Val d’Ega: 4 giorni in camper a misura di famiglia

Dalle passeggiate in cerca di piante medicinali alle facili escursioni nel Latemar fino alla ferrata sulla Roda di Vael, nel Catinaccio: la Val d’Ega offre spunti naturalistici che soddisfano le esigenze di tutti i membri della famiglia, inclusi i più sportivi. Quattro giorni all’aria aperta nel cuore delle montagne patrimonio dell’umanità

Indice dell'itinerario

Davvero non è un caso che i maestosi massicci del Latemar e del Catinaccio, assieme al vicino Sciliar, siano stati riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità: un patrimonio decisamente a portata di mano, adatto a tutte le esigenze e a chiunque voglia assaporare una natura che saremmo tentati di definire dolce, anche se parliamo in qualche caso di alta montagna. Ma tale è la sensazione che abbiamo provato a più riprese fra i prati e sulle colline ondulate, nei boschi e sulle rocce, ammirando le fioriture o faticando in salita verso l’attacco di una via ferrata. E dolce è il ricordo della Val d’Ega in camper che io e la mia famiglia ne abbiamo portato a casa.

La base scelta per il viaggio in camper in famiglia è Obereggen (San Floriano), d’inverno stazione sciistica di punta della Val d’Ega, d’estate base perfetta a quota 1.550, incastonata sotto le impressionanti rocce del Latemar e sovrastata dal Corno d’Ega (2.789 m). Un panorama che spazia a nord per decine di chilometri, in uno scenario dove lo sguardo si perde fra le innumerevoli cime che si alzano tra Bressanone e Merano, verso l’Austria.

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Primo giorno in Val d’Ega • Nel labirinto del Latemar

Un gruppo di escursionisti nei boschi del Latemar

Il settore centrale del Latemar, ai piedi del versante nord sotto i tipici Campanili (2.842 m), è caratterizzato da un pae-saggio che mostra meglio di ogni spiegazione geologica cosa vuol dire erosione di una montagna. Dalla base delle pareti scendono giganteschi ghiaioni, come è tipico osservare in questi luoghi; ma c’è qualcosa di più: il paesaggio è costellato da centinaia di massi rocciosi, come se un pezzo di montagna fosse esploso spargendosi in mille enormi schegge di calcare e dolomia. In effetti è accaduto proprio questo, il crollo nel corso dei millenni d’interi pezzi di montagna, alcuni grandi come case, rotolati dalle zone più alte.

È in tal modo che un rilievo roccioso si consuma lentamente in milioni di anni fi no a scomparire. Il risultato è camminare per lunghi tratti attraverso un vero e proprio labirinto di rocce, una città di pietra che conferisce a questi luoghi un’atmosfera magica e misteriosa. I blocchi iniziano in alto, oltre la vegetazione, e ci accompagnano a valle, fin dentro il bosco. Anche se ogni tanto si deve saltellare da un masso all’altro, la camminata è adatta a tutti e molto divertente per l’ambiente inconsueto, incorniciato sullo sfondo dal possente massiccio del Catinaccio che sfiora i 3.000 metri di altitudine. Nell’ultima parte si scende in una fitta foresta di abeti il cui legno molto pregiato, chiamato armonico, risulta particolarmente adatto per la costruzione di strumenti ad arco.

Il premio finale è l’arrivo al famoso Lago di Carezza, con il suo colore verde dalle tonalità straordinarie: qui ci si può rifocillare e prendere l’autobus per tornare a Obereggen, da cui siamo partiti a piedi circa sei ore prima, prendendocela comoda.

Secondo giorno in Val d’Ega • Le erbe del Corno Bianco

Quando abbiamo saputo che la biologa locale Sigrid Thaler organizza gite per scoprire le specie botaniche presenti e le loro proprietà curative, non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione.

La croce di vetta del Corno Bianco

L’escursione inizia al Passo di Oclini, raggiungibile in macchina con un breve percorso, e ha per obiettivo principale il Corno Bianco. Il sentiero prevede subito una ripida salita, ma al primo prato possiamo riprendere fiato perché Sigrid inizia a descriverci i fiori soffermandosi sui loro benefici ef­fetti. Quando dopo un’ora abbondante arriviamo alla croce di vetta (2.137 m) abbiamo la mente piena d’immagini colorate e informazioni preziose.

Il ritorno avviene lungo il versante ovest, prima su ter­reno roccioso e poi attraverso i bassi e meravigliosi boschi di pini mughi, alternati a macchie di rododendri. Come in un sogno, ai margini del bosco appare la Malga Gurndin: anche lo strauben, il dolce tipico che qui abbiamo gustato, rimane un ricordo indelebile di questa giornata.

Terzo giorno in Val d’Ega • A spasso nel Latemarium

L’estensione totale dei sentieri del comprensorio raggiunge i 530 chilometri, consentendo di effettuare itinerari di ogni tipo. Con l’idea di trascorrere una giornata di riposo attivo decidiamo di servirci della seggiovia Oberholz, che da Obereggen porta rapidamente a 2.100 metri di quota.

Il Latemar.360°, una piattaforma panoramica da cui partono quattro percorsi tematici

All’arrivo si rimane sovrastati dallo scenario selvaggio fatto di pareti, guglie, creste frastagliate: è il cuore del Latemar. Ci troviamo ai margini superiori del bosco, dove le ultime conifere lasciano il posto ai prati e, poco sopra, alle immense pietraie. In un ambiente di per sé unico è stato fatto uno sforzo con­siderevole per avvicinare le persone, soprattutto le famiglie, alla montagna: stiamo parlando del Latemarium, una sorta di percorso museale all’aperto costituito da quattro sentieri tematici che parlano di geologia, fauna, flora, cultura alpina e molto altro.

Tutti partono dal Latemar.360°, una grande piattaforma panoramica in legno a forma di chiocciola. Il sentiero Natura è facile, interattivo, con piccoli dislivelli e adatto alle famiglie; qui ogni mercoledì si trovano guide specializzate che arricchi­scono l’esperienza e la rendono più divertente per i bambini. Il Panorama si snoda invece per oltre tre chilometri sotto le rocce ed è un po’ più impegnativo, ma non mancano le oasi di relax. Decisamente per escursionisti allenati è invece il La­temar.2671, un sentiero che sale in montagna oltrepassando camini e torri e raggiungendo l’unico rifugio del massiccio, il Torre di Pisa, a 2.671 metri di quota. Noi abbiamo scelto il quarto percorso, il Latemar.Tempo che parte dalla Malga Mayrl-Alm e scende dolcemente a Obereggen tra prati in fiore, animali al pascolo e boschi ombrosi.

Quarto giorno in Val d’Ega • La ferrata del Catinaccio

L’ultima escursione è dedicata al territorio leggendario di re Laurino e di sua figlia Ladina, che coltivavano il Ro­sengarten (giardino delle rose) sulle impervie rocce che all’alba e al tramonto si colorano di meravigliose tonalità di rosa e di rosso. Per arrivare al gruppo del Catinaccio ci si deve spostare a est, nel comprensorio di Carezza, sotto il Passo di Costalunga. Qui parte la seggiovia Paolina che in un attimo ci porterà sotto la spettacolare parete gialla della Roda di Vael, la parte più meridionale della lunga catena che si snoda fino al Catinaccio d’Antermoia passando per le Torri del Vajolet. Per noi l’obiettivo è raggiungere tutti assieme il Passo del Vajolon (2.560 m) e poi dividerci: io e mio figlio affronteremo la ferrata che va in cima alla mon­tagna, mia moglie e mia figlia proseguiranno sul sentiero che dopo un ampio giro scende sul versante est al Rifugio Roda di Vael, dove ci ritroveremo per completare il circuito e tornare alla stazione della seggiovia.

In vetta alla Roda di Vael, raggiungibile con l’omonima ferrata

Lungo la salita al passo ci colpisce uno spiazzo roccioso dove gli escursionisti si sono divertiti a costruire con le pietre decine di ometti, il classico segnavia di montagna. Poco prima del valico la gola si fa stretta ed è necessario ri-salire una scaletta metallica, ma arrivati in cresta si ha quasi la sensazione di aver raggiunto una cima: la veduta è dav­vero impressionante. Le pareti sono meno frastagliate e più compatte rispetto al Latemar, tanto da essere percorse da diverse vie ferrate di varia difficoltà. La nostra è di medio livello, con un solo passaggio impegnativo da superare in discesa, dopo aver conquistato la vetta della Roda di Vael a 2.806 metri di quota.

Verso Cima Sforcella

Dopo esserci divisi lasciando il passo, io e mio figlio ci inerpichiamo lungo la faticosa salita di uno spallone roccioso che spesso si assottiglia in cresta; il percorso qui è ripidissimo, a volte verticale, ma notiamo con piacere che cavi e gradini sono ben conservati e affidabili. Alle nostre spalle, oltre il Passo del Vajolon, si erge una sorta di castello roccioso fatto di grandi torrioni grigi e gialli che formano una struttura veramente impressionante: è la Cima Sforcella.

Ferrata che dal Passo del Vajolon raggiunge la Roda di Vael con diversi passaggi ripidissimi ma ben attrezzati

Dopo un’ora raggiungiamo la croce di vetta, dove non può mancare la foto con il rituale autoscatto. Ci affacciamo timorosi sul bordo dell’immensa parete ovest della Roda: oltre 400 metri di vuoto che provoca vertigini anche ai trekker più allenati. Da qui possiamo godere di un panorama eccezionale, che spazia da nord-ovest a sud: prima si scorge il gruppo dell’Ortles Cevedale, poi oltre il vicino Latemar ecco le Dolomiti del Brenta, e infine gli altri Monti Pallidi che circondano Cortina d’Ampezzo, tra cui spicca la Mar­molada. La discesa è veloce e in breve riuniamo la famiglia al Rifugio Roda di Vael, per poi riprendere la via di casa. E già sappiamo che torneremo di nuovo in Val d’Ega e nei massicci che la dominano: una meta che anche d’estate supera ogni aspettativa.

I fiori di Sigrid

Diverse le specie botaniche protette che abbia­mo potuto scoprire durante la nostra escursione sul Corno Bianco. Innanzitutto la genziana, dalla cui radice si ricavano sostanze che facilitano la digestione; poi l’Arnica montana, un’erba medicinale ottima in caso di lividi e contusioni; e ancora, il Lilium martagon, il giglio martagone, pianta sacra al dio Marte di cui porta il nome, che non ha proprietà se non quella – non da poco – di curare l’anima con la sua bellezza.

I fiori e le foglie dell’Achillea, invece, contengono un olio essenziale con azione cicatrizzante e sono impiegati anche come antispastico per curare crampi addominali e dolori mestruali. Abbiamo inoltre riconosciuto la Thymian, comunemente nota come timo che è una spezia, molte orchidee protette e la stella alpina, che va recuperando posizioni dopo la raccolta selvaggia degli anni passati. E infine i gerani, visibili ovunque nei prati assieme a distese di margherite.

Specie botaniche protette che abbiamo potuto scoprire durante la nostra escursione sul Corno Bianco – geranium

Emozioni alpinistiche

Tra Catinaccio e Latemar sono state attrezzate otto vie ferrate con difficoltà da me­dia a difficile. Le più consigliate sono: sul primo massiccio Masaré, Santner, Roda di Vael (Croda Rossa, descritta in questo servizio), Catinaccio Antermoia (ferrate est e ovest), mentre sul secondo si trova la Via Campanili del Latemar. Per affrontarle è necessario dotarsi di un’attrezzatura specifica composta da imbracatura, casco, cordini ammortizzati per assicurarsi alle funi metalliche, guanti, calzature adatte. Ma basta l’attrezzatura?

Ovviamente no, serve anche una discreta preparazione fisica e una buona conoscenza della montagna e dei suoi pericoli. Le ferrate consentono a tutti o quasi di trasformarsi in alpinisti, o meglio di passare facilmente là dove solo alpinisti esperti potrebbero, e godere di ambienti altrimenti riservati a pochi. Sono esperienze eccezionali ma non alla portata di tutti, e pertanto bisogna valutare atten­tamente come affrontarle. I tempi di percorrenza, la nostra preparazione e soprattutto il meteo sono fondamentali per la sicurezza: farsi cogliere dal maltempo in montagna è sempre poco raccomandabile, ma farlo mentre si percorre una via ferrata è un errore assolutamente da evitare.

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