Una palude in montagna

Birdwatching, arte e sapori: esempio non comune di zona umida al centro di un altopiano carsico, Colfiorito è una delle più singolari mete naturalistiche dell'Umbria, oggi tutelata da un piccolo parco regionale che include suggestivi resti archeologici e non trascura le tipicità locali, a cominciare dalle celebri patate.

Indice dell'itinerario

Ci sono ambienti naturali che o si amano o si detestano, e le paludi rientrano fra questi. Considerate malsane, ci si è accaniti nella loro eliminazione per lungo tempo, salvo poi rendersi conto dell’incredibile importanza che rivestono per la biodiversità e iniziare a tutelarle quando ne erano rimasti solo dei francobolli. Per i naturalisti, inoltre, le zone umide sono luoghi estremamente suggestivi ed evocativi al di là del loro ruolo nella formazione dell’habitat: e questo possiamo dirlo a maggior ragione della Palude di Colfiorito in Umbria, una delle pochissime che si trovi in montagna, mentre le più importanti sono di solito in prossimità della costa. Con la statale 77, che collega Foligno e la Flaminia a Macerata e alla costa marchigiana, si raggiunge il centro abitato di Colfiorito e si devia sulla strada comunale per Forcatura sino all’area protetta di cui oggi fa parte. La visita si può comodamente effettuare percorrendo i vari sentieri che seguono il perimetro della palude e che portano ad osservatori (fruibili anche da persone con disabilità) per la pratica del birdwatching, che in autunno è particolarmente proficuo.
La Palude di Colfiorito occupa la più significativa di un complesso di sette conche montane che costituiscono il fondo di antichi bacini lacustri, prosciugatisi sia naturalmente che per opera dell’uomo. Di forma tondeggiante, ha una superficie di circa 100 ettari e presenta una fitta vegetazione acquatica. Il carsismo di queste terre crea risorgive e inghiottitoi in cui defluiscono le acque, un po’ come sulla cima del vicino Monte Subasio porta alla formazione di depressioni dette mortai; nei pressi di un mulino ristrutturato dall’ente parco si trova il più consistente degli inghiottitoi, detto del Molinaccio.
Gli altipiani di Colfiorito si trovano a una quota compresa tra gli 800 e i 900 metri, ma nonostante l’altitudine non eccessiva il clima è piuttosto rigido d’inverno, con la possibilità di abbondanti nevicate e frequenti gelate, in contrasto con il profilo dolce e ondulato dei rilievi. Il paesino di Forcatura, come dice il nome, sta su una sella, una forca situata tra due colline e domina la palude stessa, permettendo di scorgere le altre conche del circondario. Dall’alto ci si rende conto del continuo abbassamento dell’acqua, nonostante gli interventi compiuti negli ultimi anni per evitare il triste fenomeno. Una volta qui si pescavano le tinche, si catturavano le rane e le canne erano tenute sotto controllo dall’attività di raccolta per poterne fare stuoie e tetti, ma ora la cannuccia si espande sempre di più e diminuiscono le cosiddette pianavelle, gli specchi d’acqua al centro della zona umida che dovrebbero resistere anche ai periodi di maggiore siccità.
E’ un equilibrio fragile e delicato che rischia di mettere in pericolo l’abitante più raro ed elusivo di Colfiorito, il tarabuso. Qui vivono un centinaio di questi aironi, una delle più alte densità d’Europa della specie, e riusciamo almeno ad ascoltarne il verso, una sorta di buffo muggito che ricorda il suono del didgeridoo australiano. Quasi impossibile invece vederlo e tantomeno fotografarlo, visto che la sua caratteristica è lo spiccato mimetismo con le canne. Scorgiamo in compenso tante folaghe e un falco di palude femmina, facile da riconoscere per il piumaggio marrone ma con una bella chiazza gialla sulla testa. Sembra proprio zabaione sul cioccolato, vi diranno i vostri bambini…

Una storia antica
Il parco di Colfiorito, istituito nel 1995, è il più piccolo dei sei parchi regionali dell’Umbria, nato a tutela di questa zona umida dichiarata di interesse internazionale dalla Convenzione di Ramsar per le caratteristiche della sua torbiera, per la ricchezza di specie vegetali e come habitat eccezionale per l’avifauna. Molto rimane però da fare per garantire davvero un futuro a questo territorio e allo stesso tempo valorizzarne il patrimonio storico e archeologico.
Proprio dalla strada che costeggia la palude si può salire per un sentiero ad un castelliere, un tipo peculiare di insediamento che risale ad oltre un millennio prima di Cristo, dal quale si gode di un bel panorama attraversato dal volo delle albanelle che planano sulla pianura. Di questi complessi il più ricco e interessante è quello di Monte Orve: tra la base della montagna e l’attuale cimitero di Colfiorito sono state scavate circa duecentocinquanta tombe ad inumazione con corredi funerari composti da ceramiche, armi in ferro, oggetti ornamentali, dei quali i più antichi risalgono al X secolo a.C., che possono essere ammirati nel museo archeologico del paese. Il castelliere, circondato da una cinta di mura in blocchi calcarei, possiede caratteristiche protourbane e nel 178 a.C. fu sede di un municipio romano. D’altronde, oltre alla ricchezza delle acque e alla fertilità del terreno, Colfiorito è sempre stato un punto d’incontro dei più importanti percorsi che attraversavano l’Appennino Centrale. Nel V secolo Plestia, questo il nome, aveva perfino un proprio vescovo; più tardi, sotto la pressione delle invasioni dei Goti, dei Longobardi e degli Ungari, la struttura urbana si dissolse e gli abitanti tornarono a rifugiarsi sulle alture dov’erano i castellieri antichi. E’ nel XII secolo che sugli altipiani iniziano ad essere costruiti monasteri, eremi e castelli come appunto quello di Colfiorito, ma la presenza più significativa è quella della chiesa di Santa Maria di Plestia: sorge esattamente sull’odierno confine tra Umbria e Marche, isolata alla confluenza di antiche strade e sui resti del tempio romano e della basilica paleocristiana, visibili al di là della strada; interessante anche la cripta, dell’XI secolo. Vale la pena fermarsi anche se raramente la si trova aperta, mentre gli scavi archeologici, inclusi i mosaici romani, sono sempre visitabili.

Non solo patate
Il territorio degli altipiani è utilizzato, oltre che per le coltivazioni tradizionali dei cereali e dei foraggi, soprattutto per le lenticchie e le patate rosse. Non solo, quattro caseifici trasformano il latte di mucca e di pecora localmente prodotto in formaggi di alta qualità. Pecorino, ricotta e mozzarella vengono distribuiti con il marchio Colfiorito anche in negozi e supermercati, ma trovandosi sul posto è decisamente preferibile recarsi da uno dei casari che quotidianamente munge le mucche e trasforma il latte, che magari profuma ancora di erbe selvatiche. Il cromatismo di questi pianori, simile a quelli che circondano Castelluccio di Norcia, colpisce subito l’occhio ed è dovuto in parte alle coltivazioni, in parte al colore rosso della terra che qui è di natura argillosa.
La provinciale per Nocera Umbra ci fa scoprire il paesino di Annifo dove notiamo, come in molti altri centri della zona, numerose casette di legno: eredità del terremoto del 1997, servivano ad ospitare gli abitanti che all’improvviso dovettero lasciare le proprie abitazioni. Ma molte di queste sistemazioni temporanee sono diventate definitive per tanti anziani che non hanno voluto più far ritorno alla propria casa e per chi era alla ricerca di un alloggio a basso costo. Riscaldare queste villette di legno, in fondo, costa molto meno rispetto a un edificio in muratura, e magari siamo alla vigilia di una rivoluzione nella tipologia edilizia locale.
Tornando sulla statale 77 e ridiscendendo verso Foligno possiamo fermarci a Pale e visitare l’eremo di Santa Maria Giacobbe scavato nella roccia. A nord della città (vedi servizio seguente) è invece ambientata una facile escursione a due ruote tra sapori e antichità partendo da Valtopina, dove si va soprattutto per assaggiare il tartufo che nel periodo autunnale è particolarmente profumato. Da qui si inforca la bicicletta – preferibilmente una mountain bike – e si prosegue verso il Monte Subasio e i castelli medioevali del circondario. La strada attraversa il bosco di fondovalle seguendo il Fosso d’Anna e porta anche al Molino Buccilli, con le macine in pietra azionate grazie alle acque del torrente: in funzione dal 1861, è uno degli ultimi ancora attivi in Umbria. Per l’escursionista sono innumerevoli le possibilità in quest’area, perché vi si intrecciano il Sentiero Italia e quello di San Francesco. Si giunge così alla Rocca di Postignano, fondata nel X secolo a dominio della Valtopina e passata nel ‘400 ai Trinci: ne rimane oggi una scenografica torre poligonale, che ancora è in attesa di essere recuperata. Di ritorno sulla statale 3 per Foligno, un’ultima tappa a Pontecentesimo che deve il suo curioso nome a una circostanza geografica: da qui a Roma, infatti, mancano esattamente 100 miglia.

PleinAir 436 – novembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio