Una Montagnola di natura

A un pugno di chilometri da Siena, la Toscana più inattesa si presenta con ambienti dal fascino selvaggio in cui passeggiare a piedi e in bici tra borghi, castelli e antichi mulini.

Indice dell'itinerario

I casali in cima alla collina con il filare di cipressi che arriva sin sull’uscio. La foschia che ristagna nelle valli e da cui emergono, come isole in un mare candido, le cime dei campanili o i merli di qualche fortezza. Le strade tortuose che si avvinghiano ai colli rigati dai solchi dell’aratro. Il Palio con i suoi contradaioli, i fantini che cavalcano a pelo, la dolce parlata toscana, il cibo delizioso, il superbo vino rosso. Questa è la provincia di Siena per la stragrande maggioranza dei turisti: e così, arrivando da queste parti, sembra quasi che non ci possano essere sorprese.
Eppure basta dimenticare i luoghi comuni per riuscire ad ammirare un Senese diverso, un angolo di questa meravigliosa provincia dove ai colli da cartolina si sostituiscono alture di marmo giallo e di boschi arruffati ai cui piedi scorrono fiumi limpidissimi, tra i più puliti d’Italia. E’ un territorio così diverso dall’immagine classica di questa zona che ha finito per rimanere ai margini dei flussi turistici: e questo, per certi versi, è un bene. Non che manchino strutture ricettive – anzi ce ne sono di eccellenti, molto amate soprattutto da un eterogeneo pubblico internazionale – ma alla fine si è creata una certa selezione, e chi viene qui cerca quei valori e quelle ricchezze che altrove sembrano essersi smarrite.
Pensiamo solo a quali emozioni va incontro chi si rechi all’alba o al tramonto alla chiesa diruta di San Galgano, quando una leggera nebbiolina invade le navate appena illuminate dalle luci artificiali. Ma se questo monumento è senz’altro il più noto della zona, ci sono altri tesori nascosti, a cominciare dai borghi. Chiusdino accoglie i visitatori nei suoi stretti vicoli che salgono verso la parte più antica del paese, arricchita da due belle chiese e dalla casa natale del santo con la relativa cappella: all’interno vi sono tracce di affresco e una pietra (un tempo collocata sulla strada tra Chiusdino e Ciciano) dove, secondo la tradizione, sono rimaste impresse le orme del cavallo di Galgano Guidotti inginocchiatosi davanti all’apparizione dell’arcangelo Gabriele, miracolo che convinse il suo gaudente padrone a cambiar vita. Credenti o meno, di certo si resta colpiti da questa commistione di storia, leggenda e fede ancora capace di sorprendere.
L’area, che segna un record regionale per la presenza di ben 55 paesi medioevali, occupa un territorio di antica frequentazione come testimoniano i molti ritrovamenti dell’Età del Bronzo, le diverse aree archeologiche etrusche e i nomi di alcune località come Brenna, di chiara origine celtica: di qui passarono infatti le truppe di Brenno, che nel 390 a.C. si accamparono lungo il fiume Merse. Più tardi la ricchezza d’acqua riempì le valli di mulini e le cime dei colli di fortezze, poste a controllo di quelle comode vie di transito.
Qui il bello non è pura ostentazione, anche se i risultati lasciano a bocca aperta e non da oggi, se è vero che il nome di uno dei comuni principali della zona, Sovicille, deriva dal latino soavis locus ille (un posto davvero piacevole, quello). Autentico simbolo ne è il ponte dove posò il suo triste passo Pia de’ Tolomei durante il viaggio verso l’esilio in Maremma: “ricordati di me, che son la Pia;/Siena mi fé, disfecemi Maremma”, così ella si presenta a Dante nel V canto del Purgatorio. Superato il Ponte della Pia, ci si ritrova all’interno del Parco Regionale Alto Merse dove vale la pena effettuare una deviazione: svoltando a destra, tracce di pavimentazione rivelano che qui passava l’antica Strada Maremmana. Il sentiero sale lievemente e dopo poche centinaia di metri, in corrispondenza di una costruzione in mattoncini rossi, si trova ancora una traccia a sinistra che in breve consente di raggiungere i suggestivi ruderi dell’eremo di Santa Lucia. Nell’aria risuona il rombo sordo dei macchinari di una vicina cava: siamo nei pressi di Rosia, piccola capitale del marmo giallo di Siena con il quale sono stati edificati alcuni dei più bei monumenti che costellano tutta la valle del Merse. Basta andare alla pieve di Ponte allo Spino, giusto ai piedi di Sovicille, per rendersene conto: se ne hanno notizie dal 1050, ma di sicuro fu eretta su preesistenti strutture romane appartenute a una mansium ad sextum, una delle stazioni della strada imperiale che collegava la Cassia con l’Aurelia; numerosi fregi dell’antica struttura decorano oggi la possente facciata. Nello stesso borgo, altro splendido esempio sono l’altare e il presbiterio della pieve di San Lorenzo Martire, risalente al XIII secolo, realizzati in puro marmo giallo della Montagnola.
Ma la più spettacolare tra tutte le architetture religiose della zona la può vantare Torri, grazioso paesino oggi semispopolato, immerso nel verde del Poggio di Siena Vecchia: potrebbe non sembrare, ma l’abbazia del paese godeva un tempo di grande ricchezza e prestigio come rivelano il portale d’ingresso, decorato da sculture che raffigurano draghi e teste umane, e il chiostro, uno dei più belli di Toscana. Sembra davvero di essere tornati indietro in quel Medioevo che vide i monaci del borgo impegnarsi a prosciugare la piana paludosa ai piedi del paese, oggi interamente coltivata e verdissima, e a realizzare un’efficiente rete di mulini ad acqua.

A casa delle signore
Monumenti a parte, questo territorio è davvero un paradiso per gli amanti della vita all’aria aperta. Le occasioni per praticare escursioni a piedi, in bicicletta o a cavallo non mancano di certo, e poco importa se le strade sono tortuose e abbastanza strette: il traffico, con poche eccezioni, è piuttosto limitato e le possibilità per la sosta sono innumerevoli. Si tratta insomma di un’area vocata al turismo naturalistico e ambientale, e non è un caso che vi stiano sorgendo diversi agriturismi, bed&breakfast e agricampeggi i quali sono spesso gestiti da donne, al punto che è nata un’associazione (con tanto di portale in Internet) che intende promuovere e mettere in rete tutte queste variegate realtà al femminile. Gli ospiti di ciascuna struttura ricettiva possono usufruire dei numerosi servizi di tutte le altre: si va dalle gite a pedali ai trattamenti di bellezza, dalle passeggiate in sella ai corsi di cucina o di pittura. Dice Paola Turchi, proprietaria dell’ecoturismo La Casa Gialla che gestisce nei pressi di Frosini insieme alla sua amica artista Clelia Busillo: «Per noi è importante la qualità della vacanza. Cerchiamo di coinvolgere l’ospite nella conoscenza del territorio portandolo a scoprire anche le parti meno nascoste, ovviamente sempre nell’ottica di un turismo sostenibile ed ecocompatibile.»
Dal 2001 opera a Iesa, una frazione di Monticiano, anche l’agricampeggio Le Fontanelle: le piazzole, complete di servizi, sono state realizzate in un parco di querce e castagni che circonda la casa padronale. Da qui in pochi minuti si possono raggiungere le terme di Petriolo o visitare le testimonianze etrusche di Murlo (con un piccolo ma interessante museo) e magari avvistare caprioli, cinghiali e rapaci che abbondano nella zona. Anche Donata Pedicini, che gestisce questa struttura, fa parte del network in rosa e offre agli ospiti un servizio di guide per esplorare i dintorni, che sono assolutamente splendidi. Per averne una prova basta raggiungere l’abitato di Iesa, procedere verso Solaia e poi seguire a piedi o in mountain bike – la strada è strettissima e in marcata pendenza – le indicazioni per il Farma; superato il minuscolo borgo di Quaglione si entra nel bosco seguendo un po’ a intuito tracce di sentiero (tenere la destra) sino a una radura dove, andando a sinistra, si raggiunge in breve il torrente. L’acqua è limpida e scorre veloce, un’ampia pozza sembra una piscina naturale, le rocce tutt’intorno sono coperte di folta vegetazione, il silenzio è assoluto: mettete il costume e immergetevi pure nel Farma, l’inquinamento qui è assente. Vi servono altri motivi per preparare il camper e partire?

Camminando e pedalando
Nella Val di Merse e sulla Montagnola Senese ci sono innumerevoli occasioni per praticare il pleinair, in special modo facili escursioni in suggestivi ambienti naturali. Rivolgendosi agli operatori locali si possono individuare le mete più significative, ma anche la scoperta in libertà è prodiga di belle esplorazioni.
Un percorso attrezzato della lunghezza di 15 chilometri, allestito dal Consorzio TeA, parte da Montarrenti e arriva a Palazzo a Merse, nei pressi di Sovicille, permettendo di scoprire la valle nel suo tratto più selvaggio dove esistono i resti di diversi mulini, oltre alla spettacolare fortezza che porta il curioso nome di Castiglion Dio-sol-sa. Ovviamente è possibile percorrere solo una parte dell’itinerario, in base alle proprie capacità ed esigenze: qui ve ne illustriamo il tratto a nostro avviso più godibile. Il punto di partenza è il centro abitato di Brenna, al cui ingresso si trova il grande Mulino del Pero; attraversando il paese, dopo una strettoia che richiede cautela alla guida si arriva a un ampio piazzale sterrato comodo per lasciare il v.r. (se occorre si può fermare il camper all’ingresso dell’abitato e allungare brevemente la camminata). Superata a piedi una piccola chiesa campestre si sfiora il Merse, raggiungendo una sterrata dove si svolta a sinistra: il sentiero è immerso in una rigogliosa vegetazione riparia e ha in basso il fiume accanto al quale passa la gora ancora perfettamente funzionante. Poco dopo, a un bivio prendere il sentiero a sinistra (tralasciare il 405 bis in salita) che scende fino al corso d’acqua, vicino a un tabellone che illustra il funzionamento della Gora dei Mulini dell’abbazia di Torri. Il canale, in cui l’acqua scorre ancora oggi abbondante, è lungo ben 6 chilometri ed è in parte scavato nella viva roccia; nel punto più esterno dell’ansa si trovano i ruderi del Mulino de Saxis, risalente circa al 1200. Il tracciato prosegue costeggiando Merse fino a uscire dal bosco e passare accanto a un vasto pratone. Quando la traccia più evidente gira a destra, si stacca a sinistra un sentierino (altro tabellone esplicativo) che prosegue nel bosco ripariale fino a una radura circondata da querce secolari. A questo punto occorre prestare attenzione: superata la radura, ci si trova dinanzi una stradina che occorre attraversare. La traccia, esile, si insinua nella fitta macchia, in un ambiente affascinante. Si guadagna così un altro tabellone che descrive la Steccaia di Brenna, una struttura che alzava il livello dell’acqua del fiume allo scopo di intercettarne una parte per la gora, pur non essendo a rigore una vera e propria diga. Un sentierino alle spalle del tabellone consente di affacciarsi sul fiume per vedere quanto rimane dell’impianto, e la vista senz’altro merita la piccola fatica. Poco più avanti, una sorta di ponticello rivela l’ingresso dell’acqua entra nella gora; subito dopo il sentiero inizia a salire allontanandosi dal Merse. Questo è il punto più faticoso del percorso: si procede nel bosco seguendo una traccia esile ma ben visibile spesso interrotta da tronchi caduti, si supera un torrentello, si effettuano alcuni saliscendi e si raggiunge il fosso Ricausa, che si risale verso destra. In breve si toccano i ruderi del Mulino Ricausa, che era al servizio del sovrastante castello dal quale dista circa 600 metri. In netta salita si seguono i bollini gialli e rossi che percorrono la macchia sino a Castiglion Dio-sol-sa, recentemente restaurato (forse in modo troppo invasivo). L’escursione richiede circa 3 ore fra andata e ritorno.
Anche per gli amanti delle due ruote esistono itinerari di grande interesse, non sempre faticosi anche se non si possono evitare salite di una certa importanza. Per farvi condurre alla scoperta di questo territorio in sella a un fiammante rampichino (che è possibile noleggiare in loco), vi consigliamo di rivolgervi ad Andrea Rossi che, oltre a gestire un grazioso bed&breakfast a Palazzo a Merse, è anche guida e istruttore di mountain bike.
Un percorso di grande soddisfazione è quello che si svolge ad anello con base a Torri. Lasciato il mezzo sulla provinciale 73, al parcheggio del campo sportivo, si imbocca la strada sterrata per il paese. Dopo una visita al borgo e alla pieve si prosegue sul sentiero ciclabile numero 2 che sale nettamente, con bellissime viste sulla valle. La sterrata prosegue tra i castagni fino a un bivio a destra che immette su una rampa (con segnavia): subito dopo si scende verso Stigliano, tornando sull’asfalto, sino alla provinciale dove si va a destra e poi ancora a destra in salita, con notevoli vedute sul borgo. Si procede ora su sterrata tenendo la destra per poi svoltare nettamente a sinistra in salita tra i cipressi. Ci si immette così in un bellissimo viale – qui però la salita è molto faticosa – e in breve si arriva al bellissimo centro rurale di Monte Stigliano, oggi trasformato in agriturismo. Scendendo verso destra, infine, si guadagna rapidamente la provinciale e quindi il punto di partenza.

PleinAir 404 – marzo 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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