in verno. Un ponticello permette di passare sul lato opposto della valle, dove si trova l’agriturismo Alpe Val di Mello; restando a sinistra del torrente si raggiunge invece il Rifugio Luna Nascente, altro punto dove è possibile effettuare una sosta ristoratrice. Comincia a presentarsi quel fitto bosco di conifere che, di qui in poi, caratterizza la valle.

Proseguendo nel cammino si fa più evidente, sulla sinistra, il solco della Val Torrone, forse la più suggestiva delle conche laterali settentrionali. A un certo punto è necessario deviare a sinistra ed effettuare una breve salita fino al ponte che scavalca il torrente della Val di Zocca; una successiva breve discesa introduce all’ampia radura che ospita l’ultimo e più bel gruppo di baite della valle, in località Rasega, a 1.148 metri d’altitudine.

Il nome è legato all’esistenza di una segheria che fu attiva fino alla fine dell’Ottocento. Qui troviamo l’omonimo rifugio, che costituisce l’ultimo punto di ristoro in questa traversata del fondovalle. Il percorso di base, adatto alle famiglie, termina qui, ma è possibile continuare lungo la mulattiera che s’inoltra in uno stupendo bosco di conifere.

Gigiàt
Gigiàt

Al bivio si segue la traccia principale che scarta bruscamente a sinistra e comincia a salire: raggiunto – a 1.298 metri di quota – il ponticello sul torrente che scende dalla Val Torrone, lo si supera e si lascia la mulattiera per imboccare un sentierino poco evidente che si dirige sulla destra, verso il torrente. Si passa accanto a un’enorme placca di granito fino a raggiungere un’impressionante cascata, splendidamente gelata d’inverno, e una bella marmitta dei giganti. Insomma, si apprezza appieno la natura mutevole della Val di Mello, da scoprire – e da difendere – in ogni stagione. Ricordandosi di lasciare uno spuntino per il Gigiàt, s’intende.

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